I want it, I got it

Ruben

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    Per un po' aveva osservato quel ragazzo da lontano. Aveva provato ad avvicinarsi ma senza grandi risultati. Ruben se ne stava sulle sue ed era difficile approcciare a chi come lui sembrava non aver bisogno del mondo, o comunque di lei. Godere del suo saluto non le bastava più, così, dopo aver atteso a lungo il momento adatto, finalmente quel giorno aveva deciso di farsi avanti.
    Saperlo da solo al campo di Quidditch intendo ad allenarsi o comunque a giocare con quella stupida palla squadrata, le dava la possibilità di iniziare una conversazione che includesse più di un semplice ciao.
    Lo osservò per un po', prima di vederlo sparire negli spogliatoi. Lo seguì allora ed una volta lì attese sull'uscio della porta, poggiando il capo contro lo stipite.
    «Ehi BenBen.» Comparve alle sue spalle, mentre l'altro stava per spogliarsi della maglia che indossava. Un momento che Helena definì nella sua mente più che propizio. «Non ti disturbo, no?» Disse avanzando con un sorrisino, prima di raggiungerlo e sedersi sulla panchina. Accavallò le gambe e dopo aver piegato appena il busto all'indietro rimase per qualche attimo a fissarlo senza dire assolutamente nulla. Quel ragazzo la faceva sentire davvero una cretina ed era una sensazione che odiava. La Haugen proprio non riusciva a smettere di ronzargli intorno, sperando un giorno l'altro potesse svegliarsi dal sonno da bello addormentato in cui era piombato, decidendosi finalmente a prestargli la dovuta attenzione.
    « Ho visto che eri qui tutto solo. E non volevo ti annoiassi.» Annuì, facendo ciondolare la gamba, prima di piegarsi in avanti. Con un gomito poggiato sul ginocchio ed il mento sulla mano, restò a fissarlo così ancora per qualche attimo.
    «Non ti do fastidio, no?»
     
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    Non provava reale interesse nel Quidditch, non avrebbe voluto giocare in compagnia di altri neanche sotto tortura – cosa che lo sarebbe stata già di suo, visti i modi degli altri studenti in quel posto. - eppure aveva scoperto in esso un blando sollievo dal nervosismo. O dall'irritazione. Entrambe sensazioni prevalenti tra quelle mura, e anche fuori a dirla tutta, per una ragione o per l'altra.
    Un palese esempio di quello che intendeva gli si presentò davanti agli occhi una manciata di minuti dopo aver lasciato il campo, nell'inaspettata presenza fuori posto di una figura conosciuta a cui scoccò un'occhiata tra le sorpresa e l'allarme una volta messa a fuoco.
    Molto si sarebbe potuto dire sulla minore degli Haugen, ma la verità era che raramente l'aveva considerata sotto punti di vista diversi dal semplice la sorella di Otis.
    Dagli sprazzi del suo carattere a cui aveva avuto modo di assistere in prima persona in classe e in giro per la scuola, non poteva propriamente dirsi dispiaciuto di quella distanza.
    Un peccato lei non sembrasse condividere il suo stesso disinteresse.
    'Non dovresti entrare qui dentro. La gente parla.' Con quel commento sospirato tra le labbra, lasciò che la maglia tornasse a scendergli lungo i fianchi; se a parole poteva non arrischiarsi nell'offesa di una risposta schietta e cercare di temperare l'ovvio con altri argomenti, non poteva fare altrettanto nei suoi gesti. In cui il sì, disturbi era più chiaro di quanto avrebbe preferito. Ma cosa avrebbe dovuto fare? Non aveva certo intenzione di finire di spogliarsi davanti a lei.
    La osservò per qualche attimo, assorto, una piega lieve a corrucciarli la fronte nell'incapacità di capire perché fosse effettivamente lì.
