Again.

privata

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    C’erano giorni in cui la noia gli era nemica.
    Nulla riusciva a logorarlo più di quello spleen, il tedio d’una apatia a tratti viscerale.
    Ne combatteva gli effetti impegnandosi in ogni attività possibile, sì da ridurre il tempo libero ad una manciata di minuti inconsistente.
    Eppure, ad oltranza, ritornava ad uno schema di nauseanti ripetizioni e la routine lo repelleva.
    Necessitava stimoli, nuovi esordi, nuovi interessi. Imprevisti che distogliessero le sue attenzioni dai disordini, evitandogli scenari spiacevoli.
    Doveva tenere i pensieri sotto controllo e quei minuti di niente lo rendevano impossibile.
    Quindi si affannava, cercando nell’aria qualsiasi piccolo scorcio: un dettaglio invisibile, un volto differente, un’attività dai ritmi subdoli.

    Sgattaiolò all’esterno, allentando i primi bottoni della divisa nel tentativo di trovar ristoro dall’oppressione mentale.
    Si fece strada a volto basso, massaggiando la nuca scoperta sotto un palmo finchè le incognite con cozzarono con le sue percezioni.
    Rallentò, incerto, approcciando una figura accoccolata su sé stessa ai margini della foresta. Isolata dal mondo, del tutto assente, ignara di quanto le gravitava attorno. Parve quasi un miraggio salvifico in quella giungla di torpore.
    Si fermò alle sue spalle, giusto in tempo per sbirciare e catturare nel campo visivo la tarantola che custodiva fra i palmi. Dorian non nutriva una particolare simpatia per i ragni ma poteva dirsi incuriosito.
    Gli ci volle qualche istante, il tempo di richiamare alla memoria una nuova immagine e rompere col silenzio.

    “Link?” Bisbigliò, soffuso ed incerto al contempo, sollevando le sopracciglia.
    Era passato del tempo, lei era irrimediabilmente cresciuta ma non avrebbe mai dimenticato i connotati di quel viso. Ricordava gli scambi scolastici del periodo, i programmi di studio che l’avevano portato d’una famiglia all’altra, tra ingordigia ed assuefazione.
    “Sei davvero tu… è bello vederti.” A maggior ragione in un momento come quello.

     
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    Te l'ho già detto che sei fortunato a non aver a che fare coi rapporti umani?
    Tre paia di occhietti scuri mi fissano come a dire "Certo che l'hai fatto, idiota", e poi la grande massa di peluria nera e arancione che è la mia tarantola si gira, dandomi le spalle. Quando anche il tuo animale domestico ti ignora allora direi che c'è davvero un problema...
    Passo delicatamente un dito sopra Mad Sweeney per accarezzarlo, mentre un leggero venticello freddo mi fa svolazzare i capelli argentati intorno alla testa facendomi somigliare alla Medusa della mitologia greca. Sono seduta qui da sola al limitare del bosco da un po' ormai, avevo bisogno di riflettere su svariate cose e per una volta il caos scolastico non faceva al caso mio. Io che dico di non volere della gente attorno... Cazzo, se lo sapesse Fenrir sarebbe esilarante! Se non fosse che è proprio lui una parte dei miei attuali problemi, lui e quello mi ha fatto provare quando ci siamo baciati. E c'è ancora la questione di mio padre e il suo essere un uomo di merda che taglia i fondi all'improvviso, ma ora come ora questo lo trovo decisamente più gestibile rispetto ai pensieri che mi passano per la testa tutte le volte che sono in compagnia del mio migliore amico.
    Cazzo, affronterei volentieri anni interi passati a non dormire per colpa degli incubi in cambio di un po' di chiarezza mentale. E invece no, mi tocca stare qui a riflettere su quello che voglio dalla vita: mi piace davvero o è solo masochismo emotivo? Ma certo che mi piace davvero, è mio amico ed è gentile con me, ed è un bel ragazzo e mi fa ridere così tanto... Ma il modo in cui lo apprezzo andrebbe bene anche per una relazione? La voglio davvero poi, una relazione? O sto solo farneticando? E poi c'è la paura di raccontargli tutto perchè se mi dovesse ridere in faccia non potrei sopportarlo e mi sentirei una merda per averlo perso per sempre... E se dovesse dire di si e poi io, come al solito, dovessi rovinare tutto perchè ho un cervello bacato e incline all'autodistruzione?
    Troppe domande, troppe variabili, troppa paura. Ho mal di testa cazzo, e quanto mi piacerebbe una bottiglia di vodka in questo momento...
    Sobbalzo quando sento una voce che alle mie spalle chiama il mio nome, per un attimo penso che sia Fenrir, ma lui è un cieco del cazzo e non riuscirebbe mai a riconoscermi dal nulla, a meno che non abbia improvvisamente sviluppato un super olfatto e abbia imparato il mio odore a memoria. Mi volto verso la fonte della voce, è un ragazzo biondo e dai tratti delicati, non credo di averlo mai notato in giro anche perchè di primo acchito ha l'aria di una persona calma, quindi non esattamente interessante per i miei standard. Strizzo un po' gli occhi mentre metto per bene a fuoco i suoi lineamenti delicati, quando improvvisamente il mio cervello torna indietro di qualche anno e mi riporta a casa mia, a Reykjavik, ad un ragazzo gentile e forse un po' troppo paziente con me, persino quando avrebbe potuto semplicemente mandarmi a quel paese per le troppe attenzioni che gli richiedevo.

