Comin' to get ya

Ruben

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    Aspetti positivi del ritorno a scuola? Assolutamente nessuno. Come se non fosse già abbastanza asfissiante doversi mettere sotto con lo studio e le lezioni, tocca anche avere a che fare con facce estremamente fastidiose. Durmstrang ne è piena! Tutti figli di papà che appena fiutano anche solo l'ombra di un mezzosangue si elevano sul loro stupido altarino della superiorità con fare da re del mondo - ai miei occhi, sono solo un branco di cazzoni col cervello limitato - e ti squadrano come se stessi camminando con la carta igienica attaccata alla scarpa. Li odio tutti, uno per uno, ma mi tocca conviverci ogni Settembre. Il cibo a mensa poi fa letteralmente schifo; neanche l'ombra di una fetta di pizza o di un piatto che non ricordi vagamente una disgustosa purea di vomito. E se dobbiamo elencare tutto nei minimi particolari, il freddo è atroce, assai peggiore della frescura londinese. Per un'americana è stato come passare dal polo Sud ad un universo fatto interamente di ghiaccio. Non c'è niente che mi piaccia di quel postaccio. Allora cos'è che mi elettrizza così tanto al solo accingermi a salire sul battello che ci condurrà tutti al castello? L'unica - ed intendo davvero l'unica - persona per cui sopportare tutti questi aspetti tremendi valga seriamente la pena. L'unico punto di luce in questo mare di oscurità. Lui, il mio migliore amico, il più fedele che esista sulla faccia della terra, contro cui corro come se avessi avvistato l'ultimo biscotto al cioccolato nella scatola custodita in dispensa - tra i Jackson tocca lottare per ottenere gli ultimi resti di delizioso cibo spazzatura - e fossi pronta a lanciarmici contro per sgranocchiarlo e godermelo. E' Ruben, semplicemente Ruben. "Yo yo yoo! Se questo non è mio fratello non scorre sangue nigga nelle mie vene!" Urlo più o meno discretamente una volta affiancatolo, lasciandogli un abbraccio non soffocante ma decisamente pregno di tutto l'affetto che provo per lui e la mancanza che ho sentito negli ultimi due mesi. Amo tornare a casa per le vacanze, ma non poterlo vedere ogni giorno mi lascia sempre un pò di amaro in bocca. "Pronto a ricominciare quest'assurda agonia? Sarà l'anno buono che ci facciamo espellere?" Altamente improbabile. Ruben è il tipo di studente che tutti vorrebbero - e dovrebbero - avere. Studia con dedizione, non combina mai guai, evita confronti accesi con gli altri e si fa i fatti propri. A volte mi chiedo davvero cosa ci faccia accanto a me, ma finché mi aiuta con lo studio e mi motiva a fare del mio meglio nonostante le materie odiose, direi che le cose tra noi funzioneranno alla grande! Lui mi sprona, io gli riporto il sorriso sulle labbra - o ci provo, perlomeno! "Voglio proprio sapere quanto ti sei annoiato quest'estate senza di me... Ma prima, si salpaaaa! Ooonk ooooonk!" Forse il verso si addice di più ad un camion che non ad un battello, ma il succo si è capito, no? E poi ho accompagnato tutto con eloquenti gesti delle braccia e delle mani, so che Ruben mi capirà a fondo. E, anzi, so anche che mi darà una mano a trascinare tutta la mia roba sulla nave perché è un vero galantuomo. Chi ha l'amico migliore dell'universo? ...E per non rischiare di sbagliare, si, ce l'ho io.

    "Santa pace, dovrebbero smetterla di propinarci i soliti discorsi d'incoraggiamento da inizio anno. Non lo vedono che a parte i primini tutti stanno a girarsi i pollici o scaccolarsi il naso?" Non sono eccessivamente seria - più o meno - ma i discorsi lunghi e monotoni da ascoltare con la massima attenzione se non ci si vuole ritrovare a pulire con la lingua i banchi dell'aula di veleni sono una vera palla. Almeno è finita e posso finalmente rilassarmi per un pò in compagnia di Ruben, a cui rivolgo sguardi e sorrisi carichi di entusiasmo. E' bellissimo vederlo di nuovo, mi è mancato davvero tantissimo. "Allora? Parla, su! Sono tutta orecchi. Quanto ti sono mancata?"

     
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    Durmstrang. Una condanna quanto una salvezza.
    O perlomeno lo era usando una definizione molto ampia di salvezza e prendendosi qualche libertà artistica. Tra le condizioni rigide a cui li obbligavano, i compagni e la preposizione per l'istruirli sulle arti più pericolose ogni tanto si stupiva di riuscire a completare un ciclo scolastico senza rimetterci qualche arto, o la propria sanità. Sebbene quella fosse messa ampiamente alla prova anche fuori, i mesi d'estate si protraevano in una soffocante ripetitività di malessere. Guardare suo padre accartocciarsi nei propri demoni o in modi per assopirli era la beffa finale del circolo vizioso in cui era stato obbligato per colpa sua, detestava ritrovarsi a riconoscere gli esordi di una pungente rabbia nei suoi confronti ogni qualvolta aveva la prova che niente fosse cambiato. Che la sua vita fosse stata irrimediabilmente spaccata per nulla.
    Suo padre ancora bloccato nelle proprie recidive - sebbene non più... costose come un tempo - mentre lui si ritrovava di giorno in giorno a cercare modi in cui sopravvivere ai postumi dall'aver avuto il proprio mondo crollargli attorno. Più di una volta.
    Tornare a lasciarsi tutto quanto alle spalle e chiudersi tra le mura di Durmstrang sapeva essere un sollievo, neanche quella minuscola fetta di problema che si portava dietro da casa - pasticche colorate e polverine garantenti felicità - macchiava il segreto piacere della distanza, di poter fuggire per qualche mese da tutto.
    Una sensazione che gli si riproponeva dal suo periodo chiuso in ospedale, e come in quel caso il suo gradimento era circostanziale, non esattamente legato al fatto gli piacessero i posti in . Anche se Durmstrang a volte sapeva riservare sorprese piacevoli.
    Compagnie d'inaspettata delizia. E sì, quella era davvero la parola giusta per descriverla, visto quanto la piccola e saltellante figura che aveva in mente tendesse ad infilargli - e sfilargli - tra le mani dolcetti fatti entrare a scuola con quasi più segretezza di quella che usasse lui con le proprie fonti di guadagno.
    Sebbene fosse restio al contatto fisico, alcuni tipi molto più di altri, ritrovarsela aggrappata addosso cinque secondi dopo aver messo piede sulla nave che li avrebbe portati in quella scuola prigione, esattamente come sapeva avrebbe fatto, ammorbidiva i propri scontenti, così come gli aspetti più difficili da digerire della loro istruzione.
    Neanche la soffusa scia di casini che si portava dietro Pressley, scatenati spesso dal suo essere... lei, riusciva a mitigare il piacere della sua compagnia.
    'Sì, sì, anche io sono felice di vederti.' Le premette una mano sulla schiena in un rigido tentativo di ricambiare il suo affetto, come spesso accadeva. Il sorriso sulle sue labbra però ne confermava la veridicità. Forse un giorno avrebbe trovato la scioltezza giusta per far coincidere intenti ed azioni effettive. Forse.
    'Guai a te. Sarà l'anno buono in cui diventerai una studentessa modello piuttosto.' Eh, sì. Come no. Propositi irrealistici in entrambi i casi.
    Non commentò nemmeno le sue assurde imitazioni, limitandosi a riderne abbastanza impietosamente da rendere ben meritato il compito di scarrozzarle in giro i bagagli come punizione.


