I don't miss u

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    So che ti era mancata, ma sta benissimo come puoi vedere.
    Se ti va, il prossimo weekend ho casa libera a Bergenwiz. Posso ospitarti e mostrarti i luoghi pericolosi della mia città.
    Si sentiva davvero una cretina a scrivere quelle parole, inserendo in quelle poche righe allusioni circa se stessa e la propria salute, nascondendole dietro notizie circa la giacca che lui le aveva regalato lei gli aveva rubato. Cose non richieste comunque. Magari Mason si era già anche dimenticato di lei, cosa probabile, ed Helena stava per fare la figura della cretina scrivendo una lettera ad un ragazzo che non le avrebbe risposto. Si comportava sempre come se avesse il mondo in mano ma non era poi così sicura, soprattutto con i ragazzi. Era esattamente quello che era in alcuni casi: una ragazza di sedici anni.
    «Che cretina.» Chiuse gli occhi, maledicendosi per essersi lasciata convincere – da se stessa poi – a lasciarsi andare a quell'istinto. Era che le ultime settimane a Durmstrang erano state davvero stressanti e non si era sentita mai così sola da quando era ritornata a scuola.
    Morse il labbro inferiore, osservando le parole stagliate sul foglio ingiallite. Una parte di sé, avrebbe voluto stracciare quel foglio ma l'altra parte la costrinse a continuare a scrivere.
    Ps. Non era un modo di invitarti a scopare se te lo stessi chiedendo. Arrossì, sebbene fosse sola lì, seduta sul suo letto nella solitaria camerata. «Patetica.» Biascicò verso se stessa, prima di continuare ad appuntare le ultime parole. Se ti va di raggiungermi, l'indirizzo è questo. Per sdebitarti puoi portare un po' d'erballegra. Tanta erballegra. E quello glielo doveva. Soprattutto per cancellare lo stress degli ultimi giorni e l'imbarazzo di quella lettera. Quello però non glielo scrisse.
    Sospirò pesantemente, richiudendo la missiva pronta per andare a spedirla. Mentre si alzava ed andava via, non poté evitarsi un commento: «Dio. Odio gli uomini.» Ed in parte, era vero. Alcuni la facevano sentire una stupida.

    Era difficile camminare tra la neve. Affondava continuamente almeno di due centimetri oltre la coltre bianca, e camminare affrontando il peso della stessa, era complicato. Continuò comunque il suo percorso, intenta a raggiungere il Drakkar o qualsiasi locanda ancora aperta nel tentativo di ingurgitare una cioccolata calda che avrebbe supplicato di ricevere corretta. Prima di voltare l'angolo però, si sentì strattonata, afferrata di peso e trasportata qualche metro più in là, lontano dalla luce dei lampioni. Non riuscì nemmeno ad urlare, sebbene le venne abbastanza semplice dimenarsi e tirare calci. Quando fu finalmente lasciata, si voltò di scatto pronta ad attaccare prima di scappare. Poi però riconobbe, sotto il cappuccio scuro ed impellicciato un viso tagliente che per un attimo le tolse il respiro. Non riuscì a mostrarsi felice di vederlo, sebbene in realtà lo fosse. Ancora turbata per quell'entrata di scena turbolenta che aveva tirato fuori pessime esperienze passate, lo colpì sul braccio. «Ma cosa sei cretino?»
     
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    Nessuna lettera ha mai avuto il potere di sollevarlo così tanto. Svanisce in pochi secondi l'angosciante oppressione degli incomprensibili libri che occupano il suo letto nel momento in cui i suoi occhi si posano sulla foto allegata alla missiva. Fievole ma sincero il sorriso che gli distende le labbra, venuto allo scoperto senza timidezza alcuna grazie all'assenza del compagno di stanza e di qualunque altra persona all'interno della camera. Ha pensato spesso ad Helena nell'ultima settimana e quasi non si è dato pace all'idea di dovervi rinunciare per necessità delle loro strade completamente opposte. È difficile comprendere cosa sia riuscita a far scattare nella sua mente, ma ciò che è riuscito a provare con quella ragazzina non l'ha mai sentito prima e c'è una parte di lui che, a discapito della razionalità che gli suggerisce di lasciar perdere quella che ha tutta l'aria di essere una distrazione potente, lo spinge ad andare oltre, a lanciarsi alla scoperta di quella novità dalle sfumature mai avvistate in precedenza. Nasconde la foto nel comodino, gelosamente serrato per impedire a chiunque di ficcanasare. Persino a Mercury. Poi torna, con uno spirito leggermente diverso, a dedicarsi ai libri poco tollerati, cominciando uno strano conto alla rovescia mentale che lo separa dall'arrivo del fine settimana, di cui non farà parola a nessuno.

    Si è equipaggiato bene per non soccombere alle gelide temperature nordiche, ma la battaglia sembra comunque già persa in partenza. Ben coperto da un grosso ed ingombrante giaccone scuro, con il volto riparato fin sotto il naso e due guanti a proteggergli le mani, si aggira per le strade del villaggio di cui ha scritto Helena, nel tentativo di raggiungere l'indirizzo da lei indicato. Tenere segreto un incontro del genere è stato di vitale importanza, ma l'ha al contempo costretto ad arrangiarsi con mezzi e metodi di ricerca dai risultati parecchio scarsi. Il buio della sera non aiuta ed i lampioni che illuminano le strade innevate rendendole tipicamente eleganti, da cartolina e forse fin troppo romantiche per i suoi ideali, non risultano abbastanza complici dei suoi intenti. Il ritorno alla tranquillità si fa vivo nel momento in cui quella familiare camminata da ragazzina rilascia solchi sulla coltre innevata per via di giganteschi stivaloni da ragazzaccia. Impossibile non riconoscerla. Ed è altrettanto impossibile trattenersi dal palesare la propria presenza coi soliti modi squallidi e rozzi del delinquente che lei conosce, purtroppo, sin troppo bene. Per questo si apposta dietro un muro, saltando fuori all'improvviso alle sue spalle e trascinandola in un angolo più appartato, lontano da occhi indiscreti che potrebbero compromettere le sorti del loro incontro. Qualunque siano le intenzioni di Helena, non vuole che niente e nessuno rovini quel momento. Anche starle accanto e farsi guidare tra i vialetti di Bergenwiz gli basta. I risvolti successivi sono ancora seriamente ignoti. Ma tutto può succedere. 'Scortese accogliere così il ragazzo delle consegne.' Incassa la botta ridendosela come un ragazzino di dodici anni che ha appena messo su l'infantile scherzone del secolo. Si adegua alla sua spensieratezza, perché solo con lei riesce a farlo, per poi abbassare il cappuccio della giacca e sollevare una bustina di ciò che gli ha chiesto nella lettera per sventolarla davanti ai suoi occhi. 'E ne ho altre. Perdonato?' Sorride smorfioso in sua direzione, mentre ripone in tasca la bustina di erba ed incrocia le braccia, curioso di scoprire cosa l'altra abbia in serbo per lui. Cosa l'ha spinta, insomma, a ricercare la sua presenza così presto? 'Ok, quindi qual è il piano? Vuoi davvero guidarmi per il tour del villaggio nella speranza non me ne vada in ibernazione?' Le chiede sinceramente curioso. Seppur apparentemente incomprensibile, non è una possibilità che lo annoia. Ogni cosa è già notevolmente migliorata da quando i suoi occhi sono riusciti a posarsi su di lei.


