disenchanted

Otis

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar


    Group
    Caposcuola
    Posts
    849

    Status
    Offline
    It7G
    Mostrarsi forte era semplice. Meno lo era dover fare i conti con le proprie debolezze. Il modo che Helena aveva di rendere minime le sue paure, era fingere che non le importasse. Mostrava disinteresse per ciò che le faceva più paura o per quelle cose che tormentavano la sua quiete, adeguandosi così ancora una volta ad indossare una maschera di indifferenza che aveva imparato a modellare perfettamente sulla sua pelle.
    Quando i suoi genitori l'avevano costretta ad andar via da Durmstrang per la consueta visita di routine per il suo stato di salute, aveva sbuffato come suo solito cercando di far prevalere la noia piuttosto che il timore.
    Purtroppo, a causa di anomalie del suo corpo che ancora faticavano a trovare risposta, più volte era costretta a frequentare ospedali e sebbene cercasse di non mostrarsi preoccupata, la realtà dei fatti era ben diversa.
    Dopo aver atteso per una serie di analisi noiose e che le portavano via l'intera giornata, aveva deciso di allontanarsi, di prendersi una pausa dal fetore opprimente di disinfettante per concedersi una sigaretta su di un balconcino.
    Aspirò la nicotina, fissando un punto imprecisato dinanzi a sé senza neanche guardarlo. Avrebbe voluto scappare, andare via, essere ovunque invece che lì. Ben presto però, qualcun'altro palesò la sua presenza su quel terrazzino ed Helena non dovette nemmeno faticare per capire chi fosse. Riconosceva ormai anche i suoi passi. «Queste visite sono una perdita di tempo.» Disse, facendo un altro tiro mentre reggeva la sigaretta tra l'indice e l'anulare. «Almeno mi avete portato via da quella prigione.» Mimò un sorriso rivolto al suo fratello maggiore, prima di tornare a fissare il nulla. «Tu, invece? Ti diverti, dottorino?»
     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar


    Group
    Studente Accademia
    Posts
    63

    Status
    Anonymous
    Quando ogni tassello di routine si incastra perfettamente con il successivo, niente può andar storto. Quando ogni elemento è al proprio posto e tutto segue un ordine preciso, andrà sempre tutto bene. Quando, invece, anche il minimo granello di sabbia tenta di infiltrarsi in un insieme di cui non fa parte, l'equilibrio si rompe e tutto degenera inesorabilmente. Come un insieme di cubi perfettamente allineati, così Otis sistema ogni azione, appuntamento, impegno quotidiano con accuratezza e precisione, con l'aiuto di un insieme di orologi regolati all'unisono e limitate tempistiche che incastrino tutto alla perfezione. Oggi, a metà giornata, il granello di troppo si è insediato prepotentemente ed inderogabilmente, mandando in frantumi la tranquillità costruitasi nella monotonia di quei gesti ripetuti allo stesso modo ogni giorno. Non è una sorpresa che il granello prenda il nome di Helena, la principale causa dei cambi di programma di Otis, di tanto in tanto, nonché la fonte di un misto di emozioni totalmente contrapposte tra loro che scombussolano la mente del ragazzo. Da un lato, il desiderio vivo di passare del tempo con la sorella, godere della sua compagnia come mai è riuscito a fare in Norvegia o negli anni di convivenza all'istituto di Durmstrang; dall'altro la necessità di mandare all'aria tutti i progetti imposti per la giornata. Compiuti gli esercizi di autocontrollo a cui si approccia in caso di necessità e materializzatosi all'ospedale in cui alla sorella è toccato sottoporsi alle visite usuali con un'anticipo di dodici minuti dalla fine delle stesse, si ferma alla caffetteria per comprarvi uno spuntino per Helena. Le visite sono stancanti ed Otis sa che lei non è mai particolarmente propensa a sottoporvisi, uscendone sempre con un'aria sfinita mista tra una preoccupazione che tenta disperatamente di mascherare ed un'apparente apatia, noia e stanchezza morale che non gli piace vedere. Conta precisamente cinque minuti dalla fine delle visite, lasciando alla ragazza il tempo di abbandonare i corridoi come di consueto per prendere una boccata d'aria, raggiungendola a tempo debito con in mano un sacchetto che emana un piacevole tepore ed un profumo gradevole. Per le scale, ha più volte dato poderose annusate all'incarto, pregno di dolcezza che esalta l'odore della cellulosa sottoposta ad una fonte di calore estranea, uno degli aromi che più preferisce. Alle spalle di Helena, poi, decide di smettere, evitandole la visione di quei comportamenti che lo legano alla propria condizione e che lei non gradisce particolarmente. Si pone dei limiti, ha cominciato a farlo da quando ne ha avuto le capacità. Solo per lei. 'Ho dovuto interrompere le mie due ore di studio per essere qui!' La voce della verità, con la consapevolezza di non poter fare altrimenti almeno sotto questo aspetto. 'Continui a chiamarlo "prigione"?' Il problema principale dei limiti di Otis, se così si possono grossolanamente definire, è l'incapacità di percepire il sarcasmo, non cogliendone mai le sfumature nascoste dietro un contesto che richiama necessariamente proposizioni ben lontane dalla realtà per come la si vede o la si vive. Abituarsi alla definizione di "prigione" e comprendere che sia una metafora non rientra nelle sue corde, ma anche questo cerca di non farlo pesare all'altra, rimarcando solo quanto erronea sia la definizione da lei avanzata, conscio del fatto che probabilmente non sia di interesse della ragazza esprimersi diversamente.
    tumblr_oxio0m4BzB1vl1uuio1_250
    'Però ti ho portato questo!' Affiancata la sorella, storto il muso per il fastidioso ed insidioso puzzo di tabacco e nicotina espirato dalle sue labbra, allunga la mano in sua direzione, adagiando con la classica meccanicità che lo contraddistingue il pacchetto bianco sul bordo del balconcino, a distanza di sicurezza che ne eviti la caduta, non mollando la presa neanche per un secondo in attesa che lei lo afferri e ne metta in salvo il contenuto. Nessun contatto visivo. Lo sguardo rivolto al cielo, al panorama, di tanto in tanto al nulla che li circonda. Non a lei, per il momento. 'E' un muffin al cioccolato. Ci sono diciotto scaglie di cioccolato visibili in superficie e chissà quante ce ne sono dentro.' Il mondo di Otis è, nel complesso, un mondo fatto di numeri. Il suo cervello lavora come una sorta di calcolatrice che impone un valore ad ogni cosa, dai minuti a ciò che visibilmente lo circonda. In questo caso, il numero da lui calcolato è direttamente proporzionato all'affetto nutrito nei confronti della sorella, che lei ne sia consapevole o meno. Infatti, ha osservato a lungo ciascun singolo muffin esposto al bancone della caffetteria, assicurandosi di prelevare per lei quello con più gocce di cioccolato sopra. Cercando di calcolare il meglio, solo per lei. Al nomignolo avanzato da lei, Otis si ritrova nuovamente a storcere il muso, inarcando le sopracciglia nel dubbio, come avesse appena sentito la cosa più sbagliata mai pronunciata prima d'ora. 'Non sono un dottore, quante volte devo dirtelo?' Nessuna nota di rimprovero nella sua voce, ma il tono rende chiaramente l'idea di quanto il ragazzo non gradisca non essere ascoltato, considerato... Capito. 'No, non mi diverto, ma sono felice. Le lezioni mi allettano e lo studio è piacevole. Non ho bisogno del divertimento.' Il concetto di divertimento è, tra le tante cose, più complicato che per chiunque altro. Ciò che potrebbe facilmente dilettare gli altri, si individua in atteggiamenti e passatempi che Otis il più delle volte non comprende. Al contempo, la paura di perdere il controllo, di perdersi nelle mischie di gente sconosciuta che presenta sempre e comunque un pericolo, lo costringe ad evitare uscite del fine settimana, chiudendolo nella propria dimora e limitandosi alle passeggiate giornaliere di pochi minuti ciascuna per provvedere principalmente a ciò che manca in casa. 'Tu invece ti diverti?' Domanda scorretta. 'Non intendo adesso, ma gli altri giorni.' Sempre meglio essere precisi.
     
