Collide.

(privata - Warner)

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    - Nah, ma che davvero? - Ma seriamente? Mi sta mettendo in punizione solo perché mi ha beccato a fumare? Ma la libertà dov'è finita, eh? Al cesso? 'Sta stronza. Miss Rottenmeier è la bibliotecaria decrepita di Durm. Credo abbia già un piede nella fossa da almeno cento anni ma non si decide a schiattare. Evidentemente le piace troppo romperci i coglioni. Credo che in realtà l'abbiano lasciata qui anche per pietà, visto che quello che si occupa della maggior parte delle cose è Kaljumäe.
    - Ma dai, non sono proprio IN biblioteca. Sto aspettando una persona! - Ovvio che non sono dentro la biblioteca. Non sono mica malata. Mi ci dovrebbero portare con la forza. Non capisco quelli che si rinchiudono qui tutto il santo giorno ma ok, libere scelte. In effetti sono sull'uscio, un po' dentro e un po' fuori, al confine.
    - Ssse non vuoi esssssere cacciata, signorina, ti consiglio di fare come ti dico io! O va drrriitta dal preside! - E te pareva. Alzo le mani in segno di resa, spengo la sigaretta sul muro e la butto. Quella mi guarda anche peggio. Ho fatto quello che mi ha detto, ma che vuole? Ho sprecato pure il tabacco per lei. Ingrata vecchia.
    - Ok? Però la punizione no, eh. Per favore. - Mi gioco il tutto per tutto ma lei è inflessibile. Il nazismo proprio. Va be', lei c'era già in quel periodo, no? Avrà milleduecentosei anni. Mi dice che devo riordinare i libri presi in prestito in un settore della biblioteca. Vojo morì. Pare che avrò pure aiuto da un altro genio che deve scontare una puntizione quindi... Beh, com'era? Mal comune mezzo... mezzo? Mi viene "gaudio", ma che cazzo vuol dire "gaudio"? Bho. Comunque ci siamo capiti.
    Mi prende per il polso con la sua manina ossuta e mi trascina in quel covo di secchioni. Quando le ho detto che stavo aspettando qualcuno mica era una cazzata eh. Era vero. E infatti eccolà lì, Farrah, che si sta alzando. Finché non mi vede. Le mimo un "ci vediamo dopo" con le labbra, insieme ad un'alzata di spalle. Insomma, non potevo farci niente.
    Ma questa biblioteca quanto è grande? Mi sta trascinando da anni e ancora non siamo arrivate. Camminiamo, camminiamo. Si ferma. Sospiro e mi guardo attorno. Siamo in un'ala della biblioteca dimenticata da Merlino. L'accesso è chiuso con un cartello che recita "settore in allestimento". E lo dovrei allestire io, magari. Guardando bene tra le infinite pile di libri, polvere, scaffali semi-vuoti, vedo Warner. Ehnnnnooooeh.
    - Sarebbe lui l'aiuto? Stiamo freschi eh. - Miss Morte mi fa cenno di stare zitta e chiama a sé anche Warner che (questo ce l'abbiamo in comune) ha la faccia di chi vuole semplicemente andarsene. Quella ci spiega cosa dobbiamo fare, dove dobbiamo mettere i libri, che ordine dobbiamo seguire, quali scaffali devono essere riempiti, ecc. Poi se ne va con il suo indice minaccioso. Aspetto che si sia allontanata per parlare.
    - Te lo dico subito Andersson. Non rompere le palle perché la situazione è già critica così. - Non so se mi odi o se si diverta a provocarmi come faccio io con lui, ma una cosa è certa: ci infastidiamo a vicenda. Tra le mille persone di questa scuola, lui non è esattamente quella che sceglierei per fare due chiacchiere. È un riccone viziato, il che basterebbe a farmelo odiare.
    - Cos'hai fatto per meritarti questa fantastica punizione? - Non riesco a stare zitta, quindi cerco di fare conversazione, mentre prendo un libro e leggo il titolo per sapere dove metterlo. Ok... forse avrei dovuto ascoltare la vecchiarda.
     
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    A quanto pare era proibito ampliare la conoscenza di giovani menti come quella di Warner interessati ad Arti Oscure ben oltre quelle che vengono già insegnate. Per di più se lo si facesse al di fuori del coprifuoco, aumenta ancora di più le probabilità di finire in punizione.