    'C'è... qualcosa di cui hai bisogno? Se sei venuta perché ti serve un favore o roba simile tanto vale che me lo chiedi e basta.' Inarcò le sopracciglia, in un'espressione più morbida di prima ma ancora grondante di perplessità. Supponeva di essere un po' – tanto – prevenuto, ma la diffidenza era ormai la sua iniziale reazione a tutto.
    Senza contare che lo preoccupava quella possibilità, o meglio, lo faceva l'idea l'unica ipotesi gli fosse venuta in mente si rivelasse reale. Ossia che la Lincoln nella sua compagnia avesse finito con l'indirizzarla a lui nella ricerca di svaghi particolari, finire con il vendere droga alla sorella del proprio migliore amico non rientrava esattamente nei suoi piani per un futuro roseo.
    'Sì, insomma, qualcosa al di fuori del vedermi spogliare' Scherzava. Facile da denotare visto lo sbuffo dell'accenno di una risata ironica a cui accompagnò quel commento, se avesse pensato potesse esserci della verità sarebbe stato sicuro non l'avrebbe mai pronunciato.



     
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    «Non lo fa sempre?» Piegò appena il capo nel rispondere alle sue parole. La gente era sempre abituata a parlare e ad Helena non importava lo facesse. Forse anzi, provava un implicito piacere nel sapere d'essere sulle bocche di tutti. Dava al mondo l'immagine che voleva e gli azzardi che commetteva le davano la parvenza d'essere al sicuro. Era probabilmente quello uno dei motivi dei suoi eccessi.
    Il motivo per cui era lì in quel momento però, non aveva nulla a che vedere col desiderio d'essere considerata dal resto del mondo.
    Era solo l'attenzione di Ruben che cercava e per qualche ragione che non comprendeva, era più difficile del solito ottenerla.
    Strinse le labbra, tormentandosi distrattamente il labbro inferiore quando l'altro si rivolse a lei con un atteggiamento diretto, quasi rude. Con qualcun'altro non ci avrebbe pensato su due volte a reagire di rimando, canzonando l'altro con acidità. Con lui si trattenne. Gli mostrò anzi leggero sorriso. «Sei sempre così diretto. Mi piace. Non tutti ne hanno il coraggio.» Un complimento. Non era molto capace in quel contesto. Sapeva esattamente come fare nel prendere in giro qualcuno ma essere gentile era tutt'altra storia.
    Era abituata ad ottenere esattamente ciò che desiderava senza eccessivi sforzi. Fu per quel motivo che non riuscì a captare le parole dell'altro come sbrigative e negative nei suoi riguardi. Helena percepì invece in quella frase una sorta di sfida. Un incentivo a mostrarle apertamente le sue intuizioni. Un fraintendimento a cui la ragazza non si sottrasse.
    «Hai ragione. Basta giri di parole.» Si rimise in piedi, guardandosi attorno prima di avvicinarsi all'altro con lo sguardo sicuro ben piantato in quello di Ruben. Ad una spanna da lui, ampliò il proprio sorriso, tirandosi poi sulle punte per baciare l'altro senza preavviso e senza consenso. Rilasciò le sue labbra piano, mordendole persino mentre ancora restava adagiata contro di lui. «Così ti piace di più?»


     
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    L'apparente placidità della ragazza non riusciva ad infondergli la stessa tranquillità. Una mancanza di fiducia pura e semplice quella che lo portava a squadrarla con un cipiglio in volto, desideroso di risolvere il più in fretta possibile la ragione della sua presenza e potersela... beh, scrollare di dosso.
    Non era una questione di sdegno, tollerava i più presenti in quella scuola, l'indifferenza vinceva contro reali sentimenti negativi avesse potuto avere nei loro confronti, lei inclusa.
    Ad indispettirlo era la confidenza che si stava prendendo, così come il non capire le sue reali intenzioni, sebbene sapere quel dettaglio non avrebbe alleviato la sensazione di sentirsi come la preda della situazione.
    Non apprezzava avere gente invadere i confini - esageratamente limitanti - che tracciava attorno a sé, per quanto sembrasse essere ormai una spiacevole abitudine lì a Durmstrang.
