lights are brighter when you are here

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  1. Hans;
     
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    "Oh dai, dovresti sgridarla, una volta, una almeno! Non posso essere sempre il poliziotto cattivo!"
    mia moglie era sempre stata il poliziotto cattivo, io avevo fatto una scuola militare, l'accademia aurora, e sinceramente era successo che l'unica volta in cui avevo fatto il poliziotto cattivo, Kaj aveva riso fino alle lacrime e Meike aveva detto che era a tanto così a chiamare il telefono azzurro. "L'ultima volta che l'ho fatto hai detto che non l'avrei dovuto fare più" lei mi guarda spalancando la bocca "Certo perché sparare al ragazzo che si nascondeva nei nostri cespugli non era legale" "Ma erano palline di gomma mica sono scemo!" "Hans" "Eh" "Mandale una strillettera o ti farò sgridare da mia madre e poi la sgriderai uguale" roteo gli occhi e fingo di mangiare le unghie dal nervoso.
    Quando mia moglie era nei paraggi del Ministero non perdeva occasione per venirmi a trovare. Avremmo dovuto affrontare il discorso prima o poi. Ma poi lei arrivava al ministero e mi diceva con voce imbarazzata che mi aveva portato un paio di macarons al pistacchio, i miei preferiti. Mi dice che li ha presi in una vetrina, li ha portati a me anche se non era proprio troppo di strada. Si era fermata a pranzo e ora mi scuoteva il braccio per pregarmi di dire a nostra figlia maggiore che scegliere la specializzazione come avvocato gratuito per difendere avanzi di galera era veramente un'idea di merda.
    In realtà lo era, ma era una palla di lavoro anche quello che Sarah avrebbe voluto per lei.
    Anche mio padre mi aveva rotto con l'essere auror, e io l'avevo fatto uguale.
    Prendo un sorso di birra mentre la bruna si alza in piedi e mi dice che ha un sacco da fare nelle aule, mi chiede cosa farò dopo "Oh non ne ho idea, magari ti aspetterò tutto nudo nel mio ufficio" "HANS!" alzo le mani in segno di resa.
    Questo era diverso.
    Gin mi avrebbe aspettato nuda nel mio ufficio.
    Mia moglie era un giudice, e questo con tutto quello che significava. Una donna eccellente, una madre attenta, ma c'era qualcosa di tremendo che Gin aveva. Anche mentre invece di baciarmi, va via dicendomi di vederci più tardi. Mentre bevo la mia birra penso, ho bisogno di sentirmi amato, ma sul serio. Non dato per scontato. Mi massaggio la tempia e mi volto leggermente verso destra. La ragazza che sceglieva sempre il mio tavolo oggi non mi ha detto niente che un ciao a mezza bocca. Non che avessimo fatto chissà quale discorso, ma era sempre sorridente, sempre su di giri, oggi non c'era, letteralmente.
    Il vassoio era ancora pieno ma non sembrava troppo affamata.
    "Ehi De Masi, io lo so che ci vuole per te" le mostro un mio macaron verde pastello "Tu sei italiana giusto? Questi sono del sud europa, secondo me ti tirano su" le faccio segno di scalare un paio di posti per finirmi davanti e chissà se non riesca a farle tornare il sorriso.



     
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    Ero seduta da un sacco di tempo a quel tavolo ma non mi andava di mangiare, non sapevo di preciso perchè lo avessi preso e mi fossi seduta, probabilmente perchè sapevo che Kyran comunque mi osservava.
    E chi se le voleva sorbire le ramanzine del padre eh?
    Io non di certo.
    Giocherellavo col cibo e rivivevo momento dopo momento la discussione avuta con Ty.
    Perchè mi ero arrabbiata così tanto?
    Insomma non c'era motivo, era mio amico no?
    Effettivamente no, da quando si era “dichiarato” non mi aveva più voluta tra i piedi.
    Come biasimarlo? Sicuramente si sentiva a disagio.
    Gli avevo detto di non pensarci, ma ci era rimasto più male che bene.
    Eppure nella mia testa voleva essere un consiglio sincero ..
    Ancora mi pentivo di avergli dato di me l'idea di una poco di buono.
    Ma da una parte, forse, era stato meglio così .. per lui indubbiamente.
    Sollevai lo sguardo che puntai in quello dell'auror che mi faceva sempre un sacco ridere.
    -Ciao Hans- lo salutai per bene questa volta sforzandomi di sorridere anche.
    Non si meritava di certo i miei malumori, né tanto meno i miei problemi.
    Guardai quei dolci ma non mi si smosse niente dentro.
    Però mi spostai e gli fui davanti – quindi tu dici che uno di questi mi potrebbe sollevare l'umore?- li guardai con circospezione – non ci avrai messo dentro qualche roba rallegrante vero?-
     
