So You Want to Be Happy? OK, But Consider This...

Sigfrid

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    E' tutto così diverso qui. Persino l'aria ha un odore differente da quello del Nord. La annuso e storco il naso, è come un istinto primordiale.
    Muovo i miei passi sul prato al calar della sera, diverse ore dopo la cena viste le lunghe odiose giornate estive. Lento ma deciso mi dirigo verso l'unico luogo nei dintorni in cui riesco a sopportare di stare. Anche se dopo mesi potrei dire di averci fatto l'abitudine a questo posto, ma non sarebbe del tutto vero. Ho scoperto di essere molto più abitudinario di quanto credessi. A differenza di Sigfrid per me è difficile ambientarmi, cambiare abitudini, sopportare gli altri, la gente. Gentaglia. Continuo a sentirmi un pesce fuor d'acqua, fatico a trovarmi a mio agio circondato da persone che non riesco a considerare nemmeno degne del potere che possiedono. Solo per discendenza non certo per merito, perchè due maghi si sono uniti carnalmente e la loro prole ha ricevuto un dono di cui crescendo solo pochi si rivelano degni. Che schifo sarebbe?
    Questo mondo non fa per me e dunque è chiaro che non mi resta da fare altro che impegnarmi ancora di più per raggiungere il mio obiettivo: trasformarlo affinchè mi si adatti. Cosa avevate pensato? Che sarei cambiato io? Eppure in un certo qual modo è ciò che sta succedendo, contro la mia volontà. Lo sento, a volte più prepotentemente che altre. Sento il potere scivolarmi via di dosso, come le gocce di pioggia di un temporale estivo. Lo vedo creare una pozza intorno ai miei piedi, mi ci rifletto dentro. Allungo la mano per cercare di riprendermelo ma mi sfugge, proprio come l'acqua tra le dita. E' un incubo o qualcosa di più? L'oscurità si nutre di altra oscurità per crescere, per rafforzarsi. La luce le è nemica e qui ad Hogwarts c'è decisamente troppa luce per me.
    Guardo Sigfrid immergersi, splendere di questo bagliore riflesso. Sembra che non lo tocchi, che non abbia effetto su di lui, non quello deleterio che ha su di me eppure d'altro canto mi affligge perchè lui sono anche io ed io sono anche lui e niente può succedere ad uno dei due che non infetti l'altro. Che abbia sbagliato creandomi un horcrux umano? Gli essere viventi sono fragili, influenzabili. Avrà Sigfrid la forza necessaria ad assolvere il suo compito? Prima ne ero certo ma ora...

    Non sapevo se mi avresti raggiunto. Ma ci speravo. E' tanto che non stiamo un pò insieme, solo noi due. Non per sua colpa. Lo ammetto, l'ho evitato ultimamente. Se mi chiedesse il perchè non potrei nascondere la verità alla sua mente, acuta già di suo senza l'influenza della parte di me che contiene. Mi fa piacere.
    Un sorriso accompagna questa ammissione, ma subito lo nascondo abbassando lo sguardo verso l'erba che si fa sempre più scura mano a mano che il sole scende dietro le montagne.
    Il nostro soggiorno qui è finito ora che non ci sono più lezioni. Dovremmo parlare di quel ci aspetta adesso. Trovarci un posto dove stare quando la Preside, fin ora magnanima, ci negherà la sua ospitalità. Decidere se provare a dare l'esame che ci manca. Io non mi sento pronto ma Sig potrebbe esserlo. Non sono riuscito a studiare come avrei voluto, ho trovato difficile concentrarmi. Sono stato distratto da altro, qualcosa che non avrei mai considerato. Hai tempo per me stasera? O hai uno dei tuoi... appuntamenti? Non gli faccio una colpa del fatto di essere più socievole di me, o forse si anche se non dovrei. La ragione mi dice che è giusto lasciarlo fare e infatti non gli ho mai impedito nulla, nessuna esperienza, per quanto trovi barbara questa sua pulsione ad unire il proprio corpo a quello di queste... bestie. Non riesco ad esserne testimone però, non più. Il solo pensiero di lui avvinghiato a.... qualcun altro... mi da il voltastomaco ultimamente. Prima no, prima mi incuriosiva era qualcosa da studiare, da capire. Ma qualcosa è cambiato. Forse è questo posto, forse è stato un errore venire qui. Lo è stato, Sig?

