Toc Toc AJ, Ci sei?

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    La Londra che ricordo non aveva quest'aria così tetra già da settembre, non si respirano buoni odori, ed è gelida.
    Mi guardo intorno, il maggiore dei miei figli ha detto che avrei trovato AJ nella vecchia casa, e che i piccoli stavano bene.
    Ma che sarebbe stato meglio parlarci in un ambiente più neutrale.
    Non ha tutti i torti, me ne rendo conto, per questo vado dritta al ministero, almeno li non può uccidermi, quanto meno.
    Mi spunta un sorriso mentre seguo un sicuro mago dentro la cabina che porta all'interno.
    Mi sono fermata sin da subito, una donna mi ha chiesto chi cercassi.
    Per fortuna non ha fatto storie, conosce AJ e mi ha indicato il cortile.
    Con passo sempre più esitante lo cerco con lo sguardo, solo quando lo vedo mi viene una specie di vuoto atomico nello stomaco.
    Sta facendo .. che sta facendo in mezzo a tutte quelle donne?
    Yoga? Ma siamo seri?
    Mi trattengo dal non voltarmi e andare via solo perchè ho davvero bisogno di aiuto e vorrei anche discutere dei ragazzi ora che … ho appena deciso di trasferirmi in pianta stabile a Londra.
    Aspetto che finiscano, e sta sorridendo a una collega (penso) mentre asciuga delle goccioline di sudore invisibile, quando finalmente mi vede.
    -Ciao, AJ- lo saluto senza dar cenno di voler andare via.
    -Disturbo?-
     
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    Che grandissima immane stronzata, ma come diamine mi era venuta in mente una cosa del genere? Con quale coraggio avevo aderito? Da qualche mese a quella parte al Ministero, visto l'aumento del numero delle ore che si passavano al suo interno per lavorare, erano state adibite aree in cui molti dipendenti sostavano e si dedicavano a piccole attività pseudo ricreative per rilassarsi e distrarsi dagli impegni quotidiani. Non che me ne fregasse poi qualcosa, la mia pausa ero solito passarla a fumare con una tazza di caffe in mano con uno a caso dei miei colleghi, a leggere la Gazzetta del Profeta, a continuare ad indagare su qualche caso per non fare troppo tardi la sera o passavo a trovare i gemelli all'asilo del Ministero... erano loro il mio orgoglio e averli finalmente vicini era la cosa che più mi riempiva di gioia. Ma a quanto pareva, almeno secondo lo psicologo del Corpo Auror, ero troppo stressato, dovevo anche dimagrire qualche chilo, riprendere ad allenarmi seriamente e provare a scaricare rabbia e tensione, non bastava prendere a pugni il sacco da boxe nella stanza degli addestramenti o andare a correre la mattina. Per questo motivo avevo avuto la brillante idea di iscrivermi e partecipare all'ora di yoga organizzata da alcune ragazze degli uffici del Trasporto Magico. Non posso negare che fosse piacevole ritrovarmi lì, circondato da donne bellissime che spesso e volentieri indossavano ben pochi abiti e tutti molto aderenti... quando mi trovavo dietro Daiana o Miranda.... oh.... che gioia immensa, valeva la pena fare tutte quelle fatiche. Insomma, mi divertivo, ma rimpiangevo la calma del mio ufficio soprattutto quando mi incastravo in qualche fottuta posizione strana, insomma dai, mi vedete, grande e grosso, adatto alla palestra non con il fisico adatto per la posizione del corvo.
    "Aaron, ci vediamo dopo per un caffè?" è la voce soave di Miranda a richiamare la mia attenzione. Miranda degli Uffici del Centro esami di Materializzazione, Miranda dal sedere a mandolino e i grandissimi occhi da cerbiatta, Miranda conosciuta quando aiutavo Dell con le lezioni del corso e che quei due cretini di Ares e Cris dicevano avesse un debole per me... ma insomma, io sono un padre di famiglia e dopo l'esperienza con Becks non ne volevo più sapere di giovanissime donne.
    "Forse...sì..." le sorrisi asciugandomi le goccioline di sudore con il mio piccolo asciugamani proprio mentre una strana sensazione iniziava a stringermi lo stomaco. C'era qualcosa nell'aria che mi diceva che quei passi alle mie spalle fossero una brutta notizia, c'era qualcosa di maledettamente familiare in quel ticchettio, un suono che conoscevo fin troppo bene e che avevo sepolto in un angolo profondo della mia memoria e del mio povero cuore spezzato. Mi girai lentamente e ciò che temevo con tutto me stesso era lì, davanti a me in tutta la sua dolorosa bellezza folgorante. Un fantasma bellissimo proveniente direttamente dal passato. Fu una doccia d'acqua gelata che mi lasciò impietrito per qualche secondo di troppo prima di trovare la lucidità per rispondere.
    "Cosa diamine ci fai tu qui? Sai benissimo che i bambini vanno all'asilo... verranno da per le feste di Halloween!" il tono era decisamente infastidito, non la vedevo da secoli e non ci tenevo affatto, a portare Alec e Rachel in Francia da lei ci aveva sempre pensato Dustin, il figlio maggiore di Evanna, così come a mantenere i contatti con lei.
    "Sì, disturbi. Io sono al lavoro...se permetti dovrei tornare in ufficio..." non avevo niente da dirle e, girandole le spalle cercai una via di fuga. Aria, mi mancava l'aria.