    Top
    .
  3.  
    .
    Avatar


    Group
    Caposcuola
    Posts
    849

    Status
    Offline
    FRpu
    «Vuoi chiamarla Disneyland Paris?» Rispose a tono al fratello, ironizzando sulla rigidità rinomata di Durmstrang. Nessuno sano di mente avrebbe mai potuto affermare di trovare quella scuola un bel posto in cui restare. Nessuno tranne Otis. Probabilmente persino lui aveva avuto i suoi problemi tra quelle mura, ma per l'altro aveva sempre e solo avuto così tanta importanza la mole di studio di cui si caricava che non doveva aver mai dato la giusta valenza a tutto il resto. Forse era anche questo il motivo per cui Helena aveva deciso d'assumere, fin dal primo giorno in cui aveva messo piede in quella scuola, il ruolo di carnefice. Se fosse stata la prima a far del male agli altri, nessuno avrebbe mai potuto realmente ferirla, ed in parte sapeva d'essere riuscita nel proprio intento.
    Sbirciò all'interno del pacchetto bianco che l'altro gli aveva porto, nascondendo un sorriso appena accennato dietro la mano che teneva astutamente dinanzi alla bocca.
    Afferrò una piccola scaglietta di cioccolato, mettendosela tra le labbra ed assaporandone il sapore. «Diciasette.» Gli disse, scherzando, concedendogli un'espressione ben più rilassata da quella caustica che solitamente riservava al mondo.
    Dopotutto con Otis, era difficile continuare a fingere d'essere la tipa dura che niente poteva scalfire. Dinanzi al suo sguardo così ingenuo e sempre privo di malizia, finiva costantemente per soccombere. Lo odiava per questo. E odiava se stessa quando s'accorgeva d'aver mentito a se stessa. «Oh credimi. Ne avresti proprio bisogno invece.» Gli consigliò, ficcandosi la sigaretta tra le labbra mentre, facendo leva sulle ginocchia già arrossate, s'arrampicava contro il bordo del davanzale per sedersi su quello. Era sempre stata sprezzante del pericolo. Mai stupida da rischiare volutamente la vita. Le piaceva pensare d'essere profondamente cosciente d'ogni azione compiuta. «Dipende cosa intendi, fratellino.» Disse facendo spallucce mentre faceva dondolare le gambe nel vuoto. Magari voleva soltanto stizzire un pochino Otis. Portarlo al limite. Spingerlo a mostrare un interesse più tangibile e veritiero di quello basato su uno scambio asettico di informazioni e dolciumi. «Il più delle volte. Ma sto rigando dritto, per ora. Nessun casino per la famigliola perfetta.» Aggiunse, prima di tirarsi in piedi e, dopo aver essersi assicurata d'avere il controllo e l'equilibrio, provare a fare qualche passo. «Immagino ci siano un bel po' di feste lì dove sei, no? Dovresti andarci. Divertirti. Conoscere qualcuna.»
     
    Top
    .
  4.  
    .
    Avatar


    Group
    Studente Accademia
    Posts
    63

    Status
    Anonymous
    Si limita a scuotere debolmente il capo all'ennesima dimostrazione di sarcasmo della sorella, attendendo in silenzio che l'argomento si sposti su tutt'altro. Meglio non parlare piuttosto che rispondere a tono alle persone, specie a quelle a cui più si tiene. E' che c'è un concetto totalmente sbagliato che pone sullo stesso piano due elementi che non hanno niente a che vedere l'uno con l'altro: una scuola ed un parco divertimenti, un accostamento errato sotto qualunque punto di vista. Una dimora di cultura e serietà posta al fianco di un insieme di giochi ed ambienti infantili. Inconciliabili. Osserva l'orizzonte, continua a concentrarvisi anche mentre la sorella priva il muffin di una delle sue superificiali gocce di cioccolato per portarla alla bocca, mascherando quella benevola lusinga che Otis immagina stia provando. E' comunque un sollievo constatare che lei sia sempre la stessa. Finché tutto rimane così com'è, lo stato di quiete permane e non serve allarmarsi inutilmente. Ogni cosa è al proprio posto e tutto il disagio svanisce nell'immediato. 