    Punizione. Che parola odiosa.
    L'unica persona che osava mettere in punizione il ragazzo è suo padre, cosa che non fa da molto tempo, da quando era diventato grande e abbastanza responsabile per rispondere delle proprie azioni. Dopo essere stato beccato in piena notte a visionare quel libro rubato - lui non ha fatto altro che continuare a dire che fosse preso in prestito - da una sezione agli studenti proibita, Warner non è stato portato al "cospetto" del Preside, ma di lui se ne occupò direttamente il responsabile della biblioteca. Se ne sarebbe occupato il giorno seguente. Warner poteva scegliere di non presentarsi, ma non amava sapere di suo padre contrariato per l'atteggiamento sconsiderato di suo figlio. Così, pur di non ritrovarsi la figura del padre nel castello, il giorno seguente si presentò in biblioteca. Non osava immaginare quale noiosa punizione gli fosse spettato, ma fu grato di essere completamente da solo. Le punizioni in compagnia erano così fastidiose, costretti a parlare e a stringere un qualsiasi tipo di rapporto con l'altro mal capitato, o capitata.
    Warner venne portato in una zona della biblioteca che non aveva mai visto. Osservò il cartello alle porte di quella area e capì immediatamente quale sarebbe stato il suo compito. Se non altro, poteva andargli peggio. Lì sopra un tavolo c'era tutto il necessario per pulire e su diversi carrelli tutti i libri da mettere in ordine. In un primo momento sorrise, poiché grazie alla magia avrebbe finito in un batter d'occhio. Ma quel giorno la fortuna non fu dalla sua parte. La vecchia bibliotecaria lo intimò a consegnarle la bacchetta e che solamente a fine compito glela avrebbe resistuita. Warner sbuffò, assomigliando per un istante a un bambino capriccioso che non aveva alcuna intenzione di eseguire in ordine di quel genere. Ma se voleva fare un minimo di "bella figura", dimostrare che avrebbe fatto di tutto pur di uscire da quel buco dimenticato da tutti estrasse la bacchetta dal foderino della sua cintura e la consegnò. Poi venne lasciato completamente da solo.
    Quella area non era piccola, nemmeno media. I carrelli con i libri erano molti non osava nemmeno contare approssimamente quanti ne fossero. E poi quello straccio e il secchi d'acqua. Davvero la vecchia si aspettava che lui pulisse? Una lieve risata si librò nell'aria e scuotendo la testa si avvicinò al primo carrello con scritto il numero uno. Vuol dire che questi libri vanno nello scaffale numero uno o è il primo carrello che deve essere messo in ordine in qualsiasi parte? Certo che qualche informazione su come muoversi poteva anche dargliela. Decise alla fine di seguire il primo ragionamento, spingendo il carrello e cominciando a mettere i libri in un ordine a caso e svogliato al loro presunto posto.
    Andersson!
    E ora che c'è! Sbottò d'improvviso quando la voce della vecchia lo richiamò. Cos'altro aveva fatto questa volta? Ma capì subito che lui non aveva fatto nulla, ma qualcun altro si. Mai si sarebbe aspettato che Mykie venisse trascinata in questo inferno di punizione e quasi gli venne da ridere. Quindi ho iniziato per niente? Poteva dirmelo che dovevo aspettare! Sbuffò, stavolta contrariato, per lo meno l'inizio lo aveva fatto bene e quindi si meritava una piccola pausa. D'infatti una volta che la bibliotecaria lasciò la stanza, Warner si andò ad accomodare beato sulla sedia, allungando le gambe sopra il tavolo. Cosa c'è? Io ho fatto tutto quel scaffale da solo, mi merito una pausa. Si accomodò meglio sulla sedia, osservando la ragazza che con il primo libro in mano cominciò a guardarsi intorno. Ma senza fare nulla. Merlino aiutami. Si alzò dalla sedia e si avvicinò a Mykie afferrando il carrello e rimettendo quel libro a posto nell'altro. Non è difficile. Carrello numero 2, caffale numero 2. E via di seguito. Quanto hai fumato oggi? Voleva fargli credere che per tutto quel tempo era chiusa nel suo mondo senza dare ascolto a quella vecchia? Per lo mano, la donna non aveva rivelato il motivo per cui anche lui si trovasse lì dentro. Alla sua domanda si strinse nelle spalle. Violato il coprifuoco. Dopotutto niente di che. E tu? Hai messo su una protesta col tuo gruppo di amici?
