Camerata.

Dormitorio maschile. Privata.

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  1. _Lars Lauridsen_
     
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    Mi sono immedesimato in un pirata del Mare del Nord, solcando con la nave le nebbie della distesa d'acqua che circonda misteriosamente il mio nuovo istituto. Ho respirato a pieni polmoni l'ignoto che mi avrebbe atteso di lì a poco. Dopo una mezz'ora di navigazione, potei osservare il profilo delle guglie della scuola. In breve sono stato condotto, senza troppi complimenti e senza particolari delucidazioni, nella sala grande. Mi sono state date delle regole incisive, sintetiche, alle quali devo prestare attenzione. Nonostante vestissi già nella divisa della scuola, mi è stato consigliato di recarmi nel dormitorio maschile. Per darmi una risciacquata e riposare le mie membra dalla spossatezza del viaggio.
    Eccomi dunque, a varcare la porta di questa sala sviluppata in lunghezza. Mi è stato detto che avrei riconosciuto il mio letto per il fatto che al suo capezzale ci fosse piazzato bellamente il mio baule. Dunque, procedendo a passo cadenzato, cercando di mantenere la testa alta e non dare alcunché indizio di esitazione, vaglio attentamente i vari letti. Incrocio diversi sguardi, quelli dei miei futuri compagni di studio, e cerco - per quanto possibile - di sostenerne la vista.
    Individuato il mio frugale letto, mi getto senza pensarci per saggiare la durezza del materasso, in posizione supina.
    Decisamente rigido.
    Ho spogliato gli stivali, per non insozzare le coperte. Incrocio le braccia dietro la nuca, per osservare per qualche minuto il soffitto, finché, con uno scatto, volgo lo sguardo verso il primo camerata nelle vicinanze.
    Beccato.
    I miei occhi incrociano i suoi. Forse è una totale casualità, ma è del tutto normale che uno nuovo venga squadrato.
    Nuovo... già, se è quello che ti stavi chiedendo. sghignazzo un po', per stemperare la situazione Per cronaca, mi chiamo Lars e alzo una mano a mo' di cenno.
    vediamo se risponde positivamente alla mia presentazione.
    Cerco di essere cordiale: dopotutto, trovare la propria nemesi il primo giorno, sarebbe inquietante.
    E soprattutto a pochi letti di distanza.
     
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    Dimitri non era esattamente felice in quel periodo, non che lo fosse poi così spesso, il suo modo di approcciare tutto, usualmente, era una pacata apatia, non c'era nulla che lo interessasse davvero tra quelle mura, specialmente da quando Price se ne era andato, nulla che non impedisse alla sua testa di fare i soliti volici pindarici e così, la cosa più comoda che aveva trovato per non rischiare di dover parlare a qualcuno e in modo che nessuno osasse parlargli era stata tenere gli occhi bassi per tutto il tempo, durante tutto l'anno e, una volta in camerata, puntarli su un libro a caso tra quelli nel suo baule, o chiuderli, fingendosi già bello che addormentato.
    Sua madre l'aveva sempre detto che non aveva un carattere adatto a Durmstrang, una scuola decisamente troppo rigida per uno come lui, nelle sue condizioni, con la sua patologia ma suo padre l'aveva obbligato a sottostare ai propri desideri, ai propri progetti
    " Durmstrang gli farà togliere quello stupido vezzo", aveva detto quando la lettera era giunta inesorabile in casa loro, peccato che il "vezzo" fosse il soffrire di autismo di Asperger e quel vezzo decisamente non si poteva togliere, nemmeno torture continue l'avrebbero potuto togliere eppure quelle ferree regole lo avevano aiutato a trovare la sua tranquillità, il sapere come e quando dover fare le cose, il non essere lasciato libero di decidere, gli regalavano quell'ordine per lui fondamentale.
    Sentì dei passi esattamente di fronte al suo letto, non scostò neppure per un attimo gli occhi dal libro che si ostinava a leggere, ancora indossava la divisa, eppure quel cigolio fastidioso del corpo dell'altro che si poggiava finalmente sul materasso gli fece rizzare i capelli in testa, costringendo gli occhi azzurri a puntarsi sull'altro e ad essere contraccambiato. Avrebbe dovuto parlare ora e a lui non piaceva parlare.
    Nuovo... già, se è quello che ti stavi chiedendo
    << Non me lo stavo chiedendo, è ovvio che tu sia nuovo, io mi ricordo tutti e la tua faccia non la ricordo e poi non mi parleresti se non fossi nuovo>> rispose secco, con lo stesso entusiasmo di un robot che enuncia una formula matematica a memoria
    Per cronaca, mi chiamo Lars
    << Perchè dovrei scrivere una cronaca su di te?>> chiese confuso, incapace di intuire l'ironia << Io sono Dimitri >> proferì tornando con lo sguardo fisso sulle pagine mentre un nuovo cigolio, probabilmente provocato da qualche mossa dell'altro lo costringeva, nuovamente, a spostare gli occhi azzurri sul nuovo arrivato
    << E' la molla del tuo letto, cigola, domani chiedi di farla controllare per piacere, i rumori di questo genere mi disturbano>> spiegò serio. Non era antipatia la sua , ne un voler infastidire l'altro, quanto più una non comprensione delle regole sociali, totalmente incapace di comprenderle, non di certo per sua volontà
    << Da dove vieni?>> chiese poi dal nulla

