the cursed child.

Privata; Arya.

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    12.08.2018

    "Scott ho bisogno di te"

    Era stato quello il primo messaggio recapitatomi da parte di mia cugina. Avevo pensato che fosse uno scherzo, un modo per mettermi alla prova. Sapeva che ero con Saule, che eravamo in Perù, ero certo che non mi avrebbe mai fatto tornare in Inghilterra. Cosa poteva essere accaduto di tanto importante in una settimana? Era improbabile che quel messaggio fosse vero. Fu proprio per quel motivo che ignorai la sua richiesta di aiuto, quantomeno la prima.

    13.08.2018

    "Scott, ti prego. Devi tornare subito."

    Quando il gufo di Arya mi aveva lanciato in tenda quell'ultimo pezzetto di pergamena, dopo solo un giorno dalla ricezione del primo, mi dovetti ricredere. A nulla era servito cercare di convincere Saule a restare in Perù e godersi gli ultimi giorni di vacanza e, egoisticamente parlando, avevo preferito così. Qualunque cosa fosse successa ad Arya doveva essere importante per averla spinta a cercare proprio me. Sì, perché - per chi non lo sapesse - mia cugina ed io non godevamo di grande stima reciproca, non fino ad un anno prima, quando finalmente avevamo deciso di confrontarci fino a scoprire che avevamo passato gli ultimi dieci anni circa ad odiarci senza una vera e propria ragione.
    Dopo esserci lasciati il passato alle spalle, avevamo tentato di costruire un rapporto normale, e non eravamo stati poi tanto male, ma c'era sicuramente tanto su cui lavorare ancora. Per questo, il fatto che la Grifondoro avesse cercato proprio me mi allarmava. Doveva essere qualcosa di grave, o avrebbe preferito contare sull'aiuto di qualcun altro, ne ero sicuro.

    Notturn Alley, 14.08.2018

    Che strano posto per vederci, pensai, mentre vagavo tra le vie di Notturn Alley senza guardarmi indietro. L'odore di piscio di animale mi fece storcere il naso, mentre superavo una sorta di ponticello. Le figure che si aggiravano per il villaggio non erano delle più affidabili, ma anzi, i loro sguardi minacciosi ed indagatori erano tutt'altro che rassicuranti. Mi chiesi dove diamine fosse finita Arya e se fosse ancora viva, dopo aver messo piede in un posto del genere. Ringhiai ad un paio di ombre scure che mi stavano venendo in contro e subito queste si dissolsero in una fitta nebbia scura.
    Mi guardai intorno, poi cercai nuovamente il biglietto su cui la ragazza mi aveva scritto il luogo di incontro. Avevo forse sbagliato strada?
    «Arya! Per la barba di Merlino, dove diamine sei?» sussurrai ad alta voce, portandomi le mani vicino alla bocca ed inarcandole nel tentativo di amplificare la voce.
    Non mi rimaneva che aspettare.
     
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    «Le mie trasformazioni in quei giorni erano... erano terribili.
    È molto doloroso trasformarsi in un Lupo Mannaro.»
    - Remus Lupin

    Poteva sentire il suo cuore che iniziava ad accelerare nel suo petto e il suo corpo che cominciava a scaldarsi, una temperatura che non avrebbe mai potuto neanche immaginare di poter provare. Con quel riscaldamento, il sudore prese vita in tutto il suo corpo, facendo aderire ad esso i suoi vestiti in modo sgradevole. Allo stesso tempo, iniziò a provare una costante sensazione di mancanza di respiro. Il fisico cominciava ad essere dolorante, un dolore che la faceva tremare mentre, barcollante, si trascinava per le viette di Notturn Alley, tenendosi aggrappata al muro. Si fermò quando un dolore acuto la fece sussultare e per poco le gambe non cedettero. In qualche modo, però, era riuscita a riprendere il cammino e ad arrivare nella via principale. Il sole era ormai completamente sceso, dando vita ad una notte sorprendentemente chiara, con le stelle che brillavano luminose nel cielo senza nuvole. Sentì il suo sguardo essere attratto ancora più in alto, fino a quando la luna non incontrò i suoi occhi. Era passato un mese da quando, quella terza notte del plenilunio, era stata morsa da un lupo mannaro. Da quella notte, ogni giorno lo aveva passato a pensare a cosa avrebbe provato quando sarebbe toccato a lei. Un mese intero a maledirsi, a definirsi un mostro, a piangere nella sua casa ad Hogsmeade, da sola. Fino a che il giorno maledetto non arrivò. Fu il suono di una voce a lei ben conosciuta a distoglierla dai ricordi dei giorni passati e a riportarla alla realtà. Scott. Lo sguardo di Arya iniziò a vagare per quella strada buia e piena di maghi e streghe dall'aspetto inquietante. Per quanto egoistico fosse, aveva scelto Notturn Alley proprio per loro, perché non sapeva dove altro andare in quella situazione e se doveva ritrovarsi da qualche parte rischiando di fare del male a qualcuno, allora quel luogo era la scelta migliore. Peggiore per chi la frequentava, certo, ma dopotutto quella gente stessa le aveva dato prova di quanto nulla di positivo ci fosse in loro, cercando di avvicinarla ed attirarla nelle loro trappole. "Scott!" Pronunciò poi nel momento in cui, in lontananza, riuscì finalmente a intravedere la fonte di quella voce, suo cugino. Era li per lei e Arya si sentiva davvero in colpa per questo. A causa sua Scott aveva dovuto mettere fine alla sua vacanza con Saule molto prima, senza neanche conoscerne il motivo. Nelle lettere che, solo dopo un mese dall'accaduto aveva deciso di fargli recapitare, non c'era scritto il motivo, ma solo una richiesta d'aiuto che solo nella seconda lettera venne accolta. Era forse egoismo anche questo, il pretendere che suo cugino tornasse per lei? Continuava a pensare che forse non lo avrebbe dovuto contattare, che avrebbe dovuto affrontare tutto da sola, perché in fin dei conti lui non c'entrava niente e il problema di Arya si sarebbe aggiunto nella vita del ragazzo solamente come un peso. Ma ormai era troppo tardi per i pentimenti, lui era già li. Il respiro affaticato non riuscì, però, a farle urlare il suo nome come si deve. Ci riprovò una seconda volta, ma Scott era troppo lontano per sentire la sua voce. O almeno, fino a quel momento. Fu all'improvviso, Arya urlò a causa del dolore, e questa volta anche suo cugino, a distanza, non avrebbe potuto non sentirla. Sembrava che la sua spina dorsale avesse appena provato a tirarsi fuori dal suo corpo, e quelle strane losche figure intorno a lei sembrarono quasi comprendere ciò che stava per accadere, visto la loro decisione repentina di allontanarsi da lei. Ansimante, chiuse gli occhi e attese che il dolore si placasse. Non ci fu nessun sollievo, perché ancora una volta il principale sostegno del corpo umano sembrò ruotare dentro di lei, solo che questa volta fu accompagnato da un suono che le face gelare il sangue surriscaldato; era come il rumore di un osso che scricchiolava in modo assordante. In effetti, così era. Il dolore stava crescendo anche tra le braccia e tra le mani, e mentre guardava, le sue dita iniziarono ad allungarsi e le unghie diventarono artigli. I suoi occhi si spalancarono e il suo respiro si fece più veloce, non solo per l'influenza della luna piena, ma per il panico. Ogni spaccatura veniva accompagnata da un tormento lacerante e da un gemito, mentre al contempo si feriva da sola quasi come fosse un modo per reprimere gli altri dolori e, in qualche modo, fermare tutto.