     
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    Ho assistito a una scena che mi sarei volentieri evitata.
    “Aaron ci vediamo per un caffè?” è la vocina nella mia testa che percula la tipa che ha appena flirtato con il mio ex, e ovviamente non ne sono contenta, senza motivo, lo so.
    Ma sono una persona questi sono sentimenti normali oh.
    Inoltre quando mi vede, l'espressione del suo viso che cambia, le coltellate che non si fa scrupolo a lanciare.
    Me lo merito, mi dico, o forse no.
    Non sono certa che quello che è accaduto sia tutta colpa mia.
    E lo sappiamo entrambi anche se lui finge di no.
    -Non c'è bisogno di alterare i toni, Aaron- uso il suo nome mentre guardo la tipa che ci supera oltre e ovviamente non smette di fissarmi.
    La ignoro io per prima voltandomi di nuovo verso di lui.
    -Lo so, sono qui per un altro motivo- è molto ostile – se non fosse importante ti accontenterei- va da se che non posso soddisfare la sua richiesta.
    -E' una denuncia quella che devo fare, se preferisci vado da qualcun altro, ma preferirei parlarne con te- .
     
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    Le girai le spalle sì, eppure qualcosa mi tratteneva, qualcosa mi impediva di tirare dritto e proseguire oltre la soglia dell'arcata d'ingresso che portava all'interno del Ministero, dal lato magico, quello in cui lei non avrebbe in realtà potuto accedere ed allontanarmi così di nuovo e per sempre, da lei, dalla donna che avevo tanto amato e che tanto mi aveva fatto soffrire. I miei piedi erano incollati al terreno, immobile, in silenzio, fissavo un punto nel nulla davanti a me incapace di ragionare ed agire. Che Auror cuor di leone che sei AJ, davvero ti faccio i miei più sentiti complimenti. E tu, proprio tu che non sai affrontare una donna sapresti davvero sconfiggere tutti i cattivi di questo mondo? Bugiardo. Impostore. La sentivo nel cuore la forza che mi tratteneva ancora lì, vicino a lei, ancora un po', come se non volessi davvero privarmi di quel calore che la sua presenza mi donava, era il piacere che si prova solo dopo il primo tiro di una canna. Per un breve istante socchiusi gli occhi provando ad immaginare come sarebbe stata la conversazione fra di noi se non ci fossimo mai lasciati... ci saremmo baciati, Evanna avrebbe riso per la mia assurda decisione di partecipare alle lezioni di yoga e avrebbe marcato il territorio con Miranda, eccome se lo avrebbe fatto, con quei toni sottili e pungenti che solo lei sapeva usare, e poi, assieme, avremmo recuperato i gemelli all'asilo del Ministero per andare a prendere un gelato, uniti, come la famiglia felice che meritavamo di essere... Lo meritavamo davvero, saremmo stati veramente felici, non le avrei fatto mancare niente, l'avrei amata come meritava di essere amata, fino alla fine dei miei giorni. La amavo ancora? Sì, forse non avevo mai smesso, ecco perchè la mia rabbia ed il mio 'odio' erano così intensi, perchè l'amavo ancora con tutto me stesso, cazzo! Presi un lungo, lunghissimo respiro prima di girare su me stesso e tornare a guardarla.
    "Ok... ok, d'accordo, niente toni alterati, sono calmo" le dissi fingendo un lieve, lievissimo sorriso. Non ero calmo proprio per un cazzo! Perchè era tornata a Londra? Perchè era venuta a cercarmi? Voleva forse portare via i bambini, per sempre? Io... io non potevo stare senza di loro... io... COSA? Avevo sentito bene?
    "Una denuncia? Evanna... che stai dicendo?" la guardai, perplesso, quasi sconvolto. Una denuncia per cosa? Contro chi? Che diamine le è successo? Lo ammetto, guardarla negli occhi e leggerci la sua sincerità mi stava preoccupando da morire. Cosa le era accaduto da correre proprio da me a porgere denuncia? Istintivamente le presi la mano e quel gesto mi causò un brivido, una scossa lungo la colonna vertebrale che non so descrivere.
    "Ascolta...vieni..." la invitai ad accomodarsi su una panchina sotto un albero nel giardino.
    "Puoi raccontarmi tutto, sì, ma io non posso compilare il verbale di denuncia visto..ecco, visto il nostro rapporto...devono poi riascoltarti i miei colleghi, se preferisci uno fra Dell o Cris o Ares, ma solo se è una denuncia magica... lo è o pensi che possa esserlo?" le domandai serio e sincero più che mai, in quel momento non mi importava niente altro se non che Evanna stesse bene,nonostante tutto era comunque la madre dei miei figli.

