Natale ad Azkaban

Detenuto Erica Strange

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    Quando era iniziato ad andare tutto a rotoli Erica non sapeva dirlo esattamente. O non voleva. Facendolo avrebbe dovuto ammettere che da quando Nik l’aveva mollata si era ritrovata in balia degli eventi, senza nessuno più maturo di lei a cui poter fare riferimento.
    Si era legata subito a quel Emil a Durmstrang, ma la cosa non le aveva fatto bene. Quel ragazzo era di certo affascinante e particolare ma allo stesso tempo tossico, con tutta l’oscurità che lo avvolgeva.
    Erica aveva l’aspetto di una ventenne ma aveva l’esperienza diretta di vita di una bimba di nove anni molto curiosa. Fino a che aveva vissuto a Durmstrang sotto la guida di Nik Carradine si era sentita in un porto sicuro, come con Ike Toole prima di lui. Quei maghi grandi e forti erano stati il suo unico interesse oltre a trovare un modo per diventare finalmente umana, tutto il resto non le interessava. Ora umana lo era, ma era anche molto sola e bisognosa di trovare un nuovo interesse, qualcosa per cui vivere.
    “…E’ tutto così semplice quando puoi far affidamento su qualcun altro e non prendere decisioni di testa tua. Non credevo sarebbe andata così ma non preoccuparti Olivia, me la saprò cavare ad Azkaban. Ci vediamo quando esco. Buon Natale a tutti e un bacino a Sebastian!”
    Poche parole vergate frettolosamente su una pergamena fu tutto quello che gli concessero al Ministero prima di trasferirla ad Azkaban e le aveva scritte all’unica persona al mondo che ancora si preoccupava per lei, la strega da cui era stata clonata.
    “Signorina Strange, questo Ministero le ha già concesso molto riconoscendola come essere umano e dandole la patente da strega nonostante lei sia frutto di un incidente magico. E’ così che ricambia la nostra fiducia? La sua punizione sarà esemplare e le darà modo di riflettere sui suoi sbagli. Dieci giorni di detenzione ad Azkaban, sotto il controllo del signor Nystrom e dei suoi Dissennatori, passati i quali tornerà qui e rivedremo la sua situazione.”
    Non c’era spazio per appelli ed Erica non potè che chinare il capo davanti ai Giudice ed accettare di buon grado la sua pena. Certo non aveva idea di quello che l’attendeva, aveva sentito parlare dei tormenti che subivano i maghi e le streghe rinchiusi ad Azkaban ma non l’aveva mai subito sulla sua pelle. Sapeva bene però cosa potesse fare la vicinanza con un Dissennatore, come riducevano le proprie vittime succhiando loro ogni briciolo di felicità e voglia di vivere. Le ginocchia le tremarono quando i ministeriali le misero le manette e la fecero salire su una carrozza incantata per portarla alla prigione ma tenne la testa alta, nonostante le misere condizioni in cui si trovava non voleva apparire spaventata anche se lo era, e parecchio.
    “Potrei avere la bacchetta giusto un attimo per sistemarmi i vestiti?” – chiese con la voce resa titubante dal battere dei denti. All’altitudine a cui stavano volando verso la prigione l’aria pungeva come tanti spilli di ghiaccio e lei sotto il mantello era praticamente nuda, così come l’avevano arrestata.
    “Non è possibile mi dispiace. La sua bacchetta è stata requisita e inviata già ad Azkaban al signor Nystrom insieme al suo ordine di detenzione. La riavrà quando avrà finito di scontare la sua pena.”
    Sospirò a lungo, rassegnata. “Va bene ho capito. Potreste almeno farlo voi? Un Vestis, niente di che, fa freddo…” Sgranò gli occhioni cercando di far pena ai suoi aguzzini, ma il risultato fu nullo. “Non ci è permesso castare incantesimi sui detenuti. Potrà chiederlo al signor…” Ovviamente: “Mi lasci indovinare… al signor Nystrom!” - Interruppe il ministeriale prima che concludesse. “Il Deus ex machina di Azkaban, colui che governa le vite di noi poveri imprigionati. Voglio proprio vederlo questo dio norreno sceso tra noi mortali ad elargire punizioni.” Commentò sarcastica stringendosi un po’ di più nel mantello alla ricerca di un briciolo di calore inesistente.
    “lo vedrà presto. Siamo quasi arrivati.”
    Ed infatti pochi minuti dopo la carrozza atterrò su quello sperone di terra circondato dal nulla dove si ergevano i torrioni di Azkaban. Erica sbirciò dal finestrino ma quello che vide fu solo pietra e desolazione. “Proprio un bel posto accogliente dove trascorrere il Natale.” Ancora sarcasmo, la sua unica arma di difesa in quel momento. Le guardie risero sotto i baffi, la prendevano per il culo? Fece finta di non notarli e scese dalla carrozza ancora a testa alta come ci era salita, pronta a fare il suo tragitto della vergogna fino all’ufficio del famigerato Nystrom.
    Fu scortata attraverso corridoi di nudi mattoni le cui uniche decorazioni corrispondevano in croste di muffa e umidità. “Proprio un bel posticino si si.” Cercò di non guardarsi troppo intorno quando passarono davanti a una fila di celle. Alcune erano piene, lo si capiva dai lamenti dei maghi che vi erano incarcerati. Non prometteva per nulla bene.
