Keeping secrets.

privata

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    La confusione non gli aveva lasciato scampo, quel giorno.
    Si era fatta strada nella mente come nebbia, spazzando via i fragili rimasugli della sua concentrazione per trascinarlo in territorio straniero, succube dell’inerzia.
    Così ora si trascinava, in strambo disordine: aveva i capelli scompigliati, le ciocche dorate riverse sulla fronte, la divisa sbottonata a fargli aria.
    Vagava fra i corridoi a dispetto dell'ora tarda: a nulla era servita la fuga in infermeria e l’estenuante tentativo di mantenersi impegnato.
    Era un viandante scomposto e portava negli occhi una frenesia imprecisa, forse alimentata dal panico.
    Svoltò, bloccandosi di colpo non appena Nikolai gli si parò di fronte, sbarrandogli la strada. Doveva essere di ronda ma questa era solo una delle presumibili ipotesi adatte al ruolo che vestiva.

    “… Ottimo. Quanto sono nei guai, adesso?” Sussurrò il francese, un sorriso fiacco a spezzargli le labbra vermiglie, donando più colore all’espressione provata. La sua posizione era ambigua ma non avrebbe fatto fatica a spiegarla. Dopotutto, l’altro conosceva i suoi spettri.
    Rimase a soppesarlo, la penombra ad accarezzargli la pelle diafana, leggermente imperlata all’altezza delle tempie. Il silenzio e la tregua gli permisero di modulare il respiro e si sentì forse meno oppresso.
    “Sarò terribilmente sincero. Ho approfittato dei miei permessi per rilassarmi. Non che mi abbia fatto bene, comunque. L’aspetto mi tradisce. Ma… se gli obblighi ti impongono provvedimenti, saprò accettarli senza alcuna resistenza.” Spiegò nel modo più chiaro in suo possesso, provando a ricomporre la propria immagine.
    Scacciò i capelli dalla visuale, abbottonando con dita inferme il colletto.

    “Tuttavia non avrei obiezioni se, per fortunate circostanze, decidessi di mantenere il segreto. Come saprai, tengo particolarmente alla mia… carriera scolastica ma ti ripagherei il debito, in qualche modo. Lungi da me approfittarmi della tua benevolenza.” Di nuovo sorrise, gli occhi tersi fermi nei suoi, in attesa, s’un precipizio d’intenti impalpabili.
    Si aggrappava con quanta più forza alla propria fermezza, lottava col vuoto che voleva inghiottirlo e scalciava nel limbo. Il suo autocontrollo avrebbe davvero avuto la meglio?









