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    Sono appena le due di notte quando cammino per i corridoi in cerca di qualche idiota che non si trova nel proprio dormitorio. Sono esausta, ho mal di testa e voglio andarmene a letto. Questa sera ho avuto un bel po' da fare, ho trovato due grifondoro a fumare nel bagno dei prefetti. Non ci è voluto molto per liberarmi di loro ma non posso dire la stessa cosa di un tassorosso che ha provato a scendere a patti con me. Patetico. Essere prefetti è tanto noioso quanto stancante e quel tasso deve considerarsi fortunato se non l'ho inchiodato al muro per puro divertimento. Quando ero a Durmstrang ogni scusa era buona per lanciarti contro maledizioni, torturarti e questa cosa mi manca. Comunque quel tassorosso mi ha tolto del tempo prezioso per andare a compiere l'ultima ispezione della serata prima di andare a dormire. Me la pagherà per questo. Mi dirigo verso la foresta proibita a grandi passi, sapendo che nessuno sarebbe così idiota da andarsi a fare un giretto nella foresta a quest'ora. La foresta mi ha sempre incuriosita, fin da quando ho messo piede ad Hogwarts e mi piacerebbe vedere quali segreti nasconde al suo interno. Magari un'altra sera ci andrò. Mentre la foresta inizia a diventare più visibile, in lontananza vedo un'ombra muoversi. Vorrei sbagliarmi, vorrei dire di aver avuto qualche allucinazione e, invece, sembra essere uno studente. Che palle, oggi non vogliono che me torni in stanza. Più mi avvicino e più la figura diventa definita. «Guarda, guarda chi abbiamo qui.» Mi avvicino a lui con le braccia incrociate al petto.«Seth Alzo un sopracciglio guardandolo dritto in faccia con superiorità, non lo sopporto. «Mi spieghi perché le tue chiappe sono fuori dal dormitorio?» Domando mentre un ghigno prende forma sul mio volto.


    Edited by sadbitch - 23/10/2019, 09:46
     
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    L’oscurità. La sua migliore amica.
    Un predatore. Lì, in un angolo. Attendeva. Sì, ma cosa?
    Niente. Un modo come un altro per bypassare le regole imposte dalla stupida scuola. Si era assicurato di essere solo, prima di scivolare bellamente al di là della porta che divideva la Sala Comune dal buio sotterraneo, regno indiscusso delle Serpi. Aveva camminato senza meta per il primo quarto d’ora e poi, inconsciamente, si ritrovò davanti agli occhi l’entrata della Foresta Proibita, il suo sogno nel cassetto. Era a conoscenza delle mille prescrizioni circa l’addentrarsi in quel mostro di sterpaglie, costellato di insidie non indifferenti e potenzialmente mortali. Alzò le spalle. Rideva in faccia al pericolo e poi si cagava sotto. Abbozzò un passo in avanti, prima di bloccarsi improvvisamente. Il fruscio si fece più intenso e inquietante. La vena sul suo collo iniziò a gonfiare. Sì, la preoccupazione si stava facendo largo. Fanculo. Scattò indietro, prima che le sue orecchie potessero udire quel soave suono –minaccioso, in realtà-.
    “Al suo servizio, milady.” Aveva riconosciuto la voce. La ragazza rossa della serata passata, in allegria, a Dark. Come dimenticare? Sexy e inavvicinabile, cosa poteva volere di più dalla vita? La semplicità non faceva per lui e, per questo, cercava qualcuno che potesse essere dannatamente simile a lui. I due di picche non mancavano nel suo curriculum ma, doveva ammettere, di aver fatto centro così tante volte da poter dimenticare il resto.
    “Evelina.” Qual buon vento la portava da quelle parti. “Potrebbe essere pericoloso. Sai, questo posto non si addice a una ragazza, indifesa. Poi nel cuore della notte…” Sapeva benissimo che non era di certo il tipo che si faceva intimorire da così poco, eppure, punzecchiarla gli riusciva davvero bene. “Mi ero semplicemente rotto il cazzo di rimanere in quella rottura di dormitorio. Ultimamente mi sento a disagio, come se non fosse il luogo adatto a me.” Sbuffò e tuffò una mano nella tasca, estraendo le sua fedeli sigarette e l’accendino. “Favorisci?” Sorrise gentilmente, scoprendo di esserne ancora in grado.

     
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    Seth non si smentisce mai, ha sempre la risposta pronta e non ci pensa due volte a buttartela in faccia. Per certi versi, siamo simili. «Mi spiace, forse ti confondi con le ragazzine alle quali sei abituato.» Commento stizzita. Lo sa che non mi spavento facilmente, eppure deve sempre fare quelle sue battutine del cazzo. Mi chiedo se si comporti così solo per nascondere la sua vera natura, dubito che sia così cretino perché quando non è circondato dagli altri sembra diverso. Anch'io sono così ma devo mantenere questo profilo per evitare che gli scheletri che ho nell'armadio escano allo scoperto. «Non è un buon motivo per uscire a farti i cazzi tuoi.» Rispondo guardandolo di sottecchi. E' tardi, sono stanca e non ho voglia di perdere tempo ma l'ultima frase che ha detto non mi lascia indifferente. Forse potrei chiudere un occhio per questa volta, chissà. «Ti capisco perfettamente.» Scrollo le spalle accettando la sigaretta e portandomela alle labbra. «E ora che mi hanno dato questa spilla del cazzo mi sento ancora peggio.» Tolgo la spilla dalla giacca e la rigiro tra le mani più e più volte per poi metterla in tasca. Non so cosa mi trattiene dal restituirla. Continuo a chiedermi se lasciare Durmstrang sia stata una scelta giusta. Non so quanto sia giusto dire certe cose ad uno che conosco a malapena.
     