     
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  3. _Lars Lauridsen_
     
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    Devo rettificare quanto detto: non ho intenzione di trovare la mia nemesi, ma non escludo l'evenienza di farmi rispettare e farmi conoscere all'interno di queste mura. Il ragazzo all'apparenza è alquanto strano, non tanto nell'aspetto, ma nel modo di porsi e nel tono di voce. Sembra quasi un automa, nello spiattellare delle verità che per me paiono del tutto assodate. Lo studio con i miei occhi cerulei, ripercorrendone i lineamenti e maledicendolo per come abbia sottolineato il mio essere nuovo nel sistema-Durmstrang. Cerco di mantenere la calma, lasciando scivolare le sue argomentazioni sulla scorza della mia faccia di bronzo, quando apprendo che il mio interlocutore non ha compreso la locuzione per la cronaca. Immagino non sia molto spigliato con l'inglese. Assumo un sorrisetto beffardo, pronto a servire la mia piccola vendetta (che sarà - oh sì - solo la punta dell'iceberg): Tu invece non mi pari così esperto della lingua. Novellino a tuo modo, direi. Niente cronache su di me, fino a quando non entrerò nella storia, sia ben chiaro. e faccio spallucce, mentre proseguo a sistemare i miei abiti negli spazi assegnatimi. Dimitri, così dice di chiamarsi, si immerge di nuovo nella sua lettura, quando, di punto in bianco, mi dice che lo infastidisce il cigolio della rete del mio letto.
    Cosa?
    Fatemi capire: questo Dimitri che ha seri problemi nel comprendere la lingua, mi sta per caso dicendo cosa devo fare per lui? Sta chiedendo ad un Lauridsen di chiedere di sistemare il suo letto perché ciò gli causa noia?
    Capisco.
    Devo subito far capire che Lars non è un tipo al quale si chiedono queste cose. Semmai è Lars che, di sua spontanea volontà, si reca dal custode per sollevare un problema. Non mi conosce nemmeno da cinque minuti e inizia a pensare ai comodi suoi.
    Niente scenate, cominciamo ad imporci.
    Con tutta calma mi allontano dal mio letto e mi avvicino a quello di Dimitri.
    Gli chiudo il libro, glielo getto a terra e sto in piedi di fronte a lui, a distanza ravvicinata.
    Senti, ragazzina, vorrei renderti partecipe pure del mio cognome. stringo il pugno in corrispondenza del colletto della sua divisa e con aggressività lo tiro verso di me, facendo cozzare i miei pettorali contro i suoi.
    Gli alito in faccia una sola parola: Lauridsen.. Una parola, per poi proseguire: E vedilo di ricordarlo nella tua memoria a lungo termine. Ad un Lauridsen non si chiede nulla. Chiaro?. Frase sussurrata con malizia, con un sorriso di chi sa di essere forte e potente.
    Lascio la presa, spingendolo nuovamente sul letto.
    Vengo dall'inferno per tormentarti, dolce Dimitri inizio a ridere, per poi renderlo partecipe della verità: Dalla Danimarca. E tu? Dalla Russia? Il tuo nome è decisamente di quelle zone.
     
