the world is ugly

but beautiful to me.

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    Maghi oscuri
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    Ci ho rimuginato tanto ed alla fine eccomi qui.
    Non è stato difficile trovare dei compagni di viaggio per questa avventura. Mi è bastato promettere qualche beneficio qua e là, o forzare la mano su chi avevo già in smacco et voilà. Ecco la mia piccola armata di delinquenti pronti a combattere per me ( e per tutto ciò che entrerà loro in tasca).
    Il mio non è un semplice capriccio.
    Voglio Azkaban.
    Sobaki è la mia casa ma Azkaban rappresenterebbe un tassello in più nella fitta rete di affari che ho messo su e che sono intenzionato ad ampliare ancora e ancora. Le prigioni sono il mio Impero Romano e non sarò soddisfatto fino a quando non ne avrò il completo controllo. Ed ecco perchè sono qui, per quella che potrebbe sembrare una semplice trattativa e che si staglia invece come quel che è per davvero: un'occupazione.
    Entrare non è stato difficile. Non solo il mio volto è conosciuto ai più visti i recenti avvenimenti di cui immagino il signor Preud non sia informato visto la sua permanenza in gattabuia, ma la volontà di attraversare ogni confine mette chiunque si ritrovi sulla mia strada in una netta posizione di svantaggio. Nessuna pietà. Quando mai ne ho avuta?
    “Questo posto è una reggia.” Dico con una nota di rammarico mentre avanzo lungo i corridoi della parte più alta della struttura. Non mi piace. Non è così che dovrebbe essere una prigione, ma sono sicuro che col mio tocco tutto tornerà al proprio posto ed Azkaban tornerà a splendere, o meglio, a far paura.
    “Chissà cosa penserebbe il signor Preud se osasse metter piede a Sobaki. Voi ci siete mai stati?” Continuo parlottando tra me e coi presenti.
    Raggiungiamo la biblioteca, gioiello di questo posto. Ai detenuti migliori è persino concesso passar del tempo qui. Come se esistessero detenuti migliori.
    “Prendete posto dove volete. Fate quel che volete. Fate come se foste a casa vostra. Per oggi lo è.” Invito i miei a far ciò che più gli aggrada. Per quanto mi riguarda, possono anche dar fuoco fino all'ultima pagina. “Aspetteremo il signor Preud per chiedergli gentilmente di andare via.” Estraggo dalla tasca una lettera che porgo su una scrivania, e dopo essermi lasciato scivolare sciattamente su una sedie – le gambe lunghe incrociate sul tavolo – attendo.

    CITAZIONE
    Il contenuto della missiva è il seguente:
    Azkaban è ufficialmente occupata.
    Può lasciare la struttura indenne, insieme a chiunque altro voglia seguirla o accettarne le conseguenze.


     
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  2. Lisbeth Who?
     
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    La carne è debole.
    Ma la mia non appare minimamente intaccata dalle fascinazioni più seducenti. Lo spirito, quello sì. Assai debole.
    Il mio è il passo cadenzato, lento ma deciso, di chi non ha mai avuto niente da perdere. Sono nata dal nulla, dalla feccia più assoluta, da un tombino putrido del quartiere più malfamato della città. Questo mondo non mi ha voluta, alla minima occasione ha cercato di fare a meno di me. Ho impiegato anni ed anni, ma adesso sento di essere finalmente in grado di riscattarmi. Restituirgli il favore.
    Non mi importa dei soldi, non sono un mercenario. Sono un'idealista senza le catene del bisogno, quello che faccio lo faccio per una giustizia superiore che non mi si ritorcerà contro.
    Seguo fedelmente i passi dell'uomo, la bramosia gli incendia il viso, gli illumina lo sguardo come farebbe una torcia in una notte d'inverno senza luna. Non conosco i corridoi di Sobaki ma non rispondo. Le sue domande hanno un retrogusto acre. Sa di ferro, sa di sangue.
    Ho una maschera nella tasca destra dei pantaloni, fino all'ultimo mi domando se la indosserò. Il mascheramento non mi è mai piaciuto, forse perché non è così che si camuffa il peso dell'azione.
    Ed io in questo assalto voglio immergermi come un soldato. Non sono pronta al sacrificio, non è la mia guerra, ma nella battaglia delle alleanze d'ora in poi saprò su chi fare affidamento.
    Con prudenza, ma certo.
    Continuiamo ad avanzare. Siamo i padroni, siamo la rivolta, siamo un'ondata di protesta che non si arresterà. Percorriamo i cunicoli freddi e grigiastri fino in cima, arrivando in una biblioteca. Roeim dice che possiamo farne ciò che vogliamo, poi posiziona il suo ultimatum in attesa dell'ostaggio.
    Io sciolgo la fila e getto la maschera a terra.
    Se questo sarà il mio posto per oggi, conviene che lo si osservi per bene.
    Con un colpo di bacchetta ribalto alcuni ripiani. la polvere dei libri mi pizzica il naso. Va tutto estremamente bene.
     