'Diciassette.' Diciassette. 'Si!' Si. E' giusto. La osserva sottecchi dedicarsi a quel minuscolo pezzo di premura, compiendo poi qualche passo di lato per allontanarsi dal raggio di dispersione del fumo della sua sigaretta. Frena a malapena l'impulso di avanzare un velato rimprovero per l'incoscienza del dedicarsi a vizi così distruttivi, per niente sani, solo per evitare di scatenare una consueta reazione aggressiva di Helena, destinata a sfociare in una lite da cui L'Haugen vuole tenersi lontano quanto più possibile. 'Credimi tu, non mi serve.' Insiste, portando avanti la propria convinzione, cercando di far comprendere alla ragazza della piacevole situazione di stasi e di quiete in cui è immerso, solo ed indipendente, probabilmente nel periodo migliore della propria vita fino ad ora. Quell'ordine, quella meccanicità, tutti quegli schemi di cui si compongono le sue giornate sono una fortezza indistruttibile. Rischierebbe di rompere l'agognato equilibrio se si dedicasse ad attività di dubbio svago con risultati impossibili da prevedere e, di conseguenza, bloccare sul nascere. Otis non ama che la stasi venga mutata. Le conseguenze sono il più delle volte spiacevoli e la negatività non porta nient'altro che un allontanamento dalla tanto ricercata normalità ed un avvicinamento a quei demoni interiori che lo risucchiano ogni volta in presenza di un pericolo. E' ciò che succede nel vedere la ragazza arrampicarsi sul muretto a strapiombo sulla strada. I meccanismi di difesa si attivano e non è un bene nella maggior parte delle circostanze. Perché quando sei diverso, funziona tutto al contrario.
    Mvxog9I
    'Helena, scendi.' La noncuranza della sorella lo scombussola inevitabilmente. Lei continua imperterrita a passeggiare su quello che per il ragazzo ha tutta l'aria di essere un ripidissimo cornicione e nella sua mente si figura già l'immagine di una perdita d'equilibrio della ragazza e di tutte le terribili conseguenze che ne deriverebbero eventualmente, fino alla peggiore di tutte, quella che non ha via di scampo. Quella da cui non si torna indietro. 'Non siamo perfetti e tu adesso non stai rigando dritto, scendi.' Il panico si sporge dalle labbra curve del ragazzo. Il respiro affannato, la mano che si accinge a strofinare nervosamente la testa, l'odio verso se stesso per l'impossibilità di afferrarla per un braccio e trascinarla giù da quel muretto, il continuo avanzare avanti ed indietro di appena due passi per lato, lo sguardo costantemente puntato sui piedi di lei. La rabbia. I limiti. E' tutto sbagliato. 'Helena...' Lo straparlare di lei, l'incoscienza sul suo volto e nella sua voce. Limite. 'Helena scendi!' Rosso in viso, tremante, con le dita delle mani che si muovono quasi nevroticamente, le braccia sollevate ma immobili, incapaci di superare quel meccanico scoglio di contatto e propensione sociale che lo facciano agire da persona normale. Un tono di voce duro, risonante per chiunque come un vero e proprio rimprovero, colmo di rabbia e di superiorità. Nel linguaggio di Otis, semplice espressione di preoccupazione per la sorella. 'Scendi, per favore. Ti prego... Vieni giù.' Lo sguardo puntato verso il basso, una mano timidamente tesa verso di lei, un'attesa che sembra durare secoli ed il disagio crescente di chi si auto-impone di dedicarsi ad un contatto necessario perché tutto torni al proprio posto. Lo scenario era perfetto, ma lei è fuori posto. Deve essere al sicuro, salva, protetta dai pericoli. Deve scendere da quel muretto e tutto tornerà normale.
     
