You still love me.

Mitt

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    It's the feeling of betrayal, that I just can't seem to shake

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    Studente Serpeverde
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    ❝I ’ m only Human ❞
    Avevo ricevuto finalmente risposta alla mia ultima lettera, alla fine, come speravo, la penna di mio padre mi aveva donato un po’ della magia babbana che chiamano fortuna, io l’avevo interpretato come un ultimo regalo del mio defunto genitore.
    Mi aspettavo qualche spiegazione che invece non arrivò, quando, con le mani tremanti dalla rabbia e dall’emozione, aprii la missiva, rimasi delusa nel constatare che vi era scritto solamente un luogo: Diagon Alley- Olivander, un orario: 17.00 e una data, quella del giorno stesso.
    Con tre righe il Corvo aveva liquidato tutte le mie speranze , mi aveva dato semplicemente appuntamento, eppure credevo che l’ultima lettera che gli era stata recapitata da parte mia fosse piena di sentimento ma evidentemente su questo era rimasto identico: poco si confaceva ai sentimentalismi, probabilmente anzi, per l’ennesima volta, lo avevo messo a disagio imbarazzandolo. Non fui da subito convinta di presentarmi, le domande a cui volevo risposta erano molte ma anche i sentimenti che si esibivano in vocine fastidiose pulsanti nella mia testa : Dove cavolo eri finito? Pensava una “ Dovresti lasciarlo li ad aspettare come lui ha fatto con te” rispondeva l’altra, non sapevo cosa avrei fatto, come avrei reagito e mi prese la paura che le sue risposte non avrebbero giustificato affatto i suoi comportamenti antecedenti. E se fosse stato così? Se nulla di ciò che mi avesse detto avrebbe lenito il mio dolore e cancellato la mia rabbia? Cosa avrei fatto? Sarei riuscita finalmente a mettere un punto e voltare pagina?
    Tentai di arrivare ad una conclusione, passai ore interminabili rigirando la piccola pergamena tra le mani mentre camminavo in su e in giù per il perimetro della mia stanza seguita da Rose che curiosa tentava di capire quale evento straordinario mi stesse accadendo per non farmi star ferma un attimo.
    Alla fine mi decisi ad affrontarlo ricordando una frase che il mio adorato padre Maximillian mi diceva sempre quando avevo paura :” Combatti sempre soprattutto quando hai paura, nella vita bisogna essere gladiatori”, avrei dovuto affrontare il mio dolore, colui che mi aveva fatto tanto male da far piangere persino me : la donna di ghiaccio.
    Andai all’appuntamento vestita come al nostro primo appuntamento sulle rive del Lago nero, il suo luogo preferito, jeans neri strappati sulle ginocchia, maglia bianca dei sex pistols legata sopra l’ombelico, stivaletti neri e la mia fida giacca di pelle nera, stavolta però il trucco sugli occhi era nero e pesante, una maschera che mi avrebbe aiutato a difendermi da colui che avevo amato e che mi aveva distrutta, i capelli sciolti e mossi.
    Arrivata al luogo prestabilito cominciai a torturarmi le mani guardando ogni singolo passante …
    5…
    10…
    15 minuti … guardai un’ultima volta tra la folla che popolava le strade di Diagon Alley, di lui non vi era traccia, delusa e scocciata mi decisi ad andar via ma proprio mentre facevo il primo passo sentii una voce che conoscevo bene chiamarmi con un nome con cui solo il possessore di quella voce mi aveva chiamata:
    “ Eva?”
    Inarcai la schiena come colpita da una freccia, mi voltai lentamente e lo vidi, in piedi, in mezzo alla folla.
    Rimasi granitica li dov’ero, non mossi un solo passo, non sorrisi, non piansi, erano talmente tanti i sentimenti che provavo nel rivederlo che non riuscivo ad esprimerli in nessuna espressione e così rimasi di gesso, a fissarlo, perdendolo di vista solo quando un passante si frapponeva tra noi due.
    Era cambiato, era diventato più alto, più magro e più adulto, quasi mi vergognai di essere rimasta uguale a quando ci eravamo conosciuti, i suoi occhi però erano le stesse immense calamite di prima per me e agganciarono i miei immediatamente. Entrambi eravamo inespressivi, entrambi avevamo mantenuto quel metro di distanza ed entrambi non osavamo interrompere i pensieri dell’altro eppure non smettevamo di guardarci.
    Gli andai incontro lentamente, talmente lenta da essere esasperante per me stessa, appena arrivai sotto il suo viso gli tirai uno schiaffo sonoro, poi lo guardai di nuovo fissa, senza sbattere le palpebre nemmeno per un istante, volevo che vedesse tutto ciò che aveva preso e spezzato dentro di me, in un attimo affogai il mio viso sul suo petto come a cercare riparo da me stessa mentre le mie mani, intorno alla sua vita, lo stringevano quasi per paura che scappasse di nuovo, riuscii solo a sussurrare << ti ho odiato così tanto>> prima di lasciarmi andare totalmente ad un pianto liberatorio. Finalmente era tornato e lì aggrappata a lui ritrovai casa mia.

    Scheda Don ‘ t Put Your Blame On Me
    ©#epicwin

     
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