bundimun

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    OH CHE SCHIFO. Si dice che il mattino abbia l'oro in bocca, certo, ma così non valeva per la Rosier che aveva approfittato del weekend per tornare a mettere piede in quel monolocale da incubo.
    Di motivi ne aveva tanti come liberarsi di gran parte dei ricordi che custodiva, pulire, sentirsi un po' meno piccola che in Villa Rosier e ognuno di questi motivi si ricollegava ad uno più grande: avere finalmente uno spazio per sfruttare al massimo il proprio potenziale; quelle che all'università si ostinavano a chiamare dono.
    Certo non poteva immaginare che lì dentro ci fosse un'infestazione di bundium.
    Ne aveva visto uno in cima al mobile della cucina; mobile che sarebbe sparito per far posto ad una enorme libreria, riempita grazie all'eredità lasciatale dalla defunta madre.
    Ma ora c'era un bundium e lei non aveva la minima intenzione di toccarlo.
    Se ne rimase lì in piedi a fissarlo, con la porta spalancata; per un tempo indefinito mentre l'odore di chiuso e di stantio le offuscava i pensieri. Si risvegliò da quel suo stato di trance solo quando un mucchio di stoffa sul pavimento attirò la sua attenzione.
    La camicia di Igor; quella azzurra che piaceva tanto a lei; le macchie del sangue di Ichabod si erano rapprese, segnando la superficie non più tanto liscia da piccole chiazze e schizzi, la sagoma della sua mano stampata e trascinata lungo la manica nel tentativo del bulgaro di pulirsene.
    La raccolse e la sollevò tra la polvere prima di appallottolarla e lasciandola cadere dalla finestra della cucina fino nel piccolo cortile, dove avrebbe accatastato le cose da far sparire da lì.
    Si voltò di nuovo verso l'esserino verde e orribile, arricciando il naso in segno di disgusto prima di sentire un leggero rumore alle sue spalle.
    Un altro di quei bundium stava lasciando le sue orride secrezioni sul suo stupendo tavolo.
    Stupeficium! Ma la Rosier non era così impeccabile con gli incantesimi e tantomeno con la mira quando si trovava in situazioni così spiacevoli.
    L'incantesimo impattò sul vaso di ceramica bianco, ormai svuotato dei suoi tanto amati fiori, per volare dritto fuori dalla finestra, finendo contro qualcosa prima di cadere a terra. O qualcuno.
    Gli occhi della bionda sembrarono farsi più grandi mentre si rendeva conto del danno appena fatto; così aggirò il tavolo e quell'esseraccio, trovandosi presto a percorrere il breve vialetto che si affacciava sulla strada e sul malcapitato di turno.
    Oh cielo, OH CIELO! Stai bene, vero?
    Aiutò l'uomo a rimettersi in piedi e, esile com'era, capirete bene che il suo aiuto non potesse essere dei migliori.
    Ti sei tagliato? Fa vedere!
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    Abasì ha deciso di passare il suo giorno libero girovagando per le strade di quel paesino tanto carino senza curarsi del dove.
    Lui passeggia, anche questo è importante per mantenere una mente lucida e attenta, a scuola spesso si distrae, con tutte quelle figlie dei fiori con spine di rosa che le passano accanto.
    Sente un fastidioso prurito alla gamba, quindi abbassa lo sguardo per capire cosa sia, ma questo non gli impedisce certo di fermarsi, non subito almeno.
    Pare che gli sia entrata qualcosa, quindi deve per forza agire, ne va della sua salute mentale.
    Quando la tira fuori, quella cosina minuscola che gli si era infilzata nella coscia, si ritrova a sorridere.
    Sorriso che viene spento poco dopo da qualcosa che gli arriva dritto in faccia.
    -Ouch!- lo raggiunge una voce di donna, subito pensa "così funziona da queste parti? Un po di ceramica in faccia e facciamo conoscenza?"
    si sente ancora un pò intontito quando si volta a guardarla.
    Oh figura molto bianca, e molto bionda.
    Accanto a lui sembra un punto di luce.
    -Io.. sta bene, ora non voglio chiama mozzarella, primo nome che viene in mente notando abbronzatura assente, io Abasì, tu?- si è tagliato?
    Mi sa di si, sente scolare il sangue dalla fronte.
    Lo raccoglie con un dito, poi lo guarda per qualche secondo e se lo infila in bocca - sparito. Ma tuo vaso rotto. Vuoi che aggiusta?- poi pensa, stai parlando come un analfabeta, spiegati quanto meno - non parla bene scandinavo, tu parla inglese? Io molto meglio-
     