    L’ufficio del capo era in cima a una rampa di scalini ed Erica vi arrivò con un po’ di fiatone ma almeno quel moto servì a farla scaldare un pochino. La sua scorta la lasciò lì davanti dopo aver bussato. “Devo aspettare qui davanti? Quanto devo aspettare?” Non ricevette risposta, quanto avrebbe ritenuto opportuno il signor Nystrom a quanto pareva.
    “Deve essere proprio un gran pezzo di merda questo qui, un sadico che si diverte a torturare i prigionieri. Fanculo a me e quando mi sono fatta convincere da quegli idioti…”
    Il tempo che attese lo passò a ripensare a come fosse finita là, che poi era quello che Nystrom avrebbe letto sul suo ordine di incarcerazione. Alla fine si sarebbe potuto riassumere nel fatto che Erica aveva dato fiducia alle persone sbagliate e si era fatta sedurre dalla magia oscura, ma la verità non era tutta lì.
    Aveva conosciuto quei tizi al Drakkar durante uno dei fine settimana di libera uscita da Durmstrang. Emil non era andato con lei, aveva da fare con altri suoi amici, così si era ritrovata a bere da sola al pub.
    Un tizio l’aveva avvicinata quando si era accorto che non c’era nessuno con lei ed Erica gli aveva dato corda perché era carino e lei non sapeva resistere ai maghi carini. Peccato che solo l’aspetto di quel mago fosse bello perché dentro invece era marcio, del tutto marcio, un bastardo vero. Il punto era che anche dopo che l’aveva capito non le interessò, perché continuava a vederlo carino e anche interessante, un tipo originale. Gli diede appuntamento per due weekend dopo, quando sarebbe potuta tornare di nuovo a Bergenwiz ma quella volta non si presentò da solo, si era portato un gruppo di suoi amici. Meno belli di lui, meno interessanti, ma Erica si sentiva sola e quella era l’unica compagnia disponibile. Non ci volle molto affinchè la convincessero ad unirsi a loro, promettendo una serata di bagordi. Lei pensò ingenuamente alle solite cose, fiumi di alcool, del sesso, ma per quei tizi bagordi era qualcos’altro. Loro per divertirsi catturavano e torturavano babbani a caso, o anche esseri magici, chiunque non potesse difendersi dalla magia. Erica inizialmente aveva storto il naso ma si era unita comunque a quel gruppo, per fare qualcosa di diverso, per fare qualcosa punto. Era una bambina annoiata e curiosa ed usare un po’ della magia oscura imparata a Durmstrang sembrava lecito tutto sommato, non si può sapere se una cosa è divertente o meno fino a che non si prova…
    Il Ministero li aveva beccati quella sera solamente perché avevano infranto il Patto di Segretezza dei maghi, facendo magie davanti ai babbani. Lo avevano fatto anche le volte prima che si erano incontrati ma non avevano mai lasciato testimoni visto che qualcuno si era sempre occupato di farli sparire, quella volta però non avevano fatto in tempo, qualcuno aveva fatto la spia agli Auror. Ovviamente essendo Erica l’ultima arrivata nel gruppo il capo aveva dato subito la colpa a lei e l’aveva attaccata. Era brava nei duelli, si era allenata tantissimo con Nik a Durmstrang, ma era stata presa con la guardia abbassata e poi loro erano in tanti e non era riuscita a difendersi. Gli Auror al loro arrivo avevano trovato solo lei, con un gruppetto di babbani torturati sotto shock da obliviare. Erica era ferita e i suoi vestiti laceri, ma era l’unica con una bacchetta lì e nessuno sembrava voler credere alla storia del branco. Le diedero un mantello per coprirsi e la portarono direttamente al tribunale dei maghi. I Giudici del Ministero si erano dimostrati fin troppo magnanimi nel concederle il beneficio del dubbio, ma non aveva prove di quel che aveva raccontato, non sapeva nemmeno i veri nomi di quelli a cui si era unita. Le avevano chiesto però se era pentita di quel che aveva fatto a quei babbani e lì si era trovata a titubare. La verità era che non sapeva rispondere e sperava solo che nessuno glielo chiedesse più: non le era mai piaciuto mentire.
     
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    I nuovi arrivi mi esaltano, ma questo ancora di più. Sapere che avrò tra le mani la signorina Strange, è entusiasmante per un animo curioso come il mio. Chiunque abbia un filo di interesse e conoscenza, ha sentito e seguito le vicende che hanno portato la signorina Strange, ad essere definita per l'appunto, signorina. Io le avrei affibbiato probabilmente un appellativo differente ma secondo la legge è oramai un essere umana, o quasi, a tutti gli effetti. È una strega, e come tale deve pagare quando il suo comportamento viene meno alle rigide regole che fanno della nostra società, quella migliore esistente. È questo dunque il motivo che l'ha condotta fin qui, ed io sarò ben lieto d'essere, per il tempo del suo soggiorno, il suo maestro. Un mentore da cui potrà imparare molto, nella buona e soprattutto cattiva sorte.
    Comincerò con l'insegnarle la difficile arte della pazienza. Ed è questo che mi spinge a farla attendere, più del necessario, fuori la porta dell'ufficio. Lascio che il tempo scorra lento, e solo quando la piccola lancetta dell'inquietante orologio a muro a forma di teschio, ha finito il suo giro, mi decido ad aprire la porta.