     
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    Ah, Warner Andersson. Simpatico come un dito nell'occhio since 2000. No, non è che so la sua data di nascita, è solo che abbiamo la stessa età. Ovviamente, siccome lui ha già fatto tanto lavoro - seh - ora faccio tutto io e lui si siede. Mica scemo, devo ammetterlo.
    - Cosa c'è? Io ho fatto tutto quel scaffale da solo, mi merito una pausa. - Deve aver capito che la cosa non mi va bene, ma è piuttosto ovvio dato il mio sguardo assassino. Pure perspicace, uao. Andersson riserva sorprese. Chi l'avrebbe mai detto.
    - Seh, va be'. - E io che dovrei fare? Prendo un libro e me lo rigiro fra le mani, facendo quindi volare qua e là la polvere che lo ricopre. Fantastico. Tossicchio, poi mi guardo intorno tra gli scaffali. Ma che devo fa'? Potrei chiedere aiuto al genio là, ma non voglio dargli questa soddisfazione.
    - Non è difficile. Carrello numero 2, caffale numero 2. E via di seguito. Quanto hai fumato oggi? - Pfff, senti questo oh. Mi giro verso di lui con un'espressione fintamente indifferente. Ma chi si crede di essere? No, non ho bisogno di risposte, lo so. Crede di essere un riccone belloccio. Purtroppo, lo è. Quindi non gli si può dir niente.
    - L'avevo capito. Stavo solo... pensando. - Seh, come no. Io non ci credo, ma l'importante è che ci creda lui a questa cazzata colossale. Anche se fosse non sono poi così credibile. Quindi: carrello 2, scaffale 2 e blablabla. Sembra fattibile. Ho detto "sembra". Comunque che è sta storia del fumo? Ho la faccia da fattona? Sì. Giusto. Allora, rifacciamo: ho la faccia da fattona che non ha speranze? Ecco. Questo no. Mi so regolare io. So usare la natura per farmi solo del bene.
    - Per tua informazione, oggi non ho ancora fumato. Non erballegra, almeno. - Ok, la sincerità prima di tutto, anche con elementi come lui. Che comunque in questo preciso istante (sottolineo: in. questo. preciso. istante.) non sembra poi malaccio. Si sarà svegliato con il piede giusto, chissà. Anche perché non solo mi risponde, ma mi fa pure domande! Devo segnarmela sul calendario, questa giornata. Scherzo, non ho un calendario.
    - Uuuh, violiamo il coprifuoco... Dov'eri, eeeh? - chiedo, ammiccante. Sì, ok, forse ora lo sto deliberatamente provocando, facendo allusioni neanche troppo velate e impicciandomi degli affari suoi ma... Andiamo. È troppo divertente! Contrariamente alla sua ipotesi. Proteste, pfui.
    - Ah-ah-ah. Sì, certo. Molto divertente. - No, per niente. Non fa ridere. La gente deve smettere di prendermi per hippy. Non che parte di me non lo sia, sia chiaro, ma il tempo delle proteste è finito. Tipo negli anni '70. Anche se avrei parecchio per cui protestare... Ma questo è un altro discorso.
    - Stavo fumando fuori dalla biblioteca. Ma era una sigaretta innocente, quindi niente di che, no? - Voglio dire, chi è che non lo fa? D'accordo, non è stato il massimo dell'astuzia, va bene. Però la vecchia poteva anche chiudere un occhio. O pure tutti e due. Abbiamo tutti il nostro canto del cigno. Il suo è finito da almeno mezzo secolo.
    - Allora... Credi che riusciremo a finire entro la fine dell'anno? Non vorrei morire qui. - Io avrei la mia vita, ma la vecchia sicuramente se n'è dimenticata. Bisogna ammettere però che la sua è stata una bella mossa. Un po' del tipo "non ho voglia di lavorare, trovo due sfigati e faccio lavorare loro". Diabolica. Ora mi spiego tutto. Come ho fatto a non pensarci prima?
    Ma meglio mettersi al lavoro, per non rimanere qui fino alla fine del mondo. Prendo un libro dal carrello tre, più impolverato di quello di prima. E d'istinto penso allo scherzone del secolo. No, in realtà è solo la cazzata del momento.
