- love will tear us apart.

(privata - Hazel)

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    Studente Corvonero
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    31 MARZO 2019:
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    Se avesse dovuto essere onesta con se stessa, Rae avrebbe dovuto ammettere di non aver preso quella difficile decisione così, su due piedi. Lei non faceva mai nulla senza rifletterci a lungo, senza valutare pro e contro. Quella non era stata una decisione improvvisa. Era il frutto di un mese di considerazioni.
    Sarebbe rimasta a Durmstrang. Almeno fino alla fine dell'anno scolastico. Mentre gli altri preparavano le valigie, lei pensava a come affrontare il discorso con Hazel, ancora ignara di quella scelta. Raelene era cosciente del fatto che a chiunque quella sarebbe parsa una follia. Eppure lei era giunta al Nord con quell'ipotesi, con quella possibilità in mente. E allo scadere di quel primo mese aveva deciso di parlare con chi di dovere per rendere concreto ciò che aveva nascosto a tutte le persone che erano con lei.
    Cosa l'avesse mossa era difficile a dirsi. Alla base, probabilmente, c'era la necessità impellente di mettere alla prova se stessa, di isolarsi da qualunque faccia amica. Voleva essere sola e sapere di potercela fare ancora. C'era però anche dell'altro. Era il Nord a trattenerla. Era quel gelo, quella rigidità a rendersi così familiare da non permetterle di andarsene. Sentiva qualcosa in sé, una sensazione tanto forte quanto inspiegabile: doveva stare lì, doveva sfruttare quell'occasione per andare a fondo, per recuperare pezzi della sua vita andati perduti come orme sotto la neve.
    Entrò nell'ampio e spartano dormitorio, una lunga stanza con letti da entrambi i lati e ben pochi elementi d'arredo. A Durmstrang era tutto così algidamente essenziale da creare una sensazione di desolazione in chiunque non ne fosse abituato. Rae, col tempo, ci aveva fatto il callo. Ne aveva assorbito il vuoto. Camminò fino a raggiungere Hazel, intenta a sistemare le ultime cose nei bagagli.
    « Uao, hai già fatto le valigie. » esordì, con un sorriso incerto. Non era tanto sorprendente che Hazel avesse organizzato tutto per la partenza. Lo era, invece, che Rae non lo avesse fatto. Nel letto accanto, tutti i suoi oggetti erano ancora all'interno del solito baule dando segnale di un'immobilità che contrastava con l'idea della partenza imminente. Era un qualcosa che saltava all'occhio e, forse, anche Hazel aveva notato la contraddizione. Gli occhi verde oliva di Raelene scrutarono titubanti la figura dell'altra Cunningham, per poi puntare verso il basso, con fare rassegnato.
    « Haz, io non parto. » disse, a bruciapelo. Senza che se ne fosse resa conto, Rae si era ritrovata plasmata da Durmstrang, persino in quei soli trenta giorni. Se si fosse accorta di quel cambiamento, se si fosse accorta di una crescente rigidità e di una mancanza sempre più evidente di emotività, forse si sarebbe fermata. Forse sarebbe tornata a casa, per tornare quella di sempre. Invece, la (ex) Corvonero non vedeva nulla di diverso in sé.
    « Ho chiesto alla Rei il permesso di stare qui fino alla fine dell'anno e Carradine ha approvato. » Aggiungeva dettagli per spiegare come fosse successo. Non parlava di sé, non parlava dei pensieri che l'avevano condotta fin lì. Ma semplicemente di come fosse riuscita a ottenere quella che sembrava solo l'antitesi di un privilegio. Una punizione auto-inflitta.
    « Non ho detto nulla ai nostri genitori. Se non vuoi essere tu a dare la notizia posso mandare una lettera oggi stesso. In ogni caso, non possono farci niente. Io resterò qua. » Era risoluta nella sua decisione e anche per questo non mostrava alcun pentimento. Una parte di lei, tuttavia, soffriva per quel danno collaterale che derivava dal doversi separare da sua sorella. Avrebbe voluto che le cose fossero più semplici, ma la realtà era sempre stata tutt'altro che semplice. Hazel non avrebbe compreso, ne era certa. Ma la sua scelta era irreversibile.
    « Tornerò appena finita la scuola. Sono solo pochi mesi. Passeranno in fretta, vedrai. » disse infine, con quella delicata dolcezza che sapeva appartenerle, di tanto in tanto. Sempre più di rado, da quando era al Nord. Tre mesi sembravano pochi, tre mesi sembravano innocui. Rae non avrebbe mai creduto che fossero sufficienti a farla tornare a Hogwarts come un'altra persona. Era convinta che quella sarebbe stata solo una parentesi. Ma si sbagliava.