    Vengo fuori piano, guardandomi intorno prima di puntare lo sguardo scuro sulla ragazza visibilmente infreddolita. “La signorina Strange.” Le mie labbra si distendono in un sorriso affabile, quasi come se il contesto non fosse quello grigio e cupo di Azkaban. “E' davvero un peccato conoscerla in circostanze come queste.” Aggiungo poco dopo, prima di rivolgere alle mie guardie e a coloro che hanno accompagnato la donna, un bisbiglio: “Da qui in poi me ne occupo io.” Gli uomini non se lo fanno ripetere, allontanandosi ordinatamente e sparendo oltre i corridoi scuri.
    Nel silenzio, mi libero della giacca in pelle che indosso – opportunamente modificata con la magia per renderla più calda di quel che sembra – e la poggio sulle spalle della Strange. Un gesto che potrebbe sembrare persino galante, e magari lo è. O forse, è solo quello che voglio lei creda. “Venga pure.” La invito a seguirmi mentre le porgo il braccio, una scusa per tenerla saldamente stretta a me.
    “Per lei ho preparato una cella più riservata. Non posso assicurare per la vista ma almeno gli altri detenuti non le daranno noia.” Comincio a parlare, mentre percorriamo uno dei corridoi di questa prigione, superando le varie celle e i disperati che vi abitano. Tutti al nostro passaggio, calano il volto. “Le va di parlarmi di ciò che l'ha condotta qui? Sono molto interessato a conoscere la storia dal punto di vista di tutti i miei ospiti.”

     
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    Difficile stabilire quanto dovette attendere prima che il gestore di quel grand hotel si degnasse di aprire la porta del suo ufficio. L'unica cosa certa era che le ginocchia iniziavano a cederle tra freddo e stanchezza e che le scarpe con i tacchi non erano proprio l'ideale da indossare ad Azkaban.
    “Il signor Nystrom.” Fece eco con il suo tono squillante alla voce più profonda del tipo. Chissà perchè si aspettava di trovarsi davanti una specie di uomo delle caverne ed invece no, le foto che aveva visto di lui non gli facevano onore, forse perchè non sorrideva mai davanti all'obiettivo magico, ma dal vivo invece eccolo là il lato marpione di ogni maschio venire a galla! Si ritrovò a squadrandoselo tutto per farsi un'idea di chi realmente avesse davanti e, bisognava ammetterlo, ci vollero diversi secondi per percorrerlo tutto per lunghezza con lo sguardo! “Eppure ho letto una sua intervista sull'Occhio di Odino che diceva che il momento in cui riceve nuovi ...ospiti... è uno dei suoi preferiti.” Replicò con un'espressione da finta dura sul viso, che contrastava con quel sorrisino affabile che aveva messo su lui. Non doveva essere il contrario? Non doveva essere lei a cercare di comprarsi le sue grazie a furia di ammiccamenti e sorrisini? Ah beh, di tempo per provarci ne avrebbe avuto. La cosa migliore di quella situazione per il momento era il poterlo guardare quasi negli occhi, cosa che di sicuro riusciva a ben pochi lì dentro... Ecco allora che il fastidio per il tacco 12 si trasformò in entusiasmo: tra la sua altezza naturale e le scarpe che indossava per lo meno non gli avrebbe permesso di guardarla dall'alto in basso. “Mi dica, sono curiosa, in quali circostanze avrebbe preferito conoscermi?” Ma non era una domanda alla quale aspettarsi una risposta, voleva essere più una provocazione. Sapeva bene di avere davanti un mago oscuro che godeva nell'infliggere le proprie torture, era inutile cercare di indorarle la pillola facendo il carino, che tirasse pure fuori la frusta era pronta! Quel comportamento ambiguo invece la spiazzava anche se... “Grazie.” Fu costretta a sussurrare a labbra strette quando cavallerescamente si tolse la giacca di pelle per posargliela sulle spalle. Per orgoglio avrebbe voluto rifiutare ma il tepore che percepì immediatamente fu troppo piacevole da poterci rinunciare e così ingoiò il rospo. “Bella giacca.” Commentò stringendosela addosso. Poi tirò fuori dalla bocca il chewingum che stava masticando e con il pollice lo spiaccicò sul risvolto del collo di pelle: “Me la tengo qui da parte per dopo, non le dispiace vero?” Perchè il grazie gli era dovuto, ma ancora meritava anche il suo sdegno di prigioniera!