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  3. Hans;
     
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    "Sono Macaron de Masi, sono fantastici già di loro" prendo l'altro dalla bustina per me, non mi preoccupo nemmeno di vedere e guardare mia moglie, che in anni di matrimonio non ha mai avvicinato una mano ai miei macarons, è l'unica cosa che non riesco a condividere in famiglia, ma qui sembra una emergenza.
    "MMM...fantastici" do un morso e sento la crema al pistacchio esplodermi sulla lingua. Non riesco a condividere Macarons e la storia con Gin ma sono cose estremamente importanti. Non è una questione di colpa, ci ho provato con tutto me stesso e quando si dice che l'amante è solo una prova non è vero, non nel mio caso almeno. Sono pazzo di lei, ma la famiglia che ho alle spalle ha un rimbombo sociale tremendo. E' egoista, ma la mia vita sarebbe un inferno se uscisse fuori il tutto. Mia suocera farebbe di tutto per distruggermi la carriera, e forse Sarah mi leverebbe i bambini. Sono pazzo di Gin, ma la pressione sociale è più grande della mia voglia di essere libero.
    Il piede in due staffe.
    Il momento di prova.
    L'essere bugiardo.
    Non è del tutto vero.
    "Allora vediamo: faccia triste, sguardo avvilito e nemmeno un filo di trucco" mi passo il fazzoletto sulle labbra increspate di barba leggerissima, e poi lo stringo nella mano con un suono ruvido. Caterina De Masi poteva letteralmente quasi essere mia figlia, Meike aveva compiuto due mesi prima diciannove anni e la memoria non mi ingannava con la bruna davanti a me doveva avere pochi anni più della mia bionda amore di papà. Si erano incontrate quando Meike era tornata in città per Pasqua, ma a vederle così vicine, caterina sembrava molto più grande di Meike, che ai miei occhi era sempre troppo frivola e poco attenta. Era una ribelle e non potevo darle troppo giù, in fondo era come ero io da giovane.
    O forse Caterina sembrava più grande perchè lo era. Va beh, comunque era irrilevante per i fini che le accomunavano, ogni cosa sembrava una disgrazia a quell'età, avevano menti brillanti, e per quanto potessero mentire eventualmente, avevano problemi di cuore.
    "Non fraintendermi sei molto carina lo stesso" la tirocinante di Hamlin sembrava uscita da un cartone animato, sembrava aver sbattuto la faccia contro la trousse. Tutte le mattine, una esagerazione. Caterina era sempre rimasta semplice e pulita ma oggi lo era solo più del normale.
    Faccio indietro la cravatta, e mando già l'ultimo morso di dolce prima di poggiare i gomiti sul tavolo.
    "Problemi di uomini! Devo picchiare chi? Ma non se è più grosso di me, odio perdere" le dico proprio come avevo detto a suo tempo a Meike, quando non aveva magiato per tre giorni, Sarah in quella occasione si era schiaffata una mano sul viso e Meike mi aveva rivolto un "PAPA'!" ed era fuggita via dal tavolo. Speriamo di non rifare il bis.


     
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    Lo osservo mentre mangia i suoi dolcetti, dovrei dirgli che non ne ho voglia, che mi si è chiusto lo stomaco da giorni interi e pescarne uno mi sembrerebbe quasi di fare qualcosa di sbagliato.
    Ma non lo faccio, ne prendo uno e lo porto alle labbra.
    E' buono, davvero, ma non mi va.
    Eppure per non lasciarlo scontento sicuramente lo mangerò tutto prima della fine della nostra conversazione.
    Ovviamente è un genitore, prima ancora di essere Auror, chi sa quante volte ha visto questa faccia su quella dei propri figli.
    Sulla figlia in particolare, credo abbia la mia età.
    -Non mi offendo- lo rassicuro abbozzando un sorriso - non mi interessa molto apparire carina, in questi giorni- perchè non sono carina, voglio che si veda fuori anche quello che sono dentro, una pessima persona.
    Poi la faccia è irrilevante. Io non sono carina.
    -Nessuno, davvero. Dovresti picchiare a me- apro il palmo della mano e gli mostro l'anulare privo di fede - ho perso un marito e un amico in pochissimo tempo, e sono sicura che in entrambi i casi sia colpa mia- mi stringo nelle spalle mentre ritiro le dita e le stringo a pugno - è normale non avere voglia di fare niente? Mi costringo a essere iperattiva per non pensare ma in realtà ..- storco le labbra in una smorfia che vorrebbe dire "aimè" - .. non funziona molto bene.- Per non metterlo in imbarazzo, visto che mi sta venendo di nuovo da piangere, mi infilo in bocca l'altra parte di dolce -forse dovrei cambiare aria, il ministro inglese mi vorrebbe come assistente, ci ho già provato a starle appresso, in vero, ma ... Londra è un altro pozzo di ricordi al momento .. non so forse farei prima ad andarmene in America, o in Australia - scherzavo ma .. forse neanche tanto.
     