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  3. Not so serious!
     
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    BCdig3s

    Ed eccola lì. Sicura e determinata come non è mai stata: Katherine Gray avanzava con passo deciso e al contempo elegante verso il luogo designato per l’occasione. Le labbra dipinte di rosso spiccavano sul viso incorniciato dai boccoli che scendevano dolci sulle spalle coperte dal solito mantello nero.
    Le era bastata una promessa e la voglia di sentirsi al potere per far sì che partecipasse a quell’avventura.
    Azkaban. Era sempre stata affascinata da quel posto così macabro e misterioso. L’aveva sognato: lei, la reginetta di Azkaban.
    Ascoltó le parole di colui che aveva sentito la necessità di organizzare l’occupazione mentre camminava in quei corridoi che ne avrebbero viste delle belle durante quei giorni. Le si dipinse un ghigno sul volto. Con lo sguardo attraversó tutti i piccoli dettagli che le si paravano davanti. Troppo agio per i detenuti.
    «Sobaki.» disse con voce alta e piatta.
    Silenzio.
    «No, non ci sono mai stata ma mi ci dovrai portare un giorno. sussurrò tranquilla «Me lo devi.» soffió avvicinandosi a Roeim.
    Avanzó ancora accompagnata dal resto dei ribelli. Percepiva il brivido e l’adrenalina. Era fin troppo pronta.
    Raggiunsero la biblioteca, enorme fonte d’attrazione per la donna. Scaffali e enormi armadi dalle vetrate poco pulite, ospitavano libri fatiscenti e logori ma al contempo preziosi. Katherine ne fu da subito attratta e non ci pensò due volte prima di raggiungere un qualsiasi reparto per ammirare quei capolavori che tanto bramava. Assetata di sapere così com’era, lasciò passare l’indice della mancina sulle copertine polverose mentre con la destra reggeva la sigaretta che poco prima aveva acceso.
    «Tutto questo mio per un giorno.» sibilò incantata.
    Katherine Gray, la reginetta di Azkaban.

     
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    L’eternità è lunga, lunga e noiosa: questo il pensiero che aveva spinto, più di tutti gli altri, Odile a partecipare a quella specie di sommossa, si era deciso di attaccare Azkaban, o meglio, di prenderne il possesso, cosa diavolo ci avessero fatto poi con la prigione, questo restava un mistero, non aveva posto alcuna domanda al riguardo, non le interessava, non le interessava neppure il ricavato, c’era ben poco lì dentro che sarebbe sembrato allettante per una come lei, che aveva già tutto, semplicemente era il puro gusto di fare qualcosa di moralmente sbagliato , il puro gusto di fare qualcosa. Doveva ammetterlo, purtroppo, da quando Fred era ritornato nella sua non-vita si era ammorbidita parecchio, arrugginita anche troppo per i suoi gusti e quindi eccola qui ora, in mezzo ad altri come lei, non avrebbe esitato a chiamare il suo intero gruppo, lei compresa :” La feccia del mondo magico”, lo erano dopotutto o forse erano i migliori, ogni cosa cambia a seconda del punto di vista no? L’unico che ebbe il piacere e il dispiacere di riconoscere lì in mezzo, tra i tanti volti, fu Ismael , gli sorrise appena, per poi tornare con lo sguardo di fronte a sé, proseguendo a camminare tra i corridoi. --- si rivelò essere un nostalgico di Sobaki, lei non c’era mai stata e tantomeno aveva intenzione di andarci nel prossimo futuro, quindi sarebbe stato meglio evitare stronzate. Sobaki … Ne aveva sentito parlare e di certo Azkaban in confronto sembrava una specie di vacanza, i racconti di quel luogo erano terribili. Odile ticchetta le unghie sul legno lucido e scuro della bacchetta nella cinta, dalla tranquillità con cui arrivano alla biblioteca pare quasi che sia più una allegra scampagnata che un vero attacco a qualcosa il che la rende terribilmente annoiata. Comincia a sfogliare i vecchi libri della biblioteca, ecco, forse qualche libro sarebbe potuto essere interessante anche per lei? Lo sguardo guizza rapido tra i titoli mentre --- li invita a fare semplicemente ciò che vogliono.
    Odile prende posto su una poltroncina, composta, non abbassa la guardia neppure per un attimo, è in una prigione, circondata da gente a cui non si affiderebbe neppure per sbaglio, ergo non può concedersi il lusso di starsene in panciolle, ovviamente lo sguardo smeraldino e il perenne sorrisetto sul volto freddo non daranno mai a vedere nulla di ciò che realmente pensa, a vederla dall’esterno anzi sembrerebbe estremamente tranquilla, circondata da amici di vecchia data, tutto il contrario di ciò che è. Arriccia una ciocca di capelli sull’indice, in attesa di ciò che avverrà.