    Il giro turistico che le propinò davanti alle celle se lo sarebbe pure risparmiato, di camminare sicuro non aveva voglia, ma non poteva negare che per lo meno glielo rese meno spiacevole di quanto potesse essere. Primo perchè se la tenne stretta sottobraccio tutto il tempo e questo le impedì di inciampare faccia avanti ad ogni passo: *Camminateci voi con un paio di Louboutin sul pavimento di pietre di quel posto!* “Non è che oltre alla giacca mi cederebbe anche gli anfibi? Per dire eh...” La buttò là ma non si aspettava che le cedesse anche le scarpe certo. Magari avrebbe potuto cedere a un baratto però, chissà se gli interessava provare un paio di tacchi a spillo! *Ogni uomo in fondo ha la sua perversione, basta scoprire qual è e quel uomo sarà nelle creta nelle vostre mani!*
    “Riservata dice? Tipo... isolamento?” Non capiva ancora se essere contenta per quel occhio di riguardo o meno, riservata poteva voler dire anche che se avesse avuto bisogno di aiuto per qualunque motivo nessuno l'avrebbe sentita. Ma tanto che differenza faceva là dentro? Nessuno l'avrebbe aiutata comunque. “E' quanto è lontana dalle sue stanze signor Nystrom? Casomai io abbia bisogno di confessare le mie malefatte a un certo punto...” Ma poi lui continuò a parlare e... “Ah ok, vuole che mi confessi subito? ” Si fermò tirando il tipo per il braccio al quale si appese per piegarsi appena e sfilarsi le scarpe. “Manca ancora tanto a questa cella a quanto pare...” E lei preferiva arrivarci scalza a quel punto piuttosto che dover continuare ad aggrapparsi a lui ad ogni passo, soprattutto considerato che aveva la netta impressione che a Nystrom non dispiacesse affatto che lei ci si strusciasse addosso ma non era quello il modo di fare di Erica: a lei non servivano stratagemmi di quel genere per ...sollevare... l'interesse di un uomo, se avesse voluto trombarselo gli avrebbe detto semplicemente qualcosa tipo: *Ehi, ti va di trombare?* Un approccio più diretto insomma.
    “Immagino abbia letto già il mio fascicolo.” Incominciò riprendendo a camminare ora molto più agilmente anche se sotto i piedi la roccia era fredda e spigolosa. “E' così che ha passato il tempo che mi ha fatta attendere dietro la sua porta no?” Stronzo. “Sono qui perchè mi hanno beccata a fare la bambina cattiva.” Un pò riduttivo detto così ma... “L'accusa principale è violazione del patto di segretezza internazionale e...” ...a quel punto abbassò la voce e pronunciò le parole seguenti tutte d'un fiato: “...tortura a danno di babbani e disincanti...” Respirò di nuovo e tornò a parlare normalmente. “Forse mi sono lasciata un pò prendere la mano d'accordo, ma ehi, a mia discolpa, il babbano in questione era un imbecille e se lo meritava.” Aveva cercato di infilarle la mano sotto la gonna tutta la sera, un Imperio che lo costringesse a prendersi a schiaffi da solo era il minimo no??!! Purtroppo però non si era fermata solo a quello, ci aveva preso gusto anche se era orribile da dire.
    “Ora vorrà sapere i particolari per farsi beffe di me immagino.” Nystrom doveva essere abituato a ben altro per scandalizzarsi di qualche Imperio e qualche Crucio, che motivo aveva di essere interessato a quel che aveva fatto lei? “Ad ogni modo glielo dico subito signore, può anche torturarmi quanto vuole in questa settimana, non ho alcuna intenzione di scusarmi per quello che ho fatto. Nessuno mi ha mai costretta a fare qualcosa che io non volessi. Intendo mai-mai, mai nella vita.” Almeno prima che il Ministero la rinchiudesse là ad Azkaban, quello non è che lo avesse proprio voluto...
     
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    “Dinanzi ad un buon calice di vino magari. Il vino dopotutto, si sa, rende tutto migliore.” Le rispondo con un sorriso, avanzando sicuro tra i corridoi freddi della mia prigione. Questo è per me il migliore dei mondi possibili. Sono nato in una prigione, cresciuto tra corridoi stretti e lamenti di disperati che vedevano in me, allora appena un bambino, un'opportunità di scampo alle torture che mio padre infliggeva loro. Non è mai servito a nulla provare ad intenerirmi. Questo, è il mio mondo e le suppliche di chi, vedendomi passare chiede pietà, mi fanno solo sentire più vivo.
    Lancio uno sguardo alle scarpe che indossa, prima di scuotere il capo con un sorriso. “Purtroppo non abbiamo lo stesso numero. Belle scarpe comunque.” Aggiungo, ammiccando, indicandole la svolta da seguire per poter arrivare alla stanza che ho deciso di destinare a lei. Ascolto intanto la sua confessione e non posso dirmi sorpreso. Dal verbale riportato nel suo fascicolo, avevo ben intuito quanto caparbia potesse essere ed averne una prova tangibile non fa che rendermi solo più entusiasta. Adoro gli ossi duri: piegarli è più soddisfacente. Anche se, forse non è questo il suo caso. Non nello specifico. Ho pensato per lei una terapia tutta personalizzata. Un trattamento che riservo a pochi. Ai migliori. O a quelli, insomma, con cui giocare è più divertente. “Mai? Niente? C'è sempre una prima volta.” Piego un angolo della bocca mentre rispondo alle sue affermazioni. Essere costretti a fare ciò che non si vuole è forse alla base dell'esistenza. Insomma, esiste un bambino che non piange venuto fuori dal ventre della madre? Persino vivere per alcuni diventa una costrizione. Forse, essendo lei nata in modo diverso, non ha ancora ben capito quale sia il corretto funzionamento del mondo. Essere il suo maestro, mi stuzzica la fantasia.