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    Eris rimase un tantino impietrita. Era obbiettivamente una faccia nuova, lì a Bergenwiz. Ma dopotutto lei era stata assente, sia fisicamente che mentalmente, per parecchio tempo; era normale che qualche novità le fosso sfuggita.
    Si sentì vagamente offesa nel sentirsi chiamare mozzarella ma in fin dei conti, lo era davvero. Le venne un po' da ridere per tanta sfacciataggine.
    Eris, ma se vuoi puoi continuare a chiamarmi mozzarella. Rispose, togliendogli con delicatezza un pezzetto di ceramica smaltata dalla spalla. Dopotutto era abituata ad essere chiamata con nomignoli vari. In uno spicchietto di cuore, lei sarebbe sempre stata Barbie.
    La scena che le si presentò davanti, poi, fu oro puro.
    E chi non noterebbe la scintilla della curiosità accendersi in un paio di occhi così grandi? Vederlo così a proprio agio con il sangue, il volerlo tenere per se, la fece sentire un po' più normale.
    No no, non ce n'è bisogno, lo riparerò con calma.
    Fece scorrere lo sguardo tra i cocci sparsi ai piedi di Abasi, come una sciocca, non aveva notato la divisa di Durmstrang; se ne era accorta solo soffermandosi sugli anfibi.
    Però intanto lascia che aggiusti te. Rise, vedendo che obbiettivamente era in piena forma. Epismendo! Sussurrò alzando la bacchetta magica verso la fronte del ragazzo, vide il sangue fermarsi e l'epidermide rigenerarsi e tornare come nuova.
    Fai un favore anche a me, a parlare inglese. Sistemò di nuovo la bacchetta nella tasca dei jeans, tornando a parlare la lingua usata da sempre a casa Rosier. Ti proporrei di entrare a darti una ripulita ma, ecco, ho un'invasione di bundium in corso. Alzò le sopracciglia, poi lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. Per casò ti va un tè? Per scusarmi mi pare il minimo. Chiese, curiosa. Non aveva mai incontrato qualcuno così fuori posto in quelle terre fredde.
    Sicuro di stare bene? Hai preso una bella botta.
     
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    Lei sorrise, in un primo momento Abasì si era aspettato una cinquina. Se c'era una cosa che aveva capito delle ragazze non africane era che si arrabbiavano facilmente e quando questo accadeva sfogavano nella violenza la loro frustrazione.
    Invece lei sorrise.
    -Trovo un altro epiteto migliore di mozzarella- rotea gli occhi e annuisce - sicuro io trovo- sicurissimo era.
    Così come era sicuro che lei lo stesse guardando con curiosità, aveva forse qualcosa che non andava nella sua faccia? A parte il colore della pelle che, tuttavia, era certo non fosse un espediente, del resto non era mica unico nel suo genere.
    Lo sapeva che esisteva l'Africa come continente, tutti lo sapevano.
    -Okay- si ripulì dei pezzetti di ceramica in esubero sulla sua divisa e si mise in piedi cercando di arrecare il minor disturbo possibile, anche perchè non era un armadio ma sicuro pesava più della ragazza che aveva davanti.
    Eris, si corresse.
    -Gentile, ma io sto bene, sicuro- voleva dire davvero ma ancora una volta la lingua non gli andava in aiuto.
    Quando diede l'okay all'inglese si sentì molto molto più leggero.
    -Oh grazie Bondye - chiese grazie alla sua madre divinità per il fatto di poter finalmente sembrare meno analfabeta di quanto non fosse.
    -Non so mai come esprimermi, anche a scuola, a volte si parla scandinavo a volte inglese, a volte non li capisco per niente- percorse con le dita la zona dove ci sarebbe dovuta essere una ferita ma non c'era nulla.
    Aveva detto epismendo - che incantesimo è?- non lo aveva mai sentito quindi ora era curioso.
    -Ooh parassiti!- li conosceva erano diffusi anche dalle sue parti -se serve una mano ti aiuto volentieri, tanto oggi, a parte passeggiare, non ho altro da fare- si accorge che nella botta gli è caduta una delle sue bamboline - io sto bene lei meno- "fortuna che non l'ho ancora incantata" o qualcuno in quel momento si sarebbe fatto molto male viste le condizioni della gamba, si era strappata per almeno mezza coscia.
    -Se in casa non si può entrare dove me lo vorresti offrire il tè?- chiede divertito.
    -Facciamo che te lo offro io vediamo- si guarda intorno - in quel bar?- non era sicuro fosse un bar, ma forse era una locanda dove si poteva bere, o forse era una.. oh, era un negozio dove vendevano calderoni.
    Rise di se stesso - un bar si trova- e annuisce facendole poi cenno di seguirlo.
    -Come pensi di liberarti di quegli esseri? Dovresti rivolgerti al ministero se sono tanti-
     
