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    Alla fine ci eravamo organizzati sul serio per cercare una casa, anche se non ce ne aveva convinta nemmeno una. Nel mentre eravamo tornati per qualche giorno al Dragonfly dal momento che non ero stato ancora in grado di tornare al Ministero a lavoro,, c'erano ancora continui blackout, e gli incanti di protezione facevano acqua da tutte le parti onestamente, di tornare e lasciare Ivan con me non mi sembrava ancora una ottima idea.
    Non aveva potuto accompagnarmi, non che mi occorresse qualcuno che mi tenesse la mano, ma aveva dovuto rinunciare all'ultimo per colpa di qualche chiamata importante del Ministero. Era stupido sul serio dal mio punto di vista continuare a lavorare lì dentro, non mi piaceva l'aria che tirava, ed il fatto che Moon fosse il Ministro non aiutava me ad avere una buona opinione del resto. Io ero diverso, io non facevo altro che smistare la posta, dare una pulita e non conversavo con nessuno, mi facevo gli affari miei. Lei no, sarebbe potuta divenire qualcuno di influente, di importante, e l'idea che fosse chiamata per qualcosa di pericoloso, a difesa di un ideale opinabile mi disturbava, e non poco.
    E più che tenere il broncio alle chiamate che riceveva non potevo, mi sentivo in colpa, ma non troppo.
    "Avevo un appuntamento" dico alla donna dietro la reception, è avvenente, motivo per il quale mi disturba guardarla negli occhi, sembra non voglia altro, nonostante l'età piuttosto avanzata. "Cognome?" le passo i documenti "Reed" mi chiede di avere pazienza ed accomodarmi in sala di aspetto in attesa del mio turno.
    La sedia scricchiola leggermente sotto il mio peso, do un leggero colpo di tosse ed evito di guardarmi intorno, arrotolo i documenti nelle mie mani e mi inclino in avanti, con i gomiti sulle ginocchia. I documenti erano risalenti all'ultima dimissione a San Valentino, ormai era passato un mese e come ci si immagina, avevo già ampiamente mentito ad Ariadne dicendole di essermi ferito durante dei lavori a casa, avevo speso energie e rimedi in pozioni che non sempre riuscivano per colpa dei disordini che stavano accadendo e che avevano reso la guarigione più lunga e seccante. C'erano ancora diversi fastidi a riguardo, in alcuni movimenti, sarebbe stato tutto più facile con degli incantesimi curativi, ma l'ultimo incanto provato, mi aveva provocato un dolore enorme alla coscia al punto quasi da urlare, motivo per il quale, nonostante più lente, le pozioni sembravano più adatte contro i disordini magici. Quando sento chiamare il mio nome alzo lo sguardo ed incontro i suoi occhi, conosciuti e che mi avevano dato parecchio una mano in momenti bui, che mi avevano fatto compagnia, anche forse oltre il dovuto.
     
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    La magia ancora non era tornata a funzionare come si deve, il carico di lavoro era diventato di proporzioni indicibili, i pazienti si lamentavano come babbani insofferenti.
    Makenzie sarebbe uscita pazza se non avesse avuto il conforto delle braccia di Chab la sera, quando rientrava dai suoi turni, accompagnate dai sorrisi della sua bambina.
    Quella mattina comunque aveva solo delle medicazioni da fare e tra i vari pazienti c'era Desmond Reed, un uomo che riusciva anche a strapparle un sorriso tra un borbottio e l'altro.
    Era uno dei pochi che sapevano come sopportare il dolore e Mak questo lo apprezzava tantissimo.
    -Mr Reed, è un piacere rivederla, si accomodi pure- lasciò la cartellina del paziente precedente alla donna dietro al bancone e fece cenno all'uomo di entrare nella stanza.
    -Allora come va? Ha avuto problemi alla vista, o mal di testa frequenti?- toccò la carta sul lettino e gli fece cenno di sedercisi sopra - sua sorella come sta?- ed entrambi sapevano a quale sorella si riferisse.
     