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    56dWFc3 Non gli piaceva niente di quel posto, nulla, tutto quello che gli aveva reso l'esistenza a Durmstrang vagamente meno angosciante se n'era andato l'anno prima, a lui rimanevano solo i suoi libri, il suo non saper stare tra la gente e le mille domande che ogni notte si poneva steso nel suo letto tutt'altro che confortevole. Gli mancava casa sua? A volte si era riscoperto a desiderare di avere quella nostalgia di casa che chiunque altro nell'istituto provava, si era chiesto come dovessero sentirsi gli altri, come dovesse essere sapere che c'è qualcuno ad attendere il tuo ritorno, lui non aveva idea di come fosse quella sensazione calda, lui sapeva solo com'era la gelida certezza di non avere niente che ti leghi a casa tua , suo padre era un violento ed era morto, era stato proprio lui ad ucciderlo nel tentativo disperato di proteggere sua madre e lei, lei era morta non più di qualche mese fa, rinchiusa nella sua cella ad Azkaban, una cella che riempiva per essersi presa la colpa del proprio figlio, era orfano, era solo al mondo, eppure non riusciva a dispiacersene, aveva provato perfino a piangere di fronte alla tomba di sua madre, aveva stretto gli occhi, piegato il viso in strane smorfie ma non era uscita neppure una singola lacrima, per quanto sentisse il dolore premergli lo stomaco, per quanto avrebbe voluto essere lui quello rinchiuso in una cassa di mogano. Le parole altrui lo costrinsero a distaccarsi da questi pensieri, dovendo dare, di nuovo, ascolto alla voce maschile che lo riportava alla realtà della sua non vita
    Tu invece non mi pari così esperto della lingua. Novellino a tuo modo, direi. Niente cronache su di me, fino a quando non entrerò nella storia, sia ben chiaro
    Scosse la testa, il suo inglese era impeccabile, preferiva parlare russo, chiaramente o tedesco ma accettava di buon grado le interazioni in quella lingua comune a tutti gli altri, per questo, senza neppure muovere un singolo muscolo, si affrettò a rispondere serafico
    << Lo conosco bene l'inglese, solo non capisco il sarcasmo, ho problemi con quello>> confessò senza batter ciglio, sapeva quanto il suo modo di interfacciarsi con gli altri fosse strambo, l'aveva imparato nel corso degli anni seppur a lui sembrasse totalmente normale, così aveva cercato sempre di spiegare ai suoi interlocutori il suo modo di fare apparentemente freddo, non era perchè lo volesse veramente, era solo ... Lui, aveva imparato, inoltre, ad evitare i grattacapi, anni con il Price glielo avevano fatto imparare a suon di maledizioni cruciatus e così si rituffò nel libro, sussurrando una frase e chiedendo persino per favore, quando nella normalità non sarebbe proprio uscito dalla sua bocca ma , di nuovo, si rendeva conto che alcune norme sociali vanno rispettate, per quanto idiote potessero sembrargli. Lo fece, fu gentile, o almeno ci provò al massimo delle sue capacità e tutto quello che ricevette in cambio fu disprezzo, un disprezzo sotto forma di libro lanciato a terra, e già solo quello sarebbe bastato a farlo saltare, in più, il nuovo arrivato, sembrava aver deciso di puntare il proprio astio represso proprio verso di lui
    Senti, ragazzina, vorrei renderti partecipe pure del mio cognome.
    Inspirò profondamente, cercando di controllare gli attacchi di rabbia che non riusciva mai ad ingabbiare quando il contatto fisico gli era imposto senza la sua volontà, senza la possibilità di scappare
    << E' inesatto, sono un ragazzo nel caso tu non te ne sia accorto o non sarei in questa camerata, costretto a sentire quella stupida molla del letto >> sfiatò con poca convinzione, glaciale come sempre, non temeva nulla Dimitri, aveva già perso tutto quello a cui teneva al mondo e in generale non aveva mai avuto molti amici, era abituato
    Lauridsen.. E vedilo di ricordarlo nella tua memoria a lungo termine. Ad un Lauridsen non si chiede nulla. Chiaro?.
    Lo strattonò, il russo dovette dar fondo a tutta la propria, poca, pazienza per non rifilargli un pugno in piena faccia
    << Ricordo tutto, indipendentemente dal fatto che mi interessi o meno, memoria idetica, si chiama e te l'ho chiesto gentilmente, in ogni caso, gentilezza che mi rattrista non poter constatare in te, siamo a Durmstrang, è facile farsi nemici qui dentro e fossi in te tenterai di farmi dei nemici stupidi, non nemici che potenzialmente potrebbero ricordare un manuale intero di veleni >> sfiatò serio, un consiglio il suo, non che una velata minaccia, sapeva sopravvivere a quella scuola, era sopravvissuto ad Hyram, chiunque , in confronto, sarebbe stato una carezza sul viso. Finalmente l'altro lo rilasciò
    Vengo dall'inferno per tormentarti, dolce Dimitri
    << Devi avere una vita molto noiosa all'inferno allora >> constatò pacato alzandosi e riappropriandosi del suo libro, spolverandolo appena e ricominciando a leggere come se nulla fosse accaduto
    << Russia, si e gradirei che tu non mi toccassi più senza il mio esplicito consenso, lo dico per te Lauridsen>>




     
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3 replies since 6/3/2019, 22:21   96 views
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