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    Sorrise ancora, arrancava con la lingua ma usava termini come "epiteto"; era sicuramente un personaggio alquanto singolare e lei, così su due piedi, non seppe se esserne grata o dover battere la ritirata.
    E' un'incantesimo curativo, non so a che anno lo insegnano a Durmstrang, sempre che lo insegnino, ma se ci riesco io non è nulla di impossibile. Gesticolò, quasi in imbarazzo ad essere per una volta quella più avanti con gli incantesimi.
    Allora facciamo così, tu mi aiuti con quei... cosi, e io ti insegno Epismendo. Propose poco prima che lui si chinasse a raccogliere qualcosa.
    Una bambolina voodoo.
    Eris, brava com'era, non seppe controllare le espressioni che le si dipingevano sul viso.
    Se prima era dubbiosa, ora era certa che quel vaso non era stata lei a lanciarlo, era stato il destino.
    T-tu sei capace a fare queste cose? Disse, occhi spalancati che si spostavano dal viso alla mano del ragazzo.
    Io ho provato ad annegare il mio ex nell'aceto ma non ha funzionato. Disse e nel dirlo parve uno di quei ragazzini babbani che costruiscono un missile in giardino e si stupiscono del fallimentare decollo.
    No no no, dove pensi di andare? Sei ufficialmente mio ospite, che è molto simile ad essere mio prigioniero in realtà. Disse, procedendo nella direzione opposta a quella suggerita dal ragazzo, con un sorriso che le attraversava il viso da guancia a guancia.
    Ne ho visti solo due, se chiamo il ministero si mettono a ridere. Ce la dovrei fare con un paio di Tergeo, mi serve giusto qualcuno che li tenga lontani mentre pulisco, mi fanno troppo schifo. Arricciò il naso, mentre saliva i tre gradini prima della minuscola veranda.
    Tieni, tu continua a puntarglielo contro e non farmelo avvicinare. Gli passò un vecchio manico di scopa mentre sperava di non doversi togliere quello schifo verde dai vestiti o, peggio ancora, dai capelli.
    [...]
    Mi dispiace per il disordine, non tornavo qui da un po' e si, da me c'è un elfo domestico, ma qui non ci viene, quindi si è accumulata un bel po' di polvere. L'ultima volta che sono passata di qui, pulire non era certo la mia priorità. Si alzò quando la teiera prese a fischiare, lasciando Abasi seduto al tavolo. Alzare la testa e vedere le tende di nuovo candide muoversi al vento era una sensazione impagabile per una amante del pulito come lei.
    Portò a tavola la teiera e due tazze bianche, assieme ad una scatola strapiena di tè ordinati per proprietà benefiche; dal più rilassante al più energizzante. Quindi, cosa ci fa un ragazzone con la borsa piena di bambole in giro per Bergenwiz?
     