     
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    Erano giorni strani quelli, l'eccitazione di un cambiamento alle porte solleticava i suoi pensieri liberandoli dalla patina di monotonia in cui finivano spesso costretti, sprecandosi nell'ironia di come uno dei pochi reali stimoli Durmstrang gli avesse dato si stesse rivelando l'anticipazione di potersene andare. Non che ne fosse sorpreso.
    Bramava quella fine da quando ci aveva messo piede, quell'anno i privilegi offertogli dal suo ruolo si erano rivelati un piacevole intrallazzo e sicuramente una soddisfazione nel modo in cui avevano validato i suoi sfizi, ma non abbastanza da fargli rivalutare alcunché.
    La spilla appuntata al petto vista come un regalo più che un onore da rispettare, e come tale usata come piccola garantitrice di capricci. Non avrebbe potuto essere altrimenti d'altronde quando obblighi come le ronde notturne nascondevano già la promessa del piacere di poter gironzolare per il castello di sera senza fastidi, e con la possibilità di liberarsi di quest'ultimi nel modo che riteneva più congeniale.
    Si sentiva come un gatto spinto in una gabbia di topi.
    Non sempre però era uno di essi quelli in cui si ritrovava ad incappare.
    'Tra tutti quelli da cui me lo sarei aspettato...' Un rimprovero pregno di scherzosa finzione quello che rivolse alla figura scarmigliata di Dorian quando se lo ritrovò inaspettatamente davanti, una piega di divertimento a stiracchiargli le labbra mentre guizzava con lo sguardo ad assimilare tutte le stonature.
    Sarebbe stata una visione bizzarra anche in una situazione normale vederlo in quello stato, figurarsi con l'aggravante dello star trasgredendo alle regole. Anche se doveva ammetterlo, la stranezza del tutto faticava a registrarsi come punto più importante a cui prestare attenzione, visto come l'aspetto del francese gli conferiva l'aria di chi si era appena rotolato fuori dal letto di qualcuno.
    Se lo sguardo spento negli occhi altrui e un pallore ancora più marcato del solito non avessero ampiamente confermato quello che gli stava dicendo, qualche domanda in più se la sarebbe fatta. O l'avrebbe posta a lui.
    'Mhm, si vede. Sei un casino.' Tatto. Gli sfiorò una guancia con le nocche, un tocco che si trasformò nell'accenno di una carezza nella premura di controllare la sua temperatura quanto per il semplice sfizio di poterlo fare.
    'Siamo soli, gli obblighi mi impongono ben poco.' Una precisazione che trovava futile quanto la preoccupazione dell'altro e le infinite giustificazioni in cui si era prodigato, certo, se era così propenso a volergli offrire la sua gratitudine non c'era poi davvero bisogno di rendergli noto quanto sarebbe stato disponibile a fargli scampare qualsiasi punizione a priori, indipendentemente dal crimine.
    'Ti toccherà metterti d'impegno per trovare un modo soddisfacente per sdebitarti, ma direi che si può fare.' Non gli mancavano i suggerimenti se avesse dovuto averne bisogno. Volendo anche sotto forma di lista.
    'Fortunello.' Sbuffò l'accenno di una risata, fermandosi per qualche istante a soppesarlo con particolare premura prima di appoggiargli con gentilezza una mano sul capo, per tentare di dare un senso al disordine che ancora campeggiava tra i suoi capelli con tocchi leggeri.
    'Nel frattempo... mi fai compagnia?' Non tentò nemmeno di giustificare quella richiesta adibendola a una premura dovuta al suo ruolo, non lo era.
    In ogni caso, dubitava rispedirlo a letto gli avrebbe giovato nello stato in cui era.
    'Con me potrebbe essere più semplice trovare lo svago di cui hai bisogno, non credi?' Le insinuazioni si sprecavano.

     
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    Lasciò che il tocco dell'altro gli infiammasse le gote, riverberandosi sottopelle, oltre quello strato di pallida aspettativa. Mai, per un solo momento, accennò ad abbandonare il suo sguardo, sostenendone l'audacia con un'insolenza che forse normalmente non avrebbe avuto.
    "La tua sensibilità mi lusinga" Sentenziò il francese, le labbra vermiglie arricciate in una curva effimera. Assaporò la sua vicinanza, anche e soprattutto i contatti non riusciva a risparmiarsi.
    Non era la prima occasione e non sarebbe stata l'ultima. La differenza, stavolta, era nella sua attitudine. Quasi si sorprese insoddisfatto, logorato dal tacito bisogno di avere, con quell'ingordigia che d'abitudine lo accompagnava nelle passioni.
    Sorrise ancora una volta, dimenandosi fra le sue insinuazioni. Non faceva che provocarlo, costantemente e sebbene il francese possedesse un autocontrollo invidiabile, in momenti simili era straordinariamente semplice abbandonare le proprie resistenze.
    "Non sei stanco di questo gioco?" Sentenziò dopo qualche istante, ancora fermo dinanzi a lui, sbeffeggiandolo con sfrontatezza imprevista. Perchè Morel era anche e soprattutto insidioso. Non aveva confini nitidi e le sue urgenze, tanto quanto le sue pulsioni, mutavano rapidamente.
    L'irruenza dei pensieri era una dote che sempre aveva posseduto.
    "Resistermi, intendo." Lo pronunciò con sicurezza disarmante, una nota stonata se indossata in quel disordine. Avanzò d'un paio di passi, nessuna titubanza.
    A Dorian piaceva rendersi impalpabile ma dopo un anno passato a rincorrere la miccia, preservarsi non gli era più congeniale. Cedere per primo lo metteva nella spiacevole condizione dell'azzardo, uno spazio di possibilità che mal sopportava.
    Ancora un altro passo, il viso di Nikolai ad una spanna dal suo, la penombra ad incupire ed affilare i suoi tratti. Si sporse, quel tanto che bastava ad imprimere la punta del naso alla sua, sfiorandogli le labbra in una carezza sfuggente. Le dita affusolate della mancina si premurarono di saggiare la sua nuca in una blanda presa.
    "Ti faccio compagnia." Bisbigliò in un sussurro e quasi fosse stato un'ombra, rifuggì all'inganno di quella seduzione, oltrepassandolo con lo stendardo malfermo d'un sorriso in volto.
    "Andiamo?"
     