     
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    Una cosa non era cambiata assolutamente durante la loro reciproca assenza: il modo in cui erano in grado di darsi contro. Era una lotta continua per la supremazia e per quanto potesse sembrare eccessiva, era divertente. «Mi hai fatto prendere un infarto. Sei fortunato non ti abbia, non lo so, cruciato.» Sbottò la ragazza, scuotendo il capo. Avrebbe messo su il muso e gliela avrebbe fatto pagare. Era quello il modo che avrebbe usato con chiunque. Eppure guardandolo si rendeva conto di quanto fosse difficile tenere le labbra distese ed evitare che si curvassero verso l'alto. Non potè fare a meno di dare la colpa alla perenne attitudine dell'altro a metter su smorfie su smorfie. La miglior peggiore faccia da schiaffi che Helena avesse mai incontrato. Ammetteva insomma, di dovergli cedere il primato almeno in quello.
    Morse il labbro inferiore osservando la bustina mostratole, sentendosi appena più leggera. Non era un'assidua fumatrice eppure dopo il periodo passato a Durmstrang sentiva di averne quasi un disperato bisogno. «Forse. Quanto è buona? Non voglio distruggermi i neuroni con un paio di canne.» Gli chiese, fingendosi ancora poco entusiasta per il regalo ricevuto, o almeno sperava lo fosse. «E offri tu, giusto?» Aggiunse, volendo chiarire quel punto.
    Rise alle sue parole, superandolo e lanciandogli uno sguardo per convincerlo a farsi seguire alla luce. Ne aveva avute fin troppe di esperienze in vicoli bui.
    «Non sopporti un po' di freddo? Si vede che sei una mammoletta dell'accademia.» Lo prese in giro, camminando all'indietro per un po'.
    Non aveva creduto la raggiungesse sul serio ed ora che era lì, per quanto sollevata potesse sentirsi, non le andava di stare in giro tra la gente a fingere nemmeno lei sapeva di preciso cosa. Se gli aveva chiesto di venire, era per vedere solo lui. Per stare con lui.
    Ed era assurdo che lo volesse.
    «Magari la visita guidata te la lascio a domani. Ora andiamo a fumare.» Annuì, voltandosi per proseguire verso casa. E sì, in fondo sapeva quanto pericoloso potesse essere restarsene in una casa vuota con un ragazzo come Mason, ma non sarebbe accaduto nulla. Erano lì solo per fumare. Solo per quello.
    «Quindi? Sei qui da quanto? Non hai ancora pestato nessuno?» Gli chiese camminando al suo fianco, non potendo evitare di punzecchiarlo in merito al suo lavoro. Non capiva ancora come si sentisse in merito. Forse perchè non aveva ancora compreso la gravità delle sue azioni. Per Helena, Mason era piacevole perchè era una boccata di libertà. Con lui poteva essere esattamente chi le pareva, anche la peggior stronza sulla faccia della terra, e questo le piaceva. Era difficile per la Haugen trovare qualcuno con cui non dovesse fingere perennemente. Mason le aveva dato quella possibilità. Era la sua via d'uscita.
     
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    Ogni singola parte di lei appare irresistibile agli occhi del Chesterfield e poter assistere allo spettacolino isterico che è solita riservargli lo convince ogni secondo di più di aver preso la decisione giusta. Mettere da parte il buon senso ed agire da egoista anche in una situazione assai più delicata rispetto alle scaramucce accademiche cui si dedica quotidianamente assume connotati interessanti, che lo soddisfano al punto da mostrare con una certa evidenza il sorriso che nasce spontaneo sulle sue labbra. Facile mascherarne la purezza sotto smorfie che non dimentica di rivolgerle, seppur lei stessa sembri vagamente compiaciuta persino di quelle. Ed il modo in cui cerca di mantenersi indifferente, con quei passi da ragazzina incosciente e l'atteggiamento da regina dei ghiacci lo istiga ancora di più a darle filo da torcere. Solida la base del loro rapporto, costellata di tanti e tanti momenti passati a punzecchiarsi, non rimanendone mai realmente feriti. Piacevoli giochetti quelli a cui ambiscono ogni volta che gli capita di essere insieme per le più svariate ragioni. 'Non vale la pena finire in prigione per così poco.' Continua dunque, perché darsi per vinti è un concetto che non fa parte del loro modo di essere. Si lascia riportare sotto la luce dei lampioni, rimanendo ad osservarla con ammirata insistenza mentre cammina all'indietro proprio come una ragazzina farebbe. Diversi i sorrisetti che si lascia sfuggire in merito alle parole ed ai gesti dell'altra, tutti rivolti sotto forma di un'altezzosità che lo pone arrogante nei suoi riguardi, in modo irritante ma non realmente cattivo. Perché in fondo non c'è ombra di intenzioni maligne nei suoi confronti, seppur lei non possa esserne certa al cento percento e non la biasimerebbe di sicuro per questo. 'Per stavolta si. Se non sono un cavaliere allora tu non sei una bimba.' La punzecchia, guardandosi attorno mentre la affianca nell'avanzata verso i piani della ragazza, qualunque essi siano. I risvolti della serata cominciano ad alleggerirsi ancor prima che il fumo procuratosi inebri i loro sensi e forse questa è una positività da non sottovalutare, seppur tenda ad essere evidentemente negata da entrambi, così simili da fare spavento ma rendere il tutto anche più eccitante. 'Sissignora.' Accondiscende alla sua proposta con un ghigno palese dipinto sulle labbra, mentre gli occhi continuano a posarsi sull'ambiente circostante. Non che gli dispiaccia godersi per un pò quelle passeggiate di cui tutti sembrano sempre così entusiasti, piccoli elementi di una romantica semplicità che a lui hanno sempre dato il voltastomaco, probabilmente per l'impossibilità onnipresente di potervisi dedicare in alcun modo. Nonostante la leggerezza d'animo, non si rivede ancora in certi impieghi ed in fondo è sollevato di notare che valga lo stesso per l'altra, pronta ad andare dritta al punto come sempre. 'Ho dato fino a stamattina, col lavoro.' Risponde con sincerità, sollevando le spalle per sminuire l'importanza di un'informazione simile. Fingendo, insomma, di non provare pesantezza alcuna per quella parte di realtà che è toccato conoscere ad Helena. 'Non ho bisogno di pestare nessuno adesso. Sono in pausa... o in riposo, si potrebbe dire. Ho di meglio da fare che far saltare i denti a qualche povero malcapitato di passaggio.' Allusioni vaghe che hanno il solo scopo di mandare l'altra fuori di testa. Il loro "da fare" corrisponde ad un pò di fumo allegramente condiviso in una casa che li ripari dal freddo. Ci sono però diverse sfumature che lui sceglie volutamente di lanciarle come segnale fraintendibile, implicando perversioni e proposte esagerate che si alternano ad intenzioni quasi più innocenti. Quasi. 'Non ti creeranno problemi se passi la notte lontana dal castello? Pensavo fossero più rigidi che ad Hogwarts. Si vociferava spesso che Durmstrang fosse un covo di demoni o cazzate del genere.' Esagera un pò nel rivolgerle le supposizioni che ha avuto modo di ascoltare quando frequentava la scuola, ma in fondo dev'esserci un fondo di verità sulle diverse rigidità di entrambe le scuole se se ne parla così tanto. Sono voci che tuttora corrono e che rendono Helena anche più forte ai suoi occhi, seppur tale informazione verrà chiaramente omessa o rivelata con lo scherno che tanto caratterizza i loro scambi di parole. 'Non ti andava di dormire nel lettino del dormitorio?' Dice infine, ammiccando verso di lei per fingere un'indifferenza che non gli appartiene l'attimo dopo. Non ci è mai andato così pesante con lei e difficilmente si dedica a mettere su certe azzardate pulci nell'orecchio delle ragazze per cui prova un minimo di interesse, di solito prettamente fisico. Ma dopo il loro ultimo incontro, dopo essersi accertato che lei fosse ormai pronta a gettarsi in quel genere di esperienze... Dopo aver avuto un assaggio della sua femminilità, ha cominciato ad avere anche più fame di lei e voglia di aiutarla a scoprire ogni varia sfumatura di certi aspetti, particolarità che non ha mai condiviso con nessuna prima. Anche questo fa probabilmente parte dell'incantesimo che quella bambina gli ha lanciato contro. Esserne vittima, però, non gli dispiace affatto.