    Finalmente, dopo tanto camminare, arriviamo in una stanza. Una cella piccola, con giusto un letto dalle molle sgangherate. In essa vi è un'altra porta, per ora chiusa. Conduce direttamente alla mia stanza. “Un po' spartana, ma è la migliore di questo piano. Aggiungo, invitandola ad entrare, prima di richiudere la porta della cella alle nostre spalle. Mi avvicino alla ragazza poi, tanto da non lasciarle altra scelta che spingersi con le spalle al muro. “Io potrei sottoporla alle peggiori torture, alcune delle quali non se le immagina migliore. Potrei arrivare a farle negare la sua stessa esistenza se lo volessi, ma non è ciò che voglio e mi auguro che lei la pensi come me.” Comincio guardandola ed annuendo debolmente tentando d'essere convincente con le mie parole. Di solito lo sono. “Dobbiamo però rendere istruttiva la sua permanenza tra queste mura. Lei ha bisogno di disciplina. Dopotutto tutti i babbani sono imbecilli ma non è questo una giusta motivazione per cruciarli.” Aggiungo poco dopo, facendo spallucce, prima di aprire la seconda porta, mostrandole così il lusso sfrenato (e forse a tratti anche pacchiano) della mia stanza. Insomma, avrei di certo potuto evitarmi drappi di velluto rosso su un baldacchino dorato, ma adoro ciò che ostenta la mia ricchezza. “O meglio, lo è... ma bisogna farlo con intelligenza. I gesti plateali sono per gli stupidi. Lei vuole esserlo?”
     
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    “...C'è sempre una prima volta.” Lo fissò e non le sfuggì la sua smorfia per nulla rassicurante, anche se si sforzò di non dargli peso e di continuare a sorridergli in modo sfacciato. Quel tipo era tanto affascinante quanto inquietante, ma non aveva ancora paura di lui e sperava di non doverne avere. Dicono che la prima volta faccia sempre male. Gli rispose da imprudente qual era, fissandolo in viso e mordendosi il labbro inferiore con insistenza. A me non piace soffrire. Preferisco che tocchi agli altri... Terminò strizzando un occhio e distogliendo poi lo sguardo da lui. Era strano, fino a quel momento scherzare, rispondere a tono, le era venuto naturale come sempre, come da sua natura, ma più si addentravano tra le mura di quella prigione più iniziava a faticare nel trovare le parole e il tono giusti. Iniziava a sentirsi stranamente oppressa, come se una cappa di pesantezza le stesse calando lentamente addosso. *Che posto di merda.* - pensò. *Come fa un tipo come lui a viverci e a non desiderare di buttarsi giù da una torre un giorno si e l'altro pure?* Glielo avrebbe chiesto magari, se fosse riuscita ad entrarci in confidenza.
    Casa dolce casa. Ironizzò una volta giunti a destinazione, che per lei rappresentava quella finale almeno per il periodo della sua detenzione. Spartana? Si girò intorno come a volersi godere ogni dettaglio, ma praticamente bastò un giro su sè stessa visto lo spazio ristretto. Vivo da anni a Durmstrang ha presente? Chiese lasciandosi cadere a sedere sul letto e molleggiandoci sopra come a saggiarne la comodità. Praticamente una reggia. Si rialzò di scatto quando il mago chiuse la porta alle loro spalle restando lì dentro quella specie di cubicolo con lei. Ad un tratto quel tugurio sembrava anche molto più piccolo di quanto le fosse parso inizialmente. Nystrom si mosse verso di lei facendola arretrare istintivamente, ma tutto ciò che trovò alle sue spalle fu il muro contro il quale cozzò la sua schiena. In quel momento, nonostante non fosse poi tanto più alto di lei, quel mago riuscì a farla sentire comunque piccola piccola, e la cosa non le piacque affatto. Quando iniziò a parlare poi non riuscì a fare a meno di tremare di brividi anche se non avrebbe voluto. Lui se ne sarebbe accorto dal labbro, così vicino al suo sguardo, che lei tentò di mordere di nuovo solo per non farlo vibrare a quel modo. Non si sentiva a suo agio così sopraffatta, non riusciva ad accettarlo e per questo cercò di combattere con tutta sè stessa sia la paura di lui che quel senso di oppressione che aleggiava lì dentro. Non potrei essere più che d'accordo. Confermò sostenendo lo sguardo del carceriere, quando per fortuna le fece capire che non era intenzionato a torturarla, vero o falso che fosse. E cosa ha in mente allora per la mia punizione? Chiese di nuovo irriverente, con quel briciolo di risolutezza che riuscì a ritrovare quando lui finalmente si allontanò di un passo lasciandola respirare. “Lei ha bisogno di disciplina.” Sbuffò. In quel momento gli sembrava di sentire Carradine. Anche lui era alquanto inquietante quando voleva in effetti. Forse iniziava a capire cosa ci trovasse Olivia in lui e perchè si facesse trattare a quel modo...