     
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  5. Guilty;
     
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    dm2I6pK
    Voglio un rialzo. Quaranta - sessanta. Sono pur sempre un socio!
    Aveva biascicato quelle parole a Roeim con studiata compostezza, complice del piano che avevano messo sù insieme, mattone dopo mattone, in un crescendo d'ingordigia.
    Ampliare i confini della sua giurisdizione significava inevitabilmente caricare Ismael col doppio del lavoro e questo non poteva farlo gratis.
    I suoi profitti necessitavano d'un solido incremento. Quanto alla fama e alla gestione, l'altro sarebbe stato libero di pensarla come credeva. Dopotutto, i suoi compiti erano limitati allo spionaggio ed alla ricerca. Entrambi, piuttosto divertenti.
    Consideralo un piccolo bonus per quello che ci aspetta. Ti aiuto con un paio di amici; ovviamente pensi tu alle ricompense. Un occhiolino a suggellare un patto muto e la via era già spianata.
    Trovare sostenitori fra i mangiamorte era roba semplice: qualche promessa, contentini. Erano come mercenari in lizza al miglior venditore e Nyström in questo sapeva il fatto suo.


    Un gruppetto di manigoldi pronto alla presa della Bastiglia.
    Non poteva dirsi omogeneo, nè compatto negli interessi ma tutti avevano un motivo preciso per essere lì, incluso Ismael che riflettendo il buon umore di Roeim, lo affiancava per i corridoi con crucciata apatia, arricciando le labbra.
    Indubbiamente, nè lui, nè il moro, erano dinanzi al quadro immaginato.
    Sono quasi deluso. Farfugliò Gunnarsson, un'occhiata alle proprie spalle.
    Mh, penserebbe che sei troppo tirchio per permetterti una biblioteca, probabilmente. O che le condizioni igieniche del tuo ghetto sono discutibili. Cosa vera. Biascicò con fare sardonico, l'espressione arricciata in un mezzoghigno mentre, sorpassato l'altro con una labile pacca sulla spalla, si intrufolava in quell'ampia camerata, sedendo oltre la scrivania e sollevando i polpacci al disopra, le dita intrecciate in grembo.
    Odile, mia cara, vieni qui ad allietare un amico impigrito. Non poteva farsi mancare una distrazione con tanto di quel tempo a portata di mano. Sarebbe stato poco proficuo e si sapeva, Ismael dava una certa importanza ai suoi interessi.





    Edited by Guilty; - 19/10/2017, 22:05
     
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  6. psycho;
     