     
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    Non smetto di osservare le sue spalle, sono sempre state la parte del suo corpo che mi perdevo a guardare, mentre si allenava e tutti quei muscoli si tiravano tesi, assieme alle sue braccia, quelle braccia che ancora sogno la notte talvolta, quando le immagino avvolgermi la vita per avvicinarmi maggiormente al suo corpo.
    Penso che non si volterà mai, il rancore è così forte? Non penso, almeno spero di no, eppure indugia tanto prima di darmi retta.
    La verità è che ci ho davvero sperato.
    Lo guardo quando si volta, quando finge un mezzo sorriso, quando gli leggo nello sguardo che preferirebbe stare mille mila metri lontano da me piuttosto che li fermo ad ascoltarmi.
    Vedo che i suoi muri crollano quando percepisce in pieno l'entità delle mie parole.
    Prima di rispondergli però lo seguo a una panchina, mi siedo.
    -Io .. ho paura AJ- lo so che devo dargli delle spiegazioni più attendibili e lo faccio subito dopo - sono venute nel mio studio alcune persone, lo sai sempre la solita storia, volevano un aiuto, volevano iniziare una terapia.
    Mi è bastato veramente poco per capire che non sono no mag normali, insomma erano maghi, mi facevano domande strane, su di te, hanno parlato di mio figlio, hanno detto che se non volevo gli accadesse niente a lui, e anche ai nostri piccoli dovevo assecondarli-
    sono impotente mentre mi stringo nelle spalle - mi hanno minacciata, volevano che stilassi dei rapporti fasulli di sanità mentale per delle persone che neanche conosco, hanno detto che sarebbero tornati ma io .. sono scappata prima- e sono andata dritta dritta lì da lui. - non lo so se sono maghi o solo no mag particolarmente informati- l'ansia di quei giorni stava venendo fuori tutta insieme.
    -Non so forse dovrei scomparire dalla circolazione, volevo solo dirti che non sono in francia, che non staranno con me Alec e Rachel la prossima settimana, ... e forse mai più...- lo so sto sparlando, sono praticamente vittima di un crollo emotivo, non ho ragionato molto prima di agire, sono una psicologa so che sono sotto shock.
    -Ti avrei evitato questo ..- indico con le mani noi - se avessi potuto, ma non mi fido più di nessuno io .. ho pensato che avrei potuto non lasciare tracce .. ho usato la nave al posto dell'aereo, sto viaggiando da giorni e ho usato documenti .. falsi. Oddio ho sbagliato tutto vero?-
     
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    Donne. Le era bastato uno sguardo, un semplicissimo sguardo ed una parola per far crollare le mie barriere, per attirare completamente la mia attenzione. Le erano bastati due secondi esatti per far scivolare dalla mia voce quel tono saccente e sarcastico, dalle mie spalle la tensione accumulata in tutti quegli anni senza di lei. Ho paura. Aveva paura ed era corsa da me, era venuta a cercare me come avrebbe fatto se un filo dorato alle nostre dita ci avrebbe legati per sempre. Se mi faceva piacere l'idea di essere stato il suo primo pensiero? Assolutamente sì. Perchè lo ero il suo primo pensiero, no? Oh per Merlino Aj, non mi sembra questo il momento di disquisire internamente su certi dilemmi! Mi ammonii da solo mentre le sedevo accanto e le mie mani istintivamente si allungavano verso le sue stringendole con una dolcezza che non pensavo di poter rivolgere ancora nei suoi confronti. Erano morbide, la sua pelle era delicata come quella di una pesca profumatissima e succosa, avrei voluto intrecciate le dita alle sue per sempre, avrei voluto baciarle quelle mani e dirle che l'amavo, che nulla era cambiato, che potevamo tornare indietro di due anni ed essere felici... e invece... E invece l'ascoltavo raccontare qualcosa che aveva dell'assurdo, il mio sguardo vagava sul suo viso, sempre più perplesso, più confuso, più preoccupato. Le mie vene ribollivano di rabbia facendo pompare il sangue al cuore in maniera incontrollata e velocissima, la mano libera si stava stringendo a pugno sulla coscia. L'avevano minacciato. Avevano minacciato mia moglie...cioè... Evanna... la madre dei miei figli.
    "Perchè non mi hai chiamato subito?" le domandai tornando a guardarla cercando di mantenere il controllo e non farmi dare subito i nomi per andarli a cercare di persona, dovevo fare la persona intelligente e responsabile, anche se avrei tanto ma proprio tanto voluto spaccare la testa a quei coglioni.
    "Shhh...non dire stupidaggini, non devi sparire dalla vita di nessuno, soprattutto dalla nostra, da quella dei tuoi figli!" la tirai leggermente verso di me avvolgendola fra le braccia, inebriandomi del suo profumo.
    "Risolveremo tutto, te lo prometto...ora sei al sicuro!" ed era vero, non avrei permesso che le succedesse niente. MAI.
    "La denuncia la devi fare con uno dei miei colleghi...ora andiamo a casa e pensiamo a tutto, ok?"