    C'erta un'altra porta in fondo a quella stanzetta ma Erica non se ne era nemmeno accorta fino a che Nystrom non vi si avvicinò. E' la porta del bagno? Perchè notavo che non c'è un bagno... la punizione qui consiste forse nel trattenersela a morte? Riuscì a buttare lì ritirando fuori la sua solita irriverenza. Fu lei a quel punto ad avvicinarsi a lui, curiosa di vedere cosa si celasse dietro la porticina e non potè nascondere un certo stupore quando si affacciò alla sua vista quella che sembrava la stanza di Luigi XIV sotto l'effetto di una pozione allucinogena. Lo lasciò parlare storcendo la bocca quando lui parlò di stupidità ma non capì esattamente dove volesse andare a parare e quindi per il momento lasciò cadere la sua domanda, continuando invece con il suo filo di pensieri. Ah no, la punizione deve essere questa. Di sicuro lo è per gli occhi... Decretò sbirciando meglio dentro l'enorme pacchiana stanza pullulante di ogni tipo di comfort. Chi gliel'ha arredata? Un... Pazzo? Fattone? Che altro? Stava per aggiungere quello che si rese conto sarebbe stato uno sproposito ma riuscì ad evitarlo in tempo. Ops.... è la sua camera, vero?? Fece qualche passo indietro, tornando da sola con le spalle al muro, come chi sapeva di meritarsi di stare in punizione. Forse aveva esagerato un pò con il suo modo di fare da sbruffona, ma che poteva farci? Era fatta così. Scherzavo su, è davvero... beh... ha un gusto davvero particolare, si. Cercò di riprendersi in corner. Ok, farò la ragazza seria, prometto. Come funziona quindi? Che bisogna imparare per... passare da questo... Fece indicando la sua piccola prigione senza alcun agio. ...a quello? Terminò indicando la stanza regale oltre la porta. Perchè di questo parlava prima no? Chi fa le cose con intelligenza può fare quello che vuole e invece di finire qui a dormire con queste molle infilzate nella schiena o peggio può dormire sogni tranquilli su un letto di piume come quello. E' corretto? Diplomatica, ecco cosa cercò di essere, perchè alla sua salute ci teneva, ma restava pur sempre una impenitente: Senta… Non è che ha un pò di cioccolata in qualcuna di queste tasche? Inizio a sentirmi... strana. Dissennatori. Erano lontani da quella stanza ma fin troppo vicini per non avvertirne il potere venefico. Ma pur tastando ogni tasca della giacca di pelle non trovò nemmeno un cioccolatino. Mi tolga una curiosità lei come fa qui dentro? Pippa cacao mattina e sera? Se lo fa endovena? Lo squadrò ammiccando: Perchè dal suo fisico così tirato non sembra che ne mangi tanto... Oh beh, era un bel uomo dopotutto e sapeva che le restava ben poco tempo per scherzare lì dentro. Probabilmente il giorno dopo sarebbe già andata in giro come una zombie senza emozioni che per quanto la riguardava era già una punizione fin troppo crudele per una piena di vita come lei….
     
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    “Il suo bagno è riposto sotto il suo letto.” Le sorrido, indicandole la scodella arrugginita e maleodorante riposta sotto il sottile materasso.
    Lascio che la ragazza tiri fuori il suo sciabordio di parole. Uno scroscio infinito di ciarlare che mi risulta persino divertente. Ci sono dettagli che ci accomunano ed è probabilmente per questo che non me la prendo per le sue continue e malcelate disapprovazioni sul mio buongusto. Non che mi interessi comunque. Mi piace possedere qualsiasi cosa. Che sia bella o brutta, non ha importanza. Avere potere, significa avere qualsiasi cosa io voglia. Non sono un mecenate e l'arte non la capisco. Io voglio. Io ottengo. È probabilmente questo il segreto della mia grandezza. Non c'è nessun grande principio da difendere e portare avanti. Nessuna sfida personale da affrontare. Baso la mia vita sulla ricchezza materiale ed è per questo che sono diventato l'uomo che sono. Zero legami sentimentali, zero intoppi. Sono un dio.
    “Non ho un'anima.” Le rispondo quasi serio, prima di mostrarle un sorriso scherzoso mentre avanzo fino al centro della mia camera. “Oppure potrei avere un segreto.” Annuisco, portando una mano alla bocca ed invitandola ad avvicinarsi, quasi come se volessi confidarle una verità taciuta. “Magari sono un dissennatore anche io. Mi è capitato di riuscire ad avere lo stesso effetto sulle persone.” Porto un dito alle labbra, sorridendo divertito, prima di lasciarmi andare contro il mio comodo letto. Ovviamente un segreto lo celo sul serio, ma ci sarà tempo per parlare anche di questo.
    Porto le braccia dietro la testa, accavallando le gambe mentre osservo l'altra da qui. “Se mi sta abbastanza vicino, forse potrebbe cominciare a sentirsi meglio. O se preferisce, lì troverà tutta la cioccolata di cui necessita.” Le indico il piccolo scrigno dorato sul comodino accanto a letto. Un oggetto kitch e pomposo che ricorda per certi versi quegli oggetti stravaganti del libro di Alice nel Paese delle Meraviglie. La protagonista di quella storia in effetti mi ricorda la ragazza che ho di fronte. E se me lo permetterà, io sarò il suo Cappellaio. “Quindi, signorina Strange, come vuole agire?” Le chiedo, piegando appena il capo nell'osservarla. “Posso prepararle la punizione peggiore che lei abbia mai avuto. Qualcosa di così orribile che ne sarà traumatizzata a vita. Oppure possiamo trasformare la sua permanenza qui in un soggiorno istruttivo. Posso insegnarle dei trucchetti per avere dal mondo ciò che le pare, ma con furbizia.” Annuisco lentamente, osservandola per cercare di capire cosa sceglierà. Deciderà di opporsi sfidando stupidamente la sua fortuna, o si lascerà plagiare da un mondo che in effetti già le appartiene?
    “Deve solo decidere. Può starmi accanto ed accettare il mio aiuto, o tornare nella sua cella ed affrontare il peso delle sue scelte.” Aggiungo poco dopo, concludendo così la mia opera di convincimento. Ora sta a lei decidere per sé. “Stavolta magari, non si lasci trascinare dal mero impulso.” E spero sul serio prenda la decisione giusta. Sarebbe un peccato si mostrasse pateticamente scontata come il resto del mondo che c'è lì fuori.