     
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    «Perchè c'è qualcosa per cui ne vale la pena?» Gli chiese retoricamente, prima di scuotere il capo. Non che Helena avesse una grande opinione della distinzione netta tra bene e male, ma riteneva che niente fosse abbastanza importante da toglierle la libertà. Libertà di scegliere, di fare, di vivere. Essere sbattuti in galera per qualcosa che non si aveva nemmeno scelto di fare, era davvero da stupidi. Quello però lo tenne per sé.
    «Che uomo duro.» Lo prese in giro, quando lui accennò al suo lavoro già eseguita. Avrebbe dovuto temerlo. Chiunque altro si sarebbe tenuto a distanza da un individuo del genere, eppure lei si sentiva così irrimediabilmente attratta da non voler nemmeno provare a distaccarsene. Non sapeva cosa ci fosse di sbagliato in lei, ma era certa non fosse una qualche strana sindrome della crocerossina a spingerla a ricercarlo. Lei non lo voleva cambiare e portare verso lidi migliori. A lei andava bene così perchè sapeva che non le avrebbe fatto del male e perchè forse immaginava che per quanto orribili potessero essere gli atti da lui commessi, non sarebbero mai stati definitivi.
    «Già. Ora dobbiamo fumare.» Precisò, quasi avesse percepito nella frase dell'altro ambiguità pericolose. L'idea iniziale era di non lasciarsi andare ad alcuno istinto, non perchè non le fosse piaciuto l'ultima volta ma perchè temeva che Mason le avrebbe fatto male. Non fisicamente. Temeva che far diventare quell'atto un'abitudine tra loro, avrebbe potuto spingerla a dare definizioni sbagliate di quel rapporto che non aveva etichette. E Mason sembrava uno fin troppo bravo a ferire gli altri. Lei non glielo avrebbe permesso. «Abbiamo qualche weekend libero al mese. Non so come funziona nella scuola in cui sei stato tu ma se infrangi qualche regola a Durmstrang, le punizioni sono poco piacevoli.» Annuì, parlandogli con quel tono saccente che avrebbe infastidito chiunque.
    « Dio. Hai mai dormito in una camerata? E' l'inferno. Centinaia di ragazze tutte insieme che hanno i loro problemi ormonali e rompono il cazzo di notte con piagnistei inutili sui ragazzi che non le considerano. E come potrebbero se loro nemmeno si depilano e la metà dei ragazzi che sono a Durmstrang sono gay?» Aggiunse poi, roteando gli occhi nel confidargli tutti i motivi per cui odiava la camerata. Non c'era privacy e la condivisione degli spazi, a volte era davvero atroce.
    «E ho provato a dormire in quello maschile. Sai, con un amico Era vero. Lo aveva fatto. E per qualche ragione tenne a dirlo come a rendere più ambiguo il proprio tono sull'ultima parola. «Ma è anche peggio. Puzza costantemente di qualcosa di morto.» Aggiunse, salendo poi i gradini di un patio di un'ampia e ben messa casa sul lago.
    Trafficò con la maniglia solo un attimo, prima di aprire la porta e dare la possibilità a Mason di fare lo stesso. «Finalmente arrivati.» Si guardò un attimo intorno, liberandosi del cappotto e degli stivali per raggiungere il salone lì dove li attendeva un comodo divano ed un camino scoppiettante. Una volta comodamente seduta, mentre attendeva che Mason la raggiungesse, tirò indietro i capelli legandoli con quella farfalla ricevuta via posta. Era la seconda volta che riceveva posta anonimo e se da un lato se ne sentiva turbata, dall'altro la faceva sentire in qualche modo apprezzata.
    «I miei sono sempre in giro per lavoro e mio fratello è in Accademia. Quindi oggi la casa è tutta per me.» Allargò le braccia, dandogli una sbrigativa spiegazione per quella libertà, pronta così a dedicarsi ad altro. «Non hai niente da darmi?» Piegò il capo, aspettando che Mason si sbrigasse a tirar fuori l'erba tanto attesa. Perchè era chiaramente di quello che parlava Helena, sebbene il suo sguardo avesse voluto essere appena più malizioso del solito. In fondo anche a lei piaceva giocare col fuoco.
     
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    'Touché.' Gli piace parlare con lei. Anche condividere certe opinioni o accondiscendere alle sue parole diventa naturale al cospetto di quei ragionamenti che lo riescono a colpire. Certo non sempre il gioco vale la candela e nell'infinità delle parole che l'altra gli rivolge, sono sporadiche le volte in cui si dimostra d'accordo, non perché non si rifletta abbastanza nella maggior parte dei ragionamenti da lei portati avanti, quanto per quella continua lotta alla supremazia che non intende affievolirsi neanche un briciolo. Gode interiormente di ogni suo accenno di leggero imbarazzo, ombrato di un disagio che stuzzica abbondantemente le corde dell'orgoglio del Chesterfield, la cui sicurezza in se stesso aumenta a mano a mano di un tassello in più. Non mira ad avere il pieno potere su di lei, perché significherebbe tornare alla monotonia di un rapporto comune, di quelli che può benissimo condividere con chiunque altro. Lottare per averlo e poi sentirsi costretto a cederlo prima di tornare all'attacco è ciò a cui continua ad aspirare; il fulcro del loro rapporto è il continuo tira e molla che si dedicano vicendevolmente. Così un attimo prima le rivolge un apprezzamento e quello dopo si finge completamente indifferente a lei. Finzione che mette in scena alla perfezione, con l'intento di comprendere a quali reazioni di Helena riesce ad arrivare. 'Mi era quasi sembrato il paradiso fino a "problemi ormonali", ma hai spento il mio entusiasmo col fattore depilazione.' Tira fuori la sua maschera da bastardo superficiale per un attimo, perché il discorso affrontato non cattura realmente la sua intenzione come vuole lasciarle credere. I piagnistei delle ragazze in piena esplosione ormonale, così come lei ha accennato, non gli sono mai importati. Ha sempre letto troppi sentimentalismi dietro certe pretese, rischi che avrebbero potuto compromettere ogni suo passo verso gli obbiettivi che si è imposto. Senza contare quanta pericolosa inesperienza possa nascondersi in soggetti simili. Tutti fattori che lui ha sempre calpestato e da cui si sente distaccato tuttora, parlandone come si parlerebbe di una partita di Quidditch o di un corso Accademico. 'Un amico gay o uno dei ragazzini appartenenti all'altra metà?' Non cede alle sue provocazioni, perché assecondarle e controbattere gli sembra molto più divertente. Certo non si preoccupa del messaggio che potrebbe mandarle, sperando forse con fin troppa leggerezza non sia sbagliato. Non si vuole affermare nella sua vita come un punto fisso o almeno questo è ciò che crede. Ci sono dei limiti che hanno già superato insieme ma adesso che le cose si sono più o meno quietate, non ha voglia che si aggiungano possibili azzardi in più, come non gradirebbe se al contempo il loro rapporto retrocedesse in qualche modo. E' un rischio stare al passo di una ragazzina come lei, non solo per la fragilità con cui gli tocca fare i conti, quanto per l'incoscienza data da un'età in cui distinguere il bene dal male è complicato. Quanto riuscirà a durare prima di cambiare opinione su di lui? E se davvero non la cambiasse, sarebbe una cosa buona? Dubbi profondi che scaccia via con la risata avanzata in merito alla sua constatazione sulla camerata maschile. Non si sorprende di una possibilità del genere, essendo lui stesso fautore di disordine e, talvolta, di cattivi odori dovuti ad alla noncuranza con cui spesso dibatte contro il compagno di stanza. Per un pò si perde nell'osservazione dell'ambiente circostante. Raggiunta la casa meno umile di quanto credesse, nei pressi di un lago altrettanto splendido alla vista, non può fare a meno di tirar fuori la propria considerazione, privo di peli sulla lingua. 'Vi trattate bene.' Non che abbia bisogno di mirare a certe grandiosità nella propria vita, ma in vista dell'appartamento umile in cui ha passato parte del proprio tempo con Helena, non avrebbe potuto immaginare quanto ricca di agi potesse essere. Fa il suo ingresso nella dimora, osservandone l'ambiente nella sua generalità mentre l'altra si mette comoda. Consta immediatamente il camino sia già acceso ed il piacevole calore della casa gli rende semplice liberarsi del giaccone seguendo l'esempio dell'altra, prima di raggiungerla e cominciare a rovistare nelle tasche. Vuole andare dritto al sodo, perché sente che è ciò che Helena vorrebbe prima di ogni cosa, ma a catturare la sua attenzione è il modo in cui si appresta a sistemare i capelli, fermandoli con un familiare oggetto che gli provoca uno spontaneo soddisfatto sorriso. Mandare lettere in forma anonima è un rischio: non puoi mai sapere se l'altro le abbia ricevute, né cosa ne abbia pensato, e forse è proprio questo l'intento con cui ha scelto di dedicare quella parte così intima di sé a parti altrettanto private della sua anima. Con ciascuna di quelle piccole poesie riesce a comunicare con lei meglio di come potrebbe mai fare ed a quanto pare dal fermaglio che ha scelto di tenere con sé, i suoi intenti sono stati soddisfatti. 'Carina quella. Batte le ali tutto il tempo?' E' inusuale vedere oggetti simili, in fondo. Sebbene assai più semplice rispetto ad un compito di magingegneria, si è impegnato parecchio nella realizzazione di quel fermaglio ed anche incantarlo nella maniera adeguata non è stata un'impresa facile. Se è riuscito a farcela, però, è un punto in più a riempire il proprio orgoglio di quella soddisfazione che altrimenti non riuscirebbe mai a stringere tra le mani. Distoglie quindi lo sguardo dall'oggetto quando lei ricorda nuovamente il motivo per cui siano giunti sino all'abitazione, tornando a frugare tra le tasche con quel ghigno malizioso stampato in volto in seguito alle parole altrettanto ambigue dell'altra. 'Tutto quello che desideri, bimba.' Non è da lui lasciarsi sfuggire un'occasione e chiaramente anche in questo blando scambio di battute non batte la ritirata. Tira fuori due sacchetti di erba dalle tasche, prima di lanciarle uno sguardo celere ed indicare gli scarponi che indossa. 'Ti dispiace?' Quasi senza attendere risposta, li toglie per mettersi altrettanto comodo sul divano, avvicinandosi al punto tale da sfiorare volutamente la gamba dell'altra con la propria. Si limita a questo, mentre tira fuori diverse cartine per dedicarsi alla creazione della prima sigaretta, porgendole anche a lei così che possa fare lo stesso. 'Quando hai iniziato a fumare questa roba?' Le chiede dunque, beffardo ed arrogante, con una smorfia divertita dipinta sul volto mentre rolla la cartina attorno al filtro. 'Non ti ha mai detto nessuno che sei piccola per certe cose?' La prende dunque in giro, prima di porgerle tra le labbra la prima sigaretta completata, accingendosi ad accenderla per lei. 'Pronta a divertirti?' Rilascia un ultimo sprazzo di ambiguità, prima di bruciare l'estremità della canna, sicuro di se stesso come non mai.