    Non si offrì a ricambiare i dubbi convenevoli posti dalla Haugen, accettando quel, forse?, complimento con un mugugno a labbra strette, più preoccupato dal volere arrivasse al punto.
    In retrospettiva, quando finalmente lo fece si pentì di non averla tenuta occupata con un'infinita di inutile chiacchiericcio.
    Si irrigidì sotto il suo tocco, troppo sorpreso per fare alcunché prima che la solita, opprimente, sensazione di panico che gli causavano quel genre di attenzioni avesse la meglio e facesse precipitare i suoi nervi. La sfera sessuale una ripida discesa di ricordi e sensazioni spiacevoli riportati a galla con troppa brutalità da gesti simili perché potesse non scattare, indipendentemente dai buoni propositi che si imponeva sul non dare agli altri modo di vedere quanto ne fosse infastidito.
    'Sei impazzita?' Le rifilò una spinta per togliersela di dosso con meno delicatezza di quella che avrebbe preferito a mente lucida, ma sentiva il bisogno di tornare a mettere una distanza concreta tra loro.
    Fece un paio di passi indietro, boccheggiando nello stupore generale con le labbra che formicolavano e- se la stava immaginando nell'esasperazione delle proprie reazioni quella sensazione? Forse. Ci strofinò ugualmente il dorso di una mano sopra.
    'Si può sapere cosa stai facendo? Tu e la Hargreeves e questi stupidi giochi...' Un collegamento scomposto ma ovvio quello che tirò fuori nella durezza del suo tono, considerando come solo una manciata di settimane prima fosse stata Lincoln ad appiccicarglisi addosso tentando di baciarlo. Di sicuro, gli appariva più logico delle alternative si trattasse di quello.
    'Cos'era, una scommessa a chi ci riusciva prima? Meraviglioso. Molto maturo. Direi che hai vinto. Te ne puoi anche andare adesso.' Un'imposizione più che una richiesta.
     
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    Indietreggiò di qualche passo, corrugando la fronte mentre lanciava a Ruben uno sguardo stupito quanto ferito. E ferita lo era sul serio.
    Essere cacciata in così malo modo, essere vittima di quello sguardo atroce da parte dell'altro, la fece sentire inappropriata. Inaccettata. Al punto che, nonostante l'evidente sentimento provato per l'altro, non potè evitarsi di sputare sul ragazzo, un po' di giustificato veleno. «Ma che modi.»
    E forse, in un'occasione differente, non si sarebbe data per vinta.
    Forse avrebbe visto in quel gesto solo un monito ad avvicinarsi di più, ad andare oltre. E perseguendo la filosofia del contrario, in genere, non si sarebbe persa d'animo, intraprendendo quel percorso alla rovescia per ottenere come sempre ciò che voleva. Lo avrebbe fatto se solo Ruben, adirato più di quanto Helena potesse realmente attendersi, non avesse deciso a vomitare una serie di elucubrazioni per lei incomprensibili, che le provocarono all'istante un senso di nausea.
    «Cosa?!» Quando piano i tasselli cominciarono a comporre un'immagine ordinata nella sua mente, fu anche peggiore. Il nome della Hargreeves risuonò molesto nelle sue orecchie, come il rumore di un unghie che grattano sulla lavagna. E con la stessa violenza fu colpita dal chiaro fraintendimento in cui era stata impicciata e dalla sbagliata opinione che di conseguenza l'altro s'era fatto di lei. Non che potesse aspettarsi di vestire ruoli differenti da quelli utilizzando un approccio come quello messo in atto, ma non fu comunque piacevole. Per niente. «Io non...» E forse in un'altra occasione avrebbe tirato su la testa, tirato fuori gli artigli e ferito nel modo in cui le veniva meglio, ma non fu quel che fece in quel momento. Chiaramente in una posizione svantaggiosa, optò per una differente risoluzione degli eventi. Perchè, anche se si sentiva ferita, non voleva allontanarsi dall'unico ragazzo che all'interno di quelle mure, le era sembrato capace di quel tipo di profondità di cui forse – o magari esagerava – si era innamorata.