    Fu in quel momento che incontrò lo sguardo di Scott, ancora lontano da lei. Lo vedeva meglio, però. Si stava avvicinando velocemente e questo provocò un lievissimo sorriso sul volto di Arya. Ed era proprio mentre lo osservava sperando invano di essere in qualche modo salvata, che ancora una volta emise un improvviso urlo di agonia. Il suo corpo si incurvò ancora di più, piegandosi dal dolore. La testa si allungò, la schiena si allargò, costruendo muscoli più forti, e mentre la sua spina dorsale si contorceva ancora, una pelliccia spuntò a vista d'occhio su tutta la sua pelle. Non importava quanto duramente provasse a contenerle, le grida venivano strappate dalla sua gola a seguito di ogni cambiamento del suo corpo. Le gambe si frantumarono, i suoi talloni si sollevarono da terra, diventando sempre più simili a delle zampe. Un ennesimo urlo, questa volta differente dagli altri. La sua voce femminile che esprimeva la sua agonia divenne nel mentre un ruggito furioso di un animale ferito. Ad un certo punto, non c'era più nessun capo d'abbigliamento a coprirla. Dopotutto, non c'era neanche niente di più umano da nascondere. Anche le ossa della sua faccia sembrarono spezzarsi in schegge, calde e terribili mentre le perforavano l'interno del viso. Sembrava infinito il cambio di forma del suo cranio e i muscoli che stringevano nel suo viso. Poi la sua bocca e il suo naso diventarono un muso, con i denti che si dilatarono in zanne aguzze pronte a strappare qualsiasi cosa potessero afferrare. Neanche si era accorta, fino a quel momento, che Scott era li con lei. Fu quando i suoi occhi incontrarono i suoi, ora così vicini, che cercò di parlare. Mi dispiace tu l'abbia dovuto scoprire così. Avrebbe voluto dire, ma l'unica cosa che emanò dalla sua bocca furono singhiozzi e suoni animaleschi. Poi, improvvisamente, niente più dolore lancinante, niente di niente. Terrore, orrore, compassione, tutto svanì quando il lupo prese il controllo e Arya non c'era più. I suoi occhi marroni ora appartenevano al volto di un predatore e brillarono dolcemente nella luce riflessa della luna piena quando alzò il muso ed emise un ululato. Un forte odore attirò la sua attenzione, più di quel ragazzo che fino a quel momento le era stato vicino, e da cui con uno scatto si allontanò, probabilmente graffiandolo. Finì in un vicolo cieco dove un uomo si stava lamentando per una ferita al braccio. Non ci volle molto prima che il lupo mannaro afferrò la pelle dell'uomo con i suoi artigli. Era la sua preda, la vittima che avrebbe porto fine a quell'insopportabile fame. Di li a poco, l'avrebbe sbranato.


    Edited by ärya. - 9/8/2019, 01:20
     
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    Quando finalmente incontrai la figura di Arya non credetti ai miei occhi. Ero totalmente a conoscenza di ciò che le stava accadendo, proprio per quello non riuscii a capire come fosse possibile che stesse succedendo proprio a lei. Arya era una femmina, non era di licantropia che si poteva parlare. In che diamine di casino si era cacciata?
    Corsi in contro alla ragazza e le appiccicai le spalle al muro prima che potesse lasciarsi scivolare in terra, poi ringhiai ad un paio di passanti curiosi. Eravamo a Notturn Alley, dovevamo evitare di essere riconosciuti.
    «Arya, Arya guardami» le ordinai, mentre il suo corpo veniva percosso da violenti tremiti. «Lo so che fa male, ok? Ma ora devi guardarmi. Devi tornare in te.» tentai, mantenendo un tono di voce basso e parlando molto molto vicino al suo viso. La trasformazione stava avvenendo in modo troppo veloce, ma ne comprendevo i motivi: abbandonarsi al dolore era più facile che contrastarlo. E, ve lo assicuro, non c'era niente di facile in quello che la Grifonodoro stava vivendo.
    Le mie prime trasformazioni non erano state tanto diverse da quelle della rosso-oro. Erano passati anni prima che riuscissi ad imparare a sopportare quel dolore, prima di riuscire a controllarlo e a controllarmi. Quello che non avevo mai fatto era assistere alla prima trasformazione di qualcun altro. Il rumore delle ossa che si spezzano, le urla della ragazza che sta lasciando spazio alla bestia, i lamenti di quel nuovo animale che si ritrova incastrato in un corpo che non vorrebbe accoglierlo.
    «Arya, devi restare con me, va bene?» la implorai, afferrandole il volto con le mani e costringendola a guardarmi. Sapevo che sarebbe stato pressoché impossibile ottenere la sua attenzione, ma dovevo insistere e, soprattutto, Arya - che in qualche modo stava condividendo il suo corpo con la bestia - doveva sapere che ero lì per lei, che non mi sarei arreso. Piuttosto mi sarei portato a casa qualche ferita: non sarebbe stata la prima volta, dopotutto.
    Stetti a bloccarla contro quella parete fredda per un tempo indeterminatamente lungo. Il corpo della ragazza tremava, si contorceva, cercava di piegarsi e il tutto accompagnato da rumori facilmente udibili e assolutamente non invidiabili.
    Poi, improvvisamente, la calma.
    Quando alzai il viso, di mia cugina non c'era nemmeno l'ombra. Al suo posto, una figura mostruosa. Non avevo visto lupi mannari prima di quel momento, ma non avrei mai pensato che ne sarei stato quasi intimorito. Negli occhi della bestia che mi trovai davanti non c'era traccia del suo lato umano, era invece chiara la sua sete di sangue. Qualche secondo e - se fossi rimasto umano - mi avrebbe ucciso.
    Spinsi via la bestia e, scaraventato all'indietro, lasciai che la mia trasformazione si compiesse.
    Vediamo cosa sai fare, pivella. pensai, ringhiando. Su, attacca. Mettiamo subito in chiaro chi comanda. Ed aguzzai lo sguardo con quell'aria di sfida che, ero certo, l'avrebbe fatta scattare.
    Che il gioco abbia inizio.