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    Ci sarà una ricompensa, così gli pare di aver capito.
    Una ricompensa per una cosa tanto grossa fa gola a chiunque, se si tratta di soldi è anche meglio. Quelli gli servono, la droga non cresce sugli alberi, così come tante altre cose.
    Poi se c'è un motivo per fare casino legalmente, chi è lui per tirarsi indietro? Sente Abaddon fremere, scalpitare per prendere il controllo, ma Emijl lo trattiene.
    Gli darà il permesso di intervenire solo al momento giusto e solo se sarà necessario.
    Questo Roeim Nystrom gli piace, è sicuro di se, di ciò che fa e ha lo sguardo di chi sarebbe capace di fare qualsiasi cosa. Nei suoi occhi Emijl riesce a leggere tutto il male che ha procurato, ogni singola tortura inflitta, tutti i demoni che nasconde in se.
    Non lo sorprende il fatto che voglia prendersi Azkban e ridimensionare quel posto, dopotutto sembra essere diventato più un hotel, negli ultimi anni.
    E pensare che una volta era il luogo più temuto da ogni mago, certi racconti che ha sentito da ragazzino non li dimentica di certo.
    Non ha un vero e proprio interesse nel far tornare la prigione al suo antico splendore, ma freme dalla voglia di commettere qualcosa di efferato, qualcosa che non potrebbe fare normalmente alla luce del sole.
    Per tutto il tempo si limita ad ignorare il gruppetto con cui è giunto ad Azkaban. Li scruta uno ad uno, però, studiandoli per capire con chi ha a che fare. Alcuni di loro sembrano essere lì per sbaglio, come Eris Rosier, un'altra studentessa di Durmstrang.
    “Spero questa attesa non sia troppo lunga”, dice con una nota di impazienza nella voce, lanciando un'occhiata a Nystrom e afferrando un libro a caso da uno scaffale, con fare svogliato.
    Lo sfoglia a malapena, per poi lasciarlo cadere a terra e passare ad un altro. Per il momento non sembra esserci qualcosa di interessante tra quelle pagine.
     
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    Fuori da Durmstrang si faceva strada un diverso tipo di quotidianità, una cosa che ricordava le vacanze estive appena terminate.
    Però sembrava un film e lei non faceva che recitare una parte dettata dalla sua fragile mente.
    Va tutto bene.
    Erano parole che ripeteva mentalmente ad una velocità tale da impedirne la comprensione. Si era ripromessa di non assecondare più quelle idee che, in un secondo momento, le erano sempre sembrate stupide.

    Ti porto a divertirti.
    Con il cuore che batteva a velocità incredibili in un misto di euforia e paura, l’adrenalina aiutava quei grandi occhi ad assimilare quante più informazioni possibili dall’area circostante.
    Non aveva mai visto Azkaban, ma in sogno aveva già visitato quella biblioteca, per diverse notti ne aveva ispezionato le sezioni, ne aveva sfogliato le pagine logore e ingiallite. Così, tra tutte quelle anime dannate, Eris cercava di salvare la sua rimanendo in silenzio, facendo leva sulle braccia sottili e straordinariamente coperte di tessuto nero, si era seduta all’angolo del tavolo su cui Roeim aveva posato i piedi.
    Chiunque lì dentro aveva più esperienza di lei, chiunque lì dentro avrebbe dato il suo contributo alla missione.
    Lei era lì per guardare, per essere il gatto bianco raggomitolato sulle lunghe gambe di Roeim, un vizio estetico e nulla di più.
    Eris decise che era meglio così, voltarsi sorridente e decisa a resistere a quelle energie nere che cercavano di affondarla. La cosa più saggia da fare e era assecondare ogni sua direttiva.
    Perché ogni porta che la Rosier si fosse trovata ad aprire le aveva regalato una caduta e, arrivata a quel punto, forse non si poteva cadere più e quella porta era meglio tenerla chiusa, lasciare che fossero gli altri ad aprirla per lei e tenersi stretta la facoltà di scegliere se entrare o meno. E se non si facesse vivo? Dovremmo andare a cercarlo? Le gambe pallide e sottili dondolarono dal bordo della scrivania; sinceramente interessata dal suo modo di gestire il lavoro.
     