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    Non avrebbe mai creduto Dorian avrebbe potuto risultargli ancor più invitante di quanto già non fosse. Eppure il languore intriso sul suo volto, quel pizzico di sfrontata spontaneità che di rado gli avrebbe attribuito, ne dipingevano un quadro degno delle sue peggiori, o migliori, fantasie.
    'Così sono io quello che resiste?' Il sorriso sulle sue labbra non ebbe il tempo di trasformarsi in una risata, smorzato da quell'improvvisa vicinanza. Il respiro altrui a solleticargli la pelle gli regalò un'ondata di vibrante desiderio, mentre accettava quello sfiorarsi con la placida riverenza di chi ormai gli avrebbe concesso qualsiasi capriccio, lasciandolo varcare i propri confini senza fretta.
    Un senso di compiacenza ad aggrovigliarsi nello stomaco.
    Non era il tipo di resa che aveva avuto in mente quella scelta dal francese, ma forse era meglio così. In quel bizzarro equilibrio privo di vinti.
    'Seguimi,' Lo guidò tra i corridoi, una meta precisa in mente nel seguito di una soddisfazione d'eccessi. Avrebbe potuto motivarsi con spiegazioni più o meno reali, più o meno poetiche - romantiche? - come dirgli che era lì dove l'aveva notato per la prima volta, assorto tra le pagine di un libro, con i pigri raggi del sole prevenienti dalle vetrate ad accarezzargli il viso, dandogli un'aria d'eterea irrealtà. Non sarebbe stata una bugia, ma era altrettanto possibile la ragione per cui finì per portarlo in biblioteca avesse a che fare con l'aggiungere un nuovo smacco al luogo in sé. Un'ultima presa in giro alle regole di Durmstrang. Perché era divertente.
    Comunque la si vedesse, restava un posto suggestivo a quell'ora. Gradevole.
    'Vieni qui.' Lo attirò a sé una volta essersi chiuso la porta alle spalle, le dita a cingerli gentilmente il viso, tracciando la linea del suo profilo sotto i polpastrelli prima di far congiungere le loro labbra. In un bacio vero questa volta, uno in cui si prese tutto il tempo per godersi il suo sapore, il suo calore, fino a quando sazio non lo lasciò andare con un flebile schiocco. Soffermandosi ad ammirarlo per qualche istante, imprimendosi nella memoria i piccoli cambiamenti sul suo viso provocati da lui.
    'Sicuro di non avere alcun impellente bisogno di sfidarmi a duello o fuggire a fare chissà cosa?' Ironizzò, giusto per rimarcare chi dei due avesse passato un anno a farsi desiderare. Non gli diede propriamente modo di rispondere - per carità, ci mancava la prendesse come una sfida. - scivolando ad accarezzargli i fianchi ed imprimendoci una blanda pressione, perché si lasciasse premere contro il bordo di uno dei tavoli della sala.
    Lo baciò di nuovo, e di nuovo, e di nuovo, slacciandogli distrattamente una manciata di bottoni della divisa, in un percorso in discesa verso parti molto più di suo interesse.
    'Vuoi? Stai bene?' Per quanto apprezzasse la svolta porno libertina a cui i pensieri di Dorian sembravano aver ceduto, qualche esitazione riguardante il suo disturbo e il malessere da cui era stato tormentato fino a pochi istanti prima ce l'aveva.
    Anche se niente di abbastanza significativo da impedirgli di far scivolare ugualmente una mano oltre la stoffa dei suoi vestiti, tra le sue cosce, soffermandosi a vezzeggiarlo. Tanto contava il pensiero, no?
     