    Edited by -Scott. - 17/10/2018, 19:28
     
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    Tutti dobbiamo affrontare i nostri demoni interiori, non importa quanto pericolosi. Anche se si tratta di un lupo mannaro. A volte, però, per farlo abbiamo bisogno dell’aiuto di qualcuno. In quel preciso momento, la furia era tutto ciò che Arya sentiva; una combinazione satura di pura furia e frustrazione bruciavano attraverso di lei, dirette verso l’unica persona che, nel bene o nel male, nella vicinanza o nella lontananza, cercava sempre di starle accanto. Anche quella notte del plenilunio Scott era li per sua cugina, inconsapevole fino a qualche minuto prima di quello che era diventata. L’unico, probabilmente, che sarebbe potuto essere capace di far riemergere il lato umano nascosto dietro le sembianze di quella bestia. Ci aveva provato, lui. Ci aveva provato a farla tornare in lei, ad evitare quella trasformazione. Ma come puoi fermare una maledizione? Quello che ora Arya doveva sopportare era un fardello enorme, qualcosa molto più grande di lei. Ne aveva passate così tante in passato, aveva sofferto e sopportato molto più di quanto una ragazza della sua età avrebbe dovuto, eppure il male continuava a entrare nella sua vita. Non c’era modo di fermarlo. Era come una calamita per l’oscurità, che cercava di avvolgerla e portarla sempre più giù, lontana dalla luce e da quelle poche persone a cui voleva bene e che tenevano a lei. Scott aveva continuato imperterrito a parlarle, a cercare di non far uscire la bestia, ma ad un certo punto Arya aveva smesso di sentire la sua voce. Nemmeno la forza del ragazzo, nella sua forma umana, era stata abbastanza per tenere la Grifondoro incollata a quel muro. Ormai, la bestia aveva preso il sopravvento. Aveva scaraventato suo cugino a terra con tutta la forza soprannaturale che possedeva e, dopo essersi allontanata di poco e aver afferrato il primo sconosciuto che le era capitato tra le mani zampe, stava quasi per sbranarlo che la sua attenzione venne però attirata da altro. Scott si era appena trasformato. Ora era anche lui nella sua forma di lupo, fatto che distrasse Arya e rese la sua presa più vulnerabile, permettendo all'estraneo ferito di scappare via. Nemmeno le importò, in realtà, della fuga della sua preda, ormai troppo concentrata sulla figura dell’altro lupo. Lo sguardo di quest’ultimo aveva una certa aria di sfida che fece infuriare ancora di più il nuovo licantropo. Ringhiò anche lei, la rabbia fin troppo evidente in quell'inquietante dimostrazione dei suoi denti affilati. Senza esitazione, scattò verso il suo simile. Nulla del suo lato umano era presente adesso, nascosto troppo in profondità e ormai troppo difficile da riportare in superficie, se non impossibile. Scott poteva provarci, ma la realtà era che probabilmente, adesso, l'unico modo per fermarla era ferirla, batterla. Farla cadere in un sonno profondo, finché non avrebbe riaperto gli occhi nella sua forma umana. La reale antagonista di tutto questo non era la creatura che possedeva l'umanità di Arya, ma la luna piena. Era lei, quel luminoso satellite naturale, ad avere il vero controllo. Una fortuna in tutta questa orrenda situazione c'era, ed era forse il fatto che Scott avesse più esperienza di lei, essendo un lupo da più tempo e avendo il controllo su se stesso, ma d'altra parte bisognava anche non sottovalutare l’istinto di un lupo mannaro, in particolar modo se la persona dentro di esso era già impulsiva e irascibile di suo. Con la rabbia, risultava essere più forte di quanto ci si potesse aspettare. Arya gli era ormai addosso, intenta ad usare tutti i mezzi di cui la creatura in cui era trasformata possedeva. Artigli, denti, forza. Cercava in tutti i modi di ferirlo, e ora stava solamente a Scott difendersi e contrattaccare colei che un momento prima chiedeva il suo aiuto e un momento dopo voleva farlo a pezzi.


