bury a friend

Hyram

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    Ho fatto come mi aveva chiesto prima, mia signora! Se lei urla o si agita io devo svegliarla! La voce sommessa della sua elfa domestica rimbombava nella grande camera da letto. Le gambe chiare e sottili della Rosier scendevano come bizzarre stalattiti contro le coperte di un rosso scuro e intenso, guardò il cielo imbrunirsi fuori dalla finestra in un silenzio pieno di pensieri.
    Si chiese chi dei due fosse morto, alla fine.
    Sperò non entrambi.
    Va bene, Wanda, grazie. Disse con voce polverosa, arrugginita, prima di scendere dal letto e farsi una doccia.

    Il tacco basso dei suoi stivaletti pressava appena la neve sul ciottolato del vialetto prima che la bionda potesse smaterializzarsi.
    L'ospedale magico era da sempre una grossa fonte di verità, per la bionda. Verità e terrore andavano sempre a braccetto.
    Nonostante questo, lei fece un grosso buco nell'acqua.
    Nessuna traccia di Blackwood all'obitorio. Forse era troppo presto, certo, ma qui era stata lei a non essere preparata.
    Le sarebbe bastata una goccia di sangue per sapere se quel cuore martoriato battesse ancora.
    E fu con la testa piena di dubbi che si recò all'esterno, magari per fumarsi una sigaretta, per ingannare il tempo in quel cielo tanto buio.
    Portò il filtro alle labbra, quando vide la fiamma alzarsi dalla bacchetta di un ragazzo a pochi passi.
    Ehi aspetta! Fai accendere anche me? La voce arrugginita, il silenzio che seguì quando lo riconobbe.
     
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    Dubitava ci fosse qualcuno al mondo in grado d'amare realmente un posto come quello, ma sentiva d'avere un posto d'elezione ora tra coloro che avevano tutto il diritto d'odiare l'ospedale. Tra il suo ricovero e quello di Luther, aveva passato tra le mura di Yggdrasil fin troppo tempo e ritornarci – senza ottenere grandi risultati tra l'altro – lo aveva snervato al punto che aveva dovuto prendersi una boccata d'aria per non rischiare di cruciare qualcuno.
    Ed era mentre si riempiva i polmoni con della squallida nicotina che il suo sguardo intercettò l'unica via di fuga da un nervosismo che avrebbe potuto divorargli il fegato. Pensò, mentre osservava la figura spigolosa di Eris Rosier, che sfogare su qualcun'altro la propria frustrazione, sarebbe stato un ottimo modo per dissipare la propria irritazione. Così, accolse la sua richiesta, porgendole la fiamma, prima di rivolgerle un grosso sorriso. “Cosa vedono i miei occhi? La Rosier!” Le disse, mettendo su il più grosso spavaldo e fastidioso ghigno di cui disponesse. Uno di quelli che le aveva già ampiamente rivolto tempo prima tra le mura di Durmstrang. “Credevo fossi morta.” Aggiunse, prima di indicarla con un cenno del capo ed un sorrisino divertito. “Insomma, qualche altro kg e ci sei, no?” Rise, dandole un colpetto alla spalla, prima di fare un tiro dalla sua sigaretta e rivolgerle contro il fumo. “Sei finalmente riuscita ad ottenere il posto d'onore nel reparto psichiatrico o ti piace venire a spaventare a morte i moribondi fingendo d'essere un fantasma? Per quanto sei pallida non devi nemmeno impegnarti tanto a ben pensarci.”

     
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    Price. Rispose, dannando se stessa per quell'incontro tanto infausto.
    Roteò gli occhi, chiudendo le braccia al petto. L'erba cattiva non muore mai. Gli occhi fissi sulla sigaretta appena accesa, vide scorrere quel lumicino più vicino alle sue labbra mentre aspirava con più vigore del previsto; talmente concentrata da credere di poter sentire il crepitio della carta che brucia.
    Ci vengo perchè mi piace l'odore del disinfettante. Disse, piatta, mentre il fumo della sigaretta di Hyram scivolava sul suo viso.
    La mano del Price colpì leggera la sua spalla, fu tristemente colpita dal fatto che quello fosse il primo contatto fisico nell'ultimo mese. Certo, se si escludeva la sua elfa domestica.
    Tu cosa ci fai qui? Non mi dire che hanno internato anche te, potremmo spaventare i moribondi assieme. Una delle poche cose che la Rosier era in grado di apprezzare di se stessa era quella grande capacità di adattamento; come l'acqua che prende la forma di ciò che la contiene.
    Soffiò fuori il fumo, voltandosi appena di profilo prima di tornare a rivolgere il suo sguardo al moro.
    Lo trovava quasi sottotono rispetto ai vecchi standard; che davvero fosse cresciuto?
    Sai fare di meglio, Price.
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    Le mostrò un sorriso falso, facendo spallucce. Sapeva di non piacerle, non di prima acchito. Tempo addietro però era stato cosciente di poter sortire anche su di lei il proprio effetto e di riuscire, forse con un po' di pratica, ad ammaliarla con poche parole ed ambigui modi di fare. Magari avrebbe dovuto mostrarsi soltanto un uccellino ferito, bisognoso di maniacali cure. Era certo che con un giochetto del genere la Rosier non avrebbe potuto resistergli, succube anche lei come quasi tutte le donne, della sindrome della croce rossina.
    Non sapeva quanto le cose fossero cambiate da quando era stato sicuro di quella convinzione, né in effetti gli interessava più del consueto avere una qualche leva sull'altra. Non per il momento almeno.
    “Dirti che sei strana è farti un complimento, eh?” Accompagnò quelle parole con un breve ghigno che lasciò scomparire l'attimo dopo, prima di fare spallucce al suo falso invito.
    “Me? Io sono l'emblema della sanità mentale.” Ed in effetti, manteneva non senza difficoltà la sua maschera da ragazzo perfetto ed integerrimo. Persino dopo il tentato suicidio che lo aveva costretto ad Yggdrasil per più tempo del dovuto, nessuno aveva mai dubitato della sua sanità mentale. Certo forse perchè aveva scaricato sul fratello la colpa di quel che era accaduto.
    “Sono qui per Luther.” Annuì mesto, distogliendo lo sguardo nel mostrarsi distratto ed aperto ad una rivelazione involontaria. “Ha avuto un crollo emotivo ma non vuole vedermi.” Aggiunse poco dopo, grattando la fronte, prima di ritornare fintamente felice e mostrarle un sorriso. In definitiva quella messa su era tutta una finta. Tranne la parte su suo fratello che si mostrava vera, in parte. “Fortuna che sei qui. Puoi tirarmi su di morale.”

     
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