     
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    «L'altra metà. Chiaramente.» Commentò indirizzandogli una smorfia, prima di sedersi comodamente sul proprio divano a gambe incrociate. Passò i palmi delle mani sui jeans stretti per riscaldarsi, godendo del tiepido tepore di quell'ambiente. Quella situazione le era sembrata normale fino ad un attimo prima ma adesso cominciava a sentirsi strana. Non riusciva a spiegarsi il perchè sentisse il costante bisogno di sorridere. Si sentiva davvero una stupida. Forse l'erba aveva cominciato a fare effetto ancor prima che Helena potesse fumarla.
    «Si. Non so ancora chi me l'abbia regalato. Era in una lettera anonima, ci pensi?» Rispose alla domanda dell'altro, chinando appena il capo per mostrargliela meglio. Se ne era innamorata fin da subito e non aveva potuto fare a meno di indossarla. Era diffidente circa quelle lettere anonime che riceveva, stava ancora cercando di farsi un'idea di chi potesse pensare a lei così tanto da poter persino dedicarle delle poesie, ma per ora non le andava nemmeno poi tanto di indagare sul responsabile. Apprezzava in silenzio, senza farne un affare di stato.
    Puntò gli occhi grandi in quello dell'altro, quando le rispose ancora con una frase facilmente fraintendibile. «Solo l'erballegra.» Precisò la Haugen inarcando entrambe le sopracciglia. E per quanto soventemente la sua mente si ritrovasse a divagare in pensieri meno innocenti di quelli che prevedevano la condivisione di qualche canna, non avrebbe ceduto.
    «Sono piccola per tante cose. Non significa che non possa farle comunque.» Lanciò volutamente una sorta di frecciatina. Immaginava che Mason avrebbe colto perfettamente. Gli aveva mostrato quanto più matura della propria età potesse essere. Anche se si mostrava infantile e cocciuta per certi versi, per altri si sentiva più adulta della maggior parte dei suoi coetanei. La sua storia le aveva dato la possibilità di crescere prima.
    « A Londra c'era una ragazza che mi riforniva. Ora però non mi va più di chiederle niente. E non so se sarebbe comunque gentile con me adesso.» Non seppe nemmeno perchè sentì il bisogno di confessargli quella realtà in risposta alla sua domanda, ma dopo averlo fatto si sentì come svuotata.
    Le bruciava ancora per come erano andate le cose ad Halloween. Sapeva di essere stata una stronza, lo aveva fatto di proposito, ma nessuno aveva pensato a chiederle scusa dopo averla attaccata. E lo avevano fatto tutti. Alla Haugen era quel concetto che la infastidiva: loro che si sentivano dalla parte giusta della barricata non avevano avuto remore ad attaccarla in gruppo e poi lasciarla sola. E poi la stronza era lei.
    Dopo aver afferrato la sua canna ed averla accesa, si tirò in piedi, turbata dall'improvviso e pesante silenzio che era calato su di loro. In quel momento ne aveva paura. Avrebbe potuto alimentare pensieri e voglie, che avrebbe voluto tenere a bada.
    «C'è troppo silenzio.» Annunciò mentre si occupava di mettere su un po' di musica. Dopo essersi concessa un paio di tiri, cominciò a sentirsi meglio quasi come se avesse improvvisamente ritrovato l'ossigeno mancante. Ad occhi chiusi e col capo tirato indietro, lasciando che i capelli si muovessero in modo sinuoso, ballava fumando e sbuffando al cielo il fumo bianco.
    Poi, come d'improvvisa conscia di una cosa, puntò gli occhi sul suo ospite, indirizzandogli un sorriso. «Non hai ignorato la mia lettera. Sarò anche una bambina come dici, ma forse ti mancavo.» Era divertita da quella supposizione, e fu per questo che non potè fare a meno di pungolare. Magari anche per carpire una sua reazione in merito. «Non e' assurdo che ad un grande cattivo ragazzo come te » - ed accentuò volutamente quelle parole, nel chiaro tentativo di prenderlo in giro - «Manchi una bambina come me?»


     
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    Un pieno di divertimento e soddisfazione quello di Mason, allettato dalle sue parole e parecchio orgoglioso di poter dare un'occhiata al fermaglio perfettamente funzionante da lui progettato. E non è chiaramente l'aver costruito qualcosa di funzionante, finalmente, ed averlo fatto con piacere a sollevarlo, quanto la lusinga che scorge nel volto e nelle parole di Helena, probabilmente più su di giri per il regalo misteriosamente ricevuto di quanto non dia a vedere. Se mostra di sé quel velo di felicità, deve esserne stata davvero compiaciuta. Per qualche strana ragione, si sente eccessivamente gratificato da quel particolare, nonostante lei non possa associarlo al suo nome. 'Interessante. Ti sei fatta un ammiratore segreto?' Impossibile non sminuire come da copione un gesto che nasconde in sé molti più messaggi di quanti entrambi non ne possano realmente decifrare. I veri sentimenti che li legano a quell'oggetto apparentemente insignificante sono chiari solo alle parti più profondi delle loro anime, forse immersi in una profondità interiore talmente estesa da permettergli di rendersene conto con facilità. E' il bello del loro strano, contorto rapporto. Lascia che certi aspetti si perdano nei meandri dell'indifferenza, concentrandosi di nuovo sul malizioso scambio di battute che si lanciano l'un l'altro. Il suo accondiscendere lo alletta, ma assistere ai suoi rifiuti talvolta ben poco convinti ha il potere di elettrizzarlo eccessivamente. Non ci penserebbe su due volte a mollare in tronco una ragazza che faccia la preziosa, che passi il proprio tempo a farsi desiderare, perché il narcisismo che lo contraddistingue lo porta a credere che siano le altre a dover morire per lui, ad implorare le sue attenzioni nella speranza di riceverne. Devono supplicarlo, anche solo con gli occhi di avere un'opportunità per godere della sua persona. Con Helena è diverso. Con lei è stato diverso fin dall'inizio ed è questo uno dei motivi per cui si ostina a vederla, ad averci a che fare nonostante abbia già ottenuto da lei il massimo che potesse prenderne. Con il crollo di ogni scrupolo nei suoi riguardi, poi, la faccenda si è fatta anche più seria e ad ogni istante che passa a stuzzicarla e lasciarsi stuzzicare al contempo, sente di aver intrapreso una strada che ha davvero il sapore della libertà. E' deciso a non lasciarsela scappare, a poterne godere quanto più possibile, fino a quando l'errore che sta commettendo non si ritorcerà su di lui... o, peggio, su di lei. 'Non mi dire. La piccola vipera ha sputato il proprio veleno e lei non è riuscita a sopportarne il dolore?' Commenta così la sua confessione sul modo in cui si è approcciata a certi passatempi sbagliati in passato. Non per rimproverarla, quanto piuttosto a sottolineare come il problema risieda negli altri, spesso incapaci di sopportare le palesi dimostrazioni d'astio che la convenzionalità ti obbliga a soffocare. Un moralismo su cui ha sempre sputato e per cui non ha mai realmente sofferto, ormai abituato a starsene da solo, ad andare avanti senza nessuno al proprio fianco. 'Posso garantirti che hai trovato un'alternativa più che valida.' Le lancia uno spavaldo occhiolino, riferendosi senza tentennamento alcuno a se stesso, per più e più motivi. Anche in questo apparentemente semplice scambio di opinioni Mason è intenzionato a sottintendere aspetti più maliziosi, che portano l'altra a sottrarsi dal silenzio che ne deriva. Anche questo alimenta la sua irrequietezza, mettendo a dura prova il suo autocontrollo. Ma la lascia fare, godendosi anche quelle piccole limitazioni che l'altra gli porge, dedicandosi ai primi tiri della propria sigaretta stretta tra le labbra, con gli occhi che percorrono attenti il suo corpo in movimento, al ritmo della musica che pone fine al silenzio instauratosi improvvisamente. La sua supposizione, poi, è pane per i suoi denti. Impossibile non darle ragione, se non per un dettaglio che la rinchiude nella medesima ipotesi da lei avanzata: è stata lei a cercarlo per prima. 'Potrei dire lo stesso di te, bimba.' Inarca un sopracciglio, stirando le labbra in una soddisfazione che lo pone con arrogante sicurezza nei confronti dell'altra. Niente di nuovo, non fosse che ogni cosa sembra più accentuata per merito dell'allegrezza che inalano entrambi. 'Sei stata tu a cercarmi, no?' Le dice poi, sbuffando un pò di fumo di fronte a sé, allargando le gambe per mettersi anche più comodo sul divano. Si comporta come se tutto gli appartenesse ed aspetta qualunque reazione lei abbia da offrirgli. Anche mirare ai suoi rimproveri ha assunto i connotati di un obbiettivo non così spiacevole da raggiungere. Qualunque cosa di lei risulta interessante e questo non è certamente da collegare all'effetto della canna. Mentirebbe a se stesso se pensasse di cavarsela con così tanta superficialità e con Helena sente di poter concedere un briciolo di sincerità in più anche al proprio animo. 'Non è altrettanto assurdo che a una bambina come te manchi un grande cattivo ragazzo come me?' Riprende le sue parole, compiaciuto in volto nella piena libertà che sente di poter agguantare. Se ne resta per un pò fermo nella contemplazione dell'altra, delle sue mosse, delle sue reazioni e parole, di qualunque cosa lei abbia in serbo per lui o a cui si dedichi per se stessa, altrettanto libera da lasciarsi andare senza tentennamenti. Quando sente di averne avuto abbastanza si decide ad alzarsi ed avvicinarsi a lei di qualche passo. Non la sfiora, non la mette alle strette, neanche le si avvicina con troppa arroganza. Mantiene una distanza minima, ma incatena il suo sguardo al proprio. Senza braccarla eccessivamente, si impone comunque nei suoi confronti. E' il gioco verso cui ha scelto di addentrarsi con lei, alla ricerca di nuovi risvolti che lo facciano sentire ancora diverso. Provare migliaia e migliaia di sensazioni diverse non gli è mai riuscito. Con lei, anche questa prospettiva si è concretizzata in una curiosa, piacevole realtà. 'E se ti dicessi che, si, mi sei mancata? Come reagiresti?' Lancia il proprio azzardo alla fine, pronto a riceverne le conseguenze. Nasconde la propria impazienza sotto una smorfia a tratti distaccata, a tratti fiera e soddisfatta. Si pone come un famelico felino che già pregusta la propria preda. Qualunque sia la reazione dell'altra, non vede l'ora di assistervi. 'Ed io ti sono mancato?'