    Così, portò le mani al volto dopo aver mostrato all'altro un esemplare espressione affranta. Non si dovette impegnare nemmeno più del dovuto per spingere poche lacrime a bagnarle gli occhi. «Scusami. Io credevo che... Non volevo.» E sperava sul serio di poter far breccia sull'altro. Di poter almeno attenuare l'immotivato astio che l'altro sembrava provare nei suoi riguardi o almeno provocargli un profondo senso di colpa per aver ferito la sorellina del suo amico.
     
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    Era proprio una situazione del cazzo.
    Tutto, a partire dal chi ad arrivare al come. Anche se supponeva accadesse sempre così, quando qualcosa doveva andare male nella sua vita lo faceva spettacolarmente male, mai una mezza misura.
    Era quasi superfluo specificarlo ma gli imprevisti, il non avere nemmeno un briciolo di controllo ed essere in balia degli eventi, acutizzavano il suo panico, peggiorandone la botta fino a sfogarsi in picchi di rancore, nel bizzarro tentativo del suo cervello di proteggerlo da pericoli perlopiù inesistenti quando le colpevoli erano ragazzine.
    Com'era successo in quel caso, infatti.
    Non riusciva a capire cosa stesse girando per la testa della Haugen, l'ipotesi più probabile era e continuava a sembrargli quella di una presa in giro, eppure la mancanza di risate e un qualche commento velenoso quando diede voce a quell'idea fece desistere la sua convinzione, con un'ultima stoccata finale provocata dalla reazione di lei.
    Soffocò un'imprecazione tra i denti, se possibile più a disagio di prima ma nettamente meno propenso a lasciare nuovamente che l'agitazione in cui l'aveva gettato fluisse su di lei.
    Rimase fermo a guardarla con gli occhi sgranati per qualche momento di troppo di quello che avrebbe richiesto la situazione, la rigidità ancora impressa spiacevolmente nel suo corpo così come tra i suoi pensieri. La mancanza di logica di quello che stava accadendo strideva e avrebbe voluto continuare a restare fermo nella sua ostilità, per difendersi, ma alla fine cedette. Gli sarebbe stato impossibile non farlo. Non servì neanche qualche grande ragionamento dietro, nessuna spinta legata al fatto che Otis l'avrebbe ammazzato - anche se l'avrebbe decisamente fatto. Un problema per volta però, okay? - bastò l'ondata di senso di colpa che gli occhi traboccanti di lacrime della Haugen gli provocarono.
    Era tutto così sbagliato, eppure gli dispiaceva. Indipendentemente da chi avesse iniziato, mettersi a spintonare ragazzine restava anche ai propri occhi un torto peggiore di quanto compiuto da lei. Supponeva, perlomeno.
    'Scusa, scusa, okay?' Tentò di arginare il disastro con la voce macchiata d'esitazione, temporeggiando ancora per qualche secondo prima di colmare le distanze - fisiche. - messe da lui pochi istanti prima e avvicinandosi di nuovo a lei, a quel punto si bloccò di nuovo in un moto di panico su cosa fare, - Davvero, cosa? - finendo per appoggiarle delicatamente - e rigidamente. - le mani sulle spalle. In... beh, qualcosa che sperava fosse un minimo consolatorio, spingersi più in la e darle un vero e proprio abbraccio andava oltre le sue capacità.
    'Mi dispiace di aver-... reagito così male.' Non che nonostante tutto pensasse fosse stata unicamente colpa propria o si pentisse di averla rifiutata, erano solo i modi che si sarebbe rimangiato, gli dispiaceva sempre quando le sue stesse azioni finivano nell'irragionevolezza del panico. Era una cosa stupida da fare, lo sapeva.