    Edited by ärya. - 9/8/2019, 01:24
     
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    Come previsto, Arya si lasciò controllare dalla maledizione. Da licantropo non potevo comprendere a pieno ciò che stava vivendo. Le mie trasformazioni erano innescate dai miei sentimenti piuttosto che da un fattore esterno, come era la luna. Con gli anni avevo imparato a trasformarmi quando meglio credevo, ma c’erano volte in cui perdevo il contro anche io, ed ero certo che era quella la sensazione che provava: l’impossibilità di tenere a bada il proprio corpo e i propri istinti.
    Stupidamente, avrei voluto convincerla del fatto che concentrarsi su pensieri positivi piuttosto che negativi l’avrebbe aiutata a non perdere la razionalità, ed in parte era vero, ma niente l’avrebbe salvata da quei giorni in cui la luna brillava alta in cielo. Niente.
    Fu un attimo di distrazione e subito Arya ne approfittò per soddisfare la sua nuova sete di sangue. Nel giro di pochi istanti, infatti, il lupo mannaro era saltato addosso al povero mal capitato di turno. Luogo sbagliato, momento sbagliato. La vidi spalancare le fauci a pochi millimetri dal mago che invano tentava di respingerla, poi la mia trasformazione la distrasse e quello ebbe modo di scappare.
    Pericolo scampato.
    I miei ringhi erano meglio del sangue, per la bestia. Doveva provare qualcosa come rabbia, immaginavo, verso di me, che in quel momento non ero altro che un rivale da abbattere, qualcuno che le avrebbe potuto rovinare il suo prossimo banchetto, un dannato nemico.
    Attaccami, coraggio. Pensai. Notturn Alley non era il luogo giusto dove consumare una rissa. Per fortuna dalla nostra c’era il fatto che l’ora era tarda, ma i nostri ululati avrebbero presto richiamato l’attenzione se non vi avessi posto una fine.
    Scusami Arya, ma lo faccio per te.
    Quando la creatura mi fu finalmente addosso, la respinsi con forza e, in balzo, la sovrastai. L’idea di far male a mia cugina non mi attraeva per nulla e volevo evitare di lasciarle cicatrici sul corpo, ma se non lo avessi fatto, qualcosa di più grave – come il senso di colpa – l’avrebbe segnata per sempre. Così, ad un primo morso, ne seguii un secondo e un terzo. I miei artigli cercarono il suo fianco.
    Improvvisamente la vidi indebolirsi ed emettere un terribile guaito.
    Missione compiuta?
     
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    In quel momento Arya non sapeva nemmeno cosa significasse avere il controllo di sé. Tutto ciò che la muoveva era il puro istinto animale, e quell’istinto ora le diceva che il lupo di fronte a lei, indipendentemente dal fatto che fosse qualcuno a cui voleva bene, era un suo nemico. E lei non aveva alcuna intenzione di lasciare che quel lupo rovinasse ancora una volta i suoi istintivi piani, come la cena che era appena fuggita via. I ringhi di Scott continuavano a scaturirne altri da parte di Arya, bava di rabbia che scendeva dalla bocca che non si era potuta godere quella portata umana. Non poteva leggere i pensieri di Scott, ma in qulche modo le sembrava facile capire le sue intenzioni. Doveva essere normale, in fondo ora erano entrambi nella loro forma di lupo, che seppur di diversa natura, in qualche modo li collegava. Ed Arya sentiva perfettamente che l’altro la stava sfidando ad attaccare. Ovviamente, non c’era bisogno di ringhiarglielo due volte. In pochi attimi lei era sopra di lui, intenta a fargli quanto più male possibile, ma ci volle poco prima di diventare lei la creatura più debole. Per quanto la rabbia e l’irascibilità l’aiutassero, il non essere razionale, a differenza di Scott, la portò in qualche modo a finire sotto gli artirgli del licantropo. Lui aveva più controllo, aveva più esperienza, era più forte. Arya cercò in tutti i modi di scacciarlo via, di ferirlo, di difendersi e riprendere la posizione di predatore, ma fu solo un fallimento. Il suo continuo cercare di sovrastarlo la portò solo a ferirsi sempre di più, finché i morsi e gli artigli del cugino non la portarono a indebolirsi. Si fermò ed emise un verso acuto e lamentoso, un guaito che significava resa. Si sentì poi alleggerire dal peso dell’altro lupo, cercò di alzarsi di nuovo, ma con difficoltà. Ci riuscì, e seppur a malapena si teneva in piedi, iniziò a compiere dei passi. In parole povere, fuggì. Era lenta, quindi anche nella sua irrazionalità era consapevole che per Scott sarebbe stato molto facile seguirla in quel suo cammino verso il primo luogo fitto di alberi che sarebbe riuscita a trovare. Non sarebbe potuta rimanere a Notturn Alley, perché l’avrebbe solo fatta sentire più indifesa e alla portata di qualsiasi mago che passava di li. Ed era una fortuna che non avesse ferito nessuno, perché questo avrebbe fatto sicuramente smuovere il Ministero. Arrivata nel luogo prescelto, circondata dalla natura e con la terra sotto le zampe, si accucciò e, con gli occhi di Scott puntati verso di lei in lontananza, chiuse gli occhi.

    Si risvegliò solo la mattina seguente, nella sua forma umana. Cercò di mettere a fuoco lo scenario attorno a lei, confusa, stanca, debole. Vide poi le sue ferite e iniziò ad allammarsi. Non tanto perché le aveva sul suo corpo, ma più perché significava che doveva essere successo qualcosa di brutto. Poteva aver ferito qualcuno. Improvvisamente, si sentì cadere addosso una coperta non molto grande e abbastabza leggera. Alzò lo sguardo e Scott era li, ma non la stava guardando. “Scott?” Per un momento si domandò perché avesse lo sguardo altrove e perché le avesse lanciato addosso quella copertina, per poi realizzare la cosa più evidente. Era nuda. Quando era avvenuta la sua prima tarsformazione, i vestiti si erano letteralmente strappati. “Oh.” Imbarazzante. Si coprì quanto meglio possibile e poi si alzò in piedi debolmente. Quasi ricadde a terra a causa di una perdita di equilibrio, ma riuscì a restare in piedi grazie a Scott, al quale automaticamente si aggrappò. “Scott io.. Volevo dirtelo.. Ma non volevo farlo tramite delle lettere.” Come avrebbe potuto semplicemente scriverglielo? No, doveva farlo di persona. “Poi ti ho scritto quel primo messaggio... Ma non avevi risposto.” Disse, bloccandosi per un momento. Non aver ricevuto risposta dopo la prima lettera l’aveva un po’ turbata, riportando alla memoria il funerale di sua madre. Era più piccola, non gli chiese aiuto direttamente, ma lo fece con lo sguardo. Una richiesta d’aiuto che Scott non era mai riuscito a percepire. Ma questa volta era diverso, forse alla prima aveva potuto non prenderla sul serio, ma alla seconda si, o non sarebbe stato li in quel momento. “Ma ora sei qui..” Il che significava anche che aveva dovuto tornare prima dalla sua vacanza. “Stai bene? Ti ho ferito?” Gli chiese preoccupata, fregandosene del fatto che lei stessa fosse ferita. “Mi dispiace averti rovinato la vacanza. E mi dispiace che tu lo abbia scoperto in questo modo. Io..” Mi odio. “Tutto questo.. È così sbagliato..” Aveva gli occhi lucidi, ma non avrebbe permesso di far uscire quelle lacrime, non voleva. “Sono diventata un mostro.” E Scott era facilmente consapevole del fatto che Arya non avesse alcuna intenzione di offenderlo, semplicemente perché il mostro di cui parlava era un lupo mannaro, non la sua controllabile licantropia.
     