     
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    «Sí? Non credi troppo in te stesso?» Non riusciva a fare a meno di pungolarlo costantemente. Il suo modo di fare la spingeva a fare del proprio meglio per prevalere. Era una lotta alla supremazia che aveva qualcosa di differente a quel che era solita attuare. Era più divertente ed ispirante. La spingeva a fare meglio, sempre di più e a sperare, persino, che l'altro non si arrendesse dinanzi ai suoi colpi. Voleva vederlo combattere perché era divertente.
    Morse il labbro inferiore nel guardarlo. Un atto involontario che avrebbe potuto sembrare ambiguo.
    Fece spallucce poi alla sua domanda.
    «No. Non è assurdo.» In effetti non lo era che una ragazza come lei cercasse in uno come lui un passatempo dopo quello che aveva dovuto subire. Mason era una boccata d'aria fresca. Le dava quella sensazione di libertà che non aveva mai sentito d'avere. Con lui sentiva di poter essere se stessa o di non esserlo. Insomma poteva essere chiunque, senza preoccuparsi di niente. Era proprio quella spensieratezza che l'aveva spinta a ricercarlo. Quello ed un vago ed intangibile legame che sentiva d'avere con quella persona a cui aveva dato e detto tanto, nonostante la breve e quasi nulla conoscenza. Forse, in un certo qual modo, averlo accanto rientrava nel suo desiderio di avere controllo.
    Inarcò un sopracciglio alla sua domanda, prima di scuotere il capo ridendo appena.
    «Ti chiederei se mi credi un'ingenua.» Sapeva di suscitare nell'altro un certo interesse, ma dubitava andasse molto oltre l'aspetto fisico e quel che avrebbe potuto dargli. Non era modesta, era solo che Mason non sembrava affatto in grado di legarsi a qualcuno, o ad una donna. E perché avrebbe dovuto farlo con lei? Per lui, Helena doveva essere stata una tra tante. Una conquista certo, ma niente di diverso da qualsiasi altra ragazza avesse avuto. E la Haugen non si illudeva affatto di essere speciale per uno così. Non voleva correre il rischio di stare male.
    Rimuginò sul suo ultimo quesito, dedicandosi un'altra boccata di fumo mentre continuava a ciondolare a ritmo di musica.
    «Te lo dico quando l'avrò finita.» Gli disse infine alzando la canna che stringeva elegantemente tra le dita. Poggiò il filtro tra le labbra allontanandosi un secondo per tornare l'attimo dopo con una bottiglia di whisky invecchiato tra le mani. Era parte della collezione di suo padre ma immaginava non si sarebbe accorto di una bottiglia mancante con tutte quelle che aveva.
    Dopo aver fatto un generoso sorso, ed aver stretto gli occhi e scioccato le labbra per il bruciore causato dall'essenza alcolica, tornò a ballare avvicinandosi a Mason pur senza ballare.
    Il ritmo lento e suadente della musica in alto, la spingeva a muoversi sinuosamente, con scatti decisi intervallati da movimenti appena più raffinati.
    « Ballavi con quelle cretine al pub ed ora nemmeno ti muovi.» Gli disse indietreggiando per raggiungere il tavolino, su cui salì senza troppi ripensamenti.
    «So di cosa hai bisogno.» Gli disse mentre si sporgeva appena per attirarlo dopo aver stretto la mano sulla maglia dall'altro indossata, facendo bene attenzione a non sfiorare affatto la sua pelle.
    Voleva stuzzicarlo. Spingerlo al limite. Ed in fondo lo faceva anche e soprattutto con se stessa. Voleva farlo per chiarire ad entrambi che se erano lì era perché sì c'era un rapporto. Non d'amore. Né sicuramente di sesso. Lasciarsi andare con lui, di nuovo, forse sarebbe stato un errore. Per questo, combatteva per il potere.
    A quel punto, stappata nuovamente la bottiglia ed essersi concessa un nuovo sorso senza poggiare le labbra contro il bordo, provò a concedergli lo stesso beneficio, provando, se le avesse dato il suo consenso, a dedicargli un po' d'alcol allo stesso modo, versandolo dall'alto e direttamente nella sua bocca.
     