     
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    “Non ho un'anima.” Un pò ci aveva pure creduto, non se ne sarebbe stupita per nulla.
    Per un attimo doveva aver smesso di respirare senza rendersene conto, aveva trattenuto il fiato. Lo capì quando lui le sorrise e tornò a parlare e lei annaspò riprendendo il respiro perso. “Oppure potrei avere un segreto.” Annuì. A quello credeva ancora di più.
    Lo seguì al centro della camera super lussuosa . I suoi piedi finalmente calpestavano morbidi tappeti e non più le fredde e spigolose pietre della prigione. Bastò solo quello a farla sentire più rilassata. Non ne dubito. - rispose quando lui le rilevò di fare a volte lo stesso effetto di un Dissennatore. Chissà quante persone aveva fatto pisciare sotto in vita sua e quante aveva prosciugato la felicità o di più la vita stessa.
    Quel mago emanava potenza e non era difficile standogli vicino desiderare un pò di quel potere anche per sè stessa.
    Quindi... - iniziò a dire per poi interrompersi, portarsi un dito alle labbra e cominciare a mordicchiarlo delicatamente davanti a lui in modo sfacciato - ...a volte Dissennatore, a volte Patronus... - riepilogò in modo pratico quel che Nystrom aveva detto fino a quel momento. Non ci avevo mai pensato prima. Avevo sentito parlare di lei certo, ma non l'avevo mai vista sotto questo punto di vista. - proseguì continuando a roteare la punta della lingua intorno alla punta del del dito per finire a massaggiarsi le labbra con quel dito umido osservando l'uomo sdraiarsi sul comodo letto. Sa, lei secondo me rappresenta perfettamente la quintessenza della mentalità magica nordica: non esiste bene e male, esiste solo il potere e quelli troppo deboli per usarlo. Oh, era certa che Voldermort stesso avrebbe gradito la citazione, come avrebbe gradito un tipo come Nystrom tra le sue fila. Magari le cose sarebbero finite diversamente con qualcuno di valido al suo fianco. Si avvicinò di più a lui man mano che parlava, fino a che le gambe non arrivarono ad incontrare il bordo del letto. Quindi lentamente si inginocchiò per avvicinare il viso a quello di lui e stargli così attaccata da percepire il suo profumo, ma era abbastanza? E mi dica, quanto vicina debbo starle, per iniziare a sentire i benefici effetti? Glielo sussurrò quasi in un orecchio, tendendosi appena più verso il moro. Finito di parlare nell'allontanarsi prese il lobo dell'orecchio del mago tra i denti e tirò appena prima di lasciarlo di nuovo andare: Mi piace mordere il cioccolato... E anche lui, non era poi così male. Eppure svendersi per così poco le sembrò troppo banale in quel momento. Visto che lei stessa era la sua unica moneta di scambio in quella situazione, tanto valeva provare a giocarsela per un premio più grosso, attendere magari che Nystrom offrisse di più che una tavoletta di cioccolata. Se non altro da Ike aveva imparato a fare affari anni prima, magari poteva tornarle utile.
    Si rialzò e si allontanò un poco: Devo per forza scegliere? Non posso avere entrambi? Guardò lui e guardò la scatola che gli aveva indicato, quella del cioccolato. E come prima si era avvicinata al mago si avvicinò allo scrigno e ne tirò fuori una tavoletta che si passò sotto il naso per annusarne l'odore, proprio come aveva annusato quello del mago. Non le restava che morderlo anche allo stesso modo e così fece. “Quindi, signorina Strange, come vuole agire?” Si prese un attimo, assaporando il cacao e godendo dei benifici influssi dell'ormone della felicità. E intanto rifletteva... Cosa desiderava veramente? Alle punizioni già ci pensa Carradine. - rispose candida - ...e, resti tra me e lei altrimenti potrebbe rimanerci male, ma non hanno l'effetto istruttivo che crede lui. Tutt'altro, la spingevano a sfidarlo, a fare peggio per vedere anche lui fare altrettanto. Non era certo quello che voleva il Preside ciò che Erica stava imparando. Le lezioni invece mi piacciono. So essere una studentessa molto diligente quando voglio. Quando l'insegnante di turno riusciva a non annoiarla, e qualcosa le diceva che Nystrom sarebbe stato tutt'altro che noioso. “Deve solo decidere. Può starmi accanto ed accettare il mio aiuto, o tornare nella sua cella ed affrontare il peso delle sue scelte.” Finì di mangiare il cioccolato, leccandosi le dita alla fine. Già cominciava a sentirsi meglio, rinfrancata in qualche modo, ma non le bastava. Prese un altro cioccolatino non per mangiarlo subito però. Lo soppesò in una mano, ma la verità era che in quel momento era la sua stessa esistenza quella che stava soppesando. “Stavolta magari, non si lasci trascinare dal mero impulso.” Annuì. Quella era la parte difficile, Erica agiva quasi solo d'istinto ma un motivo c'era: non aveva mai pensato in termini di futuro, sul lungo periodo. Non aveva mai riflettuto su quello che voleva fare dopo gli studi. Perchè non si era mai sentita un vero essere umano fino a poco tempo prima, quindi a che sarebbe servito? Ma le cose ora stavano diversamente.