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    -No per niente- a Durmstrang, da quello che aveva capito, incantesimi di magia bianca non ne facevano, quindi venivano sicuramente esclusi quelli curativi.
    -Oh si, per me va bene, io amo la conoscenza- fa un gesto ampio - tutta- molto sollevato fa un bel respiro, poi abbassa lo sguardo per raccogliere la sua bambola.
    Cucciolina, le carezza la testa come fosse una sua figlia, ma li per li non dice nulla in merito a quanto importante siano quelle bamboline per lui e la sua famiglia, intesa come tribù.
    Lei poi aveva un'espressione strana che Abasì non era in grado di decifrare.
    Nel dubbio aspetta che sia lei a parlare per prima.
    -Si..?- disse incerto se quella era la risposta che voleva sentirgli dire.
    Poi dopo gli fu chiaro, era la risposta giusta e a lui venne spontaneo sorridere.
    Viene piacevolmente travolto e invitato ad andare nella di lei casa, ospite o prigioniero non era chiaro.
    Preferiva sentirsi ospite, comunque.
    -Allora ci penso io, so come tenerli a bada- sempre se lei si fidava di un estraneo. Ma a quanto pareva si fidava.

    Aveva compiuto la missione nel migliore dei modi, del resto non era male in incantesimi, e Durmstrang era solo di approfondimento per altri.
    -Mia madre non vuole gli elfi, dice che il sangue reale non implica che non bisogna usare le mani, quindi ne so un paio che se serve..- che ne poteva sapere, magari le servivano.
    -Dunque, non ho parenti qui, sono tutti in Africa, quindi quando ho il giorno libero io esco- alla sua bambolina gli si erano scompigliati i capelli quindi glieli pettina col pettinino che ha in borsa.
    -E vado all'avventura- precisa per poi sollevare lo sguardo su di lei - ti spaventa il fatto che ho delle bambole? O vuoi che provo io a fare qualcosa al tuo ex?- sorride - che ti ha fatto ? -
     
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    Sangue reale..? Chiese, incredula del fatto che chiunque si imbattesse in lei facesse parte dell'alta società.
    Quanti ne conosceva, ormai?
    No ma per me Wanda non è un elfo domestico, mi ha cresciuta quando mia madre non c'era e ora a Villa Rosier siamo solo noi due e, non saprei, è parte della famiglia più di tanti altri.
    Zio Trevor, Lars, Jason.
    L'unico che potesse considerare famiglia era suo zio Kasper, nonostante i cinque anni di carcere.
    Lo ascoltò parlare della sua famiglia lontana, del fatto che vivesse queste giornate libere all'insegna del caso.
    Un po' lo ammirò, lei passava le giornate libere a studiare pozioni o magari a pulire dove ormai aveva già pulito Wanda.
    Assolutamente no! La trovo una cosa fantastica! Ho un paio di vecchi libri sul voodoo ma continua a sfuggirmi qualcosa ed è obbiettivamente una magia potente, non vorrei far danni irreparabili. Rise, sorseggiando il suo tè ormai stiepidito.
    Sarebbe molto divertente, ma devo dirti di no. Scosse la testa e le onde bionde si mossero con lei. Alla fine mi ha solo lasciata. E' un suo diritto. Disse, forzando un sorriso. Tutto ciò che ho provato a fare fino ad ora mi ha solo messa più in cattiva luce e forse è arrivato il momento di lasciare andare e sai, no, voltare pagina, chiudere il libro e bruciarlo. Rise, lei che era terrorizzata dal fuoco.
    Però le tue bambole mi interessano davvero. Come hai imparato?
    Chiese, il mento posato sul palmo della mano.
     