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    Giocare col fuoco è diventata una priorità. La loro priorità. Comunque si ponga la situazione, le prerogative per stuzzicarsi e mandare avanti quella brama di supremazia che li alimenta non cessano d'esistere. Si amplificano, anzi, man mano che si vanno a sfiorare i confini di una pazienza messa a dura prova sul fronte di entrambi, a tratti più dura per uno e l'istante dopo per l'altra. È lui ad essere nel mirino di Helena adesso, di tutti i suoi atteggiamenti ambigui ed evidentemente maliziosi che resta ad osservare, non perdendone neanche una sfumatura. 'Posso permettermelo.' Si avvale ancora una volta della propria arroganza e si pone con strafottenza ogni volta che lei cerca di buttarlo giù, non con l'intento di sconfiggerlo, ma di istigarlo a lottare anche di più. Così vale lo stesso per Mason nei confronti di Helena. E va avanti il loro scambio di distaccate opinioni col solo scopo di affermarsi l'uno sull'altra. Si riscoprono simili, sempre più affini ad ogni tagliente parola che viene fuori dalle loro bocche aspre, pungenti, acide, stuzzicanti. Un insieme di intenti che mirano al medesimo obbiettivo, accolto da entrambi con quell'interrogativa voglia che non ha bisogno di essere spiegata. Non esistono chiarimenti in qualcosa che sa già di perfezione nella sua essenza di base. 'Ed io potrei dirti di no, ma pensare il contrario.' Illusioni di vittoria quelle che concedono si concedono l'un l'altra, prima di tornare all'attacco con brama di predominio. Helena lo lascia sul filo del rasoio, in attesa di un responso che potrebbe arrivare o non farsi mai vivo. Poco importa o forse, anche se desideroso di venirne a capo, Mason sta alle regole che lei detta, rimanendo semplicemente in silenzio al cospetto dei maliziosi dubbi innescati mentre la segue con lo sguardo in tutto ciò che fa. Vederla allontanarsi per poi tornare con una bottiglia di whiskey segna un punto che lo porta più vicino alla vittoria. Una vittoria in parte guadagnata, in parte concessa da lei che finge di non cedere ad un immaginario che si fa sempre più chiaro nella mente del Chesterfield. La sicurezza con cui lei agisce, gli permette di non avvertire il peso della fatica. Quell'attesa lunga ma per niente asfissiante, diventa essa stessa parte del gioco ed acquisisce connotati interessanti, tempestati di impulsi eccitati che gli lasciano vibrare la schiena. Sentirsi ammaliato senza neanche sfiorare il corpo dell'altra è una novità. Eppure lei si dimostra diversa, migliore anche in questo. 'E ti dà fastidio?' Stuzzica di nuovo la sua pazienza, enfatizzando la differenza tra la superficiale ed a tratti scomoda serata di Capodanno e ciò che sta vivendo in questo istante. Strusciarsi contro delle sconosciute era una necessità, un metodo alternativo per mettere a tacere i pensieri opprimenti che gli vagavano per la testa. Adesso non c'è niente di anomalo che alberga nella sua mente. Niente che abbia voglia di zittire o accantonare, immerso in un momento che ha di per sé il potere di calmare i suoi sensi e rilassarlo inesorabilmente. La visione che ha davanti agli occhi è impagabile, molto più appagante di una qualsivoglia serata all'insegna dell'alcol. Tuttavia cedere al suo invito è qualcosa di altrettanto eccitante e per tal motivo asseconda il suo gesto, tirando su il capo e lasciandosi versare un pò dell'incendiato liquido in bocca. Appena imprecisa la mira, che lascia scivolare un piccolo rivolo di whiskey all'angolo delle sue labbra. Lo ripulisce passandovi sopra la lingua e lasciando che la restante parte della goccia venuta giù rimanga umida. Helena non lo tocca, ma riesce ad attirarlo a sé come una calamita e Mason non può fare a meno di cedere al suo richiamo. La ripaga poggiando la mano sulla bottiglia, ancora ai piedi del tavolino su cui lei sosta. Si concede un'altra boccata di fumo, mentre prende a muovere il recipiente con lentezza verso l'alto ed il basso, compiendone percorsi indefiniti a mezz'aria fino a poggiarne il collo contro l'addome dell'altra. Le sue dita, però, non sfiorano minimamente, neanche per sbaglio il corpo di Helena. 'Per quanto andrà avanti questo giochetto?' Completamente assuefatto dal fumo, dall'alcol ed in buona parte anche da lei, dimostra la propria leggerezza abbandonandosi anche al richiamo della musica. Segue i movimenti dell'altra e prova ad adeguarvisi continuando a schivare il suo corpo. Se sono queste le regole che lei ha scelto di imporre, non si opporrà almeno all'inizio. Ma quanto ancora riuscirà a resistere lui che è sempre stato abituato a prendere tutto ciò che gli andava ed appropriarsene senza rimorso alcuno? 'Questo è un modo un pò inesatto di dimostrarmi che non avessi intenzione di scopare, non credi?' La colpisce senza peli sulla lingua dritto sul punto che ha finora trattato con ambiguità velata. Mason non usa mezzi termini. Nel suo mondo duro e crudo, la volgarità non ha remore di essere tirata fuori. Forse è un aspetto che l'altra riesce a gradire o uno che al contrario, magari, la porterà a storcere il naso ed avanzare un rifiuto. Un torto a cui forse adesso non è più così pronto, ma che si costringerebbe a sopportare per non dare di sé l'immagine del ragazzo sconfitto. Riporta la bottiglia nei pressi del proprio viso, prendendone un altro sorso a cui reagisce quasi con noncuranza. Brucia, è inevitabile, e l'ebrezza di quella bevanda comincia a mischiarsi col fumo per crearne mix pazzeschi ed imprevedibili, ma Mason si mantiene calmo, pacato, fin troppo rilassato alla vista, con solo un sorriso stampato sul volto che non accenna in alcun modo di voler scemare. Manda giù il whiskey trangugiato e senza lasciare la presa sulla bottiglia, raggiunge la ragazza sul tavolino, portando la distanza dei loro corpi al limite. I loro indumenti si sfiorano appena, in maniera quasi impercettibile, ma non un lembo della loro pelle riesce anche solo a sfiorarsi. 'Allora che ci facciamo qui?' Le chiede infine, indirizzando di nuovo il collo della bottiglia verso le labbra di Helena, lasciando a lei la scelta. 'Quante altre cose per cui sei piccola vuoi fare comunque?' Le lascia volutamente le redini in mano, solo per vedere fino a che punto si spingerà portata sino a limiti così pericolosi. Poi non avrà scrupoli, venutasi a creare un'eventuale situazione adeguata, a riprendere in mano le fila della partita.


     
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    Non riusciva a mentire a se stessa guardandolo, né riusciva a reprimere le sensazioni che le affollavano il cervello. Sentirsi a quel modo per qualcuno, era qualcosa di totalmente nuovo. Le era capitato d'essere attratta anche in modo fisico da dei ragazzi, ma non aveva mai sentito sensazioni così forti a cui sentiva, a volte, il desiderio di soccombervi. Involontariamente si ritrovò a mordersi le labbra, mentre lo osservava portar via quella goccia d'alcol oltre le sue labbra. Quando però Mason tirò il suo sguardo su di lei, si apprestò a chiudere gli occhi e a fingere d'essere ancora trasportata dalla musica. Dietro le palpebre calate però, rivedeva immagini che le avvampavano le gote, e alle orecchie arrivavano come echi lontani i suoni eccitanti dei loro sospiri.
    «Di che giochetto parli?» Commentò, continuando a far la vaga, a girare intorno alla questione senza avvicinarsi al punto. Non sarebbe venuta meno alle sue parole. Non si sarebbe lasciata corrompere dalle sensazioni che Mason era in grado di provocarle.
    Si aspettava le sue parole. Quel ragazzo le piaceva anche e soprattutto per il modo diretto d'affrontare le cose. Il suo modo rozzo di parlare non la feriva, né la sconvolgeva. Finiva con l'attirarla ancor di più.
    «Non ti ho mica messo le mani nei pantaloni.» Gli disse con un sorriso sghembo continuando ad ondeggiare nel tentativo, voluto, di portare la sopportazione dell'altro al limite. E continuò a farlo fino a quando non fu Mason a toglierle il respiro. Vederlo salire lì su quel tavolino e raggiungerla fino quasi ad annullare le distanze tra loro, fu un duro colpo per il proprio autocontrollo.
    Tirò su lo sguardo, fronteggiandolo con la solita aria di sfida. Il cuore però non le era mai battuto così forte. Era come guardare il pericolo dritto negli occhi. Una parte di lei sapeva quanto giusto fosse andar via e mettersi in salvo, ma l'altra voleva essere divorata da tutta quell'oscurità. Con lui, in quel baratro, si sentiva a suo agio.
    «Fumiamo. Beviamo.» Sussurrò lentamente e con tono roco. Afferrò la bottiglia quando lui avvicinò il beccuccio alla sua bocca. Bevve da sola un ingente sorso, prima di spingere con una certa veemenza la bottiglia contro il petto dell'altro. «Non mi viene in mente nient'altro che potremmo fare. Io e te.» Annuì infine con un sorrisetto dopo essersi messa sulle punte per poter proferire quelle parole contro le sue labbra.
    «Vuoi rompermi il tavolino?» Gli disse poi spingendolo di sotto, e lasciandosi andare ad una breve risata. Era chiaramente brilla, leggera ed in quelle condizioni sapeva quanto pericoloso potesse essere stare accanto all'altro. Fu per quello che decise di correre ai ripari. Rimuginò sul da farsi per un attimo. Poi, come illuminata dalla canzone mandata alla radio, finalmente si decise ad agire.
    «Facciamo un gioco.» Gli si riavvicinò per spingerlo poi fino al divano. La sua intenzione era di farlo sedere lì mentre lei restava in piedi proprio dinanzi a lui ma non troppo vicino.
    «Spogliati ma... resta seduto lì. Se ti muovi, perdi.» Annuì, aspettando una sua reazione, cominciando a muoversi a tempo di musica mentre consumava lentamente la sua sigaretta ancora poggiata tra le labbra rosee.
    «Cosa aspetti?» E senza aspettare che fosse lui a muoversi, prese a spogliarsi da sola. Cominciò dai jeans che lanciò lontano. E nonostante le apparenze, il gioco mosso da lei sarebbe stato ben più infimo di quel che Mason avrebbe potuto aspettarsi.
     