    'Non capisci. E' per farci prendere di nuovo confidenza con quanto è insopportabile questo posto. Sia mai che le nostri estati siano state così divertenti da farcene dimenticare.' E per installare la paura nel cuore dei nuovi arrivati, probabilmente. Non li invidiava.
    Si stiracchiò godendosi la libertà ritrovata, constatando quanto scomode fossero ancora le panche della mensa. Buon rifugio o meno, non poteva dire che Durmstrang gli fosse esattamente mancata.
    A differenza di altri aspetti, che glielo stavano letteralmente chiedendo.
    'Mmh, non ne sono troppo sicuro. Certo, era tutto molto più silenzioso, noioso, privo di una piccola telecronaca allegra su quello che mi accadeva attorno...' Stropiccio le labbra in un sorriso, un accenno di ironia che di rado gli riusciva con particolare naturalezza ma su come per la maggior parte delle cose era convinto contasse il tentativo.
    'Suppongo di aver sentito almeno un pochino la tua mancanza.' Battute a parte era palese gli fosse mancata davvero. Pressley era forse l'unica persona che fosse mai riuscito a chiamare amica, Otis escluso, ma avrebbe potuto fare dell'ironia su come fosse l'unico amico. Un legame genuino fatto di reciprocità quello che aveva instaurato con lei, il tipo di rapporto che avrebbe creduto essere fuori dalla sua portata e che invece gli si era presentato all'improvviso, sotto forma di una ragazzina così esuberante e genuina da riuscire a far sciogliere anche le difese di cui si circondava. Alti muri di ghiaccio che erano stati costretti ad aprire un varco per quella che altrimenti avrebbe buttato giù la porta a calci.
    'Usciamo? Mi prende già male a pensare che domani saremo di nuovo chiusi in classe tutto il giorno circondati da idioti.' Beh, cosa? Se non poteva essere schietto con lei qual'era il punto dell'avere un'amica? Le fece un cenno con il mento a segnalarle di seguirlo, mentre percorreva a passi svelti corridoi che ormai conosceva a memoria per sbucare fuori tra l'erba fresca della tenuta.
    Forse, e solo forse quel desiderio di un posto più appartato velato di vaga urgenza aveva a che fare con la paura di scontrarsi per sbaglio con altri visi familiari restando dentro nel marasma di una scuola che riprendeva vita.
    'E tu? Hai avuto tempo di sentire la mia mancanza o eri troppo presa a farti soffocare dalle tue sorelle?' Dalle loro attenzioni intendeva, ma visti i dubbi racconti che lei gliene faceva sperava nessuno avesse cercato di soffocare qualcun altro in modi più letterali. Aveva una visione bizzarra delle dinamiche della famiglia Jackson.
    Si lasciò cadere su una panchina, trafficando per qualche istante con il contenuto di una tasca.
    'Ho un regalo per te ma non se te lo meriti.' La canzonò senza reale malizia prima di sventolarle ad altezza viso il pacchettino di orsetti gommosi che aveva appena recuperato.
    '... No, aspetta. Scherzavo ma adesso sento davvero il bisogno di chiederti se hai fatto danni quest'estate. Ne hai fatti?' Il suo tono prese una vena un po' più seria di quello tenuto fino ad ora, rivolgendole un'occhiata in parte apprensiva. Fare certe battute era divertente solo finché non si ricordava di star parlando con una mina vagante in formato umano.
     
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    "Mpf... E chi se ne dimentica." Commento alla sua spiegazione, continuando ad attorcigliarmi una ciocca di capelli attorno all'indice colta da quest'estesissimo senso di noia che il blablablare dei professori mi ha lasciato addosso. Neanche immaginarli nudi con addosso soltanto strane pellicce a fantasie zebrate mi è stato d'aiuto per migliorare la situazione... O per meglio dire, non ha aiutato più di tanto dopo i primi cinque minuti di risate mentali che mi sono concessa. "Oh... Eh dai eh dai eh dai!" Quasi lo imploro, presa finalmente da sentimenti un pò più agitati e decisamente meno apatici dell'angoscia post-discorso di qualche istante fa. L'ironia di Ruben è quasi un dono prezioso per me, di cui posso godere ogni volta che ne ho bisogno per sentirmi un pizzico speciale per lui rispetto a tutti gli altri. Mentre passa le giornate a rivolgere sguardi seriamente infastiditi, scocciati, talvolta disgustati agli studenti del castello, a me riserva sorrisi, battute e tutto quell'insieme di comportamenti da amico che mi fanno realmente comprendere di esserci legata più di quanto potessi mai immaginare. E' un toccasana avere una fonte di positività immersa in questo mare di persone di merda. Immagino lui lo sappia ed è per questo che mi lascio andare, saltellando sulla panca come un cagnolino in attesa del suo responso finale che sapevo non mi avrebbe mai delusa. Se avessi anche il minimo sentore che lui mi stia prendendo in giro, sarei tanto schiva e distaccata con lui quanto lo sono con tutti gli altri. Ed invece è decisamente tutta un'altra storia. Poter essere me stessa al suo fianco è liberatorio. "Supponi? Un pochino? Ti sei appena condannato ad una scarica di solletico di almeno cinque minuti! Arriverà quando meno te lo aspetti, Wrona!" Un fintissimo tono minaccioso che gli rivolgo, lasciandogli una piccolissima schicchera affettuosa sul mento che sta a significare che io abbia, come sempre, recepito il messaggio. Mi va bene che certe rivelazioni d'affetto, almeno da parte sua, non siano così palesi e plateali! Sarebbe probabilmente imbarazzante e considerati tutti gli occhi e le orecchie che circolano per il castello, la discrezione non è mai troppa! ...Anche se, ripeto, questo vale tanto per lui quanto non per me che non ci metterò più di cinque secondi ad arrendermi al bisogno di ammettere quanto mi sia mancata la sua presenza durante le vacanze estive. E' bello tornare a casa, ma non ho amici che possano equiparare l'importanza che lui ha ormai ufficialmente assunto nella mia vita, per cui nonostante l'aria di famiglia sia piacevole, mi manca sempre quell'ultimo pezzettino di puzzle per completare il quadro della mia felicità. Forse con lui nelle vicinanze riuscirei persino a rinunciare a quell'insieme di hobby sbagliati cui mi dedico, come le serate in locali poco raccomandabili a fumare qualche canna di troppo o i pomeriggi di appostamento nei quartieri di dubbia sicurezza in attesa che qualche ragazza in preda a gelosie da fidanzati pesti la sfortunata di turno. Amo vedere quelle galline in calore farsi il culo a vicenda! ...Ma forse è meglio tenere certe considerazioni per me. "Buona idea! Ti seguo a ruota, fratello." Sguscio via dalla panca e gli vado dietro senza pensarci due volte. L'aria nordica è senza dubbio molto più fresca rispetto a ciò che sono abituata a sopportare a Londra - figuriamoci, poi, in confronto al clima americano! - però è piacevole godere di un pò di frescura al ritorno dalle temperature estive, leggermente più elevate del solito. Non posso fare a meno di intercettare un albero dall'apparenza resistente per fiondarmici nell'immediato, arrampicandomi di giusto tre o quattro piedi ed appostandomi su un pezzo di tronco sporgente. Non il massimo della comodità, ma non riesco a star ferma per più di cinque minuti e la necessità impellente di aggrapparmici come una scimmia e lasciare le gambe penzoloni come una degna bambina di quattro anni farebbe è stato un richiamo sufficiente. "Uhm, forse. E sono iiiio a soffocare