     
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    Non mi aspettavo potesse dimostrare affetto per me, non dopo quello che era successo, eppure lui lo fa, mi stringe le mani tra le sue e io mi sento di nuovo bene con me stessa, mi sento più leggera, mi sento al sicuro.
    -Io..- non so come trovare le parole, di solito ne ho una per ogni cosa ma mentre lo vedo stringere la mascella così forte a voler trattenere la rabbia che le mie parole gli stanno suscitando, vengono meno.
    -Temevo che non volessi ascoltarmi- per telefono poi, non lo avrei visto in viso, i suoi silenzi mi sarebbero pesati come macigni, ogni incertezza avrebbe fatto capolino insinuandomi il dubbio che a lui di me non importasse.
    Avrei frainteso, cosa che invece non stava accadendo ora, perchè potevo vedere con i miei occhi quanto ancora gli importasse.
    Delle lacrime scendono silenziose, avrei voluto evitare ma credo che questo sia un crollo di nervi.
    Ero pronta a fare la dura, mi ero detta che non vedere i miei figli era la soluzione migliore, non avrei mai preteso o chiesto di trovare asilo da lui.
    Lo stringo in un abbraccio, forse anche troppo forte, ma ne ho bisogno.
    Anche se non rispondo annuisco ad ogni sua parola, mi schiarisco la gola, cerco di ricompormi anche se sto così bene tra le sue braccia che faccio una fatica immonda per tornare al mio posto.
    Tornare a casa, le parole più belle del mondo.
     
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    La mattina seguente...

    I gemelli avevano dormito da Dell, ovviamente dopo un breve messaggio in cui lo avvisavo, ed erano felicissimi di potersi concedere una mega festa/pigiama party con Emily e Chris. Non sapevano ancora che a casa li stava aspettando una sorpresa ancora più grande. Grande e gioiosa per loro quanto la presenza dei regali della mattina del 25 Dicembre.
    Ero andato a prenderli abbastanza presto accennando a Dell quello che stava succedendo e chiedendo un giorno di permesso, ne avremmo parlato poi il giorno successivo in ufficio per capire il da farsi, erano ancora assonnati perchè ubriachi di euforia e zuccheri mentre li adagiavo con dolcezza nei loro seggiolini. Come spiego loro perchè Evanna è a casa? Come posso non far loro fraintendere le nostre intenzioni, che mamma e papà non tornano assieme? Sospirai parcheggiando di fronte a Starbucks proprio mentre Rachel apriva per prima gli occhietti fissandomi sorridende dallo specchietto. Come potevo illudere quel faccino che mi guardava con un amore tale che non avrei mai più provato in vita mia? Un amore così vero, così puro da non poter essere distrutto. Andiamo a prendere la colazione per mamma. Era bastata una frase per accendere in Rachel un moto di gioiosa euforia e svegliare Alec con la stessa bellissima notizia. Sorrisi istintivamente ed assieme entrammo da Starbucks. Un cappuccino al caramello grande e la torta di carote, la preferita di Evanna, più ovviamente centinaia di altri dolci scelti dai gemelli per fare bella figura con la loro mamma.

    "Maman!!Maman!!" le urla e la risata cristallina e felice dei bambini mentre varcavano la soglia di casa riempì il mio cuore di una strana e piacevolissima sensazione, una di quelle sensazioni che non provavo più da tempo.
    "Fate piano che mamma ancora riposa..." cercai di frenare quei due piccoli terremoti tenendoli dai colletti dei loro cappotti, tutto inutile, ormai sapevano benissimo come scapparmi. E fu un attimo, ci misero esattamente 5 secondi a testa prima di riuscire a sgusciare dalle mie mani e correre verso le scale e raggiungere il piano superiore dove Evanna aveva dormito, nella nostra camera, in quello che era stato il nostro letto... Sì, avevo preferito io riposarmi - perchè effettivamente non avevo chiuso occhio - sul divano.
    "Non correte tornadi!!" risi anche io con loro guardandoli entrare in camera e saltare sul letto, saltare sul letto e svegliare Evanna, riempiendola di baci. Io aspettai fuori. Non sarei entrato in camera, le lasciavo tutto il suo spazio. Infatti scelsi attentamente di rintanarmi in cucina a preparare un po' di latte caldo per i bambini e del caffè per gli adulti.