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    Un azzardo dietro l'altro ciò a cui Helena lo sottopone, intenti ad istigare il suo palese desiderio ormai sul punto di arrivare al culmine dell'impazienza. Dimostrarsi forte di fronte a certe mosse di natura sleale, capaci di mandare allo sbaraglio tutti i suoi sensi, è un'esperienza altrettanto nuova a cui si arrende per pura volontà di scoprirne le varie sfaccettature. E' assurdo che a riuscirci sia una ragazzina di sedici anni, tanto inesperta negli aspetti più pratici di quel genere di situazione, ma estremamente sicura e convinta in quell'insieme di azioni antecedenti in cui si rispecchiano, in fondo, tutti gli stimoli di una voglia che cresce istante dopo istante. Quel genere di gioco che lei si ostina a negare, che ha lo scopo di illuderti e poi tornare indietro. Un tira e molla di cui lei ha pieno controllo, mentre Mason resta fermo lì a guardare, a lasciarsi soggiogare comunque lei decida. Catturato dal modo con cui si finge distaccata, si abbandona alla distensione dei propri sensi, incentivata dal fumo che aspira e che rilascia dopo pochi secondi, talvolta in direzioni indefinite, altre volutamente dirette al viso di Helena, al suo collo, al suo orecchio. Ci sono tanti modi per toccarsi senza l'uso delle mani ed entrambi sono intenzionati a metterne in atto quanti più possibile. Anche sotto lo sfiorarsi dei loro corpo, lui non avanza di un solo millimetro e retrocede senza batter ciglio quando è lei a respingerlo, costringendolo a scendere dal tavolino con poca grazia, sotto l'effetto di una spinta che lo compiace ulteriormente. 'Siamo un pò brusche, mh?' Nessuna ombra di rabbia nel suo volto, né un velo di aria contraddetta. Non vuole controbattere con reale astio nei suoi confronti, ma semplicemente darle contro perché è ciò che gli riesce meglio. Ciò che riesce meglio ad entrambi. Sempre più sfacciato ed eloquente, i suoi occhi puntano il corpo di Helena, per osservarne ogni morbido movimento che compie al ritmo della nuova musica che dà all'atmosfera tutta un'altra parvenza. Qualcosa che lei non lascia passare inosservato e su cui pianta le basi, in pieno brio da fumo ed alcol, per quello che a detta sua ha effettivamente le regole per essere definito un gioco. Si lascia condurre con quel tocco fintamente distaccato fino al divano, non mancando neanche in quell'occasione di stuzzicarla, avvalendosi della propria superbia per non dichiararsi ancora del tutto sconfitto, nonostante ogni prerogativa fissata sembri adatta a spingerlo verso quel finale. 'Però se continui a toccarmi non vale. Le regole dovrebbero valere per tutti allo stesso modo.' Si lascia sfuggire una risata divertita, poco convinto delle parole da lui stesso pronunciate. Lo si legge perfettamente nel suo volto quanta ironia abbia destinato al messaggio lanciatole, abituato sin da sempre a costruirsi le regole da solo per ogni situazione. Infrangere quelle imposte dalla società per poter sfruttare le situazioni a proprio piacimento è parte fondamentale della sua esistenza ed è certo non sia un concetto estraneo all'altra. La osserva per un pò per valutare la serietà della sua proposta, senza battere ciglio al gioco che gli si prospetta nella mente. Si morde il labbro inferiore con ancora il furbo, malizioso sorriso dipinto sulla bocca, senza accennare neanche per errore a nasconderlo. Si mostra evidentemente preso, ma si trattiene abbastanza da non darle soddisfazione alcuna, spingendola a fare il primo passo per poi decidersi ad agire così come da lei richiesto. 'Ok. Giochiamo.' La asseconda, trattenendo lo sguardo perfettamente puntato sulle gambe nude dell'altra, liberandosi nel frattempo del maglione e della maglietta al di sotto. A petto nudo, procede con lentezza, prendendosi il proprio tempo prima di compiere il passo successivo, aspirando un altro pò della sigaretta ormai giunta quasi al limite della consumazione. Con la medesima calma, poi, traffica con la cintura ed i bottoni dei pantaloni, abbassandoli lento e lasciandoli cadere sul pavimento, segnandone l'abbandono definitivo con il tintinnio ferroso della fibia. Rilascia qualche fiato compiaciuto mentre ancora la osserva, rimanendo immobile sul divano, seduto in modo scomposto, mostrandosi volutamente esposto in tutto e per tutto, senza paura alcuna di lasciare all'altra la possibilità di vedere l'effetto che gli fa. E' riuscita a penetrare parti della sua anima al punto da permettergli di condividerne con lei alcune superficiali sfaccettature senza avvertire il peso di quelle segrete, misteriose rivelazioni. Non ha senso fingersi ancora così rigidi al suo cospetto, in una situazione che di sentimentale non ha la minima traccia. 'E adesso cosa fai?' Le chiede infine in attesa della sua prossima mossa. I pugni chiusi poggiati sui cuscini del divano, le gambe larghe nel pieno di quella dimostrazione di inesistente timore, gli occhi puntati su di lei e le labbra serrate attorno alla sigaretta che consuma gli ultimi centimetri di cartina da sé.


     
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    Vederlo assecondarla, la entusiasmò ed in parte mandò al diavolo ogni suo buon proposito. Il suo corpo nudo, aveva il potere di mandare in tilt il suo autocontrollo. Vedere l'effetto che aveva provocato su di lui poi, fu come se si fosse iniettata in vena adrenalina pura. Si sentì motivata a continuare, assecondata dalla musica. Si spogliò una volta aver terminato la propria cicca, restando nell'intimo nero abbinato che indossava. Non si sentiva in imbarazzo a farsi vedere. Anzi. L'idea che lui la stesse guardando e che apprezzasse il suo corpo, la faceva sentire bene. La faceva sentire sicura.
    A quel punto, dopo aver atteso solo per qualche attimo, decise di proseguire, motivata anche dalle sue parole. Passo dopo passo avanzò verso di lui, approfittando della sua posa scomposta a gambe aperte, per mettersi cavalcioni su una delle sue due gambe senza tuttavia lasciare che il proprio corpo toccasse quello dell'altro.
    Con le mani poggiate ai lati della sua testa, contro lo schienale del divano, si teneva a distanza da lui seppur comunque troppo vicino da poter sentire il suo profumo, il suo respiro. Si mosse appena su di lui, perseverando nelle regole da lei imposte. I loro corpi non si sfioravano, nonostante fossero a pochi centimetri di distanza. Helena muoveva lento il bacino sulla sua coscia, accompagnata dalle note e quando si fermò, fu solo per afferrare la cicca dalle labbra dell'altro, con attenzione affinchè i suoi polpastrelli non sfiorassero la bocca di Mason. Aspirò l'ultima boccata, tenendo il fumo chiuso tra le labbra, prima di piegare il capo verso quello del ragazzo e respirare fuori il fumo bianco tra le sue labbra dischiuse.
    Era pura elettricità. E sapeva che se solo lui avesse osato tirar su un dito sul suo corpo, o avvicinare realmente le labbra alle sue, allora Helena avrebbe perso. Fu per quello che dopo avergli concesso uno sguardo più lungo in cui chiariva benissimo le sue voglie, si allontanò rimettendosi in piedi.
    «E' stato divertente, no?» Gli disse con un sorriso mentre trafficava tra la sua roba per rubare la t-shirt di cui lui si era spogliato. La indossò senza troppi complimenti, facendo una piroetta su se stessa per fargli vedere come le stava.
    A quel punto raggirò il divano, buttando la cicca consumata e mettendo abbastanza distanza tra loro. «Beh, buonanotte. Se hai freddo, lì ci trovi delle coperte. Oppure puoi riscaldarti a modo tuo.» L'unico modo che aveva per scampare al desiderio di soccombere a quella sua necessità fisica impellente, era chiudersi in stanza lontano da lui. Non avrebbero fatto sesso. Non potevano. Avevano giocato ed andava bene così, ma ora era il momento di battere in ritirata prima che si facesse troppo tardi.
    «Avevi ragione. È proprio buona la tua erba.» Gli confessò con un sorriso, arretrando all'indietro come aveva già fatto prima. Fermandosi con le spalle contro la porta della sua stanza, restò a guardarlo mordendosi le labbra e prima di sparire nella sua camera e chiudere la porta a chiave, si concesse un'ultima rivelazione.
    «Comunque sì.» Non chiarì a cosa si riferisse. Ma sì. Le era mancato.
     