loro, non il contrario." So che intendesse il termine in senso figurato, ma ci sorvolo in un primo momento per mettere su il medesimo teatrino che Ruben mi ha riservato poco prima. Come preventivato, mi basta una manciata di secondi prima di cedere alla mia necessità di comunicargli a gran voce il mio affetto, che tanto nei paraggi non c'è nessuno - ed anche se ci fosse qualcuno, andasse a farsi fottere. "Ok, ok! Mi sei mancato più di quanto meriteresti che io ti dicessi, mpf! Come se non lo sapessi già, Ru!" Scuoto il capo in una scherzosa rassegnazione, sapendo perfettamente che lui sia ben conscio dell'affetto smisurato che provo nei suoi confronti. Non sono un tipetto facile da avvicinare, a differenza di ciò che potrebbe sembrare. Il punto è che se mi vai a genio, mi limito a sorriderti e scambiare quattro chiacchiere con te se capita, mentre se non meriti il minimo rispetto da parte mia le occhiatacce, gli insulti ed i tentativi di pestaggio non si contano sulle punte delle dita. Ruben, però, a differenza di tutti gli altri, è l'unica compagnia costante a cui mi senta di abbandonarmi. Ha conquistato la mia fiducia ed immagino lui sappia bene di far parte di un circolo di esclusività di cui è seriamente compreso solo lui. Ci giocherà su questo, non lo nego, ma nel profondo sento che lui apprezzi... O lo spero, almeno! Ecco perché non mi faccio così tanti problemi ad essere tanto sincera con lui. Ed è anche lo stesso motivo per cui mi concedo le mie uscite infantili come il saltar giù dall'albero ed il saltellare con le mani giunte in preghiera quando tira fuori quello che dovrebbe essere un regalo per me. Il pacchettino che avvisto ha già il potere di farmi sentire l'amica più fortunata sulla faccia della terra! - Seriamente, avete idea della merda che ci servono a mensa? Puah. "Oh, oh, oh! Certo che ho fatto la brava, dai dammele ti prego ti prego!" Il mio sorriso si accentua e se devo essere completamente sincera è tutta una conseguenza del pensiero che ha avuto lui nei miei riguardi, ancor più dell'effettivo contenuto di quel pacchettino semi-trasparente. Fa sempre piacere sapere che ci sia qualcuno che ti pensa tanto quanto tu pensi a lui. E' una comfort-zone che mi rende felice. "Giuro che non ho fatto danni! Sono entrata in commissariato insieme a papà solo per recuperare mia sorella... L'hanno arrestata perché si è appostata in modo molesto sotto casa di un ragazzo a cui mia cugina Step faceva il filo! ...Pffft, che razza di cretine." Oh, dai! Pretendete che non rida alla luce di un fatto così divertente? Ma le riuscite ad immaginare le facce di quelle due galline che fanno serenate di dubbio gusto sotto casa di un disperato costretto a chiamare la polizia? Se poteste figurarvele in mente proprio come me, stareste certamente ridendo anche voi. "E ok, ok! Mia madre mi ha messa in punizione per una settimana perché ho quasi preso parte ad una rissa. Ma non l'ho fatto, giuro!" Mi sarebbe piaciuto, ma sono stata bloccata per tempo. E nonostante tutto, a quanto pare, non è bastato. "Si è arrabbiata più perché bazzicavo in quel quartiere che per altro." Rivelo infine, prima di tornare a guardarlo con occhioni da cucciolo che lo implorano per ricevere quelle caramelline tanto ambite. "Dai, la metà del pacchetto è tuo, lo sai!"

     
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    Nonostante le ovvie, palesi, gigantesche differenze tra di loro, la piccola Jackson era una costante delle sue giornate scolastiche a cui non sarebbe stato in grado di - ne avrebbe voluto. - rinunciare.
    Lo divertiva, principalmente. Quando non faceva cose troppo allarmanti che lo facevano sentire come se avessero avuto entrambi una bacchetta puntata alla schiena, un modo di dire non poi così lontano dalle punizioni reali che rischiavano a fare qualsiasi cosa sgarrasse dalle rigide regole di quella scuola. Il fatto lui esasperasse il problema nella paranoia quando era possibilmente il primo tra i due ad infrangerle - l'insignificante fatto del suo spacciare droga sarebbe rimasto più grave del fare qualche smorfia in classe di troppo o cantare in giro per i corridoi. - era un dettaglio su cui preferiva non soffermarsi, più interessato al benessere di Pressley che il proprio in fin dei conti. Un rapporto che era nato con quel preciso sentimento dietro, era sicuro lei avrebbe protestato se si fosse accorta la vedesse in quei termini ma lui se la ricordava com'era stata quando l'aveva conosciuta.
    Quella ragazzina dagli occhi pieni di innocente meraviglia, all'apparenza quasi più piccola della sua vera età, ricolma di spensieratezza infantile e così terribilmente impreparata a venire gettata in pasto al branco di lupi di Durmstrang da essere stato doloroso guardarla fronteggiare l'osticità di quel posto. Tentare di aiutarla, sebbene il temperamento per provare a tenere testa a tutti non le fosse mai mancato, era stato un imperativo necessario per acquietare un senso di giustizia che non era ancora stato spezzato e rassegnato a quanto schifo potesse fare il mondo, uno che ora si crogiolava nell'avere perlomeno la consolazione di sapere essere stata risparmiata lei dal velo di disillusione in cui viveva.
    Averla vista mantenere la sua... Pressyliana e sprizzante energia ricolma di allegria attraverso tutti gli anni trascorsi assieme gli faceva sembrare tutto un po' meno insignificante e limava le sue fatalistiche convinzioni su come tutto fosse destinato a venire corrotto nella vita.
    Sentimenti che chiaramente non aveva neanche mezza intenzione di condividere con lei, troppo privati e imbarazzanti perché potesse anche solo pensare di farlo.
    Troppo difficili da spiegare.
    Le battute su come le fosse solo forse mancata rimanevano tali, ironie scollegate dalla realtà, ma di sicuro erano più facili da gestire. Promesse di attacchi di solletico per punizione o meno.
    Come se lei non lo sapesse già.
    'Ru suona sempre come il nome che si darebbe a un vecchio cane.' Assorbì con la solita sfuggevolezza i picchi d'affetto altrui, il sorriso a tirargli gentilmente gli angoli della bocca però chiariva fosse ugualmente apprezzato anche in quella preferenza per svincolare e fingersi in qualche modo molto dubbio più stoico di quanto non fosse.
    Le aveva portato un pacchetto di orsetti gommosi. Non c'era un singolo universo in cui un gesto simile sarebbe potuto apparire quello della persona seria e poco coinvolta di cui dava l'impressione a un'occhiata superficiale.
    Sollevò le sopracciglia in un muto misto di stupore e perplessità all'ondata di bizzarri racconti da cui venne sommerso al suo interrogativo posto all'altra, aveva una vita molto movimentata, non c'era che dire.
    'Ce ne vuole di talento per farsi arrestare per qualcosa di simile.' Non indagò sul modo molesto a cui Pressley aveva fatto riferimento, il collegamento con la Haugen gli veniva un po' troppo immediato in certi contesti e non voleva alimentare la già lunga lista di paranoie che aveva a riguardo con nuovi scenari ipotetici di cui preoccuparsi.
    L'espressione sul suo volto si appianò in una di vaga rassegnazione quando quello che aveva - okay, quasi. - fatto Pressley venne fuori, benché la rigidità di cui la sua postura era stata pervasa si sciolse al constatare non si fosse trattato di niente di davvero grave.