     
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    Non ho dormito molto, mi sono girata e rigirata nel letto troppe volte per poterle contare.
    In primis su quel divano ci sarei dovuta essere io, stare qui, con queste lenzuola che hanno il suo profumo impregnato tra le trame del tessuto fanno si che il sonno oltre che a tardare viene anche sostituito dai pensieri.
    Mi sono fatta prestare una felpa, non ho pigiami comodi in valigia, e non era il caso di ostentare un abbigliamento poco consono alla situazione.
    Quando lo sento uscire mi alzo di rimando e vado in cucina, non ci sono biglietti ma spero che sia andato a prendere Rachel e Alec.
    Lo scopro dopo un pò, quando rientrano in casa e fanno sorridere per come vogliono impegnarsi a fare silenzio, dopo aver urlato si intende.
    Fingo di dormire e quando volano sul letto lascio che mi riempiano di baci prima di abbracciarli forte a me.
    Le loro domande mi invadono per i successivi dieci minuti, almeno fino a che non appurano che non me ne sarei andata nell'immediato futuro anche se no, non eravamo tornati insieme io e il loro papà.
    Quando fuggono nelle loro camere per giocare io scendo di sotto e trovo AJ in cucina, intento a preparare il caffè.
    -Buongiorno- gli dico sedendomi a debita distanza, perchè la mia mente ha già immaginato me che mi avvicino a lui e che lo bacio su una guancia, questa casa mi fa tornare a una sorta di quotidianità che devo assolutamente ricordare che non esiste più.
    -I bambini sono entusiasti- gli dico come se non fosse lampante quanto stessero esplodendo di gioia - grazie per avermi ospitata- e per essere stato così ben disposto verso di me.
    Ovviamente non so come fare a chiedergli come ci dobbiamo organizzare in questi casi, se è il caso di prendere una casa nei pressi di questa, se è il caso invece di restare qui, quali regole ci sono da rispettare, come ci dobbiamo comportare tra di noi, come spiegare la situazione ai bambini...
    Non dico nulla di tutto ciò, quando si volta a porgermi il caffè gli dico solo - grazie- e accompagno il liquido marrone con un cucchiaino di zucchero.
    -Cosa hai detto ai bambini?- almeno per trovarci entrambi della stessa parola.
     
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    Perchè diamine questa macchinetta inutile proprio oggi ha deciso di non collaborare? Stavo bestemmiando da ormai una decina di minuti abbondanti con la nuova macchina per il caffè, comprata solo una settimana prima... ok, non era colpa sua, ero semplicemente troppo nervoso e non riuscivo ad inserire correttamente le cialde in tessuto o ad avvitare la piccola brocca sotto di essa. Sentivo la voce dei bambini e di Evanna al piano superiore e mi sembrava di essere tornato indietro nel tempo, a quando quella casa era nostra, a quando tutto quello era semplicemente quotidianità, io che preparavo il caffè ed Evanna che coccolava i gemelli prima di prepararli per portarli all'asilo, assieme, come una famiglia felice, quella che credevo saremmo stati per sempre. Saremmo mai potuto tornare ad esserlo? L'amore fra noi era davvero completamente svanito? Io ero certo di non aver smesso di sognarla al mio fianco, quando mi giravo nel letto ed istintivamente col braccio la cercavo o quando pensavo che avrebbe adorato una nuova ricetta che mi ero inventato per convincere Alec a mangiare i broccoletti o che Rachel usasse il suo profumo che ancora era rimasto in bagno insieme al suo bagnoschiuma... Sospirai socchiudendo gli occhi e quasi non mi accorsi che era apparsa alle mie spalle.
    "Buongiorno a te... dormito bene?" le chiesi senza voltarmi, cercando di cancellare quell'espressione da cane bastonato che la tristezza mi dava alle volte. Per un attimo mi ero illuso che si sarebbe avvicinata a me, come faceva sempre, mi avrebbe abbracciato da dietro e con la scusa mi avrebbe rubato la tazza dalle mani ed avremmo riso, ci saremmo baciati fregandocene di non aver ancora lavato i denti e avremmo iniziato felici la nostra giornata lavorativa.
    Mi girai lentamente e le porsi la sua tazza annuendo appena.
    "Figurati... Ho detto loro che mamma si fermava per le feste assieme a noi perchè le mancavano i suoi bambini!"
    ed in fondo era vero. no? Non sapevo quanto si sarebbe fermata, quanto ci avremmo messo a risolvere la situazione ma non potevo permettere che andasse in un hotel o da qualsiasi altra parte, non potevo permettere che le succedesse qualcosa.
    "Più tardi vado da Dell, ho preso la giornata di riposo così posso mettere a punto un piano... e tu puoi stare con i bambini. Questa casa è anche casa tua, lo sai..." e le sorrisi, sincero, portandomi la tazza alle labbra. Quella casa era anche sua e lo sarebbe stata per sempre