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    La slealtà di Helena si spinge fin troppo oltre. E' il rischio dell'aver lasciato il totale controllo della situazione a lei che ha inevitabilmente portato il Chesterfield a rimanerne una vittima in preda alla sconfitta. Troppo sicuro di sé, si è lasciato incantare dalle movenze dell'altra, dalla sua pelle quasi del tutto esposta, dai gesti sicuri e maliziosi con cui si è liberata della sigaretta pur lasciandolo godere del suo sospiro esalato di conseguenza, dallo sguardo che gli ha lanciato fino all'ultimo secondo, illudendolo di aver appena oltrepassato lei stessa i limiti della propria pazienza per poi tirarsi indietro e fingere che nulla sia successo. 'Cosa?' Esala quell'incredulità in un sospiro strozzato, colto completamente alla sprovvista da quel rifiuto che non è più così lontano dalla tangibilità. Si concretizza nel suo allontanamento la fine effettiva di quel momento condiviso, giunto al termine con risvolti completamente opposti a ciò che si era già figurato nella mente del Chesterfield. Niente di incredibile considerata la natura maliziosa ma anche assetata di potere e di controllo dell'altra, ma il suo errore risiede probabilmente nell'averci creduto, nell'averci sperato troppo. Quasi avverte il richiamo degli insegnamenti di Hub, di quel mancato controllo da cui l'ha sempre messo in guardia e che adesso si è ritorto contro di lui proprio come avrebbe dovuto evitare. A scacciarne l'oppressione, però, è il volto ancora assai malizioso di Helena, che girovaga per la stanza con il suo fare da bambina, desiderosa magari di carpire delusione nel volto di Mason che, cocciuto fino alla fine, non gliene dà piena dimostrazione. 'Ma fai sul serio? Te ne vai come se niente fosse?' Sostituisce il deluso stupore sul proprio volto con un sorriso che non ammette la sconfitta. Mostrarsi altrettanto indifferente per lui che è un uomo non è tanto facile quanto l'altra riesce a sfoggiare, ma testardo ed imperterrito nel dimostrarsi forte, la lascia andare via, sogghignando in sua direzione mentre segue i suggerimenti che lei gli offre. Scuote il capo in un'ennesima dimostrazione di superiorità e si sofferma con attenzione su di lei solo quando prima di chiudersi in camera soddisfa uno dei dubbi avanzati durante la serata. Ha idea di quale possa trattarsi. E se ne sente, nonostante l'evidente disagio fisico ancora impellentemente provato, compiaciuto. All'impatto della porta che si richiude, si lascia andare ad un rilassato e profondo sospiro sul divano, concedendosi qualche istante prima di cercare un modo per porre rimedio al problema che lo rende ancora inquieto. Si dirige alla ricerca del bagno, sciacquandosi ripetutamente il viso nel tentativo di recuperare calma necessaria per dedicarsi ad una lunga dormita che lasci alle spalle la strana sensazione di vuoto che avverte. Torna in salotto alla ricerca delle coperte indicate da Helena e ne sistema un paio alla meno peggio sul divano per poter godere del loro calore durante la notte. Ancora piuttosto accaldato, però, si appresta a spegnere il camino e mette da parte i vestiti, rimanendo coperto solo dai boxer. Rovista tra gli scaffali in bella vista di una libreria ed una volta recuperatone un foglio su cui incide un messaggio da lasciare all'altra, lo ripiega e lo passa sotto la porta della sua stanza. "Anche tu. Buonanotte.", recita il messaggio, al fianco del quale lo scarabocchio di una faccina che fa l'occhiolino rende palese la sua voglia di dimostrarsi soddisfatto e sereno nonostante l'azzardo di Helena. Così ribadisce un concetto che ha lasciato precedentemente trasparire con codardia sotto un'ironica e poco chiara domanda retorica, segnando così la rivelazione che lei ha invece avuto il coraggio di rivolgergli: anche a Mason lei è mancata.

    Si risveglia dal proprio torpore in seguito a rumori che palesano la presenza dell'altra nel soggiorno. Sbatte le palpebre ripetutamente, prima di mettersi seduto tra un sospiro e l'altro e dare sfoggio del torso nudo con noncuranza. Ormai del tutto rilassato, avverte con facilità la frescura mattutina ma deciso a ripagare l'altra della medesima moneta e, ancora una volta, a mostrarsi più indifferente di quanto non sia realmente stato, si tira in piedi con solo l'intimo addosso, dirigendosi verso la cucina mentre la saluta con un cenno della mano a seguito di uno sbadiglio. 'Comodo il divano, dovresti provarlo qualche volta.' Le dice semplicemente, cominciando sin da ora a stuzzicarla per ripicca, ma anche in questo caso senza il minimo astio ad incrinargli la voce in toni poco accomodanti. Come fosse in casa propria, si dirige verso il frigo, da cui afferra una bottiglia di latte che stappa e porta alle labbra con noncuranza. Torna ad imporre il proprio regime di superbia, infischiandosene di ogni regola che il rispetto per gli altri impone. Torna, insomma, a rivestire i suoi comuni panni da stronzo menefreghista a cui tutto è dovuto. 'Mi porti a spasso oggi? O vuoi fumarti la mia roba e lasciarmi di nuovo a bocca asciutta?' Inarca un sopracciglio, lanciandole un chiaro messaggio: per ogni azione commessa, c'è un prezzo da pagare. Su questo non transige. 'E voglio fare una doccia.'


     
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    Non era riuscita ad addormentarsi subito. Era stata dura calmarsi ed imporsi tranquillità per permettere così al sonno di avere la meglio. Il suo pensiero continuava a tornare nella stanza di fianco, al ragazzo mezzo nudo e alle sensazioni che era in grado di provocarle ed ancora più difficile fu riuscire a placarsi nel leggere quel foglietto ficcato sotto la porta. Mason era il ragazzo meno dolce che avesse mai conosciuto, ma nessuno eccetto suo fratello, aveva mai avuto tanta premura per lei.
    Quando si era alzata, aveva atteso qualche attimo prima di tirarsi fuori dalle calde coperte.
    Quando si era convinta, si era assicurata non ci fossero rumori dalla stanza attigua. Poi, pian piano venuta fuori dalla sua camera, si avvicinò al divano. Mason era ancora lì e quella realtà la stupí. Aveva immaginato di vederlo sgattaiolare via di notte in cerca di una soddisfazione al torto che gli aveva fatto. Tutto però era esattamente come lo aveva lasciato. Si piegò appena per sbirciare sotto le coperte e si sentì una stupida per averlo fatto. Fu per porre rimedio allora che, con delicatezza, tirò su le coperte sulle sue spalle fredde e scoperte. Poi, dopo un ultimo sguardo si allontanò, non prima di aver fissato nella propria mente quell'immagine.
    Si era preparata un caffè e lì seduta su uno sgabello intorno all'isola di pietra, lo sorseggiava fissando il nulla. Nemmeno quando Mason fece il suo ingresso si scompose, sebbene si rese conto di sentirsi appena più rigida.
    «Preferisco il mio letto a due piazze.» Gli disse, lanciandogli uno sguardo di sbieco giusto in tempo per vederlo trafficare nel suo frigo e mandare giù un'ingente quantità di latte bevendo dalla bottiglia.
    «Ehw.» Fu con quel verso che commentó il gesto, prima di scuotere il capo. Non lo rimbeccó tuttavia, perché forse la cosa le dava meno fastidio di quel che voleva far credere.
    Rimuginò un secondo sulla sua domanda, poggiando il gomito sul ripiano in marmo ed il volto sulla mano dello stesso braccio. L'altra mano reggeva la tazza dal manico, ora poggiata sul ripiano.
    «No, non subito. E sì.» Gli sorrise appena. Sperava non si annoiasse e per un attimo si fece forte l'idea che potesse farlo. Si chiese cosa sarebbe accaduto se Helena avesse continuato a tenerlo così lontano pur avendolo così vicino. Mason avrebbe cercato soddisfazione altrove? La sola idea le dava il voltastomaco. E tuttavia apporre rimedio concedendosi ancora le faceva anche più paura. Non voleva diventare un'abitudine e poi essere dimenticata. Se avesse potuto, avrebbe fatto sì di congelare il loro rapporto così com'era perché, anche se non era molto profondo, le andava bene. La faceva stare bene.
    «Ma si andremo in giro, credo.» Fece spallucce, riprendendo a bere dalla sua tazza fino a finire il contenuto.
    Si rimise in piedi camminando a piedi nudi davanti a lui, lanciandogli uno sguardo volutamente provocatorio nel mentre.
    «Puoi usare quello in fondo al corridoio. Fai pure con comodo.» Gli disse con un sorriso prima di sparire dietro la parete. Non andò subito via però. Lì, nascosta dal suo sguardo, si spogliò della sua t-shirt che aveva usato per dormire.
    Sporse il braccio, fischiando per attirare la sua attenzione. Gettó poi la t-shirt a terra, tornandosene in stanza l'attimo dopo.

    Sapeva che avrebbe dovuto darsi una mossa, ma il tepore del letto l'aveva attirata bloccandola lì sotto le coperte. D'altro canto Mason era ancora sotto la doccia, poteva sentire lo scrosciare dell'acqua e quello le dava ampio margine di tempo. Certo ne stava perdendo parecchio. In particolar modo, spendeva il suo tempo ad immaginare Mason sotto la doccia ed il modo in cui l'acqua scivolava sul suo corpo. L'idea la stava facendo impazzire tanto che si ritrovò a sbuffare.
    Portò le coperta sul volto, nascondendo il rossore sulle proprie guance.
    Si mise a pensare a quel che avrebbe potuto dargli fare in quel posto abbastanza noiosi. Non erano molte le cose che le venivano in mente. Non aveva mai avuto ospiti e il suo tempo la passava principalmente da sola. Cosa avrebbe potuto far fare ad un ragazzo come Mason in un villaggio come quello? Come avrebbe potuto non farlo annoiare senza fumo, alcol o sesso?
    «Sai pattinare?» Gli chiese alzando la voce per farsi sentire, tirando fuori il capo dalle coperte e puntando lo sguardo verso il corridoio oltre la porta della sua stanza lasciata aperta.

     
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