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  5. Hans;
     
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    Caterina non è come mia figlia, Meike non parla quasi mai, è quando lo fa che fa macelli, Caterina non va pregata per spiegare per fortuna ed è molto più piacevole partlarci, quindi mi metto ad ascoltare con le braccia sul tavolo dopo aver spostato il vassoio da davanti i miei occhi.
    "Ah beh si non è un gran momen... marito?! Scusa vai avanti niente" ma oddio la gente non si sposa pi ùgiovane grazie al cielo. Ma davvero era sposata o mi stava prendendo in giro? La guardo, è seria, serissima, non sta scherzando ed io fingo di non essere ancora sconvolto. Se Meike dovesse venire dicendo di volersi sposare la prenderei e appenderei all'attaccapanni come quando aveva sei anni e si rifiutava di seguirmi in casa perchè doveva aspettare il rientro della madre.
    Nessun problema, la prendevo e appendevo per il colletto del grembiule all'appandipanni fuori la porta in attesa che mi chiamasse. E prima di mezz'ora non chiamava mai la maledetta. Quando mi confrontavo con il padre di Ariadne non faceva altro che dirmi quanto brava, silenziosa e senza problemi fosse la figlia. Meike ancora ci faceva impazzire, salvo quel momento in cui avevo trovato il modo per combatterla, potevo metterla in imbarazzo. Funzionava alla grande.
    "Uh, quindi è qualcuno di qui se vuoi cambiare aria" non lo sa che sono abituato a combattere con gli adolescenti, per quanto Kaj sia limpiedo e chiaro, aver combattuto coi diari segreti di Meike mi ha reso attento e sveglio, senza contare poi che sono un tremendo impiccione e muoio di curiosità, cose che tra l'altro mi ha sempre messo in difficoltà nel lavoro. Quello che definivano testa calda era una voglia di non farmi gli affari miei enorme.
    "Dai fammi indovinare" muovo le spalle sovraeccitato. Ha ventanni, quindi elimino quelli della corte, i vecchi bacucchi, i vampiri perchè non l'ho vista fare turni di notte, ed elimino le donne, mi sento di eliminare anche gli elfi della mensa.
    "E' quel tipo che mangia le cosce di pollo dopo averle intinte nella coca cola?" alzo le sopracciglia, persino la nostra tirocinante lo trovava carino, non che fosse brutto ma secondo me non aveva tutte le rotelle a posto.
    E poi urlava troppo quando parlava.
    E gli piaceva il sangue, insomma, un tipo stranino.
    "No no no è quello che ha l'ufficio vicino a quello del tuo avvocato, oddio non dirmi che è l'avvocato. E' l'avvocato?"