    Dorian?
    Si, adesso riconosco quegli occhi, ricordo che mi piacevano un sacco. Mi alzo mentre con una mano poggio Mad Sweeney sulla mia testa, per poi lanciarmi in un caloroso e non richiesto abbraccio.
    Noto con piacere che sei rimasto bello.
    Gli lancio un occhiolino mentre continuo a rimanergli attaccata come una cozza. La mia natura da perenne ricercatrice di attenzioni non mi molla mai, anzi, forse con gli anni è addirittura peggiorata. Quando questo adorabile ragazzo mi gironzolava per casa grazie ad uno scambio scolastico almeno avevo la scusante dell'essere praticamente una bambina, è anche normale che a quell'età si ricerchino attenzioni di ogni tipo, ora che scusante ho? Quella dell'essere un'adolescente ingrifata e stupida? Chissà se crederebbe alle vere motivazioni dietro al mio comportamento, o se mi prenderebbe per pazza... Potrei sempre provare, così, per distrarmi dai pensieri del cazzo che mi attanagliano la mente. Perchè no?
    Ti ricordi di mia madre? E' morta avvelenata. E mio padre per anni mi è entrato nella testa causandomi incubi orribili perchè voleva rendermi un'occlumante coi controcazzi, lo faceva anche quando tu stavi a casa con noi. A te come vanno le cose?
    Sorrido, sempre attaccata a lui, e forse un po' ci spero che se ne vada via e mi lasci sola all'urlo di "Sei una pazza del cazzo" perchè è quello che mi merito per essere una codarda di merda. Rimanere sola è il mio destino.
     
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    Era sempre stata bizzarra, Link.
    Anni fa era ancora una bambina e quella caratteristica era sfumata, quasi invisibile al cospetto di un’età per definizione variopinta. Eppure, vederla con una tarantola in testa, slanciata in un abbraccio forse troppo stretto, ricalcava e ridefiniva quell’immagine, rendendola ora più lampante.
    Morel non era mai stato così espansivo, men che meno nelle amicizie. Il suo portamento era misurato, sempre reduce d’un controllo a volte odioso nel suo perfezionismo.
    Per questo vacillò fra le sue braccia, preso alla sprovvista da quell’esternazione, temporeggiando un paio di istanti prima di ricambiare alla meglio la stretta e con delicatezza. Il fatto che la tarantola potesse balzare sulla sua, di testa, non lo mise esattamente a proprio agio ma Link sembrava disinteressata all’evenienza.
    “Sei bellissima anche tu.” Non scherzava, non in questo, né esagerava.
    Aveva un’espressione peculiare ed una bellezza forse ancora acerba ma quasi ninfea. Il francese apprezzava particolarmente dettagli e particolari che, nella loro diversità, sapevano riscrivere le definizioni.
    Lei ne era un esempio.
    Provò ad allentare la presa, visto il tempo esageratamente lungo passato all'interno. Parlare senza guardare sarebbe stata esperienza tutta nuova per lui. Con successo, riuscì a trattenerla s’un braccio solo, evitando così d’esser tana per l’aracnide che ancora ballava fra i suoi capelli.
    Le sorrise, provando a resettare la divisa raggrinzita con la mano libera prima del successivo intervento.
    “Mi… dispiace” Era certo fosse la frase più adatta alla circostanza ma vista la naturalezza con cui si era liberata di quel segreto, non ne era più così convinto.
    Così umettò le labbra, scegliendo volutamente di concentrarsi sulla seconda parte, carico d’una pazienza ed una compostezza quasi invidiabili.
    “Non è il modo più adatto per insegnarlo, temo ma… è servito? Tu… stai bene? Preoccuparsi per le conseguenze che quelle intrusioni così aspre avevano avuto sulla sua psiche gli fu inevitabile. Quanto poteva sopportare una mente se plagiata, piegata e deformata? La sua, dopotutto, subiva ad oltranza una pena simile.
    Che il destino li avesse avvicinati più di quanto entrambi credevano?
    “A me vanno bene. E’ il mio ultimo anno, qui. Continuerò gli studi in accademia. E’ un peccato non essersi incontrati prima. Perché hai deciso di studiare qui, a proposito?”

     
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