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  8. lücinda
     
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    Azkaban suscitava troppi ricordi in lei: il luogo dove è stata rinchiusa troppo a lungo, dove poi è stata liberata e dove alla fine ha ricevuto il marchio che adesso portava sul suo braccio sinistro. Ritornarci in altre circostanze un po' le creava una strana sensazione, un po' la incuriosiva molto. Tuttavia fu spinta da ciò decidendo così di accettare l'offerta di Roeim e di far parte di quella improvvisa squadra. Osservò dettagliamente quella maschera decidendo però di non indossarla. Non ne aveva bisogno, non aveva paura di essere scoperta o altro. Curiosa nel capire a fondo il motivo per cui l'uomo, mente di tutto questo, fosse così interessato a occupare una struttura come quella. Mai si sarebbe aspettata di fare ritorno lì, dove tutto ha avuto inizio. Dove la sua vita cambiò completamente tanto. Ed ecco che si presentò nuovamente l'occasione, anche se in circostanze completamente differenti. Adrenalina scorreva nelle sue vene in quel momento e si lasciò trasportare dalla corrente degli altri componenti di quella squadra.
    Varcarono la soglia. Se a guida del gruppo Roeim stava parlando meravigliato dello scenario, lo fu anche Lucinda ma la sua mente era completamente concentrata a memorizzare ogni particolare di quel luogo. Era strano ma non si sentì per nulla a disagio. Quel luogo dopo tutto quel tempo era completamente cambiato.
    Arrivarono in biblioteca, di cui aveva sempre pensanto a cosa potesse servire a dei detenuti? Lei non ci era mai andata e mai ne chiese il permesso. Cominciò a guardarsi intorno incuriosita a leggere qualche titolo di sfuggita sui bordi. E visto che dovevano solamente aspettare, ne estrasse uno abbandonandosi poi contro la prima poltrona vicino a tutto il gruppo. E se... il signor Proud non gradisse tutto ciò? Spero tu abbia pensato a un piano B. Ci doveva sempre essere un piano di riserva nel caso in cui qualcosa andasse storto.
     
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    Davvero credevano che una persona come lui, un uomo che aveva fatto della perfezione e della precisione la propria ragione di vita, non avesse messo a punto in tutti quegli anni un sistema in grado di difendere la prigione da un attacco tanto banale come una passeggiata fra le sue mura e una richiesta di cedere il suo regno? Kostia poteva anche essere rimasto distratto da altri fattori in tutto quel tempo ma aveva governato con pugno di ferro quella prigione per…quanto? Cinque anni? Aveva passato tanto di quel tempo fra quelle mura, a dedicarsi ad esse, che solo una persona come Roeim, un sadico più impegnato a far marchette sul dolore altrui che a svolgere il suo lavoro, poteva credere che l’ucraino non avesse fatto altro che oziare nelle proprie stanze.
    Sarebbe bastato che si guardasse intorno, che leggesse un minimo, per sapere quanto di sé stesso Kostia aveva messo in quel luogo. Ci aveva lasciato il cuore, in quella prigione, letteralmente e metaforicamente, e vi aveva riversato tanto del suo sangue nel ricoprirla di incantesimi che lo richiedevano che avrebbe potuto calarsi i pantaloni ed entrarci da lì, facendo l’elicotterino - Sarebbe facile, sai? Arrabbiarsi intendo - disse rivolgendosi alla donna che aveva accanto. Si trovavano in piedi sulla scogliera che fronteggiava l’isola di Azkaban, separata da un breve braccio di mare, il luogo da cui anni prima aveva osservato e diretto i lavori che l’avevano ricostruita. Scrollò la testa, osservando le figure muoversi nella sfera che teneva in mano. Un altro bel gioiello, quello, un regalo di Micheal.
    Aveva sempre saputo che si trattava di un padrone esigente, il Ministro, incapace di accettare qualcosa di meno della fedeltà più assoluta. Ne aveva vista parecchia di gente caduta in disgrazia, in quegli anni, e stavolta toccava a lui. Il grande ed eterno ciclo della vita - Prima o poi verrà anche il suo turno - aggiunse con una scrollata di spalle rivolto a Selyse, in piedi al suo fianco. Lì, doveva avrebbe sempre dovuto stare. Ruotò la mano, a lasciar rotolare la sfera via dalle dita, sull’erba umida, e poi sempre più veloce lungo il ciglio del precipizio. La vide lanciare un ultimo bagliore prima di cadere nel vuoto e precipitare in acqua, decine di metri più sotto.
    Era sicuro che di lì a poco avrebbero iniziato a capire che nessuna delle difese del castello sarebbe scattata.
    Si sistemò la sciarpa intorno al collo, alzò il bavero del cappotto come ulteriore protezione dal vento e lanciò un’ultima, lunga occhiata alla fortezza. Perfino da lì, senza sforzo, avrebbe potuto far scattare il sistema di emergenza e aprire con esso le porte di tutti i detenuti, bruciare gli archivi, sigillare parti intere della prigione perché loro non potessero nemmeno sospettarne l’esistenza. Ma il marito saggio sapeva che la vendetta più amara di fronte ad una moglie infedele non era di sfregiare l’oggetto del proprio amore perché l’amante non potesse più goderne quanto invece di lasciargliela così come era, con tutti i pregi che aveva già potuto scoprire ma soprattutto con i difetti in cui doveva imbattersi.
    Che si divertissero, se lo credevano.
    - Andiamo - disse poi a Selyse, porgendole il braccio. Era un abbraccio, quello, in cui non avrebbe mai dovuto aspettare che fossero altri a gettarlo - Abbiamo molto da fare. E credo di doverti delle scuse -
     