    'Tua madre aveva proprio ragione.' Le rifilò una smorfia ironica stropicciando le labbra, presto destinate a tornare stiracchiate in un sorriso. 'Tieni, per questa volta te le sei meritata. Ma di poco! Al volo.' Le lanciò il pacchettino soffocando in angoli più remoti della sua mente la consapevolezza che pure se fosse stata lei quella a farsi arrestare, per aver rotto la testa a qualcuno magari, alla fine sul versante concessioni che era disposto a darle non sarebbe cambiato niente. In un senso più ampio che riguardante delle caramelle, ovviamente. Non era stato così serio sul doversi meritare quelle, aveva solo voluto sapere cosa avesse combinato in quei mesi di distanza.
    'Non so se dovrei essere sollevato o triste che la mia estate a confronto sia stata il festival della noia.' Ansie e fastidi legati alla condizione... lavorativa a cui era relegato a parte, ma tendeva ad evitare di menzionare i dettagli di quegli aspetti.
    '... Quindi. Ragazzi e risse vanno per la maggiore? Devo iniziare a preoccuparmi anche tu inizi ad interessarti ai primi e ti metta a-' Corrugò appena la fronte, ancora ignaro sui modi molesti usati dalla sorella non voleva finire con il fare insinuazioni involontariamente offensive. '-fare balli interpretativi d'amore agli idioti che ci sono qui in giro?' O anche quelli fuori da lì.
    Stava solo scherzando. Più o meno. La risata sbuffata che seguì la frase risultò meno convince del solito, forse perché l'ironia era solo sui balli come dichiarazioni, il velato timore di vederla iniziare a correre dietro bellocci a caso crescendo non era troppo remoto. Sarebbe stato normale in fondo, no? Naturale. Era lui che si distingueva dalle abitudini di quelli della loro età rifiutando certe cose.
    'Per cos'era la rissa? Quella a cui sei quasi finita in mezzo?' Tentò di tornare a stabilizzarsi su un argomento più facile, o che almeno sperava si rivelasse tale.

     
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    Azzardo un gesto appena improvviso, più spontaneo rispetto ai tentennamenti cui ricorro di solito per evitare di rompere l'equilibrio a cui è tanto legato, ma impossibilitata a trattenermi o controllarmi in alcun modo di fronte alla sua battuta sul nomignolo che gli ho ormai ufficialmente affibbiato. In definitiva, la mia mano gli raggiunge i capelli scompigliandoli, dedicandogli carezze affettuose come quelle che si darebbero ad un cagnolino, così come lui stesso si è definito, ma con tutta l'ironia che si possa impiegare in un gesto simile. Solo un gioco di scherzi che probabilmente lo porteranno a storcere il naso, per poi rassegnarsi alla mia incontrollata esuberanza che, in fondo, non deve dispiacergli così tanto se ancora si ostina a tenermi intorno. "Il mio piccolo Ruuu...!" Lo prendo in giro quindi, lasciando poi scemare quell'infantilità per lasciare il posto alle memorie estive che non ho remore di raccontargli. Magari non tutto nei minimi dettagli - solo per non annoiarlo, mica per non prendermi i rimproveri... Eh! - ma la maggior parte di ciò che è capitato a me ed alla mia famiglia a grandi linee. "Ben sei ore appostate lì sotto a lanciare sassolini alle finestre, cantare e fare serenate discutibili, prima che i vicini di casa chiamassero la polizia. E' un nuovo record, di solito non durano più di due ore e mezzo." Sono state ostinate stavolta, decisamente ed io non posso che gioire di ogni loro progresso se alla fine porta a risultati così divertenti da poter condividere con Ruben. Anche il suo continuo scuotere la testa ha il potere di condire di una dose extra di ilarità certe vicende che mi fanno già piegare dal ridere. Letteralmente, eh! Se poteste vedere che sorrisone allargatissimo ho sulle labbra in questo momento vi rendereste conto di quanto io mi diverta. Il mio broncio torna comunque più vivo che mai dinnanzi ai tentennamenti ripetitivi di Ruben, fino a quando finalmente non si decide a porre fine alla mia agonia, lanciandomi contro il bottino che mi sono giustamente meritata! Ok, in realtà non ho fatto nulla per ottenerlo, però resistere per ben due mesi lontana dal mio migliore amico è già una sfida notevole da superare, il premio me lo meritavo a prescindere. "Ce ne hai messo di tempo! Ma facciamo che ti ringrazio, per dimostrarti quanto io sia educata." Modi alternativi di ringraziarlo ma pur sempre velato di un vago affetto che sicuramente traspare dai miei occhi felici e dalle mie labbra curvate in un sorriso un pò più intenerito, mentre mi accingo a scartare il pacchetto portomi e tirarne fuori la prima caramella. Come si fa a resistere di fronte a qualcosa di così buono? "Te l'ho detto che devi venirmi a trovare. Potrai borbottare per giorni interi alle scelte sbagliate di mia sorella e delle mie cugine! E poi potresti conoscere Roxy! Lei si che è una figa." Commento visibilmente entusiasta, prima di porgergli il pacchettino obbligandolo con lo sguardo a servirsi. Sa bene che se osasse rifiutare gli infilerei le caramelle direttamente tra le labbra, perciò se si ostina a dire di no va incontro ad un destino cui gli tocca sottostare. Tanto varrebbe accettare a prescindere piuttosto, no? Probabilmente lo farebbe se si trattasse di un ragazzo qualsiasi, un adolescente come gli altri che vive in pieno la leggerezza di questi anni. Ma lui è diverso, ha una maturità che nessuno può vantare qui al castello - la stessa che a volte mi lascia ad interrogarmi per ore sul perché non si sia ancora stufato dei miei modi infantili, seppur me ne senta sollevata - ed anche in questo si dimostra una persona garbata, pacata, speciale. Perché distinguersi dalla massa in fondo significa questo, specie ai miei occhi: essere speciali. "Ti sei bevuto il cervello? Correre dietro ai ragazzi! Mpf... Non è roba per me, li lascio a loro certi passatempi idioti." Forse eccessiva l'enfasi con cui tento di sviare il discorso, lasciando in sospeso l'analisi delle mie reali considerazioni a riguardo. La verità è che comincia a stuzzicarmi l'idea di avere a che fare con il sesso opposto; non romanticamente parlando perché, chiariamoci, quella roba smielata mi dà il voltastomaco. Però ci sono certi aspetti delle relazioni che cominciano a catturare la mia attenzione. E' un problema non volerlo ammettere agli altri tanto quanto a me stessa e parlarne con Ruben, poi, è fuori discussione, motivo per cui mi ci sento anche peggio. Ma per fortuna, anche in questo caso, la discussione si sposta su un argomento di comfort-zone per me e non mi lascio scappare l'occasione, pur andando contro l'idealità di Ruben nei riguardi del mio comportamento, di parlare d'altro. "Le ho dato un nome: "Il muretto della discordia". Carino, vero?" Introduco così l'argomento, prima di dare ulteriori spiegazioni a riguardo. "Erano due gruppetti di ragazzini che litigavano per decidere chi dei due potesse stare a fumacchiare davanti al muretto di quartiere. Una banda di mocciosi, niente di preoccupante." Ancora un tentativo di sminuire la pericolosità di un evento che non ha motivo di agitare gli animi di Ruben quanto quello di mia madre. Certo, è vero che i ragazzini di quei quartieri girano coi coltellini nelle tasche, ma questo dettaglio lo risparmierò al ragazzo almeno per adesso. "Mi sono divertita a gettare un altro pò di legna sul fuoco, istigandoli finché non sono stata costretta a scappare, rischiando di prendercele." Per fortuna ho imparato a correre veloce. Pesco un'altra caramellina dal pacchetto e la porto tra i denti, prima di arrampicarmi di nuovo sull'albero e tornare con le gambe penzoloni e l'aria di una bambina che non ha voglia di crescere. "Davvero non hai fatto niente tutta l'estate? Sei stato a casa tutto il tempo?" Una domanda dalla doppia valenza, velata di una leggera preoccupazione nel tono di voce che va a farsi un pò più serio. Stare a casa, per Ruben, a volte significa dedicarsi ad impieghi che non gli vanno molto a genio. E se davvero così fosse, certamente non me ne sentirei felice.