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    Il suo guaito squarciò il silenzio della notte. Fu un unico grido acuto che, per un momento, mi raggelò persino il sangue nelle vene. L'avevo ferita, non mortalmente - avevo fatto attenzione, ma aveva capito di non potermi affrontare e, sfuggita dalla mia morsa, si era allontanata. Inutile specificare che l'avevo seguita, inizialmente a quattro zampe, poi - una volta assicuratomi di averla resa del tutto inoffensiva - avevo optato per tornare a reggermi sulle mie gambe. Ero ancora in ginocchio quando scorsi il suo corpo nudo, inerme, stremato. Si era abbandonata alla stanchezza, alla fine. Era esplosivo quello che accadeva sotto alle prime luci della luna e, finché non si sarebbe abituata, tutta quella ferocia l'avrebbe sfinita presto, annientando tutto ciò che si trovava intorno a lei. Mi avvicinai lentamente al suo corpo raggomitolato. Dovevo starle vicino finché non avremmo trovato insieme il modo di impedire quella tortura. Doveva esserci un modo perché quella sua natura non interferisse con la sua carriera scolastica e noi l'avremmo trovato.

    Restai accanto a lei tutta la notte. Vegliai sul suo corpo. Decisi che non sarebbe stato saggio cercare l'aiuto di nessuno della famiglia: portarla in braccio fino ad un qualsiasi posto avrebbe attirato su di noi troppa attenzione e c'erano tante cose che Arya non mi aveva ancora detto. Non era il caso di finire in guai più grossi di...quello.
    Era mattina presto quando Arya si risvegliò. Mi ero appisolato anche io, ma aprii gli occhi non appena la sentii chiamare il mio nome. Ehy, sono qui. la rassicurai, sistemandole meglio la coperta addosso. Quello di strappare i vestiti era qualcosa alla quale non mi ero mai abituato nemmeno io. Ci impiegò del tempo prima di realizzare cosa fosse successo. Ti ricordi perché siamo qui? le domandai, nascondendo una smorfia di dolore. Arya non mi aveva ferito gravemente, erano lesioni superficiali, niente che Saule non avrebbe saputo guarire. Ci alzammo insieme e dovetti reggerla a me, perché il suo corpo era ancora debole per via del trauma della notte scorsa, senza contare le sue, di ferite. Non era messa bene. Le passai un braccio intorno alla vita. Scott io.. Volevo dirtelo.. Ma non volevo farlo tramite delle lettere. Poi ti ho scritto quel primo messaggio... Ma non avevi risposto. cominciò, non appena riuscii a trovare il giusto equilibrio. E' colpa mia, tu non devi scusarti. Avrei dovuto esserci. le dissi, sincero. L'avevo ignorata. Avevo pensato che mi cercasse senza un reale motivo, e invece mia cugina aveva bisogno di me ed io ero altrove, con Saule, a divertirmi. Non me lo sarei perdonato tanto presto. Sto bene, non preoccuparti per me. le risposi, ignorando il fastidio delle escoriazioni che il nostro scontro mi aveva provocato. La priorità, ora, era lei. Ciò che le era successo, le sue cure, ma solo lei sembrava non rendersene pienamente conto. Mi dispiace averti rovinato la vacanza. E mi dispiace che tu lo abbia scoperto in questo modo. Io.. la sentii dire, e prima che potessi interromperla, si era definita un mostro. La presi per le spalle e la guardai negli occhi. Smettila, ok? Tu non sei un mostro, Arya. Ero serio, ma non le stavo dicendo esattamente la verità. Era mostruoso quello che le era successo, quello in cui poteva trasformarsi, ma non lei. Lei rimaneva mia cugina, la ragazza solare con una vita troppo incasinata per lei. Troveremo una soluzione a tutto questo. So di pozioni che possono rallentare tutto questo, forse c'è una speranza, ma devi credere in me, soprattutto devi credere in te. le dissi, fissando lo sguardo nel suo. Guardami. le ordinai, mentre tentava di sfuggirmi, turbata. Troveremo il modo, te lo prometto. aggiunsi, posando una mano sulla sua guancia per confortarla. Non sarai sola da ora in poi. affermai, sicuro che non l'avrei delusa un'altra volta.

    Mentre Arya sbloccava la serratura della porta di casa sua, io - alle sue spalle - mi assicurai che nessuno in particolare notasse il fatto che avesse indosso solo una coperta. Dovetti fulminare con lo sguardo un tizio perché si faccesse i fatti suoi, ma prima che quello potesse dire una qualsiasi cosa, entrammo dentro. Non c'ero mai stato, a casa sua. Fatti una doccia e metti qualcosa indosso, devo medicarti quelle ferite. le dissi, guardandomi intorno. Ti aspetto qui. aggiunsi, lasciandomi cadere sul divano, stravolto.
     