     
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    “Fino alle feste” paradossalmente è tanto tempo, sono mesi se vogliamo, uno e mezzo a voler essere precisi, e chi lo sa che col tempo non diventino di più.. chi lo sa se non riusciremo a perdonarci a vicenda per quello che è stato il passato?
    Non riesco a togliermi dalla testa la scena di ieri, quando stava perfettamente a suo agio in mezzo a tutte quelle donne.
    Non riesco a non chiedermi se ha una fidanzata, se i gemelli la conoscono, se la considerano come una specie di mamma surrogata quando non sono con me.
    Poi mi dico che se ci fosse stata allora avermi li sarebbe stato un problema.
    Che se ci fosse stata la sua sarebbe stata solo cortesia e io avrei dovuto dire qualcosa tipo “ non ti preoccupare, cercherò una sistemazione altrove”.
    Eppure non lo dico, perchè se mi ha invitato a restare allora accetto.
    Anche se ci fosse un'altra.
    Non sono problemi miei, no?
    Lo guardo da sopra il bordo della tazza mentre sorseggio il caffè.
    -Sei molto gentile riguardo questo punto- dico ma voglio saperne di più. Voglio sapere fino a quanto posso effettivamente sentirmi a casa, e quanto solo un'ospite.
    -Cosa posso fare e cosa non posso fare finchè sono qui?- chiedo quindi nel modo più naturale che conosco.
    -Per esempio posso cucinare anche per te? Sarebbe il caso di sistemare la stanza degli ospiti, non riesco a dormire sapendoti sul divano- mi stringo nelle spalle imbarazzata – posso sentirmi veramente a casa oppure .. - abbasso lo sguardo – oppure potrebbe arrivare qualcuna con un diavolo per capello e intimarmi di andare via perchè sono .. di troppo?-
     
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    Fino alle feste... ma quanto potevo essere coglione? Insomma, l'avevo praticamente invitata a rimanere per molto, davvero molto tempo sotto il mio stesso tempo, in quella che era la nostra bellissima casa, quella in cui sognavamo di crescere i nostri figli. Sì, insomma, l'avrei vista tutti i giorni, colazione pranzo e cena, l'avrei guardata girare per casa con i capelli legati e quella maschera per il viso al the verde che era solita mettere la sera, avrei trovato i suoi libri sul divano ma, soprattutto, avrei riconosciuto il suo canticchiare felice mentre cucinava tornando a casa ed il suo profumo... oh, quel profumo, lo percepivo anche in quel momento, mentre provavo a concentrarmi sulla mia tazza di caffè, lo sentivo e mi stava facendo letteralmente girare la testa. Come diamine faceva ad essere così bella? Come facevo a mettere a tacere una volta per tutte i miei maledettissimi sentimenti? L'amavo ancora nonostante tutto? Forse non avevo mai smesso, ogni volta che guardavo i gemelli e riconoscevo nel loro sguardo e nei loro sorrisi Evanna mi ricordavo quanto fosse l'unica donna che io avessi mai amato in tutta la mia vita. I bambini, loro sarebbero stati davvero felici di passare tutto quel tempo con la madre, era quello che meritavano, era la cosa migliore per loro.
    "Evanna ma che stai dicendo?" lei davvero mi chiedeva cosa potesse o meno fare? La cosa mi faceva sentire una vera merda... l'avevo portata a questo punto col mio caratteraccio? L'avevo spinta a sentirsi così male in mia presenza?
    "Questa casa l'abbiamo comprata assieme... tu puoi fare quello che vuoi!" ok, magari non proprio tutto, magari non andare in giro troppo svestita quando ero in casa anche io o di non portare altri uomini o di non guardarmi in quel modo, sì, come quando sbatteva le lunghe ciglia mostrandomi i suoi occhioni azzurri, specchi di quelli di Alec e Rachel, ecco da chi avevano imparato, piccole pesti... però forse non era il caso di dirglielo, come avrei potuto confessare una cosa simile? Bevvi un lungo sorso di caffè mentre l'ascoltavo, appoggiato al bancone della cucina, quel bancone di marmo italiano che aveva scelto proprio lei anni prima. Perchè aveva lasciato casa nostra? Perchè le avevo permesso di farlo senza urlare, senza sbattere porte, senza legarla ad una sedia e costringerla a parlare ed affrontare i nostri problemi di coppia? Che stupido, che codardo, razza di Auror dei miei stivali... e lei era stata anche in prigione a causa mia, per colpa della mia incapacità di proteggerla.
    "Va bene, sistemeremo la stanza degli ospiti, se vuoi possiamo spostarci alla casa vicino al lago, quella protetta dal custode segreto, forse li sarai più al sicuro. Non permetterò che ti accada niente di male, ok?"le sorrisi nel modo più sincero che conoscessi, le sorrisi e basta, anche se la tentazione di prenderle la mano era davvero troppo forte. Fermo Aaron, fermo, non fare cavolate, non lasciarti tentare con così poco. Per poco non mi strozzai col caffè alle sue parole. Davvero mi faceva una domanda simile?
    "Evanna no, stai tranquilla, nessuno verrà a casa nostra... - troppa enfasi ci avevo messo, davvero troppa enfasi nella parola nostra, maledetto me e la mia boccaccia - le uniche donne che frequentano questo posto sono Sarah e Morgan, dubito una di loro possa volerti tiare i capelli!" forse Sarah un pochino, ma certamente non quello scricciolo della ragazza di Ares, per di più avevamo scoperto di recente essere incinta, avremmo aggiunto un'altra o altro piccola peste al nostro clan.
    "Piuttosto... chi pensi possa sapere che sei a Londra? C'è qualcuno che sa di tutta questa storia?"