     
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    L'allegra affettuosità in cui Pressley lo sommergeva da anni non aveva ancora smesso di pizzicare le corde della sua inibizione, non solo per una ritorsione a farsi toccare e un'ondata di imbarazzo a quanto pregni di - involontaria? - dolcezza finissero spesso con l'essere certi gesti. Lo facevano perché una parte di lui si sorprendeva ogni volta di quei tocchi, della loro esistenza in quel mondo che si era creato, ricoperto da una spessa patina di ghiaccio con solo un piccolo nucleo al centro dove risiedevano ancora le parti più intime di sé. Quelle che venivano solleticate da quell'espansività in un misto tra sconforto e piacere. Toccava vene segrete legate a un conforto passato ai tempi attribuibile all'affetto di sua madre, una familiarità calorosa ormai persa in ogni altro risvolto della sua esistenza quella che gli offriva Pressley.
    Uno sbuffo accompagnato da un lieve arricciamento del naso e un tentativo poco sentito di sfuggirle prima di rassegnarcisi con un qualche mugugno di protesta la risposta che diede a quell'espansività, una smorfia stropicciata sul suo viso a trattenere un sorriso destinato ad emergere a forza, assieme a un accenno di risata incredula, alla spiegazione sui passatempi di alcuni dei membri della sua famiglia.
    Aveva molte domande. La maggior parte di cui aveva la sensazione vivere senza una risposta sarebbe stato preferibile, così se le tenne, strofinandosi una mano sul volto in un muta esplicazione di quanto gli paresse tutto assurdo.
    Era comunque divertente, doveva concederlo a Pressley.
    'Più cose mi sveli su di loro più mi spaventa l'idea di incontrarle.' Non una vera risposta alla sua proposta quella, un'ironia atta a prendere tempo per rimuginarci su mentre si rassegnava ad accettare di condividere le caramelle che aveva tentato di regalarle.
    Era una prospettiva strana quella di conoscere la famiglia di Pressley, o forse lo era già solo il sentirselo proposto con quella leggerezza priva di tutti i problemi che si faceva lui all'idea. Sia di assecondarla, che di ipoteticamente ricambiare. Qualcosa che non gli veniva richiesto ma che a lui sembrava un ovvio proseguimento di quelle norme sociali con cui ormai aveva ben poca dimestichezza.
    Così terribilmente normale quella propositiva, di un tipo che non era mai stato realmente parte della sua vita, avere amici, conoscerne i parenti, lasciare che gli venisse ritagliato uno spazio nel loro immaginario e nella quotidianità di Pressley al di fuori delle mura di Durmstrang.
    Era... strano. Piacevole. Ma non esattamente qualcosa con cui sapeva come fare i conti, continuare a rimandare per ora gli sembrava la scelta più semplice.
    'Tanto la conosco già la Jackson migliore.' Le diede un colpetto su un braccio scherzoso, rifilandole una linguaccia con un orsetto gommoso appoggiato su di essa in un'idiozia imbarazzante atta a stemperare il filo esageratamente serio in cui erano finiti i suoi pensieri. Così come facevano sempre d'altronde, anche la domanda sui possibili interessi amorosi dell'amica era nata da fili più profondi del necessario. Fu comunque sollevato dal ricevere quel tipo di negazione, annuendo piano e a labbra strette, studiandola di sottecchi. I commenti a riguardo rimandati a quando - non l'avrebbero fatto sentire come se si stesse affogando da solo in una pozzanghera. - non ci fossero stati punti più importanti su cui concentrarsi.
    Come le bizzarre avventure di Pressley.
    Epiteto che le faceva suonare molto più cartonesche di quanto non fossero, anche il nome dato da lei, muretto della discordia avrebbe potuto far parte di qualche libro di fiabe. Uno che era destinato a rischiare di fargli venire un infarto, probabilmente.
    O almeno di soffocarsi su un orsetto gommoso. Cosa che non fece. Il colpo di tosse strozzato che gli uscì era solo... beh. Irrilevante.
    'Hai- cosa-' Da dove iniziare? 'Niente di preoccupante?' Sbuffò fuori quelle parole inarcando le sopracciglia in un'espressione di allarmato stupore, scuotendo appena la testa mentre cercava di offrirle una risposta che non fosse sulla riga dell'innalzare di nuovo sua madre a unica con del buon senso e affermare che le sarebbe dovuto essere vietato andarsene in giro senza supervisione. Difficile evitarlo.
    'Non avevi proprio niente di meglio da fare che andare a punzecchiare gente che- E se ti fosse successo qualcosa?' Un sacco di proteste quelle che premevano sulla sua lingua ma finì con il dare spazio alla schiettezza della più importante. Sospirò, mordicchiandosi l'interno di una guancia mentre valutava quanto sarebbe servito un rimprovero. Di solito, molto poco con lei.
    'Devi davvero trovare passatempi meno pericolosi... Non te le porto poi le caramelle se finisci in ospedale con una gamba rotta.' Un'ipotesi fin troppo reale nelle sue paranoie, una tra le più positive oltretutto, ansia che meritava di essere almeno in parte condivisa con lei nella speranza la contagiasse e le desse la furbizia adatta a non fare cose riassumibili come punzecchiare un nido di vespe. A differenza delle ansie che lo riguardavano direttamente, esitò infatti alla domanda che gli venne posta storcendo appena il naso.
    'Uh, beh. Ho fatto le solite cose.' La verità, sebbene il significato dietro quella routine dipingesse un quadro miserabile più che quello di calma e spensieratezza che ci si sarebbe aspettato da qualcuno della loro età in quei mesi di vacanza. Le solite cose. Prendersi cura di suo padre nel costante dubbio di quanto le buone giornate si sarebbero bilanciate con le brutte, di quante volte si sarebbe ritrovato a desiderare che le cose fossero diverse. I debiti mai saldati dal genitore e conseguenti aspettative ricadenti su di lui a perseguitarlo per quella che ormai si era arreso sarebbe stata una tortura destinata a durare ancora per molti anni, un'illegalità quella a cui era costretto ormai familiare quanto una vecchia amica d'infanzia.
    'Niente che possa essere ascoltato dalle tue tenere e giovani orecchie. Roba da adulti.' Non voleva parlarne con Pressley, che lei sapesse dei suoi legami con un certo tipo di mondo e lo capisse non cambiava due fattori principali come il suo vergognarsene, e il suo pensare davvero la ragazza non avrebbe dovuto essere inclusa in certi affari. Detestava lo fosse già implicitamente visto il libertinaggio di alcuni membri dei Jackson e il luogo da cui veniva. Non voleva aggiungersi alla lista. Svincolare con dell'ironia era il massimo che la sua rigidità sull'argomento gli concedesse, ma le pizzicò il naso per buona misura, rivolgendole un sorriso che gli stropicciava le labbra senza la convinzione necessaria per apparire rilassato.
    'Se potessi fare qualsiasi cosa tu voglia la prossima estate, cosa ti piacerebbe fare?' Tentò di cambiare discorso stiracchiandosi sulla panchina in cui sedeva, rimanere su argomenti pregni di positiva leggerezza per godersela nell'unico ambito della sua esistenza che gliela concedeva. Ossia lei.