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    Il suono assordante di un allarme mi spinge a sorridere. Oh, adoro le persone che si credono intelligenti non essendolo affatto. Mi fanno sorridere e mi rendono felice perchè umiliarli poi è più divertente.
    Faccio un cenno ad Ismael. E' l'unico a conoscere i dettagli del mio piano.
    L'armata fatta entrare qui era una mera distrazione. Un'illusione. Chiunque con un po' di sale in zucca avrebbe potuto capire che se le mie intenzioni erano quelle di appropriarmi di qualcosa di così grosso, non sarei venuto qui totalmente solo, né avrei corso il rischio di fare la figura dello stupido ignorando che ci fossero sottopassaggi o uscite secondarie.
    Uomini sono piazzati ovunque anche intorno alla reggia e un potente incanto anti smaterializzazione, impedirebbe a chiunque la fuga.
    Io non voglio vincere perchè il mio avversario batte in ritirata. Non mi soddisfa una tale possibilità. Io voglio godere fino all'ultimo secondo del sapore della vittoria.
    “Bruciate ogni pagina di questo posto. Divertitevi con i detenuti. Ammazzate le guardie. Fate quel che vi pare.” Riferisco a coloro che sono con me in biblioteca, prima di sparire velocemente lungo i corridoi e raggiungere l'esterno. Guardie fedeli – fedeli sul serio – si occuperanno di tenere Kostia bloccato se dovesse essercene il bisogno.
    La fortuna però è dalla nostra e così, riesco a beccare Preud e la sua compagna, proprio lì, all'esterno mentre si scambiano poche parole.
    Oh, l'amour. Rende ciechi, sordi e privi di qualsiasi facoltà intellettiva.
    Rido, lanciando uno sguardo veloce ad Ismael mentre avanzo.
    “Andiamo Preud. Quanto ci fai stupidi? Credi che avremmo lasciato qualcosa al caso se le nostre intenzioni fossero state quelle di prenderci il tuo bel castello?” La presunzione fa cadere gli uomini migliori. Il piedistallo che si creano uomini colmi di prosopopea, crolla al primo vento di verità. Ed io sono qui a soffiare sulle sue macerie.
    “Potevi divertirti con noi lì dentro e hai preferito squittire via seguendo un pezzo di formaggio, marcio.” Imito il verso di un topo, saltellando sulle gambe, prima di scoppiare a ridere. Sono estasiato. Sono felice. Ed eccitato.
    Mi rimetto diritto e guardo Kostia con la sua amica per qualche attimo. Uno sguardo divertito che sa più di quel che dice.
    “Sai... Le scuse, te le dovrebbe lei.” Con un cenno indico la donna al suo fianco, indirizzandole un occhiolino.
    Torno poi a Kostia, impaziente di raccontargli tutta la verità. “Il sesso ha troppo potere su di te. E credimi, te lo dico da amico.” Oh, non che non lo capisca. Ma lasciarsi abbindolare così è umiliante. Insomma, non è un mangiamorte qualsiasi. Lui è Kostia Preud ed invece di tener fede alla fama che si è costruito negli anni, ha preferito gettare tutto al cesso per pochi attimi di orgasmica felicità. Avrei potuto procurargli di meglio con cinque galeoni.
    “Dovresti lasciarle perdere queste sgualdrinelle da quattro soldi. Sono le prime pronte ad attaccarti appena ne hanno la possibilità.” Annuisco, sincero. Non lo sto prendendo in giro. So quel che dico.
    “Non voglio prendermi il merito di tutto questo. Sai, che proprio la bella donna che stringi ha organizzato questo piano mesi e mesi fa? Esatto. Proprio mentre tu cercavi di conquistarla tra le mura di questo posto, lei pensava a come prendersi il dominio su Azkaban. E ahimè, lo ammetto, io pecco di poca originalità così mi sono rifatto ad una sua idea per qualcosa di così succulento. Scusami Selyse.” Unisco le mani quasi come se volessi pregarla mentre metto su un'espressione fintamente addolorata. Un'espressione che muta appena l'attimo dopo.
    Torno a Kostia, piegando il capo di lato prima di scuoterlo. “E' così brutto che ti abbiano raggirato. Ma credo sempre che l'ingenuità vada scontata. Solo così si può crescere.” Annuisco convinto delle mie parole, prima di prendere un bel respiro profondo, quasi come se il ruolo da maestro di vita mi pesi. Non è esattamente così, ma è giusto restare nella parte. “Moon mi ha chiesto di farti un ultimo regalo.” Annuisco velocemente e con uno scatto, la mia bacchetta sferza l'aria che ci separa. Ismael si occuperà di tenere impegnato Kostia qualora ce ne fosse il bisogno, così che il mio incanto vada a buon fine. Deve essere così.
    “Avada Kedavra.” Una luce verde si muove tra noi, e si indirizza verso la donna. Moon è un uomo magnanimo così, mi ha chiesto di liberare Kostia della traditrice. Non li apprezziamo i bugiardi e poi tra veri uomini bisogna aiutarsi.