     
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    Babbano
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    Chiedere è lecito, io so di non essere a casa mia. Sebbene questa casa l'abbiamo comprata insieme io l'ho lasciata a lui, me ne sono andata, e per quanto la logica ci imponga di pensare che è per metà mia il buon senso e anche le buone maniere mi ricordano che non è così.
    Indipendentemente dagli eventi poco gradevoli che mi hanno portata qui, indipendentemente dal fatto che ci volessi tornare già da tempo, non sarebbe corretto da parte mia imporre la mia presenza.
    Non sarebbe corretto fare da padrona quando non mi ci sento tale.
    -Non voglio essere invadente- dico sperando di aver scelto le parole giuste.
    Mi propone un'alternativa. Ha parlato al plurale, quindi "possiamo spostarci" intende io e loro.
    Mi piace quando ragiona così, si fa prendere dall'istinto, poco pensa a come fare per farmela pagare.
    Ecco perchè mi sono innamorata di lei. Un gigante col cuore tenero.
    E so che non mi dovrei allargare, insomma mi sta offrendo protezione e io ora mi sto alzando e lo sto raggiungendo, infine lo abbraccio. Veramente lo volevo abbracciare già da ieri, non fosse che mi ha fatto tirare fuori gli aculei non appena il mio radar aveva intercettato le signorine che gli ronzavano attorno - grazie- gli dico semplicemente - quando sono partita dalla francia non avrei mai sperato in tanto- decisamente no.
    Stringo un pò più forte per gli ultimi secondi e poi lo lascio andare. Mi schiarisco la voce e gli do le spalle incerta sul da farsi.
    -Io.. credo qualcuno che ce l'ha con mio figlio. Mi ha detto che si è messo in un brutto guaio ma neanche lui sa che sono qui. La verità è che non ci ho pensato molto. Ho avuto paura e quindi .. sono scappata via- tutto molto lineare e semplice sebbene forse un pò avventato da parte mia.
    -Vado a cambiarmi- gli dico dirigendomi verso le scale del piano superiore -poi decideremo il da farsi, okay?-



    Il tempo è volato.
    Siamo alla vigilia di natale e sto cucinando per noi quattro.
    L'indomani siamo in compagnia di altre persone ma oggi abbiamo deciso di passarla in tranquillità, tra di noi.
    I bambini sono emozionatissimi, sotto l'albero ci sono i loro regali e aspettano la mezzanotte per poterli scartare.
    Dagli sbadigli e le manine che sfregano gli occhi sono quasi certa che non arriveranno alle dieci.
    -Puoi passarmi gli aromi?- chiedo ad AJ che ha deciso di aiutarmi.
    Sono un pò incerta su questa salsa dell'arrosto, sembra compatta ma forse un pò insipida, dovrei chiedere un parere esterno.
    -Mi dici come sa?- allungo un cucchiaio con un pò di sugo verso le sue labbra ma mi lascio distrarre per un attimo e le gocce arrivano per metà sul ripiano - oh accidenti, scusami- mi affretto a pulire e mi dico che sono agitata, e lo sono perchè la questione è stata risolta, me ne ha parlato qualche giorno fa quindi .. quindi io qui non ci dovrei più stare, aveva dato una scadenza, il giorno è quindi giunto.
    Solo che io non ho il coraggio di parlarne e lui? Forse è uno dei pensieri che gli affollano la testa, forse dovrei essere io a iniziare il discorso per facilitargli il compito.
    Se continuo a pensarci mi scoppierà il cervello.
    -Ho un regalo per te- dico invece sbarazzandomi dei restanti pensieri almeno per il momento.
    -Ma te lo darò più tardi- sorrido e torno a mescolare la salsina dell'arrosto.
    -Tu quand'è che sei di turno?-
     