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    Non era mai sembrata tanto vulnerabile come in quel momento, sdraiata a terra, incosciente e ferita. L’unica certezza in quel momento, l’unico motivo per cui ora non le sarebbe accaduto più nulla, era Scott. Suo cugino era rimasto a vegliare su di lei, nonostante tutto quello che era accaduto poco prima, nonostante le ferite – seppur non gravi - che Arya gli aveva provocato quando si era trasformata. Quando la ragazza aprì gli occhi, la prima cosa che fece fu chiamare il suo nome, non rendendosi subito conto del fatto che lui si trovasse già li, al suo fianco. Alla domanda di Scott, Arya rimase in silenzio per qualche secondo. Non aveva molto ricordo di quello che era accaduto dopo la sua dolorosa trasformazione, piccoli sprazzi confusi che, solo a cercare di ricordare, le faceva male alla testa. Ma ricordava il prima, quando lo aveva visto in lontananza e aveva urlato il suo nome, sollevata che suo cugino, alla fine, era tornato da lei. Ricordava quell’unico momento prima che le sue ossa iniziassero a deformarsi per divenire quelle di un orrendo lupo peloso. Ma a parte ciò, perché si trovava li si, lo ricordava e lo confermò. "Me lo ricordo." Si lasciò aiutare ad alzarsi e si tenne la coperta ben stretta attorno al proprio corpo. Solo pochi attimi dopo, iniziò a spiegarsi riguardo il fatto che voleva dirgli di persona ciò che era diventata, e non tramite delle semplici lettere. Sentirlo darsi poi la colpa di non esserci stato, la fece dissentire. Forse non c’era stato quando era stata morsa, o durante tutte quelle giornate e nottate a piangere per ciò che le era accaduto e per quello che avrebbe dovuto affrontare, ma la verità era che non erano davvero quelli i momenti in cui avrebbe voluto averlo vicino. Era durante la sua prima trasformazione che avrebbe voluto suo cugino al suo fianco, e così era stato. Era tornato, l’aveva trovata pochi attimi prima che quel momento tanto temuto avvenisse. Ma ora sei qui, gli disse. Questo era importante per lei. Poi, la sua preoccupazione che avesse potuto ferirlo la fece agitare anche di più. "No.. No tu non stai bene.." Disse portando lo sguardo su delle macchie di sangue che sporcavano i suoi vestiti rovinati, notando poi un graffio di artigli poco più profondo degli altri. Rimase silenziosa per qualche secondo, realizzando che si, era così, l'aveva ferito davvero. "Sono stata io..." Sussurrò infine con voce tremolante. Dopo ciò, come poteva lui dire che non era un mostro? "Ti sbagli." Replicò. Si che sono un mostro, continuava a pensare. Lo guardava negli occhi mentre lui la rassicurava, mentre cercava di darle la speranza che avrebbero potuto affrontare tutto questo insieme, nominando pozioni o qualsiasi cosa l’avrebbe potuta aiutare in futuro. Eppure, Arya non sembrava afferrare a pieno le sue parole. In quel momento vedeva il bicchiere mezzo vuoto, tutto nella sua testa era negativo, nero. Spostò lo sguardo, non riuscendo nemmeno a rispondergli, quando ancora una volta Scott cercò di confortarla e farle riportare lo sguardo su di lui. E poi quella promessa. La promessa che, d’ora in poi, non sarebbe stata più sola. Un lieve sorriso si formò sul volto della ragazza, finalmente. Seppur poco, suo cugino era riuscito a calmarla e ad accendere in lei una piccolissima speranza che, alla fine, sarebbe potuto essere meno tragico di quel che credeva.

    Scott l’accompagnò poi a casa. Le mani di Arya tremavano leggermente mentre cercava di sbloccare la serratura della porta, che riuscì ad aprire solo dopo qualche minuto. Annuì silenziosamente quando suo cugino le disse di andarsi a fare una doccia. Così fece. Passò più tempo del dovuto nella doccia, camuffando le lacrime con l’acqua che cadeva calda su di lei. Quando si rese conto di quanto tempo era passato, cercò di sbrigarsi, asciugandosi e mettendosi addosso qualcosa di leggero, in fondo era pieno agosto. Un semplice pantaloncino di una tuta e una maglia a maniche corte. Quando fu il momento, tornò dall’altro. "Sono qui." Annunciò con voce debole mentre si avvicinava a lui, seduto sul divano ad attenderla. "Scott, queste ferite possono aspettare.. Disse facendo spallucce e indicandosele. Non le facevano già più male come quando si era risvegliata, nonostante il suo corpo risentisse ancora fin troppo della trasformazione. "Puoi anche tu usare la mia doccia, ne hai bisogno." Per quanto cercasse di nasconderlo, non stava messo tanto bene neppure lui e questo faceva solo che sentire in colpa Arya. In fondo, stava così a causa sua.
     
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    Entrati in casa, Arya ascoltò il mio consiglio di buttarsi in doccia ed io occupai il suo divano. Quando sentii il rumore del getto d'acqua che si scontrava contro il piatto della doccia, sfilai la bacchetta dai pantaloni ed evocai il mio patronus. Dovevo avvisare Saule che andava tutto bene e decisi di farlo nel modo più veloce che conoscevo. L'aquila argentea volò presto fuori dalla finestra ed io ricacciai la bacchetta al suo posto.
    Come aveva potuto, Arya, diventare un cazzo di lupo mannaro rimaneva ancora un mistero per me. Non avevamo avuto il tempo di parlarne, ma era qualcosa che avremmo dovuto fare, il prima possibile. La prossima luna piena sarebbe sorta a distanza di un mese, circa, e noi dovevamo capire bene come muoverci. Seduto sul divano, mi presi la testa tra le mani ed inspirai profondamente. Generalmente era Saule quella con la soluzione pronta, senza di lei mi sentivo perso. Dovevo ragionare, dovevo capire come muovermi, dovevo capire...