     
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    Odile rimane ferma ad osservare gli astanti, al suo sguardo non sfugge niente. Il passato è vivo nei suoi ricordi, il presente si anima nei suoi occhi verde smeraldo ed il futuro di spiega, come un gigantesco gomitolo di lana rossa, di fronte a lei. L’attenzione va a posarsi su una donna umana quanto diabolica, non sa il suo nome e forse non è desiderosa neppure di saperlo ma il modo in cui scruta tra i libri le fa intendere velocemente che è assetata, assetata di sapere e questo la fa facilmente entrare nelle grazie dell’eterna.
    Viene distratta solo da Ismael che la invita ad avvicinarsi a lui per uccidere l’attesa fin troppo poco movimentata
    << Oh mio caro amico, il meglio sta per arrivare>> sussurra all’orecchio del biondo per poi afferrare la bacchetta ed è in quel momento che l’allarme scatta
    << Il topino sta scappando veloce >> sibila verso Roeim mentre quello, seguito da Ismael, sparisce nei corridoi, desideroso di placcare Proud e la piccola vipera insulsa che si trascina dietro.
    << Non ti dispiace se prendo questo vero? E’ inutile>> asserisce convinta verso Katherine, sfilando un libro poco distante da quelli che l’altra era tutta intenta a sfogliare per poi strapparlo e lanciare i pezzi in aria
    << Uh sembra neve>> considera tra se facendo una giravolta sotto quei frammenti di carta che ora librano nell’aria
    << Avete sentito no? Diamoci da fare>> esclama sorridendo e non c’è nulla di rassicurante in quel sorriso
    << Te e te>> dice puntando il dito prima su Kate e successivamente su Lisbeth << Venite con me, vi insegnerò come delle dita umane possano essere un ottimo ornamento per la casa>> ridacchia sparendo nei corridoi.
    E’ ovviamente una guardia a fermare ben presto la sua spedizione verso i detenuti, in un gesto rapido, sfodera il legno lucido e scuro per poi sibilare la maledizione senza perdono che troverà l’altro costretto ad accartocciarsi a terra
    << Guardate sembra una foglia che brucia>> continua lei verso le altre due, muovendo la bacchetta in un immaginario affondo e ridacchiando delle urla strazianti dell’altro per poi, semplicemente, scavalcarlo e passare oltre.

     
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  12. Guilty;
     