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    NOnostante la permanenza passata in ospedale, non avevo mai visto, almeno non da sveglio quella stanza, era più sterile del resto dell'ospedale e sembrava quasi una stanza di fortuna, adatta per ricevere tanti pazienti in poco tempo, di quelli che non si fermano per troppo tempo.
    "Pensavo fossimo più confidenziali di un Mister Reed"
    le dico con un sorriso sterile ed ironico, poteva avere l'età di Caterina e per quanto la differenza di età ci fosse mi faceva strano che mi desse del lei, il fatto che fosse giovane e così capace mi rendeva impossibile collocarla in una posizione da Lei. Nonostante la professionalità insomma.
    Si chiude la porta alle spalle ed io mi sposto i capelli all'indietro in un moto che sembrava nervoso.
    "Tutto bene" spiego "Ho solo ancora un po' di dolore sotto sforzo, non riesco ancora a correre ma non è migliorato con tutti i bagni e le pozioni consigliate, va meglio, ma non perfetto" era stata l'unica, durante la medicazione, dopo l'interrogatorio con gli auror a dirmi che se avessi finto di non ricordare molto per una vendetta personale avrebbe capito. Lei aveva detto che mi avrebbe capito se l'avessi fatto, come se fosse avvezza ad ascoltare gente che dice stupidaggini come non ricordo il suo viso eravamo al buio. O, mi ha colpito al volto e non vedevo bene. O, non ho fatto niente che meritasse una cosa del genere.
    "Bene non è ancora rientrata da..." la guardo e mi accorgo a quale sorella si riferisca, quindi dico "Bene" sottolineo "Preoccupata credo" alle dimissioni dall'ospedale ci avevano avvisato di non utilizzare magia convenzionale o il rischio sarebbe stato quello di non castare un incanto incompleto o non funzionante che avrebbe creato danni che non potevano prevedere, e nonostante la bruna fosse stata una infermiera meticolosa e paziente, non era difficile capire e comprendere che per noi maghi, il recupero da una malattia alla babbana era strana, fuori questione e ci metteva parecchio nervoso addosso. Insomma, eravamo incapaci di attendere tempi normali di ripresa. Persino quando era successo quel casino con Anna alla fine, dopo 20 giorni avevo ceduto alle cure di Caterina dentro la casetta sul lago. Ma stavolta, da che non ci era possibile, ci sentivamo entrambe nervosi.
    "Comunque qua, sotto sforzo questo punto sembra volere esplodere, brucia come il diavolo" avevo provato una corsa leggera e per due volte ero rientrato zoppicando vistosamente per un giorno intero, di pazienza ne avevo finita. Le indico il punto dolente della coscia, che arriva al ginocchio e abbraccia il muscolo posteriore "Non so se sia normale" chiedo senza un vero punto di domanda "E mi sveglio spesso durante la notte" non dico che è per l'agitazione, vorrei scambiasse l'idea per il fatto che mi svegli dal dolore, forse sarebbe peggio.
     
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    -Lei- e indicò la donna fuori dietro al bancone - ci tiene alle formalità. Bisogna darle in contentino di tanto in tanto- la confidenza era venuta da se nei giorni in cui era stato in ospedale, era stato naturale e alla terza volta in cui era stata corretta le era venuto anche spontaneo farlo.
    A porte chiuse potevano anche tornare a un livello più confidenziale e Makenzie non se lo fece certo ripetere due volte.
    -E' normale, purtroppo le scorte di dittamo le teniamo per i casi più problematici e tutto nel mondo magico sembra andare a rilento-
    Addirittura era comparso il marchio nero nel cielo, e sebbene lei non parteggiasse per nessuna fazione sentiva che niente di buono sarebbe venuto, inoltre metteva di malumore Chab e tanto bastava per preoccuparsene.
    -E' normale anche questo. Eppure qualcosa mi dice che sei più preoccupato di lei. Anche questo rallenta la tua guarigione, a volte è anche una questione di testa- lei comunque avrebbe controllato ogni singola ferita ancora non totalmente guarita e si sarebbe accertata che tutto stesse andando come doveva.
    -Il sonno non viene per i pensieri, ti prescriverò qualcosa per indurre il sonno se vuoi, ma io direi che con un pò di autocontrollo potresti farcela anche senza l'aiuto supplementare-
    Sospirò e si sedette sullo sgabello mentre scriveva alcune notazioni - Cosa ti preoccupa Desmond? E soprattutto sei a riposo come ti è stato consigliato? Non devi sforzarla finchè non smette di fare male, pensavo fosse chiaro-
     
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    "Con del dittamo in maniera costante andrebbe meglio" ne avrei dovuto assumere per una settimana aveva detto Caterina e sarei stato molto meglio in davvero pochissimo tempo, ma ci serviva già confezionata. Con una pazienza enorme aveva provato due volte ad estrarne l'essenza, ma la prima volta l'essenza era diventata nera, la seconda a momenti ci rimette un occhio dall'esplosione dovuta.
    Il mondo magico era in seria difficoltà e avrebbe potuto notarlo chiunque, persino estrarre dell'essenza di dittamo quasi diveniva pericoloso. La ragazza non sembrava minimamente d'accordo con l'elargire l'essenza, per i casi più gravi diceva, ed era comprensibile, ma si sa che in momento di emergenza in realtà ogni problema ci sembra meno peggio del nostro.
    "Niente di che sono agitato per una situazione generale, l'aggressione in casa, ho una figlia piccola a Durmstrang" mi blocco all'improvviso, perchè ho detto piccola? Ariadne è grande abbastanza ormai, ma non lo sarai mai per me probabilmente "Cioè non piccolissima, ma insomma è lontana" il sonno era diventato leggero e qualsiasi rumore nella stanza del Dragonfly sembrava abbastanza per farmi spalancare gli occhi.
    In realtà non ero certo avrei preso nemmeno qualche erba particolare, mi chiedevo, e se non mi riuscissi a svegliare in tempo?
    Attesi pazientemente le sue annotazioni prima che mi invitasse a farmi dare un'occhiata alle ferite.
    Io ora, so perfettamente che è solo un lavoro, ma giocava qualcosa di diverso dall'ultima volta che ero stato in ospedale, giocava che prima mi sentivo malato, ora nonostante gli acciacchi non stavo troppo male. L'idea di mostrarle la coscia abbassandomi i pantaloni, o il petto togliendomi la maglia... mi sa che se ne accorge perchè schiarisco nervosamente la voce tre volte.
    Siamo dei maghi, mi chiedo, oddio ma non c'è un modo per non farmi abbassare i pantaloni? Quali boxer ho messo?
    Comincio con una lentezza tremenda a levare il cappotto, poi lentamente sollevo i bordi della maglia, magari si dimentica di controllare la coscia, mi viene da ridere di me stesso, sono un idiota, è un medico.
    Mi sfilo la maglietta, lasciando il collo non sfilato, mi siedo sul lettino e tiro in avanti le labbra in un gesto leggermente imbarazzato. Letteralmente buffo. "Sono un papà che non potrà fare storie sui tatuaggi" dico per smorzare un po' l'aria.