    Sono qui. Furono quelle due parole a farmi sobbalzare. Cazzo, mi sono addormentato, scusa... borbottai, rimettendomi seduto. Tra il viaggio e la nottata, non dormivo da tempo, in effetti. Osservai Arya avvicinarsi a me. Alza la maglietta, è quella sul fianco che mi preoccupa. le dissi, facendole un cenno. Le feci spazio sul divano e mi sedetti sul tavolino che aveva difronte. Frugai nella tasca e ne estrassi una boccettina di essenza di dittamo. Era stata un'idea di Saule quella di portarmela in giro. "Non si sa mai", aveva detto. Due gocce di questa e sarai come nuova, su. la esortai. Dopo qualche altra protesta, Arya si sollevò la maglietta, mostrandomi la ferita sul fianco. Ero stato bravo, non era profonda, ma se non l'avessimo curata avrebbe rischiato un'infezione. Brucerà, devo farne cadere poche gocce. La avvertii e, con le mani tremanti, mi apprestai a lasciar cadere un paio di gocce sulle sue ferite che - a contatto con la sostanza - emisero un piccolo alito di fumo, quasi stessero bruciando qualcosa, e solo dopo pochi istanti un nuovo strato di pelle si unì a quello preesistente. Come nuova. commentai sollevato, ficcando nuovamente la boccetta in tasca. Era davvero utile portarsene una boccetta sempre con sé.
    Dopo, magari. Avrei bisogno che prima mi dessi una mano con questa. ammisi, slacciandomi la camicia, in modo che potesse vedere la ferita che avevo sul petto. Mi aveva preso di striscio con gli artigli, non era grave, ma bruciava. Mi serve una pezza bagnata e poi lo sai usare l'incanto ferula? le domandai, ormai in piedi. Era un incantesimo curativo che le sarebbe tornato utile.
    Quando anche la il mio petto fu medicato, la invitai a sedersi affianco a me, sul divano. Arya, com'è successo? le domandai, cercando il suo sguardo. Chi era lo stronzo che le aveva fatto quello?
     
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    "Ma scusa di cosa, non preoccuparti." Ci mancherebbe altro. Dopo quello che aveva fatto per lei, addormentarsi era il minimo. Le faceva piacere la premura di suo cugino, perché avendo vissuto anni della sua vita potendosi aggrappare solo a se stessa, alla propria forza, avere finalmente qualcuno che le stesse vicino nel momento del bisogno la faceva sentire finalmente parte di qualcosa. Di una famiglia. E in quel periodo più che mai aveva bisogno di qualcuno nella sua vita che l’aiutasse a non precipitare in quel baratro che lei stessa aveva creato. L’alcol ne era il primo esempio; non aveva fatto altro che rifugiarsi nel bere pur di non pensare a tutto ciò che le stava accadendo attorno. La licantropia, l’allontanamento di Raelene, gli incubi notturni sul suo patrigno che, da quel che lei credeva, doveva essere morto. Lei stessa aveva pensato di aver messo fine alla sua vita. Tutto un miscuglio di situazioni, di emozioni negative che non avevano fatto altro che portarla a odiare sia il mondo attorno a lei che se stessa. Non poteva andare avanti così. A quel punto si avvicinò a Scott, con tutta l'aria di una che stava per andare al patibolo. Almeno finché lui non la invitò ad alzare la maglietta, risollevando un po' il suo solito sarcasmo che, persino in una situazione del genere, non fu capace di tenere a bada. "Cugino! Non ti facevo così diretto. Ti sembrano richieste da fare a una tua familiare?" Usò un tono scherzoso, mentre gli lanciava uno sguardo fugace e ironicamente malizioso. Si, ironicamente, perché tranquilli che non si sarebbe mai fatta strane idee su suo cugino. Ci aveva giocato su, come era solita fare su ogni cosa che lo riguardasse. Prenderlo in giro era ormai un abitudine di cui non poteva fare a meno. "No comunque davvero, non ce n’è bisogno." Ma Scott non voleva sentir ragione, e a una certa Arya si sentì obbligata a sedersi accanto a lui sul divano per farsi medicare. Non aveva esitato per imbarazzo, per carità, fosse stato per lei non ci sarebbe stato nemmeno problema a togliersi la maglietta per intero. Era come un fratello, che male c’era? Semplicemente avrebbe preferito che Scott avesse pensato anche un po’ a se stesso, visto che lei non era l’unica ferita in quella stanza e lui aveva già fatto tanto per aiutarla. "Come non detto." Disse infine. "Mi raccomando, non svenirmi. So di essere una figa pazzesca, ma ricorda che siamo imparentati!" Scherzò ancora una volta, sorridente, mentre con una mano si alzava la maglietta fino a poco sotto il seno. Era una cretina, ma era anche positivo questo suo improvviso giocherellare, contando quello che aveva passato e il pianto che si era fatta sotto la doccia poco prima. Questo era già una prova di quanto la presenza del cugino fosse decisamente essenziale per riuscire a stare meglio. "Cazzo!" Esclamò poi al contatto di quelle gocce sulla prima ferita. Eh, in fondo lui l’aveva avvertita che avrebbe bruciato. Grazie al Dittamo le varie ferite ci misero davvero pochissimo a guarire. La sua pelle tornò come nuova. Ora sarebbe invece toccato a Scott, che rimandò la doccia a più tardi. Dopo che quest'ultimo si tolse la camicia, Arya si soffermò per un momento a osservare la ferita sul petto e un’espressione fin troppo seria le si formò questa volta sul volto. Non era una ferita esagerata, eppure le stava facendo davvero un brutto effetto il pensiero che fosse stata lei a infliggergliela. Lei e i suoi fottuti artigli da lupo mannaro. Sospirò, prima che suo cugino la riportasse alla realtà. "Come? Oh, si. Una pezza bagnata." Disse precipitandosi a prenderne una e a bagnarla con dell’acqua. Tornò in un battibaleno, aiutandolo poi a medicare la ferita. "Bhee, teoricamente l’ho imparato. L’ho provato una sola volta e le bende si, sono uscite dalla bacchetta, no, non hanno fatto il loro dovere." Visto che il pavimento non era di certo dove sarebbero dovute finire. "Ma la seconda volta è quella buona, no?" Era più che altro una domanda retorica, posta con un tono davvero poco convinto. Ma tanto era un incantesimo che generava bende, di certo seppure non fosse riuscito, non avrebbe provocato nulla di male. E così prese la sua bacchetta e castò l’incantesimo, ottenendo un risultato positivo. Sorrise, fiera di se stessa. "Ecco fatto. Sono o non sono un’infermiera fantastica?" Ma quel sorriso e la voglia di scherzare svanirono nuovamente quando si sedettero nuovamente sul divano e Scott le chiese com’era successo. In che modo era diventata un lupo mannaro. Sospirò, abbassando lo sguardo. "È.. È colpa mia." Disse, convinta di ciò. Alla fine le colpe si riducevano sempre a lei, da sempre, per ogni cosa che accadeva nella sua vita. Si era presentata alla porta di Andy con la sola intenzione di condividere un momento con quella con cui credeva stesse per nascere una vera amicizia. Non avrebbe mai potuto pensare che si sarebbe ritrovata a sentirsi dire di scappare via, e un attimo dopo ritrovarsi ad essere attaccata da un lupo mannaro. "Davvero. Nel luogo sbagliato al momento sbagliato." Aggiunse, mentre con un gesto fugace si asciugò una lieve lacrima che le uscì dall'occhio senza preavviso. Non voleva piangere di nuovo, non davanti a lui. Per quanto la rabbia iniziale l’avesse portata a voler davvero vendicarsi per un momento, in poco si era resa conto di quanto alla fine non fosse stata realmente colpa di Andy. Come Arya, anche l’altra non si sarebbe mai aspettata di quell’improvvisata. "Lei.. Non voleva. Come io non avrei mai voluto ferire te ieri sera." Che poi, da quella fatidica sera non la vide nemmeno più. Andy era completamente sparita dalla circolazione.
     