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    24 Dicembre. La vigilia di Natale. Sembrava quasi impossibile eppure erano mesi che io, Evanna ed i bambini eravamo tornati a vivere sotto lo stesso tetto come una famiglia e, spesso, guardandoci, ancora lo sembravamo. Lo sembravamo nel modo in cui entrambi rimboccavamo le coperte ai gemelli o li preparavamo ridendo e cantando per andare all'asilo del Ministero, lo sembravamo la sera, quando Evanna mi aspettava sul divano con un calice di vino in mano pronta ad ascoltare i miei racconti della giornata lavorativa o quando la domenica andavamo al mercato a comprare frutta e verdura e quei fiori che lei amava tanto avere in giro per casa... lo eravamo anche quando mi fermavo davanti alla pasticceria e compravo i suoi pasticcini preferiti da mangiare dopo pranzo. Forse non avevamo mai smesso di essere quella famiglia, quella famiglia che entrambi tanto avevamo desiderato ed alla quale in quei momenti assomigliavamo tantissimo, tranne per il fatto che mamma e papà non si amavano più. Ma era davvero così? Non l'amavo più? Non l'amavo quando la sentivo canticchiare in cucina? O quando mi faceva trovare i pantaloni stirati? O quando mi guardava in quel modo? Sì, quel modo... con i suoi grandi occhioni blu, con quella scollatura profonda o quel pantalone attillato che sapevano mandarmi il sangue al cervello? Certo era che la desideravo ancora, ardentemente, quanto il primo giorno e forse anche di più... Un segreto però aleggiava fra noi. Le avevo mentito. Le avevo detto che tutto era risolto, e non per cacciarla di casa, semplicemente per non farla più vivere nell'ansia e nel terrore mentre io continuavo ad occuparmi della questione aiutato da Dell e dai ragazzi. Era quasi umiliante leggere la sua delusione ad ogni "no, ci stiamo ancora lavorando" o la sua paura quando portava al parco i bambini. Non esisteva al mondo sconfitta più grande per un uomo, per un padre, per un Auror. Avevamo qualche traccia, un brutto giro in cui si era messo in un brutto giro e ancora dovevo comprendere perchè se la prendessero con sua madre, forse perchè psicologa...
    "Come?" alzai lo sguardo su Evanna chiudendo la cartellina di un caso e tornando a concentrarmi su di lei. Mi alzai dallo sgabello vicino al bancone e le recuperai alcune erbe aromatiche aiutandola col sugo sui cui si stava impegnando da diversi minuti ormai. Sorridendo mi avvicinai meglio per leccare la punta del cucchiaio ridendo poi nel vederla cadere sul pavimento. Un colpo di bacchetta e tutto sarebbe tornato immacolato.
    "E' delizioso... non essere agitata. Siamo noi che mangiamo, non viene a cena la Regina Elisabetta" le sorrisi dolcemente leccandomi le labbra. Averla così vicino faceva male al cuore e all'anima.
    "Io? Riprendo il 27 mattina... così domani ed il 26 possiamo stare assieme. I bambini volevano andare a pattinare... domani sera, quando tutti se ne saranno andati potrebbe essere carino portarli, che ne dici?" le chiesi versandole un bicchiere di vino rosso.
    "Aspetta... arrivo subito..." corsi poi in salotto a recuperare un piccolo pacchetto da sotto l'albero prima di tornare da lei ed avvicinarmi piano alle sue spalle. Aprì la piccola scatolina portandole al collo il suo regalo. Una collana d'oro bianco con un cuore e due piccole stelline con incise le iniziali dei gemelli.
    "Spero ti piaccia..." sussurrai al suo orecchio e Merlino solo sapeva quello che mi stava passando nella testa mentre l'istinto mi spingeva a posare dolcemente le labbra sulla sua spalla... Mi sarei pentito? Forse. Ma quella pelle scoperta, il profumo di casa, di cucina mi stavano dando letteralmente alla testa.

     
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    Babbano
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    Quei momenti in cui sembriamo l'uno il proseguimento dell'altro io mi pento di aver avuto dei dubbi sulla nostra storia.
    Potessi tornerei indietro e cancellerei tutto con un colpo di spugna tornando a quando avevamo dei progetti, a quando volevamo costruire la nostra famiglia.
    -Si beh- arrossisco visibilmente - lo sai che ci tengo- a cosa? Beh, intanto che vada tutto bene, che ad AJ piaccia la mia cucina, che non si trovi nella condizione di arricciare il naso e magari pensare: mio dio ma questa quando se ne va?
    Nella mia mente bacata se lo tengo felice almeno da questo punto di vista mi tiene con se ancora un pò. Non fa una piega come ragionamento, anche se sembra quello partorito da una ventenne insicura e psicolabile.
    Mi rassicura sul fatto che staremo insieme fino al 26, e la domande del : "e poi?" mi rimane in gola.
    -Dico che è meraviglioso, ma perchè tu sai pattinare?- sorrido e non so, ho sempre pensato che non le sapesse fare queste attività puramente babbane. Come amano chiamarci i maghi.
    Sorseggio un pò del vino che mi ha versato e mentre lui si allontana io mi volto a mescolare ancora un pò la salsina, ma credo sia cotta ormai.
    La spengo. E mi paralizzo..
    E' alle mie spalle, lo percepisco con forza, ha un carisma non indifferente e anche quando non lo vedo lo sento. E' inevitabile.
    Abbasso lo sguardo sulla catenina che ha messo al mio collo e non ho il coraggio di voltarmi perchè mi si sono riempiti gli occhi di lacrime.
    Ma io merito davvero tutto questo? Lo merito quest'uomo?
    -E'..- mi mancano le parole? no, mi si è solo fermato un cinghiale in gola, ma decido di ingoiarlo a tutta forza - è meravigliosa- dico percependo strati di pelle d'oca quando le sue labbra si posano delicatamente sul mio collo.
    E allora mi volto, delicatamente.
    -Grazie- riesco a dire.. Ho il suo viso così vicino al mio che posso percepirne il respiro sulla pelle, posso persino percepire il sapore delle sue labbra senza ancora averle toccate.
    Ma io voglio sentirlo questo sapore, voglio sentire il calore della sua lingua intrecciata alla mia.
    E non mi va di ragionare, a nessuno dei due va, visto che stiamo sfogando un mese di attrazione reciproca in questo unico bacio.
    Cielo quanto l'ho desiderato, il problema ora è che non ho il coraggio di staccarmi.
     
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19 replies since 4/9/2019, 14:46   270 views
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