    - Ehi, Andersson! - richiamo la sua attenzione e, non appena si gira, gli soffio addosso la polvere. Rido infinitamente: la mia risata riecheggia per quegli scaffali e devo mettermi la mano sulla bocca per non attirare l'attenzione su di noi. Ora devo prepararmi a una vendetta tra 3... 2... 1...
    Gioco bonus: trova la citazione Disney AHAHAH
     
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  4. warner.
     
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    Per tua informazione, oggi non ho ancora fumato. Non erballegra, almeno. Ci stava quasi credendo. Li venne quasi da ridere ma dovette mordersi con forza l'interno della guancia per non cedere. A volte quella ragazza riusciva a sciogliere i nervi che occupavano la sua mente, quasi facendogli dimenticare anche il dovere più importante. Forse era il suo carattere o la sua convinzione del non sentirsi prigionieri ma liberi da qualsiasi cosa. Scosse il capo solo nella speranza di scacciare via quei pensieri e concentrarsi unicamente sul suo dovere. Warner non era fatto per queste cose. Non era quel tipico ragazzo da conversazione, da scambiare battute o farsi una risata. Non ricorda nemmeno l'ultima volta che ha riso per qualcosa. Forse mai. Ci pensò per un momento. Sul serio, che suono avrebbe la sua risata?
    Stava comunque dando il meglio di sé. Di solito quando si trattava di punizioni - che comunque erano eventi rari in quanto cercava sempre un modo per evitarle, sia mai suo padre lo venga a sapere - rimaneva sulle sue, svolgeva il suo compito il prima possibile, evitava di fare amicizia con qualcuno e se la sviniava via. Non riesce a capire come l'essere in coppia con qualcuno debba significare diventare amici di sventura e ricordare tra qualche anno questo momento insieme, magari davanti a un bicchiere in un pub.
    C'erano diverse categorie di studenti durante una punizione: quelli come Warner, silenziosi e al proprio posto. Poi c'erano quelli svogliati, quelli che lasciano fare tutto il lavoro all'altro.
    E poi c'erano quelli come Mykie.
    Troppo vivaci e che fanno troppe domande.
    Certo, non gli avrebbe dato alcun fastidio rispondere a quella domanda. Se non fosse per il semplice fatto che Warner non era tipo da mettersi a raccontare i proprio fatti personali. Eppure era stato lui a passare la palla. Era stato proprio lui a lanciare la prima pietra, ritrovandosi in questa conversazione senza nemmeno rendersene conto. Evitare di rispondere avrebbe rimesso Warner nella sua solita posizione: l'antipatico e asociale della situazione. Eppure qualcosa lo spinse a rispondere, senza però andare nel dettaglio. In realtà qui. O meglio, nella sezione proibita. E non aggiunse altro. Sicuramente questa sua rivelazione non avrebbe fatto altro che cominciare un'altra serie di domande curiose. Ma in fondo, Warner non aveva nulla da nascondere. Cosa c'era di male nel leggere qualche libro proibito sulle Arti Oscure? Accennò un mezzo sorriso per poi afferrare il seguente carrello per riporre il resto dei libri negli altri scaffali. Mentre cominciò a sistemare gli altri libri, ascoltò la sua risposta. Scosse il capo sospirando. In teoria, se sei tra quattro mura è proibito. Che sia una stanza o un corridoio. Ed ecco la sua aria da saputello, quella che anche lui odiava. Ma non poteva farci nulla. Era stato cresciuto in questo modo e di certo non avrebbe cambiato il suo atteggiamento. Una volta ci provò ma tutto quello che ottenne fu uno sguardo di disaccordo da parte di un professore che si aspettava una sicura risposta da lui. Da quel momento capì che cambiare non serviva a nulla.
    Ehi, Andersson!