    Top
    .
  5.  
    .
    Avatar


    Group
    Caposcuola
    Posts
    849

    Status
    Offline
    GQ3N
    Nascose a stento un sorrisino nel vederlo agitarsi. Le era sempre piaciuto stimolare grandemente la pazienza altrui ma con suo fratello era un po' diverso. Con lui non si divertiva mai in tal senso, soprattutto viste le reazioni incontrollate che aveva. Da piccola le era capitato di temerlo ed anche se adesso si fingeva forte e superiore, ben lontana dal timore di una rappresaglia seppur involontaria, non poteva negare di provare una nota di fastidio al cospetto del tono della sua voce sempre più alto. Così, quasi a voler sfidarlo, imperterrita continuò il suo percorso in bilico tra il pavimento ed il nulla sottostante. Non aveva paura del pericolo e non solo perchè si fidava delle sue capacità. Helena sfidava di continuo la sorte, quasi volesse dimostrare qualcosa al mondo, e soprattutto, a se stessa.
    «Dici? A me sembra proprio stia procedendo in modo lineare.» Lo rimbeccò ridacchiando continuando a camminare fino a quando l'agitazione di Otis non crebbe a tal punto che la Haugen quasi perse l'equilibrio. Si spinse in avanti e per non piombare giù fu costretta ad afferrare la mano che l'altro le porgeva.
    Il sacchetto con il muffin però non fu così fortunato e si ritrovò a piombare giù dal balcone, spiaccicandosi sull'asfalto chissà quanti metri di sotto. Osservò il capitombolo del dolcetto, prima di tornare alla realtà.
    A mascella serrata, si voltò di scatto e senza neanche pensarci spinse il fratello. «Vaffanculo.» Sapeva quanto odiasse il contatto eppure nervosa com'era non aveva potuto evitarselo. A volte sentiva di odiarlo per il modo in cui riusciva a fare andare le cose. Avrebbe voluto urlargli di sforzarsi di essere normale e poi si odiava anche solo per averlo pensato. «Dimmi una cosa Otis, ti importa sul serio di me? Ti è mai importato? Importa a qualcuno?» Urlò, stringendo le braccia al petto mentre sfogava un po' della frustrazione provata in quel momento ed in quegli anni. Pensava che Otis tenesse più ad un fantomatico ordine delle cose piuttosto che a lei. Si chiedeva se fosse capace di amare nel modo in cui aveva dannatamente fatto lei.
    Si chiedeva se prima o poi sarebbero stati capaci di essere fratelli e basta, senza nessun etichetta a definirli. «Ti importa o tieni più alle tue stupide congetture mentali?» E seppe di star esagerando, di star oltrepassando un limite ben imposto da tempo ma non potè fermarsi. A quel punto sentì la necessità di lasciarsi esplodere dopo anni di segreti. «Fanculo. Voglio tornare in quella cazzo di prigione. Lontano da tutti. Da mamma, papà e soprattutto da te. Non mi frega niente di questo posto. Non mi frega niente di te.»