     
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    "Hey! Attento a te, parli del mio sangue, mh-mh." Un rimprovero che perde di veridicità nel momento in cui, dopo qualche secondo, la mia risata palesa l'ennesimo scherzo rivolto nei suoi confronti. Una battuta che alleggerisca il suo animo, che lo aiuti a comprendere che non volessi seriamente attaccarlo e che le sue parole non mi sono risultate per niente offensive, quanto piuttosto pregne dei timori più o meno seri che tutti i miei racconti devono aver suscitato in lui. E, accidenti, non posso mica dargli torto! Non c'è storia che riguardi la mia famiglia - genitori a parte - che non implichi la polizia, il prendere a sassate qualcuno o anche solo imprecazioni che poco si confanno a delle ragazze per bene. Il ghetto funziona così, forse è troppo complicato per chi non ne fa parte, persino impossibile da credere reale per gli assurdi racconti di cui quotidianamente si compone. Mi basta già sapere che nonostante le mie "squallide" origini Ruben mi continui a restare accanto, senza mai giudicarmi davvero, preoccupandosi piuttosto per il mio futuro. Un pò come un terzo genitore, in effetti, incredibilmente giovane e sicuramente più alla mano - beh, più o meno - rispetto ai miei genitori così rigidi. Non che sia facile affrontare certi argomenti, né vederlo sfinirsi per assicurarsi io non combini alcun guaio irreparabile; è un'istigazione continua ai miei sensi di colpa, che trova purtroppo riscontro solo nella fuga, nella promessa di essere attenta in tutto ciò che faccio per poi non riuscire a resistere all'impulso di comportarmi esattamente come ogni Jackson fa. E' come se il nostro destino fosse già scritto e non si vedesse nient'altro davanti a noi che non abbia a che fare con traffici illeciti, violenza, galera e tutto ciò che di poco raccomandabile esiste al mondo. Prospettive che atterriscono ogni genitore, di cui noi ci sommergiamo volontariamente, superando anche quei vaghi timori che di tanto in tanto ci riportano coi piedi per terra. Chissà se qualcuno dei miei cugini ha mai tentennato come me di fronte a certe possibilità, ma considerata la mia momentanea stasi ed il blocco che ciascuno di loro, Roxy per prima, mi pone, potrei credere - o fingere - che non si tratti di nulla che mi riguardi. Solo per adesso. "Hey-yooooo! Puoi ben dirlo amico, ti meriti un'altra caramella! Apri la bocca, su su su!" E chiaramente seguo alla lettera l'avvertimento appena rivoltogli, pescando una caramella da lanciare - o porgere, per meglio dire - dritta tra le sue labbra. Non che io creda davvero di essere la Jackson migliore, ma la lusinga che deriva dalla sua dolcezza, perennemente dimostrata in questi minuscoli sprazzi di premura e belle opinioni sparsi qua e là, mi manda su di giri. E' bello sapere che abbia davvero una considerazione così bella di me, seppur io non creda di meritarmela poi del tutto. Si, insomma, sono una combina-guai, parlo spesso a sproposito, non vado bene a scuola - anche se forse questo è un pregio, considerando le materie deplorevoli di quest'istituto - e rischio nove volte su dieci di prendermi un ceffone in faccia... O un pugno sulla schiena... O una coltellata sullo stomaco... Beh, ok, forse è vero che dovrei darmi una regolata, ma abbiamo già appurato la faccenda dei miei impulsi e blablabla. Concentrarmi per qualche secondo su quella smorfia velata di un accenno d'infantilità che mi fa impazzire di tenerezza da parte di Ruben è meraviglioso, pura poesia, una calma intrinseca nel nostro rapporto tra un attimo di tempesta e l'altro. Non tarda ad arrivare, infatti, una nuova ondata di preoccupazione da parte sua che per poco non rischia di farlo soffocare sulla caramella appena ingerita. Una di quelle palesi dimostrazioni d'affetto che, ancora una volta, più che cullarmi nell'amore rivoltomi stuzzica inevitabilmente i miei sensi di colpa, che attivano immediatamente quel meccanismo di difesa che mi costringe a sminuire la gravità e la pericolosità del mio operato. Anche senza essere troppo diretta con lui, ha imparato a comprendere che anche rubare il lecca lecca al bambino sbagliato nei quartieri che frequento potrebbe farti finire con una pallottola piantata nel cranio. Ci provo lo stesso a non dar peso a quella realtà, enfatizzando il mio comportamento da bambina innocente mentre le mie gambe continuano a penzolare sempre più agitatamente oltre il ramo cui sono seduta. "Oh, andiamo! Erano solo dei ragazzini, non vedi che sto benissimo? Al massimo ci avrei ricavato un occhio nero." Probabilmente. Di certezze vere e proprie tra le strade del ghetto non ce ne sono mai. E se anche riuscissi a trascorrere il resto della mia vita nella totale incolumità, probabilmente pagherei tutti i miei peccati all'Inferno un giorno. Prime tra tutti le preoccupazioni e gli infarti che continuo a far prendere a Ruben ogni volta che gli accenno anche minimamente alle mie "marachelle", estive e non. "Tutto è bene quel che finisce bene, no?" Cerco infine di calmare così i suoi nervi, sorridendo per accentuare un'implorazione di perdono che spero vada a segno per l'ennesima volta in circa cinque anni di amicizia tra noi. Un giorno forse utilizzare il mio faccetto angelico per sviare ogni rimprovero non sarà più così efficace. Fino ad allora, non mi tocca che continuare a provarci. Mi godo per un pò il sapore fruttato di cui le mie papille sono pregne, dedicandomi alla pace che l'ambiente circostante ci riserva. E' facile dal momento che sono tutti - almeno per adesso - impegnati a leccare il culo a chi pronuncia quei noiosissimi discorsi d'inizio anno e ad accaparrarsi la simpatia dei professori più spietati per poter sfuggire alle loro punizioni. La parte migliore arriva quando poi effettivamente non riescono nel proprio intento e si beccano le fiammate - talvolta letterali... - dei suddetti prof. Nell'immaginare tutto questo, mi tocca poi lasciare spazio nella mia mente per pensieri totalmente legati a Ruben, al modo in cui ha passato l'estate che sì, per l'ennesima volta, non mi lascia per niente tranquilla. Non è mai entrato nei dettagli delle sue brutte esperienze ogni volta che è implicato un ritorno a casa, però mi è sempre parso di capire che a differenza mia lui non se la passi poi così bene tra le mura della sua dimora. Si conferma ancora la mia impossibilità di saperne di più e per questo sono io adesso a rivolgergli una smorfia meno accomodante e scherzosa della sua, quanto piuttosto mista tra la preoccupazione e l'offesa del non sapere cosa gli succeda esattamente quando è lontano da scuola... E, di conseguenza, lontano da me. Un argomento su cui non ho mai scavato a fondo semplicemente perché non mi sembrava corretto forzarlo a parlare di qualcosa che non ha voglia di rivelarmi spontaneamente nei minimi dettagli. Sappiamo tante cose l'uno dell'altra - sicuramente lui è molto più informato di me - però ci sono anche tanti segreti che teniamo ancora nascosti dentro di noi... Questo forse non è positivo. Ma tutti hanno i propri segreti, no? "Dimenticavo che tu sei il ragazzo dai mille misteri, ma se mi dai di nuovo implicitamente della bambina ti dò una botta in testa con il libro di Veleni." Una minaccia quasi sincera, contando tutte le volte che gli ho riservato qualche colpo con i tomi o con le penne sulla nuca, mai eccessivamente forti, né, chiaramente, volutamente dolorosi; solo un ennesimo trattamento