    Si girò, pensando fosse qualcosa di importante. E invece fu tutt'altro. Aprì bocca ma chiuse immediatamente gli occhi per l'improvvisa polvere che gli colpì il viso. Cominciò a tossire e muovere la mano per scacciare via quella piccola nuvola di polvere. Nel tutto sentì come sottofondo le risate di Mykie, credendo che chissà grande scherzo ha appena fatto. Quando Warner si riprese, non aveva l'aria di una persona che aveva voglia di scherzare. E anche la ragazza se ne accorse. Che diavolo ti passa per la mente? A quel punto volle vendicarsi si, ma senza farsi scoprire. Cristo mi hai fatto respirare la polvere! Non lo sai che ho problemi se la respiro?! E iniziò a simulare la tosse, con la sola intenzione di farla preoccupare. Quasi ci riuscì. La sentì avvicinarsi, magari sarebbe corsa a chiamare soccorsi. Fu a quel punto che Warner, ormai non riuscendo più a fingere si tradì. Rise. Si cominciò a ridere. Sei proprio una credulona Krasil'nikova.
     
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    Lo so, lo so. Sono super divertente. Sono talmente tanto simpatica che a volte vorrei essere una mia amica per godere della mia compagnia. Davvero. Certo, non tutti mi sanno capire. Devo avere preso l'umorismo inglese di mio padre John, che mi dicono non faccia ridere nessuno oltre i confini del Regno Unito. Be', ognuno ha le sue croci, che ce vojamo fa'.
    Per esempio, si direbbe proprio che Warner non sia proprio, come dire... entusiasta? Ecco. Sicuramente non capisce l'umorismo inglese.
    - Che diavolo ti passa per la mente? - Ok, forse è il caso di smettere di ridergli in faccia. Anche se la sua espressione è talmente comica che quasi ce lo vedo, in uno di quei locali dove si fa cabaret il venerdì sera. Dovrei portarcelo e farlo esibire. Nuova stella della comicità. Come mia spalla, chiaramente. È l'amico musone che fa ridere perché è musone. Non nel senso che siamo amici, chiaramente. Facevo un esempio.
    - Oh ma daaai! Era uno scherzo! - Non si può nemmeno scherzare. Ma questo qui come è cresciuto? A pane e odio per il genere umano? I suoi devono aver fatto davvero del brutto sesso per concepirlo così serio.
    - Cristo mi hai fatto respirare la polvere! Non lo sai che ho problemi se la respiro?! - CHE? Ok, adesso non fa più ridere. Dico, ma non poteva dirlo prima? Me lo dice adesso? Non morirà qui davanti a me, vero? Non voglio un morto sulla coscienza, soprattutto non per sbaglio. Ma poi è seriamente possibile morire così? Ok, ci sono malattie mortali più subdole e stupide ma... Merlino baffuto. Mi avvicino a lui e confesso di essere leggermente spaventata. Io stavo scherzando.
    - Cazzo... Be', allora andiamo in infermeria! - Cioè, ma pure lo sfigato polverofobiaco (non è nemmeno una parola, lo so, me la sono inventata e secondo me suona pure bene quindi ciao) mi doveva capitare? Io non ho parole. Lo afferro per un braccio e me lo metto attorno alle spalle come se dovessi reggerlo per tutto il tragitto. Non lo so, mi sembra che con i malati si faccia così, non me ne intendo.
    Ma lui, ovviamente, inizia a ridere.
    Lo voglio morto davvero, adesso.
    - E tu sei proprio uno stronzo. - Bene. Promemoria, promemoria per me: inserire Warner Andersson nella lista di quelli da lasciare morire male non appena se ne presenti l'occasione. Ecco. La mia espressione è la stessa che farebbe una qualsiasi nonna italiana dopo aver sentito da suo nipote che non ha fame. Quel misto di rabbia e delusione che ti fa pentire di essere nato. O almeno, questo è il tentativo. Per non sbagliare, gli rifilo pure uno spintone.
    - Ho troppi insulti per te ma non sprecherò tempo per elencarli tutti. - Così, con superiorità. Io vorrei essere una di quelle che dicono la frase ad effetto e poi usano la tattica passivo-aggressiva del silenzio ma niente, non ci riesco. E quindi devo aggiungere per forza qualcos'altro.
    - Sai che ormai non crederò più a nulla di ciò che mi dirai, vero? Comunque ti avrei potuto anche salvare la vita quindi mi devi un favore. - Non so se può capire la logica dietro questo fantastico ragionamento, ma visto che fa tanto l'intelligentone dovrebbe farcela. Tanto vale rimettere a posto questi libri. E ignorarlo per il resto del tempo.
    Andersson infame u_u
     
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4 replies since 19/10/2017, 11:09   89 views
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