     
    Top
    .
  6.  
    .
    Avatar


    Group
    Studente Accademia
    Posts
    63

    Status
    Anonymous
    'No, non è lineare... E' sbagliato...' L'evidente agitazione del ragazzo si manifesta nell'incapacità di articolare decentemente le poche parole che rivolge alla sorella, che escono quasi incomprensibili, col suono impastato di chi ha difficoltà d'espressione. Qualcosa con cui lei ha convissuto sin dall'infanzia al fianco del fratello, ma che lui non riesce a sopportare riemerga a galla. Ecco cosa lo innervosisce ancora di più e lo spinge a lasciar sfociare la rabbia in quelle urla che mettono, come di consueto, la ragazza in pericolo. E' paradossale che il momento di sollievo per l'Haugen sia quello in cui finalmente le loro mani si sfiorano e con un'incontrollabile forza che raramente esce allo scoperto, stringe saldamente le dita attorno all'esile mano della ragazza, trascinandola giù e sentendosi finalmente confortato, contrariamente a lei che è pronta a scagliare la propria furia senza alcun limite. Mantieni la calma. 'Finalmente...' E' spontaneo il sorriso che si affaccia oltre le sue labbra e scompare nell'immediato quando la furente ira di lei gli si scaglia contro, spingendolo e costringendolo a curvare la schiena, accovacciandosi e tenendo la testa tra le mani nel tentativo di tenersi al riparo ma, soprattutto, di proteggere lei. Non devi colpirla. Non devi farlo. Di nuovo, con una velocità triplicata rispetto alla precedente, le mani si scagliano tra i capelli, in quello strofinio agitato che reca l'intento di allontanare il panico che lo assale. Non farlo. Controllo. Ci mette un pò a frenare quel consueto timore di ferirsi e ferire gli altri. I frutti di progressi di anni si vedono nell'esatto momento in cui, tirato un sospiro profondo, si ricompone, si mette dritto ed osserva il cornicione su cui ormai non sosta più il sacchetto bianco che lui aveva appositamente portato per lei, per farla stare meglio. Ogni tentativo di donarle amore finisce sempre in catastrofe e non è possibile ricondurre la colpa all'uno o all'altra. E' sempre un insieme di incomprensioni e ragioni che si scontrano creando il cataclisma. La distruzione degli Haugen. 'Devo prendere un altro...' La furia incalzante della sorella lo frena, costringendolo a badare alle sue parole piuttosto che al proprio meccanico ordine. 'Ok, ok...' L'infantilità di cui vestono i suoi gesti lo costringono a mettersi braccia conserte, lasciandosi investire dalla rabbia di Helena. Resta ad ascoltare ciascuna delle sue parole, ribattendo ogni volta che lo sente necessario, incerto se lei riesca a recepire il messaggio o se sia accecata ed assordata dal nervosismo che si è impossessato di lei. 'A me importa e importa anche a mamma e papà.' Una vistosa annuenza condisce la sicurezza nel suo tono di voce. In fondo dalla sua bocca non può che uscire la verità. La sua verità. 'Non sono congetture mentali. E' solo un'organizzazione schematica, aiuta a non dimenticare le cose importanti. E poi io oggi...' Ho cambiato i miei piani per venire qui da te. Difficilmente le parole di Otis vengono percepite con la giusta serietà. Un pò come quando un bambino avanza un'ipotesi che ti fa intenerire, ma che per quanto pregna di sincerità, sia comunque da annoverare nell'infantilità di un'anima che non comprende ancora come il mondo giri. Complessa la condizione dell'Haugen, ma in fondo non è colpa di nessuno. Neanche di chi, apparentemente, non lo capisce. In seguito alle ultime parole della sorella, puntualizzerebbe per la seconda volta che non si tratti di una prigione. Ad annichilirlo e pietrificarlo è quel "Non mi importa di te" che gli piomba addosso come una delle consapevolezze più dure che gli si siano mai accese in mente. Non è come ricevere gli insulti gratuiti degli altri bambini. Non è come quel "Otis l'imbecille" che l'ha bollato quando ancora non aveva le capacità per difendersi. Non è come l'essere rinchiuso negli sgabuzzini di Durmstrang durante l'ora di pranzo per semplice dispetto. E' come ricevere una pugnalata in pieno petto, sentirsi attraversare il cuore da una fredda lama tagliente che non lascia scampo. Non è la prima volta che la sorella gli rivolge parole simili e benché ci sia quel 20% di fiducia in lei che lo spinge a credere che non sia realmente inteso, la restante percentuale gli grava pesantemente sulla coscienza. Otis ama Helena. La ama più di qualunque altro essere umano sulla faccia della terra. Si odia per l'incapacità di dimostrarglielo e non riesce ad affibbiarle alcuna colpa per questo. In fondo non è lei a doversi sforzare di capire lui. E' lui ad essere l'errore. Così l'hanno sempre fatto sentire.
    F2Zmrgj
    '...Ok.' Deglutisce, ingoia il rospo. Incassa il dolore, lo tiene fermo e concentrato negli occhi lucidi che per un solo secondo si tuffano in quelli rancorosi di Helena, prima di interrompere il contatto visivo e tentare di tornare alla normalità. Quella normalità apatica che lo contraddistingue. Quella che la sorella non sopporta, ma che lui non può fare a meno di intraprendere. C'è uno schema che non quadra. I calcoli non combaciano. Tutto questo è sbagliato. 'Forse avrei fatto meglio a restare a casa a studiare.' Una sincera constatazione, non atta a ferire la ragazza, seppur, come di consueto, una scelta di parole di dubbio gusto. Inevitabile. 'Vado a prendere un altro muffin, devi mangiare o ti verrà un calo di zuccheri e ti sentirai male. Inoltre quando ti arrabbi i muscoli e le articolazioni diventano tesi, il sangue circola meno velocemente, si altera l’equilibrio del sistema nervoso, ormonale e cardiovascolare, per non parlare della frequenza cardiaca, dell'alterata attività cerebrale e della produzione eccessiva di bile in zone poco consone.' Un sospiro, un ritorno alla comfort-zone, a quello spazio che lo aiuta a sentirsi adeguato almeno in un campo d'esistenza. 'Hai bisogno delle endorfine del cioccolato. Non muoverti.' Conclude, voltandosi e sparendo dietro la porta del balcone per dirigersi in caffetteria. Cerca di impiegarci meno tempo possibile, ripetendo meccanicamente il proprio percorso sicuro, dedicandosi nuovamente ai calcoli necessari per la scelta del muffin perfetto, recuperando poi il sacchetto dalla strada, ancora presente ma in condizioni pietose, per poi tornare dalla sorella, sospirando di sollievo nel ritrovarla dove l'ha lasciata pochi minuti prima. 'Sei qui, perfetto. Questo si che è lineare.' Riprende le parole della ragazza, nel suo complesso ed incomprensibile tentativo di rincuorarla, di darle ragione e conforto in qualcosa che per lei risulta probabilmente inutile. 'Questo lo mangi, sono quindici gocce fuori, ma ha il ripieno dentro.' Le porge il primo sacchettino, affiancandovi poi quello malconcio. 'E questo puoi tenerlo perché ci sono stato dieci minuti a sceglierlo. E' importante, ti prego. Non devi mangiarlo... Però prendilo.' Nessun'altra spiegazione razionale come di dovere, solo la speranza che lei decida di accettarlo una seconda volta e di abbandonare quell'ira a cui Otis non si rassegna. 'Perché pensi che non mi importi? Io ho cambiato i miei piani per essere qui.' Conta, conta davvero. Forse per lei non è abbastanza. Per le persone normali non è mai abbastanza.
     