amichevole sfumato di quell'ironica ilarità che di tanto in tanto ci riserviamo a vicenda, seppur la mia sia un pò più rude rispetto alla sua limitata a qualche presa in giro di poco conto. Ruben ha le parole, io ho i fatti. Magari è per questo che stiamo bene insieme, come se ci completassimo. Ma forse questo è un pensiero eccessivamente affettuoso, che mi mette a disagio anche solo a formularlo tra me e me. Brrr. "Mmh..." Arriccio il naso in seguito al suo tocco, ponderando sinceramente sulla domanda da lui rivoltami. Qualcosa di apparentemente facile, leggero, una chiacchiera di poco conto atta semplicemente a distrarci e a rendere la compagnia un pò più piacevole prima di tornare sotto costrizione tra le mura del castello. In realtà però non è facile immaginare ad una prospettiva simile. Sarà, forse, che non mi è stata data poi così tanta libertà di scelta. "Se fosse gratis, penso che mi farei un bel viaggio! Uh! O magari una di quelle crociere babbane su quelle navi enormi con la piscina, il cibo a ruota libera e la discoteca! Dev'essere una figata assurda!" E lo credo davvero, seppur grazie alla magia per noi maghi le opportunità siano assai meno limitative di quanto non lo siano per chi è privo di poteri. Eppure vivere da "persone normali" non dev'essere poi così male. Certo, pulire la mia stanza sarebbe più complicato e riparare gli oggetti rotti diventerebbe un'impresa più che un gesto di appena cinque secondi, però si imparano ad apprezzare di più le piccole cose. Credo. Immagino. Suppongo. Poi che posso saperne? A casa mia la magia è un must, specie per riordinare le nostre stanze! "E' che sono sempre costretta a starmene a Londra, che non è male comunque, visto che posso rivedere le mie sorelle, i miei genitori ed i miei cugini, però sai... Non navighiamo nell'oro, quindi le possibilità di vivere estati alternative sono praticamente nulle. A volte è frustrante." Ed è questo che mi spinge sempre di più verso quella rischiosa ma tangibile fonte di guadagno di cui l'altro non andrebbe decisamente fiero. Io e le mie sorelle ci siamo sempre private di certi affari, anche perché non siamo realmente capaci di dedicarvici al cospetto dei miei cugini che, cazzo, ce la sanno lunga! Però con un pò di pratica e la giusta istruzione, potrei imparare e portare un pò di grana a casa, risolvere parte dei nostri problemi e magari garantirci un pò di felicità, per poco. Anche solo per un giorno dedicato soltanto a divertirci tutti insieme, prospettiva che non si affaccia mai oltre lo stare a cena tutti seduti a tavola attorno ad una pizza gigante. Piccole situazioni che apprezziamo, ma che in fondo sono davvero misere, quasi umilianti. Forse penso semplicemente troppo in grande. "Ovviamente se me ne andassi alle Hawaii, tu verresti con me! Staremmo ogni giorno sulla spiaggia a prendere il sole e sorseggiare cocco dalle noci, come un re ed una regina!" Aggiungo con una nota più leggera e scherzosa, non poi così lontana da una realtà che realizzerei senza problemi. Una vacanza solo io e Ruben sarebbe carina, anche se ci immagino già come un padre cosparso di chili di crema solare che grida dietro alla figlia che scorrazza per la spiaggia come una scalmanata - e in fondo a me non serve mica la crema solare! Se questo non è culo, allora come lo chiamereste? "Tu che faresti?" Gli chiedo infine, altrettanto curiosa di conoscere il suo responso a riguardo.

     
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    Anche con l'entusiasmo con cui Pressley colorava ogni loro interazione, distraendolo a forza di battute e caramelle imboccate a soffocare le sue proteste, dando vene più allegre agli accadimenti avvenuti lontani dai suoi occhi, gli veniva difficile assecondare anche in sé quella leggerezza d'animo. Evitarsi di raccogliere i dettagli più significativi dietro le parole della ragazza, anche quando erano situazioni raffigurate da lei con vivacità che qualcuno più disattento avrebbe davvero potuto scambiare per buffe e innocue quanto i toni di lei la sua ansia ne tracciava invece i contorni reali, presentandogli lo spiacevole aggrovigliarsi di fitte di preoccupazione nel suo stomaco.
    Aggravate da un'impossibilità di poterci fare qualcosa, non poteva strappare Pressley dal luogo in cui era nata, né avrebbe in ogni caso saputo offrirle un'alternativa migliore, più salutare, quando lui stesso viveva al limitare di certe realtà, chiuso in un appartamento ristretto con un padre per cui si era sobbarcato responsabilità che gli stavano strette, incluso nelle stesse cerchie che desiderava Pressley non si ritrovasse mai a dover mettere piede all'interno.
    Non era decisamente la persona adatta a ricoprire quel ruolo di salvatore dei poveri. Anzi, forse sfoggiava una certa ipocrisia nel rifiutare così marcatamente di venire a patti con i rischi da cui l'amica era circondata per la semplice sfortuna di essere nata nel posto sbagliato, ma non sarebbe stato in grado di rassegnarsi a certe realtà neanche sforzandosi, né vedeva realmente perché avrebbe dovuto farlo con quella caparbia ostinatezza con cui si ficcava le cose in testa.
    Trovava troppo ingiusto il pensiero di arrendersi, solo perché c'erano aspettative su Pressley che seguisse certe strade - auto-imposte principalmente, temeva. - non significava non potesse benissimo aspirare anche ad altro. Cosa che non sembrava fare poi troppo da sola, i casini in cui si cacciava una buona dimostrazione di quanta imprudenza vivesse nella sua minuta figura, ma non cambiava ai suoi occhi avrebbe dovuto averne lo stesso la possibilità.
    Certo, avrebbe desiderato mettesse su anche abbastanza buon senso da non rischiare di farsi picchiare, quello avrebbe aiutato.
    'Avresti dovuto sopportarmi chiamarti un piccolo panda per il resto dell'anno, quindi direi di sì. Ti è andata bene.' Un'ironia a cui fu costretto a recedere con un sospiro, per evitarsi il rischio di diventare pesante. Un timore che a discapito del numero di rimproveri in cui si prodigava già normalmente aleggiava sui loro discorsi con costanza, sapeva di essere considerato esageratamente rigido così com'era. A volte lo preoccupava la possibilità un giorno Pressley potesse fraintendere, iniziare a credere ci fosse nascosto un giudizio che non provava nei suoi confronti, quindi si tratteneva dall'essere puntiglioso quanto avrebbe voluto. Dirle che no, non andava tutto bene. Non c'era niente che riuscisse a prendere con leggerezza anche solo nel rischio esageratamente sminuito lei uscisse da certe situazioni con un occhio nero, un nervosismo ricolmo di preoccupazione che rosicchiava la propria pazienza senza risoluzione.
    Di rado ne aveva quando l'amica infiammava la propria apprensione, cosa che accadeva spesso.
    'Sarebbe un uso più produttivo del tuo libro di quanto tu non faccia di solito.' Asserì scoccandole un'occhiata sardonica, la piega sulle sue labbra accentuata di sarcasmo a definire già che il bambina vivesse ancora nei suoi pensieri e nella sua considerazione di lei, perché in fondo lo era davvero. Solo una manciata d'anni quelli che li separavano eppure di cui sentiva tutta la distanza, una probabilmente più causata dalla loro differenza caratteriale che per una reale saggezza dovuta all'età ma che rimaneva difficile scrollarsi di dosso visti i modi di Pressley. Un candore infantile che motivava solo il suo desiderio di proteggerla dal rischio lo perdesse.