    Edited by missing; - 20/7/2019, 14:45
     
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    Hazel. Un vero e proprio enigma. Spesso se ne stava assorta, come se nella sua testa esistesse un mondo parallelo, capace di contenere il suo animo inquieto. Mera illusione. La Cunningham stava passando uno dei periodi più difficili della sua esistenza. Zero risposte, mille domande che si accatastavano in un angolo remoto della sue mente mentre, d’un tratto, una lacrima percorreva la sua guancia, trovando fine sul suo polpastrello pronto a celare il suo disagio.
    L’esperienza al nord aveva contribuito a ghiacciare la sua personalità, ne era più che certa. Scombussolata, attonita, fissava la sua immagine nello specchio, tremando davanti all’estraneità della persona riflessa in esso. Si guardò intorno, cercando qualche cosa di familiare. Nulla. Sul letto, i suoi vestiti sparpagliati erano pronti per essere riposti, ordinatamente, nella valigia, segnando la fine di quella particolare avventura. Le era servito, anche se non sapeva in che modo. Ripiegò il tutto e fece un sospiro liberatorio al pensiero di tornare ad Hogwarts. La nostalgia l’aveva profondamente segnata e la mancanza di quella che considerava casa, iniziava a dare problemi.
    La voce di Rae la riportò alla realtà. Si voltò e sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi, fingendo indifferenza nei riguardi delle sue sensazioni. ”Sì, non mi piace arrivare all’ultimo. Mi sono portata avanti.” Allargò le braccia e richiuse la valigia, facendo mente locale per non dimenticare nulla di fondamentale. ”Qualche cosa non va?” Un’ombra era scesa nello sguardo di Raelene, come se qualche cosa la turbasse profondamente. La notizia la colpì in pieno petto, tramortendola quasi. Non poteva credere a quanto era stato proferito. ”Perché? Voglio dire, perché non me ne hai parlato?” Doveva pur esserci una spiegazione a tutto. Egoismo? Paura? Che cosa? Prese fiato e si andò a sedere su quello che era stato il punto di ristoro per diverse notti. ”Ok, credo sia chiaro. Non mi volevi tra i piedi.” Non era in collera ma, d’altro canto, aveva bisogno di una risposta a quello che sarebbe stato, altrimenti, motivo di tormento nei giorni a seguire. ”No. Senti, hai ragione. Non mi devi spiegazioni.” Tornò a fissare i suoi bagagli, con tutta l’intenzione di proseguire per la sua strada, evitando eventuali deviazioni. ”Perfetto. Allora cosa devo fare? Augurarti un buon fine anno?” Chiese bruscamente, mal celando il suo reale stato d’animo. ”Sappi che se qualcuno tenterà di entrarti nella mente, io non ci sarò.” Continuò alludendo alla disavventura ad Azkaban.