     
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    Cruccia l'espressione nel ricevere quella missiva, lasciando che l'agitazione alteri la facciata di finta naturalezza che si è trascinato dietro per settimane.
    Arriccia il naso eseguendo il bisogno di scaricare la stizza che gli si accumola sottopelle, in un moto di vorace indisposizione, appallottola la carta per lanciarla in un angolo della stanza.
    Non ha apprezzato gli atteggiamenti di Damien nell'ultimo periodo. Sebbene abbia sempre provato a lasciare ai suoi intenti lo spazio necessario, non ha potuto fare a meno di sentirsi inutile con quell'allontanamento.
    Per di più, non può godere della propria integrità visto quanto volubile sia il pezzo d'anima che gelosamente trattiene in sè.
    Gli capita di tornare insistentemente a lui col pensiero ed il suo umore non migliora quando la sera, nella loro stanza, di lui non c'è neanche l'impronta sulle lenzuola.
    Anche per questo, le pulsioni scatenate da un crescendo di rabbia ed inettitudine hanno accentuato la necessità d'un corrispettivo sfogo. Vertici pericolosi, frequenti e malsani.
    Damien gli ha servito la più cruda delle realizzazioni: la completa inutilità del proprio essere se abbandonato a sè stesso.
    Funzionano solo insieme.
    Eppure ora, dinanzi a quel riscontro, non può non risentire della pena che ha scontato. Vorrebbe servirgli lo stesso trattamento, fargli pagare con l'assenza l'utilità della presenza. Vorrebbe costringerlo a crollare.
    Con la più tetra indecisione i suoi piedi si trascinano oltre l'ingresso.
    Il mantello strascica sul prato umido, seguendo l'andatura mesta che impone al proprio passo. Ha lo sguardo basso, i capelli più lunghi nascosti sotto il cappuccio e gli occhi azzurri ridotti ad una fessura serpentina ed inquieta.
    Cammina con i brusii dell'avventatezza intrappolati nella scatola cranica e sente le tempie pulsare quando la figura di Bear si fa più nitida nel suo campo visivo, man mano che accosta il limitare della foresta.
    Si ferma a pochi passi da lui, arricciando le labbra in una linea di falsa accondiscendenza mentre la sua voce torna a tormentargli l'esistenza.
    È così fastidiosamente pacato. Così calmo d'alimentare in lui un disappunto sufficiente ad entrambi.
    Avremmo potuto parlarne se non avessi deciso di giocare a nascondino. Ribatte con tagliente sarcasmo alla sua necessità di risposte, sollevando le sopracciglia.
    Preserva la rigidità del corpo, sorridendo quando quell'ultimo quesito lo raggiunge. Il fatto che abbia continuato a spiarlo senza mostrarsi al suo bisogno fa vacillare la sua sopportazione.
    Appuntamenti? Ti riferisci alla mia dedizione studentesca? Ho solo chiesto qualche delucidazione in merito alle creature magiche. Cinguetta, sollevando gli angoli della bocca.
    Il silenzio aiuta ad affrettare l'imperativo d'una rivalsa, così, il secondo dopo, la punta della sua bacchetta è già premuta sotto il mento dell'altro.
    Sigfrid lo fissa, minuzioso ma scosante, mostrandogli senza realmente volerlo la condizione d'eccesso in cui l'ha lasciato. Trabocca come un vaso pieno.
    Tu vinci, io ti do il mio tempo. Io vinco, mi dai una spiegazione. Se perdiamo le bacchette si passa al corpo a corpo. Non accetto un no. Gli soffia ad una spanna dal naso, stringendo le labbra dopo aver indietreggiato per portare fra loro la giusta distanza.
    Scrolla via il mantello, già in posizione e con un flebile inchino da inizio ad una faida inevitabile.



     
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