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    Ritrovarmi con Arya, nel suo appartamento, era strano. Eravamo cugini, eppure sapevo così poco di lei. Era la prima volta che vedevo il posto in cui viveva. Se l'avessi immaginato, comunque, sarebbe stato proprio così: pieno di cose dallo stile contrastante, ma - tutto sommato - pulito, semplice, suo.
    Cugino! Non ti facevo così diretto. Ti sembrano richieste da fare a una tua familiare? La guardai negli occhi, scuotendo leggermente il capo. Invidiavo quella sua qualità di ironizzare anche nelle situazioni peggiori, quelle in cui non c'era proprio niente da ridere. Probabilmente era un suo modo di sdrammatizzare qualcosa che, invece, la faceva soffrire molto, ma non me ne curai. Le tette sono tette. scherzai, stando al gioco e, forse, tanti anni prima lo avrei pensato davvero, ma no, in quel momento quella era l'ultima cosa che avrei voluto. Ad ogni modo, la mia espressione non spinse Arya a mollare la presa. Non sia mai che mi innamori di te. Poi chi lo dice a Saule? ironizzai, scuotendo nuovamente il capo, divertito. Non c'era davvero niente che potesse riportarmi sulla cattiva strada. Da quando io e Saule ci eravamo messi insieme, non avevo avuto occhi che per lei. Il ché sembrava troppo smielato, soprattutto per me, ma era vero: la nostra relazione mi aveva cambiato.
    Ci volle un po' di insistenza perché si fidasse di me, ma alla fine riuscii a medicarle la ferita. Ne fui felice, perché la mia andava pulita e curata, prima che peggiorasse. Dovevamo fare in fretta e mi serviva il suo aiuto. Sto bene, ma ho bisogno di quella pezza. cercai di rassicurarla. Sapevo che quel groviglio di terra e sangue non era proprio un bel vedere, a maggior ragione dovevamo agire in fretta. Non volevo che si lasciasse travolgere dai sensi di colpa. Era con me, non aveva fatto del male a nessuno e quello che aveva fatto a me era praticamente niente, rispetto a quello che avrebbe potuto combinare se non avesse avuto la prontezza di richiamarmi dal mio viaggio. Si era fidata e aveva fatto la scelta giusta.
    La lasciai passare la pezza umida di acqua tiepida intorno alla ferita e, solo una volta rimossi quei pochi residui di polvere e terriccio e applicato un disinfettante, lasciai che tentasse - con un incantesimo semplice - di fasciarmi il busto. Hai semplicemente tanto culo, cugina. la presi in giro, riabbottonandomi la camicia. Ma quel momento di ilarità terminò non appena ci addentrammo nel discorso sul motivo per cui mi trovavo lì: la licantropia. È colpa mia. Davvero. Nel luogo sbagliato al momento sbagliato. cercò di spiegarmi. Lei.. Non voleva. Come io non avrei mai voluto ferire te ieri sera. aggiunse, ed io lasciai che una mano scivolasse tra le sue. I miei fratelli ed io ci eravamo nati con quella maledizione. Avevamo avuto il tempo di scoprirlo, di accettarlo e imparare a gestirlo. Avevamo la possibilità di controllare le trasformazioni, quasi sempre e la maggior parte di noi era convinta che - quello di poter ricorrere alle proprie capacità nei momenti di necessità - fosse un bel vantaggio nella vita di tutti i giorni. Al contrario, Arya si era ritrovata sola e spaventata con qualcosa di immensamente più grande di lei. Fissai lo sguardo nel suo. Non è stata colpa tua, nessuno avrebbe potuto prevederlo. Smettila di incolparti. Per quanto la situazione fosse grave, niente avrebbe potuto cambiare il fatto che ora Arya avrebbe dovuto affrontare un nuovo mostro, nella sua vita. Troveremo il modo di tenere sotto controllo le tue trasformazioni. Non ero certo che esistesse una via diversa da quella della Pozione Antilupo, la quale - per inciso - non impediva la trasformazione, ma la rendeva innocua per gli altri. Ad ogni modo, Igor aveva una fabbrica di veleni, lavorava con tanti di quegli ingredienti che non potevo credere non avrebbe potuto fare un tentativo. Non gli avrei detto che si trattava di Arya, per ovvi motivi, ma avrei tentato di ficcargli la pulce nell'orecchio. Quanti lupi mannari desideravano che la tortura cui erano costretti durante la luna piena finisse, una volta per tutte?
    Senti so che sono stato schivo per tanto tempo e non ti prometto che non lo sarò anche domani, ma voglio tu sappia che siamo una famiglia dopotutto, puoi fidarti di me. Faccio lo stronzo a volte, ma so anche ordinare delle ottime ali di pollo. Hai fame? Tutto quel parlare mi aveva messo un'acquolina a cui difficilmente riuscivo a dire di sì.
     
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