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    Lasció che Nikolai lo guidasse, reso forse più accondiscendente da quello stato mentale di disordini imperversanti.
    Sapeva già che si sarebbe arreso, presto o tardi ed un anno di frustranti inibizioni poteva dirsi abbastanza.
    "Romantico..." Sentenzió quando la penombra della biblioteca li accolse, solleticando un guizzo di compiacimento ed adrenalina al contempo. Il motivo per cui il caposcuola avesse scelto quel luogo fra gli altri era palese ma al francese non fu dato il tempo di rimuginarci troppo, come era solito fare.
    Avanzó d'un paio di passi, le labbra morbide e cocenti ad incontrare quelle altrui, per la prima volta in un arco temporale decisamente troppo lungo per esser dilatato ancora.
    Morel le lambì fra le proprie fino all'ultimo schiocco fremente, lasciandosi sfuggire un sospiro di torbida assuefazione al termine.
    Lo scrutó, le iridi cristalline a frugare nei suoi impulsi mentre il bacino incontrava l'ostacolo d'un tavolo, arrestando un cammino cieco.
    "Mh. Non posso garantirlo." Rispose al suo scherno con ironia, le cosce a schiudersi attorno ai suoi fianchi per dargli spazio e soddisfare il bisogno d'una vicinanza più stringente.
    Gli sorrise, Dorian, una debole curva macchiata dalla recidiva dei loro baci, le lunghe ciglia dorate a sollericargli gli zigomi.
    Con i polpastrelli della mancina si aggrappó alla sua nuca, la divisa a slacciarsi sul petto glabro, scoprendo la pelle immacolata, puntellata dalla scia confusa di qualche minuscolo neo.
    "Sto bene..." Gli concesse infine, rinfrancando quel vertice d'apprensione con un basso bisbiglio, non prima d'incidere il suo labbro inferiore fra gli incisivi, trattenendo in quel morso il mugugno gutturale che gli risalì per la gola non appena le sue dita scavallarono il proprio intimo, vezzeggiandolo.
    Solo allora socchiuse le palpebre, il mento proteso verso l'alto a scoprire il collo, le dita affusolate a liberarlo per quanto possibile dall'intralcio degli indumenti. Con minuzia esemplare il francese saggió il suo petto, il profilo teso dei muscoli, la V dei fianchi spigolosi. Ne scrisse il percorso con la punta delle falangi, a tentoni, ansiti leggeri a piegare la sua resistenza mentre, fatta pressione con le mani sulle sue spalle, lo spingeva a sedere su una poltroncina, accomodandosi cavalcioni alle sue ginocchia.
    Abbracció la sua quiete, la fronte premuta alla sua, la schiena deliziosamente curva quando, con una blanda scrollata di spalle, si liberó del tutto della propria casacca, respirando sollievo.
    Bollente e silenzioso.
     
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    Così pochi i vizi di cui avrebbe potuto dire di non poter fare a meno, aveva indugiato in ognuno di loro, ogni capriccio, ogni stupida voglia, fin da quando aveva memoria, ben oltre il limite consentito dal buonsenso, raggiungendo la consapevolezza che troppo poco riuscisse a placare quella fastidiosa sensazione di frustrazione che lo accompagnava nelle sue giornate. Un compito in cui Dorian invece sembrava eccellere, l'appagamento dei sensi sotto i suoi polpastrelli accompagnato dalla pienezza di una soddisfazione insita in lui ad assuefarlo.
    Una vittoria semplice è meno soddisfacente di una conquista. Parole che gli aveva rivolto l'altro la prima volta che si erano parlati e che ora risuonavano vere in ogni suo tocco, la sua reattività alle proprie carezze gli spezzava il fiato in gola in picchi di piacere marchiati da una possessività percepibile nell'erraticità con cui le sue dita ricercavano il suo corpo, quasi un'offesa - di breve durata. - ritrovarsi allontanato perché lo spingesse su una delle poltroncine. Una soffusa piega ilare gli arricciò brevemente le labbra alla constatazione il francese avesse anche in quel caso cercato, volontariamente o meno, un compromesso piuttosto che cedergli il controllo. Un fatto da cui era ben lontano dal lamentarsi quando ci guadagnava di ritrovarselo addosso a cavalcioni.
    Aveva desideri semplici.
    Cercò di nuovo la morbidezza della sua bocca con la propria, indugiando nel calore di nuovi baci. Le dita a stringersi sui suoi fianchi con il flebile singulto indeciso di chi avrebbe voluto fare troppe cose tutte assieme prima di lasciarli andare una volta scelta quale propositività seguire, tornando a scivolare sul suo viso, imprimendogli una carezza distratta sul rilievo della mandibola per finire con sfiorargli la bocca arrossata sotto i polpastrelli in un gesto più tentativo di quelle carezze, nel conseguimento di voglie effimere quali premergli un paio di dita tra le labbra nella gratificazione di uno sfizio. Esalò il soffio leggero di un sospiro contro la sua guancia, strofinandoci distrattamente la punta del naso mentre scivolava a sporgersi su di lui per imprimergli la blanda pressione di un morso sul collo.
    Un tipo di attenzioni in cui si crogiolò senza fretta, beandosi del suo sapore, il suo profumo, la scoperta dei piccoli dettagli del suo corpo, le dita tornate a perdersi tra di loro, fino a quando l'inevitabile pressione del desiderio non si fece troppo da ignorare.
    'La prossima volta ci troviamo un letto, mh?' L'accenno di un sussurro ironico ma pregno di intenzioni a cui l'altro non avrebbe avuto scampo ora che gli aveva concesso quel tipo di privilegio, chiedergli di tornare a fare un passo indietro alla stasi del non si tocca dopo avergli lasciato avere un assaggio di come fosse avere così tanta vibrante perfezione tra le mani, sarebbe stato quantomeno complicato.
    Se lo strinse meglio addosso, petto contro petto, accaparrandosi più spazio tra le sue cosce, un braccio a cingergli i fianchi non realmente disturbato dalla scomodità dalla posizione, scegliendo di lasciargli quell'illusione di controllo di cui aveva voluto appropriarsi. Se non altro per rispetto. Il respiro ad accartocciarsi in ansiti soffusi mentre si premeva con gentilezza in lui, attorcigliandosi in sua compagnia negli esordi di un piacere a lungo bramato.