    'Usciamo?' Fece un cenno con il mento verso la porta degli spogliatoi, dubbioso sul da farsi, facendo scivolare via le sue mani da lei e interrompendo un contatto già durato fin troppo a lungo per i suoi gusti. D'altronde, voler farla smettere di piangere non significava fosse improvvisamente più propenso alla situazione. O meno desideroso di poter rifuggirle.
    La soppesò mordicchiandosi una guancia, sospirando appena nella rassegnazione di un problema di cui avrebbe volentieri fatto a meno.
    'Non capisco comunque cosa stessi cercando di fare. Perché.' Mugugnò a mezza voce in quella che ormai era più una lamentela che una domanda ormai, visto come non sembrasse troppo propensa a rispondere. Si soffermò a cercare tra la propria roba sparsa in giro per qualche istante, finendo per tirarne fuori un fazzolettino da porgerle. Lo sguardo speranzoso che le regalò ebbe molto più a che fare con lo star desiderando avesse finalmente finto di fare cose allarmanti più che per il suo stato emotivo ma eh, poco cambiava.

     
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    Riaverlo vicino non fu piacevole in quel momento. Dopo l'esagerata reazione avuta dall'altro, tutto ciò che Helena avrebbe voluto fare, visto il modo in cui si sentiva, era schiantarlo e cruciarlo o viceversa. Non fece nulla di tutto quello. Lasciò che l'altro gli rivolgesse quelle premure non del tutto prive di interessi, immaginava infatti che Ruben temesse Helena potesse andare in giro ad infamarlo perchè, sì, avrebbe potuto farlo.
    Lo seguì fuori dagli spogliatoi, cercando di darsi un contegno. Nessuno avrebbe dovuto vederla piangere. Provò quindi ad umettere le lacrime con le dita, facendo attenzione a non rovinare il trucco scuro che le contornava gli occhi.
    Poi, dinanzi a lui, incrociò le braccia al petto, chiusa in se stessa. Non si era mai sentita così stupida in vita sua. E di certo le stupide domande dell'altro non l'aiutavano a sentirsi a suo agio e a riprendere la posizione di rilievo che le piaceva assumere.
    A quel punto, avrebbe potuto continuare a fingere o provare ad essere sincera e per quanto la seconda ipotesi le incutesse timore, anzi la spaventasse, si decise a lasciarsi andare con uno sbuffo. «Non ti viene in mente proprio niente?» Scosse appena il capo inarcando le sopracciglia, come a voler indagare quanto poco lungimirante fosse la perspicacia del ragazzo che aveva dinanzi.
    Dopotutto, per quanto bello e gentile e perfetto, era pur sempre un ragazzo.
    Uomini, tsze.
    «Ti ho sempre visto passare del tempo con Otis. Da quanto vi conoscete?» La sua domanda aveva il tono d'essere retorica e lo era. Non le importava sul serio saperlo. «Non mi hai mai nemmeno guardata.» Era quello il punto.
    Lei non aveva mai smesso di avere gli occhi su di lui. Vederlo avere a che fare con suo fratello con quella sensibilità eccezionale che poteva considerarsi una rarità nonostante le problematiche relazionali di Otis, l'aveva attratta fin da sempre. Forse la sua era una stupida cotta da ragazzina, ma non era riuscita comunque a liberarsi di quel pensiero fisso.
    Ruben le sembrava quel porto sicuro che nessuno era mai riuscito a darle. Le sembrava quell'happy ending a cui ogni ragazza, pur involontariamente, ambisce. «Volevo piacerti perchè... perchè tu mi piaci.» Così, si concesse di liberarsi del peso della verità, puntando i propri occhi chiari e sinceri in quelli del ragazzo.
    E sì, forse aveva scelto il modo peggiore per dimostrargli i suoi sentimenti ma in definitiva non aveva avuto poi molta esperienza in merito. Le sue storie passate non avevano mai avuto nulla di romantico e per uscirne vincitrice da quella desolazione di sentimenti, aveva deciso d'usare quel che tanto piaceva agli altri come punti di forza nei rapporti che instaurava.