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    Ragazzine? Abitudine? Nah. Seth non si accontentava della prima che passava, disposta a regalargli la sua dote. Lui amava le sfide, nella vita e in “amore” –se così si poteva dire-. Risultava chiaro come il sole che, Evelina, non avesse ben chiaro delle inclinazioni naturali del figlio di Salazar, nonché suo compagno.
    Il giovane prese fiato, pronto a rifilarle la solita pappardella sul “quanto fosse esigente, quando si trattava di donne” ma, alla fine, decise di troncare sul nascere il discorso inutile e, quindi, sbuffò sonoramente, facendo emergere il suo disappunto. Amen. Nessuno avrebbe mai colto la sua profonda essenza.
    “Mia cara, non ti conosco, ancora, abbastanza bene ma, il mio acume, mi suggerisce che dovrò sudare per riuscire ad entrare nelle tue grazie!” In tutti i sensi, sperava. Doveva ammettere di essere attratto da quella rossa cos’ rigorosa e ligia alle regole ma, allo stesso tempo, la trovava misteriosa e dannatamente complicata. Probabilmente non l’avrebbe mai conquistata ma, si sa, la speranza, nel suo cervellino, era sempre l’ultima a morire –in questo campo-. Che aveva da perdere? La dignità? Ah sì. Fottuta anni prima in chissà quale bordello. Poteva solo migliorare, in effetti.
    Alzò le spalle. Sì. Si stava facendo i cazzi suoi, in pace con quel mondo che gli stava schifosamente stretto. “Non credo tu ti stia divertendo facendo le veci delle alte cariche, dolcezza. Sbaglio?” Che cosa ci trovavano di bello in quella stupida spilla? Doveri che un ragazzo non avrebbe neanche dovuto possedere. “Mi facevo i cazzi miei. Hai ragione. Ma ti posso assicurare che non mi addentrerò in questa Selva Oscura. Ci tengo alla mia vita.” Diceva il vero. Non aveva nessuna intenzione di mettersi in pericolo, soprattutto per via della poca conoscenza del territorio.
    Accettò la sigaretta e la portò alle labbra, perfette, proferendo un qualche cosa di malinconico. “Siamo nel posto giusto? Non ne ho idea. Forse è semplice convenzione. Dobbiamo essere qui e, cazzo, siamo qui.” Il normale corso degli avvenimenti, insomma. “Se, un giorno, ti venisse voglia di scappare, fammi un fischio.” Le regalò un occhiolino languido e ascoltò con attenzione il resto del suo discorso. Percepiva il disagio. “Ti pesa così tanto? Cosa si prova ad avere questa responsabilità?” Lui non avrebbe mai avuto modo di provare quelle forti emozioni (?), non essendo –di certo- l’esempio dello studente modello, con la testa a posto. I soliti damerini, odiosi e noiosi.

     
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    Probabilmente non l'avrei mai capito, non avrei mai capito perché si comportasse come tutti gli altri ragazzi di Serpeverde. Ma conoscevo il tipo, stava indossando una maschera per proteggersi da qualcosa. Così come me. L'algida regina delle nevi, la stronzetta, questi sono i nomignoli che mi sono stati affibbiati tempo fa e che non riesco a scrollarmi di dosso. Ormai, sono diventata quello che gli altri dicono di me. Ma mi sta bene così, almeno evito domande a cui non voglio dare risposte. Spesso mi ritrovo a pensare che con mio fratello al mio fianco, sarei una persona diversa. Avrei gestito meglio la rottura con Gwain e non sarei diventata tutto questo. Jason. Il solo ricordo di lui mi provoca ancora tanto dolore, il mio gemello, la metà perfetta della mia mela. Nessun tipo di relazione sarà mai come quella che avevo con lui. Quando Seth mi pone una domanda mi rendo conto di essermi incantata nel guardare la foresta e che una lacrima è scesa sulla mia guancia. Cerco di ricompormi e di ritornare quella di sempre. «Esatto. E' solo una stupida spilla che ti concede qualche diritto in più ma niente di che.» Questo ruolo mi ricorda mio padre che, accecato dal potere, non ci ha pensato due volte prima di distruggere metà della nostra famiglia. Ho paura di diventare come lui, non voglio. Anche se, forse, lo sono già diventata. «E perché no? Non dirmi che hai paura.» Stuzzicarlo è davvero divertente, è quello che so fare meglio. Come infastidisco io le persone, non le infastidisce nessuno. «Io non provo nulla. Mi chiedo perché sia la massima aspirazione di molti dei nostri coetanei.» Divertimento? O mera e inutile voglia di sentirsi superiori agli altri? «Se è solo per sentirsi superiori agli altri, sono davvero stupidi. Puoi essere un vincente anche senza questa spilletta del cazzo.» Ammetto cercando di frenare l'impulso di gettarla via. «Vorrei scappare in seduta stante, credimi.» Gli dico con un mezzo sorriso, voltandomi verso di lui. Vorrei tanto avere qualcosa che mi faccia dimenticare di essere qui. Se lui avesse la soluzione, lo seguirei.
     
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