    ”Ma certo. Chi non vorrebbe intrattenere rapporti con probabili assassini? Con la possibilità che vengano a cercarti. Sei impazzita? Vuoi farti ammazzare? Rinchiudere da qualche parte?” Non le avrebbero mai permesso di uscire dal loro raggio di controllo serrato. Dirlo sarebbe stato come ammettere di tramare qualche cosa alle loro spalle. Sferrò un pugno al materasso e dissentì. Potevano fare di meglio, ad esempio: tacere quell’assurdità. Pararle il culo, alla fine, non le riusciva così male, nonostante la rabbia che, in quel momento, provava nei suoi confronti. ”Lascia fare a me.” Esporsi non la spaventava minimamente, soprattutto se la posta in gioco era il sangue del suo sangue. ”Troverò il modo per distrarli.” Sentenziò, senza neanche incrociare lo sguardo della Corvonero. ”Solo pochi mesi, dici? Nel frattempo non saprò niente. Come starai? Con chi? Come farai ad adattarti a questo ritmo. Rae, pensaci bene.” Hazel sapeva bene di non poter rimanere. Quella non era la sua vita. Le mancava Hogwarts, le mancavano le bevute infinite chiacchierate con Kai e anche le lezioni classiche ma, soprattutto, le mancava Jaeden e la sua testa di cazzo. ”Io non posso rimanere, Rae. Lo sai. E ti sono grata di non avermelo chiesto, ma…” Era davvero preoccupata per sua sorella. ”Non farti ammazzare, dico sul serio.” Il cattivo umore stava, pian piano, scemando. ”Lascia agli altri il ruolo dell’eroe a qualcuno più ferrato di te. So che hai bisogno di risposte. Anche io. Ma qui? Da sola?” Di certo non poteva decidere per lei ma, per lo meno, un tentativo doveva pur farlo. ”Cosa pensi di trovare?” Le parve che la stanza fosse diventata ancora più fredda del solito. Le mani iniziavano a sudare e l’ora della partenza vicina, vicina come non mai, la rendeva inquieta. Una situazione che mai avrebbe pensato di dover affrontare o, almeno, non in quell’artico contesto.