     
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    Ne era certa ma, come gli aveva spiegato, non poteva disporre del dittamo a loro disposizione per nulla che non fossero ferite mortali, in poche parole.
    Le disse di avere una figlia a Durmstrang. Piccola.
    Almeno doveva avere dieci anni no? Le fece tenerezza questo suo modo di vedere la cosa, del resto era vero che per i genitori i figli erano sempre piccoli.
    Persino lei per suo padre sembrava non fosse cresciuta minimamente.
    -Dovresti toglierti tutto- gli fece presente senza sollevare lo sguardo, del resto il signum vitae non serviva se il paziente non era quasi totalmente morto, e lo sapevano entrambi visto che glielo aveva già spiegato mille volte durante la sua degenza in ospedale.
    Quando sollevò lo sguardo e lo trovò quasi totalmente vestito le venne spontaneo pensare che si stesse imbarazzando da morire.
    Poteva capirlo, ma doveva farlo comunque.
    Le fece comunque una tenerezza immensa e istintivamente pensò invece a quei porci che non vedevano l'ora anche di abbassarsi le mutande.
    -E direi di no- sorrise senza puntualizzare l'ovvio.
    Lo avrebbe fatto dopo per ora gli avrebbe lasciato un pò di tempo per abituarsi all'idea.
    -Ne hai davvero tanti, immagino abbiano tutti una storia- mentre parlava controllò le ferite, sembravano tutte a posto solo una non era guarita del tutto quindi la disinfettò e la coprì con una garza intinta di erba cicatrizzante. Non veloce come il dittamo ma sicuramente efficace.
    -Desmond .. dovresti togliere anche i pantaloni, devo dare un'occhiata alla ferita che ti fa male-
     
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    "Ahua" serro i denti e soffio dentro i denti aria per il pizzicore sulla spalla mentre ci piazza su del cotone con un forte odore di ortica e salvia. Il coltellaccio che mi si era piazzato sul petto aveva lasciato una cicatrice nemmeno troppo grande e non mi sarei stupito se fosse stata maledetta o qualcosa del genere.
    "Ho una storia alle spalle piuttosto lunga" sussurro come a volerlo dire più a me che a lei in effetti, ogni tatuaggio, a partire dal primo legato alla mia infanzia, come una autostrada sulla pelle, come se fosse un recap. di circa 30 anni della mia vita: Ariadne, Liz, Anna, mia madre, me. Sennar, Ivan. Caterina.
    Serro le mani e i palmi sul bordo del lettino incurvando la schiena in avanti, finchè non mi accorgo che tutta quella pagliacciata che avevo tirato su era solo un rimando, che accettai nel modo falsamente più naturale: "Oh, si certo" si certo niente, mi si seccò la bocca e trassi un respiro profondo, scesi dal lettino, calai lo sguardo sul bottone dei jeans che scivolò via dall'asola.
    Il proiettile era entrato cinque dita circa sopra il ginocchio, quindi arrotolo i pantaloni fino alle ginocchia, e con fare goffo, impossibilitato ad aiutarmi, mi risiedo sul lettino.
    Il buco era rimarginato, il bordo rimaneva cauterizzato malamente, i lembi di pelle erano ancora scuri e traumatizzati, ma non mi sembrava ci fosse infezione o simili. Il dottore, l'amico di Anna, mi aveva detto che avevano provato ad estrarre il proiettile con le bacchette ed era stato un casino, il blackout l'aveva fatto muovere malamente verso l'esterno ed io avevo urlato di dolore nemmeno mi stessero scannando. Quindi avevano usato del dittamo, ma appena i primi segni di cicatrizzazione partirono, smisero di somministrarmelo.
    Piegarsi, correrci su, saltare, non era ancora facilissimo, ma avere certi pensieri era inutile per distrarmi, mentre la ragazza si piegava col viso sulla ferita, guardai il soffitto e gonfia le guance due, tre volte, in attesa del verdetto.



     
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6 replies since 11/3/2018, 18:44   63 views
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