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    -Sono figlio di Abimbola e Falala possessori del tempio dei Pitoni in Ouidah- non era certo lei conoscesse ma visto che sembrava appassionata della materia sicuro lo conosceva il santuario voodoo più famoso dell'Africa.
    - Non voleva essere un'accusa- specifica poi quando gli sembra che Eris voglia giustificare il rapporto che ha con la sua elfa domestica.
    Lui lo aveva detto solo per fare conversazione, alla fine quell'elfo neanche sembrava triste in quella casa, quindi sicuramente veniva trattato bene.
    -Hai ragione, è una magia pericolosa- lo dice serio, perchè su queste cose non scherza mai.
    -Capisco- e capiva veramente, anche se per quello che ne sa lui di queste cose, l'amore è solo una brezza passeggera, ti fa sentire bene per un pò e poi sparisce.
    Quindi in sostanza non esiste, è solo un'illusione.
    Sembra comunque veramente interessata alla materia allora lui le racconta qualcosa.
    -I miei mi hanno sacrificato al sacro tempio, ma sono sopravvissuto, la mattina mi hanno trovato avvolto da due pitoni, erano più terrorizzati di me- eppure lui aveva vissuto una strana esperienza quella notte, i serpenti gli si erano avvicinati, lo avevano scrutato e lui aveva scrutato loro.
    Ad un certo punto si erano anche alzati ed erano immensi, tuttavia quando gli si erano scagliati contro l'unica cosa che avevano fatto era stata avvolgerlo come una carezza.
    -Da allora mi associano allo spirito Dagbe, nel mio paese sono il tramite tra la vita terrena e quella divina per questo mi hanno iniziato all'antica arte del voodoo. Solo io e altri pochi come me possono farlo, in Africa- si stringe nelle spalle come se questo non lo turbasse affatto -Qua in territorio nordico sento molti approcciarsi ma non ho la chiave per rispondere al "se" effettivamente ci riusciranno- lui sa che ci ha messo anni di studio prima di diventare quello che è. Che ha studiato a Uagadou e che una volta portato via da li ha riprodotto il suo tempio per poter continuare la sua vocazione .
    -Non sei a scuola, quindi sei già diplomata, cosa fai nella vita?-
     
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    La Rosier ascoltò la storia di Abasi sorseggiando il suo tè, tuttavia, senza mai staccargli gli occhi di dosso; annuendo appena al nome del tempio; ricordava di averlo visto raffigurato in uno dei libri che le aveva dato La Vecchia, una raccolta dei centri di potere magico più antichi del mondo.
    Al suo dubbio, al suo chiedersi se questi studiosi di voodoo ce l'avrebbero fatta o meno, Eris tirò su le spalle e si poggiò allo schienale. La tua sembra una religione molto complessa. Ammise, posando la tazza; una lacrima di tè dorato rimase a riposare placida, giusto qualche frammento di foglia sospeso al suo interno.
    Forse è proprio la fede che fa riuscire te e non me. Tu ti fidi del tuo Dio e sai che riuscirai mentre io, beh, io non lo so. Rispose, rimanendo vaga su ciò che la riguardava più direttamente; si chiese se lei l'avesse mai avuto un dio in cui credere.
    Io? Io ora faccio l'università, studio sia divinazione che pozionistica avanzata; mi tiene impegnata. Sorrise, spostando i capelli dietro l'orecchio, vergognandosi delle sue stesse affermazioni.
    Cosa era diventata? Si rintanava nello studio come una disperata.
    Qui ci vivevo, fino a qualche tempo fa. Sono venuta a pulire e risistemare per poter usare questo posto come studio, pare che parlare con i morti sia un dono.
     
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    Per quanto ad Abasì piaccia parlare con questa ragazza per lui è giunta l'ora di tornare a Durmstrang, però prima le fa i complimenti, perchè se ha la capacità di parlare con i morti allora è speciale anche lei.
    -Sei una negromante?- non ne è certo che si dica così in quella terra ma il senso non cambia molto, capisce dunque che quella casa è la sua nuova postazione di lavoro, chissà magari le farà visita prima o poi.
    -Credo sia giunta l'ora di andare, non vorrei mai perdere la nave che mi riporterà a Durmstrang- anche perchè perderla voleva dire anche mettersi dei guai, e lui non ne voleva, non se non strettamente necessari.
    -E' stato un vero piacere conoscerti- si congeda con un inchino accompagnato da un baciamano, un ultimo sguardo alla sua casa ed esce fuori mentre la luce lascia il posto all'oscurità e in lontananza si può intravedere qualche filo rosso del tramonto.
    Dopo tutto era stato un bel pomeriggio, aveva conosciuto una possibile negromante, non si trovavano mica sopra i pini.
     
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