    Un mugugno pensieroso quello con cui accolse il fiume di parole che ricevette in risposta alla sua domanda, accompagnato da un sorriso leggero a piegarli un angolo della bocca alla briosità delle idee sebbene in parte ne fosse anche un pochino deluso.
    '... Sarò sincero, speravo in qualcosa per cui potessi dirti dovremo proprio farlo ma tra Hawaii e crociere posso farci giusto un disegno da guardare sospirando.' Arricciò la punta del naso esalando un accenno di una risata, non poteva dirsene realmente sorpreso però visto il modo in cui le aveva praticamente chiesto di far correre la sua fantasia in qualsiasi cosa volesse. Propositi comunque idealizzati a priori i propri vista la scarsità di mezzi per dare vita a certe propositive anche se fossero state minori.
    'Però capire come farti scappare da Londra qualche volta si potrebbe anche fare, no?' Cercò un consenso sul suo viso, confidando non prendesse troppo sul serio il verbo scappare in quelle ipotesi di cui i dettagli erano esageratamente dubbiosi e per cui finì per mordicchiarsi l'interno di un labbro, accentuandosene solo il bisogno in una vena più pensierosa quando lei gli rigirò la domanda.
    'Beh, okay, è una cosa stupida. Molto più da te che da me e ti è vietato menzionarla mai più di nuovo.' Un preludio necessario che gli faceva già pentire di non aver mentito e averle detto oh sì, Hawaii anch'io. Pensa ai pesciolini.
    'Quando ero piccolo, mia madre a volta in estate mi portava in questa, uh, villetta. Fuori aveva un, tipo- mini parcogiochi? C'erano un'altalena e uno scivolo e aveva una piscina. Ci andavamo spesso nei pomeriggi, era- beh, bello. Piacevole. Divertente.' Riusciva già a sentire il desiderio di non aver mai iniziato a raccontare quella storia salire assieme a un vago senso d'imbarazzo per cui stava fissando piccatamente una nuvola di passaggio sopra di loro, picchiettando appena con un tallone a terra.
    'Lei mi aveva detto fosse di un amico, e per anni non mi è mai sembrato strano, né lo era troppo che non entrassimo mai perché beh tutto il divertimento era fuori, no? A che serviva?' Non era nemmeno della storia che si pentiva, quanto più del tipo di risposta al suo interrogativo a cui stava cercando di arrivare a ritroso.
    'Beh, quando ero più grande e ormai avevamo smesso di andarci da tempo è venuto fuori che non era proprio vero. Era più una villa di qualcuno che andava in villeggiatura in quel periodo. E non sto cercando di dire che vorrei davvero passare le mie estati violando il domicilio di ricconi a caso per usare la loro piscina, penso mi piaccia solo perché è un ricordo legato a mia madre, ma potendo fare qualsiasi cosa senza conseguenze magari ci tornerei.' E con quell'ammissione poteva considerare conclusa la sua propensione alla condivisione per il resto dell'anno scolastico. Diceva probabilmente molto su loro due il modo in cui lui restava con i piedi ben piantati per terra in fantasie mai troppo infattibili anche in quei casi mentre Pressley riusciva a sognare senza scontrarsi con i propri limiti.

     
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    "Gnegnegne." Esemplificazione di una risposta per niente matura che mi sento in obbligo di rivolgergli, tanto per la battuta sull'occhio nero quanto per quella sul libro di veleni. Sempre piacevole lasciar trasparire evidenti tracce d'ironia sotto bronci che non hanno assolutamente intenzioni di reale offesa. Come potrei, dinanzi alla convinzione che il suo sorrisetto è sempre in grado di regalarmi? Come se poi non fosse chiaro che le medesime sfumature di sarcasmo che curvano le mia labbra all'insù non le ritrovi nel suo modo di fare. E' questo che ci fa funzionare così bene, il fatto che seppur diversi, come apparentemente agli antipodi di affinità caratteriale, con troppa esuberanza da una parte ed estrema calma dall'altra, riusciamo a conciliarci, ad incastrarci perfettamente l'uno nell'altra. La perfetta rappresentazione di un'amicizia, a mio modesto parere, e non avrei decisamente potuto chiedere di meglio in questo inferno sotto forma di scuola. Quando però il nostro momento d'ilarità lascia il posto a qualcosa di carattere decisamente più serio, devo mettere il freno alla mia esuberanza. Ho appena esposto sogni incantevoli che custodisco nel cassetto forse in modo piuttosto superficiale perché, sarò sincera, avendo la mia famiglia al mio fianco, sento che non mi manca davvero null'altro in questo mondo. Qualche centesimo in più non farebbe male, ma chi si accontenta ha già vinto in partenza, suppongo. Ruben non è così. Il mio "uomo dai mille misteri" nasconde in sé un universo che non ho ancora avuto modo di conoscere del tutto. C'è una sensibilità profonda, la stessa che probabilmente l'ha spinto a soccorrere una ragazzina di appena undici anni presa di mira da stupidi bulletti da strapazzo, quando sono approdata al castello. Una che guida i suoi pensieri in maniera soave, poetica, dando di sé sfumature molto più intense di uno stupido viaggio ai caraibi o di una cannuccia infilata in una noce di cocco. Quando nomina la madre, il mio volto seriamente interessato si vela di un sorriso quasi malinconico. Non so perché, né capisco perfettamente perché quel suo racconto, quel desiderio mi colpisca così tanto. Forse è la strana capacità di leggere nel suo sguardo quanto importante sia per lui quella confessione e quanto personale stia decidendo di condividere con me. Non posso non sentirmene lusingata e consapevole di non poter tirare fuori una delle mie battute smorza-tensione, né di potergli saltare addosso per stringerlo a me e riempirlo di teneri baci affettuosi e consolatori, mi limito a sorridere, rimuginando per un po' sull'eventualità si possa davvero realizzare una cosa del genere, anche nelle periferie londinesi. Magari la prossima estate. Sarebbe bello fare qualcosa insieme, soprattutto se potrebbe aiutarlo a stare meglio. E' questo ciò che spero. "Oh, penso proprio di aver capito come fare a scappare da Londra, Ru." E prima che lui possa allarmarsi e pentirsi anche di più di avermi raccontato quella storia - che mi ha profondamente colpita, sì - intervengo mettendomi dinanzi a lui. "No, te lo giuro, non voglio scassinare la casa di nessun gentleman che è partito per le vacanze estive, sono innocente!" Sollevo le mani in segno di resa, senza però entrare ulteriormente nei dettagli. Mi balenano in testa già un mucchio di idee e potrei persino chiedere l'ausilio di Roxy per capire come muovermi in questo frangente. Non è davvero necessario violare proprietà altrui, però trovare un posto carino e nei pressi di una spiaggia in cui passare qualche giorno insieme potrebbe essere un'alternativa simpatica per passare un'estate diversa. Penso che ce la meritiamo entrambi, Ruben più che mai! Considerato però l'orario, probabilmente è meglio parlarne meglio in un altro momento. Oppure non parlarne affatto e cercare di capire come organizzare una sorpresa che sia degna di portare questo nome. "Bene, allora considerati prenotato per minimo una settimana da me, quest'estate. Mi vieni a trovare a Londra e poi pensiamo a qualcosa di divertente e per niente pericoloso da fare." La vedete l'aureola dorata che brilla sulla mia testolina? Io sì. "Dai, adesso andiamo. Se mi mettono in punizione il primo giorno di scuola stavolta glielo stampo davvero uno stivale sulle chiappe."

     
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