     
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    Era saturo di attese, Morel.
    Aveva respirato quell’inarrivabile tensione un anno intero prima di decidersi a tagliare la corda e sebbene il pensiero d’aver fatto il primo passo lo indispettisse oltremodo, ora non era esattamente in grado di sembrargli riluttante.
    Languido, Nikolai. La sua bocca lo accarezzava in ogni anfratto, scivolando sulla pelle opalescente quasi fosse stata destinata a quel compito dalla nascita. Vezzeggiava e mordeva, illudendolo d’una delicatezza che era certo possedesse, malgrado gli spigoli. Dopotutto, gliela stava mostrando.
    Il francese si aggrappò a lui: con le dita affusolate si fece strada fra i suoi capelli, attorcigliandone le ciocche mentre, inclinato il capo, schiudeva le labbra morbide attorno alla punta delle sue dita nel preludio d'un assaggio che non gli concesse interamente. Un sorriso gli oltraggiò l'espressione ed in quella sfrontata esternazione c’era tutta la bellezza del suo essere.
    “Non essere impaziente. I bis sono insidiosi… si fanno attendere.” Lo rimbeccò con cocciuta leggiadria, uno scherno sottile abbandonato alla sua bocca prima che catturasse il suo viso fra i palmi, tornando a rubargli baci cocenti. Dorian era gentile nella studiata ricercatezza di quei contatti: aveva un’eleganza subdola persino allora, mentre la sua lingua sfiorava la sua e la soggiogava. Un incanto effimero, uno a cui fuggiva fra una sosta e l’altra, prendendo fiato fra i sospiri.
    “Ma chissà…” Concluse nel vago, scivolando con l’indice lungo il solco del suo addome, fino alla zip dei pantaloni. La tirò giù senza fatica, mantenendo gli occhi azzurri nei suoi a dispetto della labile vibrazione a cui le lunga ciglia bionde cedevano tra un gesto e l’altro, mascherando i suoi fremiti.
    Si sporse, un bacio a stampo sul suo mento, uno sul suo lobo destro: lo trattenne fra gli incisivi prima di suggerlo e di nuovo si perse con la punta del naso fra i suoi capelli, prendendosi una sosta da quel divagare.
    Mai avrebbe pensato d’esser preda degli impulsi a quel modo ma nell’intimità mai si era contenuto. La passione era una singolare forma d’arte e gli piaceva scoprirne le sfumature.
    Non si perse in ulteriori preamboli: con la mancina sparì oltre l’elastico dei suoi boxer e senza fretta accolse il suo desiderio in un abbraccio morbido e deciso, sollecitandone il visibilio. Con i fianchi, al contempo, accompagnò quella marcia ed i minuti divennero sabbia sottile. Tutto il suo essere si sarebbe plasmato ad un nuovo inizio.


     
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6 replies since 8/5/2019, 23:40   181 views
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