    Top
    .
  7.  
    .
    Avatar


    Group
    Caposcuola
    Posts
    849

    Status
    Offline
    tumblr_inline_pl3b9q74NC1t7unx0_250
    «Fanculo i muscoli e le articolazioni.» Gli rispose visibilmente stizzita, distogliendo lo sguardo dal suo con insistenza. Non voleva guardarlo, e a dirla tutta, non voleva più stare lì. Voleva andarsene via, andarsene a casa ma la verità era che soprattutto lì, a casa, avrebbe continuato a sentirsi addosso quella perenne sensazione di non appartenenza, quasi come se fosse continuamente fuori posto e fuori contesto.
    Scosse il capo, lasciandolo parlare ed assecondandolo quindi alla sua stramba richiesta. Vederlo andare via le diede il tempo di poter prendere il respiro e di provare a calmarsi. Sapeva di avere esagerato eppure non era riuscita a contenersi. A volte le era così difficile farlo, soprattutto dinanzi a lui. Guardarlo era come puntare gli occhi nella più grande ingiustizia della sua vita. La sua più grande delusione. E la verità era che non lo giudicava per quel che era, ma per tutto ciò che non sarebbe mai riuscito ad essere con lei, per quel rapporto che i suoi geni avevano deciso di rendere impossibile.
    Quando Otis ritornò, dapprima provò a non prestargli attenzione. Quando però lo ascoltò parlare, non riuscì a continuare a tenere a lungo il muso che aveva messo su.
    «Sei fottutamente strano.» Scosse il capo, afferrando i muffin che lui gli porgeva, quello buono e quello a cui Helena aveva fatto fare un gran bel volo.
    Diede un morso al muffin appena comprato, inarcando le sopracciglia ed allargando le braccia nel fargli notare di avergli dato ascolto e di aver mangiato le endorfine di cui parlava.
    Strinse le labbra, mordendosi la guancia dall'interno nel sentirlo cianciare. Il suo ragionamento era semplice, quasi infantile. Helena avrebbe voluto avere la sua stessa ingenuità nel dire le cose e nel pensarle. Avrebbe voluto essere puro come lui a volte.
    «A chi importa di me, Otis?» Gli disse facendo spallucce.
    «Io sono solo me. Solo noiosamente normale Nella loro famiglia, era stata la normalità ad essere messa al bando, o comunque dimenticata. Otis aveva avuto tutte le attenzioni che meritava ed Helena si era sempre sentita privata di qualcosa di importante. Era stata quella sensazione a farla crescere a quel modo, spinosa e sempre pronta a combattere contro il mondo. «Ti sei preso sempre tutto. Tutto lo spazio, tutte le attenzioni. Tu con i tuoi problemi. Tu con la tua genialità.» Abbassò il capo, storcendo il muso nell'abbassare il tono. «Io sono solo un peso.»
     