     
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    « Perché sapevo che avresti cercato di dissuadermi dal farlo. » rispose, distogliendo lo sguardo e guardando altrove. Sapeva che sarebbe stato difficile farle capire il perché della sua scelta e, proprio per quel motivo, aveva rimandato fino a quel momento, quando il tempo stava per scadere inesorabilmente.
    Non si aspettava che la Serpeverde reagisse bene alla notizia, né che non facesse ipotesi dettate dalla rabbia e dalla frustrazione. La capiva. L'aveva sempre capita, persino quando ancora ignorava il loro legame di sangue.
    « Haz, non è per questo, lo sai. Ma so che questo non è il tuo posto. L'hai odiato fin dal primo giorno in cui ci abbiamo messo piede. » Non la biasimava. Hazel non aveva ricordi a cui aggrapparsi, non aveva ombre da illuminare né scene passate da immaginare, tra quelle mura. Per lei il Nord era semplicemente un luogo lontano da casa, freddo e inospitale. Un luogo in cui non avevano avuto vita facile, un luogo che ricordava costantemente a entrambe la loro estraneità.
    « Ho bisogno di più tempo, solo qualche altro mese e avrò le idee più chiare. » Le parole della sorella, tuttavia, continuavano a fluttuarle nella mente. Forse era vero, forse Rae aveva davvero bisogno della solitudine, una solitudine vera e senza limiti. Sentirsi pienamente isolati in una terra straniera, poter contare solo sulle proprie forze. Non poteva escludere che anche quella fosse uno scenario che desiderava. Ma non perché la sua presenza la infastidisse. Anzi, tutto il contrario.
    « Non stai rendendo le cose più semplici, così. » Si irrigidì, assorbendo così l'aggressività manifestata dall'altra Cunningham. Il ricordo di Azkaban era ancora vivido nella sua mente, talmente tanto che le sembrava di viverlo all'infinito, vedendosi dall'esterno come se fosse successo a qualcun altro. Non gradiva che se ne parlasse, mal tollerando il pensiero di essere stata controllata come una marionetta.
    « Ci ho pensato bene. Dio, credi seriamente che abbia preso questa decisione a cuor leggero? Ci ho pensato. Ci ho pensato tanto. E se devo stringere i denti per qualche mese per capire qualcosa di cosa cazzo è successo nella mia vita, be', lo farò. » La rabbia iniziava a prendere possesso di lei, proprio nel momento in cui sembrava scemare in Hazel. In quei momenti più che in altri si accorgeva di quanto speculari fossero, davvero. Uguali ma opposte. Era certa che fosse anche quella la ragione per cui talvolta faticavano a capirsi: avevano una visione diversa delle cose, benché ad accomunarle ci fossero occhi che guardavano al mondo in maniera molto simile.
    « Non mi farò ammazzare. Dovresti sapere che sono molto più forte di come appaio. » Abbozzò un debole sorriso, recuperando la calma e andando a sedersi accanto alla sorella. Strinse le mani sulle ginocchia, traendo un profondo respiro. Dubitava di essere in un pericolo così grande: nessuno l'avrebbe uccisa, specie perché nessuno aveva davvero un motivo per farlo. I suoi genitori l'avevano cercata troppo a lungo per lasciarla andare così facilmente. Sarebbe stata controllata anche a distanza, non aveva molte perplessità, in proposito. Il fatto che Hazel non fosse più con lei, però, avrebbe potuto rendere quel controllo più difficoltoso da operare. O almeno ci sperava.
    « Non sto cercando di fare l'eroe. Non è un ruolo che mi si addice. » Gloria e riconoscimento erano l'ultimo dei suoi pensieri. Fare l'eroina non le interessava, specie perché non si sentiva in grado di ricoprire quel ruolo. Era più una sopravvissuta, un angelo caduto dal Paradiso all'Inferno e adattatosi alla dannazione. Infatti, non cercava giustizia ma solo spiegazioni. Una ragione molto più egoistica di quanto avrebbe voluto ammettere.
    « Qui ho già trovato alcuni tasselli che mi mancavano. Sono certa che riuscirò a trovare qualcos'altro. E quando l'avrò trovata potrò tornare a casa con una consapevolezza in più. » Del resto, la conoscenza era ciò che bramava maggiormente. La conoscenza era potere e a lei, quel potere, dava sicurezza. Nel buio dell'ignoto si sentiva vulnerabile. E se c'era una cosa sulla quale voleva essere pienamente sicura, quella era la sua vita. C'erano troppi dettagli che le sfuggivano, dettagli appartenenti a un passato di cui non aveva alcuna memoria. Un passato che le era stato nascosto e poi portato via.
    « Vorrei capire chi era. Vorrei trovare la sua famiglia, parlare con qualcuno che l'abbia conosciuta prima che fosse quella che conoscevo come mia madre. Voglio capire se mi sono sempre sbagliata su di lei o se era davvero la persona che credevo. E magari potrei scoprire anche qualcosa che ci aiuti a fare leva sui nostri genitori. Non mi piace che ci tengano in trappola. » Aveva visto chiaramente tutto il gioco di ricatti e minacce che i Cunningham erano in grado di orchestrare. Con lei ci erano andati leggeri, fino a quel momento, ma Hazel era costretta a portarsi dietro talmente tante di quelle catene che avrebbe fatto di tutto per liberarla da quel fardello.
    « Potrei scriverti ogni tanto, sai. Non troppo, per non rischiare di farci scoprire, ma comunque qualcosa per dirti che sto bene. Ma starò bene, devi stare tranquilla su questo. » Raelene non voleva che gli altri si preoccupassero per lei e, in quel frangente, voleva evitare che Hazel passasse i mesi seguenti a crucciarsi sulla sua situazione. Lei sarebbe stata bene così e anche se non lo fosse stata, ce l'avrebbe fatta. Era un po' la sua filosofia di vita, un rafforzarsi a ogni colpo inflitto dagli eventi.
    « Agli altri non ho detto niente, né lo farò. Se ti dovessero chiedere qualcosa, limitati a dire ho voluto stare qui più a lungo, okay? Nessuna spiegazione ulteriore. » Alludeva chiaramente a tutti coloro che avrebbe lasciato indietro. A Everleigh e Arya che già avevano abbandonato il dormitorio certa di rivederla alla nave per la partenza, a Robin che l'aspettava a Hogwarts per quella famosa pizza di cui tanto le aveva parlato, a Diana che sarebbe stata curiosa di sapere com'era il Nord che le aveva viste giocare insieme da bambine.
    « Ci penserò al mio ritorno. » Perché delle spiegazioni, lo sapeva, le avrebbe dovute dare.

     
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