     
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    Il punto non era tanto non fosse in grado di formulare altre opzioni, quanto non volesse farlo. Qualsiasi ipotesi di genuinità di parte di lei e del suo gesto era francamente allarmante, nel senso più letterale del termine. Come aveva ampiamente dimostrato già solo in quell'incapacità di trattenersi dall'avere reazioni disastrose per un mero bacio era un problema con cui non voleva, né sarebbe stato, in grado di avere a che fare una motivazione più candida di una presa in giro.
    E ovviamente nella fantastica, meravigliosa, vita del cazzo che si ritrovava ad avere fu invece proprio quello che la ragazza gli offrì, sfumature di insinuazioni a tracciare un quadro completo di... interesse? che peggiorarono solo il suo desiderio di poter sgusciare via da quella situazione, possibilmente anche fuori dalla propria pelle così da non dover sopportare il pressante disagio che lo assaliva ad essere partecipe di situazioni così comuni, in cui altri sarebbero stato ben felici di essere al suo posto, eppure così fuori dalla sua portata. La sua possibile accettazione di esse fatta a pezzi anni addietro, lasciandogli solo moti di disgusto misti a semplice paura con cui gestire quegli aspetti relazionali.
    'Pensavo mi tollerassi a malapena.' Oh, era vero. Non aveva mai trovato niente di particolarmente incoraggiante nel comportamento altrui con Otis, sebbene il fratello le volesse così bene da rendere chiaro dovesse avere lati positivi che a lui sfuggivano, figurarsi riuscire a leggerci un qualsiasi tipo di interesse - affetto? - verso se stesso.
    Ma immaginava alla fine non fosse quello il punto, dal suo lato non avrebbe fatto probabilmente differenza anche se avesse avuto una freccia luminosa in testa con su scritto che gli piaceva.
    Un concetto che comunque lo si vedesse lo destabilizzava, lasciandolo a stallare in silenzi più lunghi di quanto sarebbe stato delicato mentre si rivelava più interessato ad osservare qualsiasi cosa piuttosto che incontrare lo sguardo di lei. Alla ricerca di modi gentili con cui gestire quel... beh, problema, sebbene fosse ancora stizzito da quel bacio lo faceva sentire più in colpa di prima quello sviluppo.
    'Ci saremo scambiati cinque frasi in tutto in questi anni, non mi conosci nemmeno.' Una constatazione di piatta rassegnazione per un interesse che ai suoi occhi oltre ad essere sconveniente non trovava particolari ragioni d'esistere, anche se non poteva esattamente usarsi come base ed esempio per come certe cose funzionassero, quel poco di certo che aveva era che lui non provava mai quel tipo di interesse per nessuno. Una fredda indifferenza quella che rivolgeva a quel mondo.
    'E probabilmente non ti piacerei davvero se tu lo facessi.' Si strinse nelle spalle in quella valutazione, non era una questione di insicurezza, gli sembrava un'ovvietà già solo considerando quello che era stata impegnata a ricercare da lui negli spogliatoi. E in tutta onestà, aveva molti dubbi a lui sarebbe piaciuta lei, benché fosse altrettanto vero l'ignoranza verso l'un l'altro fosse più che reciproca e quello fosse un problema molto remoto considerando come non fosse intenzionato a dare una possibilità a qualcuno sotto quell'aspetto. Non ci riusciva.
    'Ma in ogni caso... io non-' Esisteva un modo gentile per rifiutare qualcuno? Qualcuno che si aveva già fatto piangere oltretutto? Probabilmente no. Avrebbe voluto provarci in ogni caso, ma la sincerità era l'unica cosa fosse in grado di offrire. Moralmente, gli sembrava migliore di una qualche blanda bugia, sebbene immaginava nessuna delle due sarebbe stata apprezzata. '-non sono interessato a una relazione, di alcun tipo. Con nessuno.'
     
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