    Top
    .
  8.  
    .
    Avatar


    Group
    Studente Accademia
    Posts
    63

    Status
    Anonymous
    Quella smorfia infastidita alle parole della sorella, si distende in un'espressione rilassata nel momento in cui lei finalmente si accinge a prestare retta all'invito di Otis, dando il primo morso al dolce che lui ha scelto appositamente per lei. In momenti come questi, nonostante la durezza nel suo volto e la diffidenza dei suoi occhi, l'Haugen riesce a percepirla più che mai. Quando le loro distanze necessarie vengono annullate da un ascolto reciproco, il ragazzo torna a vederla per ciò che è davvero: una ragazza fragile, delicata come un fiore, indiscutibilmente bellissima e più sensibile di quanto non sia pronta a mostrare. Le manca la sincerità, non quella insita nel suo cuore ammaccato, ma quella con cui guarda il mondo, dando di sé un'immagine che non rispecchia tutte le parti vere di lei che lui non ha avuto modo di apprezzare nel tempo. O, perlomeno, non è stato in grado di dimostrarne ogni valutazione positiva, insieme con l'orgoglio per ogni suo progresso fatto. E' questo il motivo che lo spinge a scuotere il capo, seppur debolmente e con lo sguardo fisso sull'orizzonte davanti ai loro occhi, alle parole fin troppo malinconiche della ragazza, per questo giudicate inaccettabili, oltre che incomprensibili. Solo bugie tirate fuori una dietro l'altra che, per qualche assurda ragione, per Helena risultano estremamente veritiere. 'A me importa.' Una risposta svelta che non ha bisogno di alcun ragionamento alle spalle. Helena è la persona più importante nella vita del fratello, ma è difficile rendersene conto data l'infinità di limiti che le condizioni del ragazzo impongono a lui e chiunque gli stia attorno. Non c'è traccia di sofferenza nella voce dell'Haugen, solo perché si tratta di una verità che non può nascondere ombre di rammarico in alcun modo. L'unico piccolo segno di fastidio è provocato da quella definizione di "normale" da cui lei l'ha automaticamente escluso, come se "diverso" stesse a significare "sbagliato", come chiunque altro crede. Sono meccanismi difficili da comprendere questi, perché a differenza di tutti gli altri, per lui esiste solo il bianco o il nero. Ogni emozione è scaturita da un percorso schematico che non ammette repliche. Il bene è bene, il male è male. Non ci sono "se" o "ma" che sfociano nell'infinità di sfaccettature cui ricorrono tutti gli altri. La stessa Helena è un insieme di meccanismi che Otis stenta a comprendere, ma è certo questa differenza abissale tra i due non pregiudichi in alcun modo l'affetto provato nei suoi confronti. Affetto rimasto identico, solo espresso in maniera diversa col tempo. Controllato, mutato da crisi di allontanamento alle premure che riesce a rivolgerle adesso, come riorganizzare la giornata intera solo e soltanto per lei. Uno sforzo immane, incomprensibile per gli altri. 'Però essere "normale" non è noioso. Anzi, è bello, perché quando ti chiudono negli sgabuzzini per ore puoi provare ad uscire in qualche modo. Io dovevo aspettare sempre che qualcuno ci entrasse per fatti propri.' O che lo sentissero urlare in preda a crisi di panico per cui, di conseguenza, venir preso di mira con ancora più insistenza. 'Tu, invece, avresti sfondato la porta. Sei forte.' Non c'è traccia di rimprovero nel tono del ragazzo, seriamente convinto che a differenziarlo dagli altri non sia quella mera definizione di "normalità" cui lui non è generalmente associato, quanto tutti gli aspetti che lo limitano nel momento in cui la società non è pronta ad accogliere ipotetiche differenze viste erroneamente come handicap. Forse, in realtà, è un briciolo di ammirazione quasi impercettibile ad affacciarsi oltre il suo tono di voce, nell'ammettere quanto lui ritenga forte e capace la sorella.
    tumblr_pg8njpSOpi1xvfjv6o2_400
    Di nuovo scuote il capo alle sue parole, incapace di accettare che corrispondano al vero. La sua visione del mondo è troppo mirata a certi dettagli oggettivi che non può fare a meno di giudicare come verità imprescindibili, impossibilitato ad accettare visioni altrui o, perlomeno, a comprenderle e farsene capace. E' un approccio agli altri su cui sta ancora lavorando, forse uno dei più complessi rispetto a tutti i progressi fatti negli anni. 'No, io non mi sono preso niente.' Un discorso mirato al senso letterale delle sue parole. Non è stata una presa di posizione che ha imposto contro tutti gli altri per ricevere tutte le cure e le attenzioni che gli sono state concesse. Non direttamente. E' stata una condizione necessaria che l'ha certamente aiutato a maturare quegli spiragli di "normalità" che lo aiutano a muoversi nel mondo, ma niente che possa essersi associato ad una pretesa. Solo questo l'appunto che sente di rivolgere alla sorella, prima di esporre la propria verità, non accettando che la situazione sia diversa da come lui sceglie di esporla. 'Non sei solo un peso. Sei una persona a cui mamma e papà vogliono bene. Si preoccupano per te, per quello che fai a scuola e per le tue patologie. A loro importa.' Un concetto necessariamente ribadito, riprendendo le parole della ragazza giusto qualche istante prima. 'Anche io ti voglio bene. Sono venuto qui per aiutarti e per assicurarmi che tu stessi bene. Quando riuscirò a diventare un dottore, possibilmente il migliore in circolazione, farò di tutto per curarti, così forse ti sentirai un pò più felice.' Nessuna delle parole da lui pronunciate riuscirà a cogliere nel segno il bisogno di attenzioni che la sorella ha cercato di avanzare, mettendo in mostra la propria umanità più di quanto non sia generalmente disposta a fare. Nella meccanicità di Otis, però, non ci sono altre parole adatte in questo contesto. E' questa la dimostrazione di affetto e premura che riesce a donarle e pretendere diversamente lo manderebbe solo in confusione. E' complicato, per gli Haugen, arrivare a comprendersi tuttora. In qualche modo, però, cercano di dimostrarsi l'amore che provano vicendevolmente, seppur in modi sbagliati e non sempre comprensibili. Ed Otis ci prova, si sfida continuamente e lo fa anche adesso, mentre la sua mano si allunga in direzione della ragazza per sfiorarle con delicatezza innata una guancia, con la sola punta dell'indice. 'E poi anche tu sei geniale. Sei mia sorella, non potrebbe essere altrimenti. Io ti ammiro, a volte penso che vorrei essere come t...' 'Haugen?!' Il tentativo di esposizione di Otis viene interrotto dal rumore della porta che si spalanca e da una voce estranea che richiama l'attenzione di entrambi, che lo costringe a ritrarsi spaventato per l'improvvisa intrusione ed a concedersi qualche secondo per riprendersi. E' ora di tornare a dedicarsi alle analisi ed ai loro risultati. 'Dobbiamo proprio andare.' Non è semplice per i due fratelli riservarsi momenti del genere a causa dei propri limiti, dell'abisso di differenze che tende a separarli. A volte, però, ci si mette in mezzo il destino, sempre pronto a rincarare la dose di difficoltà all'evenienza. 'Continua a mangiare, però.' Un ultimo sprazzo di preoccupazione, prima di girare i tacchi e tornare all'interno dell'edificio come se niente fosse appena successo.
     
    Top
    .
7 replies since 28/2/2019, 19:39   245 views
  Share  
.
Top