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    Allarme e sorriso correlato.
    Ismael ci sperava, probabilmente perché, indipendentemente da quanto famoso e conosciuto fosse, mai aveva avuto modo di constatare le dicerie su Kostia.
    Il più giovane dei Gunnarsson era stranamente disinteressato alla fama. Per lui, al contrario della genetica di famiglia, contavano molto di più le possessioni materiali ed il potere che regalavano; uno dei diversi motivi per cui riusciva a collaborare tanto facilmente con Nyström.
    Arricciando il naso alla volta di Odile - un monito alla frustrazione per essere stato interrotto il più bello - non esitò tuttavia a seguire Roeim per quegli anfratti, abbandonando gli interni di quel luogo ormai svuotato del suo originario splendore.
    Era sinceramente deluso dalla mancanza di confronto e non mancò di mostrarlo nell'espressione quando raggiunsero la spiaggia esterna, ormai prossimi alla figura in compagnia.
    L'arrendevolezza non era una qualità ben apprezzata dall'islandese, al pari della fuga quando tagliava via ogni impulso alla caccia.
    Alle spalle del proprio aguzzino, si limitò a scrutare con insolente sfrontatezza la coppietta che aveva sotto il naso, senza evitarsi l'eccesso d'una risata sibilante alle parole che l'altro pronunciava.
    Era una mossa poco scaltra credersi superiori. Lasciava spazio alla possibilità di spiacevoli contrattacchi. Come in quel caso, in fin dei conti.
    Ismael e Nyström avevano meditato troppo a lungo quella presa per non pensare ad ogni possibilità. Dalla loro parte, avevano mesi e mesi di pianificata strategia. Una comodità che evidentemente mancava dall'imprevisto.
    Per quanto accorto e preparato potesse essere Kostia, la novità d'un attacco non meditato gli era piovuta addosso senza previsioni. Ancor di più, i numeri non erano esattamente a suo favore.
    Era l'unione - ed ancor meglio la corruzione - ad unire gli animi tenaci.
    Quale punizione migliore del tradimento spettava a chi s'abbandonava al tedio della fiducia?
    Gunnarsson non attese ancora. Il lampo verdognolo d'un anatema mortale fu il suo segno. Immediatamente il corpo rispose al richiamo dell'impulso, piegandosi e distorcendosi. Cadendo sulle ginocchia, con la velocità di chi era avvezzo alla propria natura, abbandonò le spoglie umane per far perno sulla bestia.
    Uno slancio fulmineo mosse il suo corpo in avanti, a zanne digrignate, mentre con due grandi falcate si issava sulle zampe posteriori, avventandosi sull'uomo al fine d'impegnarlo in una lotta impari ed impedirgli qualsiasi salvataggio, provando a braccarlo con l'ausilio della propria mole.


     
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    Quando l’allarme scattò, la Rosier si strinse nelle spalle e scivolò silenziosa giù dal tavolo, totalmente intenzionata a non farsi toccare dal caos che dilatata attorno a lei, come chiusa in una bolla, prese parte alla presa di Azkaban tirando giù dalla libreria un paio di libri che le interessavano; li nascose nella borsa con movimenti leggeri e controllati, sfruttando quell’attimo di follia per allontanarsi in un corridoio illuminato dalla luce della luna che si rispecchiava sul pavimento tra le inferriate alla finestra.Tra le urla di detenuti e carcerieri, la Rosier fece esplodere le sbarre con un bombarda che, con le mani tremanti, andò a segno solo dopo il terzo tentativo.
    Poteva vederlo, dietro le sue spalle, il bagliore lontano di un fuoco che di lì a poco avrebbe potuto raggiungerla. Soffiò un grosso respiro mentre il labbro inferiore tremava e tratteneva a fatica le lacrime. Era un salto nel vuoto e chiunque così inesperto e giovane ne avrebbe avuto paura. Pensò, è un modo figo di morire.
    E se il morbido cadent non avesse funzionato, se si fosse schiantata sugli scogli o la sabbia dura e battuta dalle onde?
    Tutte le sue previsioni si erano avverate, non aveva alcun motivo di restare in vita se non per le questioni irrisolte che portava con se.
    O il vuoto, o il fuoco.
    Scelse il vuoto, il vento freddo che le faceva schiacciare la gonna al pari di un vessillo di guerra.
    Con la bacchetta stretta in pugno, la caduta le tolse il respiro mentre ogni minimo raziocinio si annebbiò alla vista della scogliera sempre più vicina.
    Morbido Cadent.
    Morbido Cadent.
    Morbido Cadent!
    Giusto qualche graffio. Non era stata una caduta indolore, sarebbe tornata a casa con qualche ferita lieve da curare prima che potessero vederla. Un po’ dolorante ma leggera come sempre, si spolverò il vestito e con un po' d’impegno riusci riuscì a nascondere i graffi grazie alla natura di metamorfomagus.
    Rimase in silenzio, in disparte, in attesa che Roeim terminasse il suo lavoro, lontana da quel caos.

     
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