    Camminò di nuovo fino al letto, stavolta però non si inginocchiò di fianco all'uomo ma, sollevando una gamba, si inginocchiò direttamente su di lui, ergendosi sul suo bacino senza però sfiorarlo con il proprio corpo. Gli impulsi non sempre sono cattivi. Per esempio se ora seguissi il mio potrebbe non dispiacerle affatto quello che farei. Abbassò lo sguardo verso la cinta dei pantaloni del mago, le dita seguirono gli occhi e carezzarono in modo delicato la sottile striscia di pelle scoperta tra quella e la maglia appena sollevata. Tornò a guardarlo in viso subito dopo e tornò a chiedere: Quanto vicina vuole che le stia? Chi dei due avrebbe fatto un affare lì dentro? Forse non lo sapevano ancora ma ognuno avrebbe potuto guadagnare qualcosa dall'altro, il punto era capire cosa volesse guadagnarci Nystrom. Se accetto le sue lezioni... e le accetto... - confermò togliendo subito di mezzo il se - ...A lei cosa ne viene in tasca? Di ragazze poteva averne quante voleva a uno schiocco di dita e pure di ragazzi a seconda dei gusti, quindi il sesso non poteva essere la risposta. Magari un'altra forma di piacere? Di che si nutriva un'anima nera come quella di Nystrom? Sarebbe stato figo scoprirlo.


    Edited by Lovely Liv** - 9/4/2019, 10:32
     
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    La ragazza mi diverte parecchio. Per certi versi mi ricorda me, ed è per questo che le riservo un trattamento differente. Riconosco del potenziale nel guizzo vispo dei suoi occhi e voglio essere il primo a sfruttarlo. Voglio modellarla a mio gusto per tirar fuori una splendida opera d'arte di cui potrò vantarmi al mondo intero. Mi sento una sorta di Michelangelo.
    È il mio passatempo preferito, di recente. Accolgo giovani anime sperdute e le educo per renderle forti, fiere, intoccabili. Eccetto da me.
    Sorrido alle sue parole e a quel complimento che mi rivolge. E' chiaro io non debba lavorare poi molto per attrarre ancor di più la sua attenzione. È già in mio potere. Potrei far di lei ciò che voglio e non batterebbe ciglio. Questo è esaltante.
    La lascio fare quando sale su di me, tirando appena su il capo per indirizzare il mio sguardo scuro nel suo. “L'impulso è un vile dittatore. Impone scelte controproducenti. Punti di vista unilaterali.” Le dico, piegando appena un angolo della bocca mostrandole così un mezzo sorriso ambiguo. “L'astuzia invece, permette d'agire da vincente. E' a quello che bisogna ambire.” E' un consiglio che spero che accolga. Sono sincero quando le dico di virare su un'altra strategia, una più acuta e che le dia il potere di manovrare il mondo a suo piacimento. Liberarsi dell'opprimente maleficio di un'emotività distruttiva, dell'impulsività malefica che ci spinge verso vicoli ciechi, è il modo migliore di arrivare alla grandezza.
    Abbasso appena lo sguardo, poggiando delicatamente le mani sulle sue cosce.
    E' chiaro cosa voglia da me in questo momento, e sarebbe fin troppo semplice, scontato, se acconsentissi a soddisfare ora i suoi desideri.
    “Il merito d'aver educato alla grandezza un'anima indisciplinata come la tua, Erica.” Le dico, dandole del tu e pronunciando di proposito lentamente il suo nome per sortire un effetto maggiore.
    Tuttavia, le mie mani ancora ferme sulla sua pelle, indirizzano il suo corpo a muoversi sul mio, con movimenti lenti ed inequivocabili. Il mio sguardo lentamente sale fino al suo e le mie labbra, sfiorano la pelle del suo collo senza però lasciare alcuna traccia del loro passaggio. La sfioro appena. “Mi piace collezionare trofei d'ogni sorta.” Aggiungo, spingendola a muoversi con più foga sul mio bacino. Lo faccio fin quando il calore diviene insostenibile e l'impellenza di dover liberarsi dei vestiti per correre allo stadio successivo, diventa ingovernabile.
    Solo ad un passo dalla pazzia mi freno di colpo. Allargo il mio sorriso, mostrandole i miei denti bianchi e la protesi alla mandibola. Poi, poggiando una mano sul suo collo per avvicinarla a me ed aver sospirato appena contro le sue labbra, mi libero del suo corpo sul mio spingendola sul letto.
    Mi rimetto in piedi, sistemandomi alla meglio, passando una mano tra i capelli nel guardarmi allo specchio.
    “Direi che come prima lezione possa bastare.” Le dico poi, tornando serio, o quasi. Probabilmente si aspettava un esito differente. A me però non piace accontentare gli altri, e i finali scontati mi danno il voltastomaco. Mi piace tenere gli altri sulle spine, è una strategia che mi ha sempre portato fortuna.
    Le indico allora la porta da cui siamo entrati, invitandola a porre fine per ora al nostro incontro. “Può tornare nella sua cella e riposare. Le aspettano giornate impegnative.” Le sorrido, tornando ad una finta fredda distanza.
    Può considerare anche questa come una prova. Resistere ai propri impulsi. Lei soccombe facilmente alle sue voglie, a me spetta il compito di darle il potere di governarle.

     
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