     
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    Per un momento mi viene da sorridere, e lo faccio.
    Neanche mio padre ha reagito così alla notizia.
    -Già, marito. Ci siamo sposati per scherzo, a Las Vegas, poi siccome ci amavamo ci siamo detti .. perchè no?-
    Era nato tutto così, per soddisfare uno dei miei desideri di quella lista de “le cose da fare prima di morire”.
    Solo che quando avevo scritto di sposarmi con uno a Las Vegas non immaginavo che poi avrei sofferto tanto dopo, perchè l'idea sarebbe stata quella di annullare il tutto dopo neanche ventiquattro ore.
    Una brava, come si suol dire.
    -In realtà non c'è un vero posto dove potrei stare al momento.-
    Ci sarebbe sempre stato qualcuno che avrei deluso, era la legge della fisica proprio.
    Anche se Ethan ora era al Nord, e anche Ty, indubbiamente si, entrambi si trovavano li.
    Mi tiro in dietro con la schiena sulla sedia e tamburello con le dita sul tavolo conscia che non avrebbe indovinato mai e poi mai, ma ugualmente curiosa di sentire cosa avesse da dire, o cosa avesse visto in quei mesi da indurlo ad avanzare delle supposizioni.
    -Ma chi? Quello che lavora all'ufficio delle relazioni internazionali?- cielo no! - non è .. il mio tipo- come dire, se proprio dovevo scegliere non uno che si inzuppava le cosce di pollo nella coca cola eh.
    Scuoto la testa anche quando nomina Smith e inarco un sopracciglio quando invece si riferisce a Lex.
    -Stai parlando del mio capo per caso? Ma ti pare che me la faccio col capo? E poi lui è ...- ripenso a Lex, alla volta che è venuto a trovarmi in ospedale, a come mi abbia rubato un bacio, per la seconda volta, alle parole che ha detto, a come non abbia volutamente farci caso.
    -No ..- dico comunque – lui è più per le donne mature, usando le sue parole sono solo una ragazzina insicura, quindi che mi ci metto a fantasticare a fare?- non erano proprio le sue parole ma era grosso modo il concetto madre.
    Il mio ex non lavora qui comunque, è un babbano- per info – un lupo babbano, capirai bene che con mio padre vampiro ad avercelo davanti tutto il giorno gli verrebbe voglia di impalettarsi un giorno si e l'altro pure.- E l'altro nome non glielo avrei fatto mai e poi mai.
    Si conoscevano, i loro figli si conoscevano, e Hans non aveva una bella opinione di lui.
    Non mi sarei messa a discutere anche su Ty, anche perchè la pensavamo diversamente, avrei finito col litigarci.
    -Ti ho visto con tua moglie prima, cosa vuole che tu faccia questa volta?-
    La sua era la tipica moglie che non si avvicinava quasi mai al marito, quando lo faceva voleva qualcosa, ero sicura che questa volta non fosse diversa dalle altre.
     
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  7. Hans;
     
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    "Troppo piccola, certo" per noi uomini non erano mai troppo piccole. Chiariamoci, c'era una sottile linea che tutti conoscevamo, tra oddio potresti essere mia figlia e oddio sei proprio mia figlia. Il fatto è che guardare dall'esterno qualcosa è diverso, ma per fortuna posso asserire che in quasi tutti i casi, noi uomini sappiamo marcare quella linea, perchè diversamente finiamo in carcere. E dal momento che ci sono molti più uomini con compagne giovani che pedofili in carcere, viaggiamo ancora su una buona media. Possiamo dormire tranquilli. Il suo capo sapeva perfettamente dove si trovava quella linea, e la prima volta, io avevo chiamato Gin ragazzina. Tutti sanno come è finita.
    "Oh, niente, vuole che richiami Meike, almeno una strillettera, quella ragazza è un casino, lo sai no che è alla scuola per giovani avvocati, beh comunque praticamente ha ricevuto una nota di demerito perchè durante una esercitazione stava copiando" Meike era me in versione femminile, ecco perchè piaceva poco a mia suocera, ecco perchè mia moglie adorava bacchettarla ed ecco perchè io non mi sentivo di fare l'ipocrita.
    Io avevo copiato persino la data al test di ammissione per i nuovi soci del golf club. E nemmeno so giocare a golf, quindi ho dovuto copiare anche quello. Ma che ne so lo fanno tutti.
    "Sono il padre, ma quella ragazza non è fatta per quell'ambiente, l'ultimo richiamo era perchè aveva chiamato china-man un tipo che alla fine veniva da New York. Ha preso da mia suocera" questo era vero, a me lei aveva sempre definito scansafatiche, barbone, capellone, fallito, non mi chiamava più bastardo solo perchè aveva capito da qualcun altro che era molto più facile passare per razzista così. Meike era l'anello mancante tra me e mia suocera. Sopravviveva ad entrambi e ci girava come un calzino. La mia fortuna era Kaj, l'unico col quale poter far un discorso serio e pacato, un gran peccato che non possa uscire dalla scuola più spesso.
    "In ogni caso un applauso al tentativo del cambiare discorso De Masi! E io che ti avevo offerto anche il mio macaron" mi fingo offeso, ma poi lascio cadere il discorso, tenere a bada il mio essere impiccione e curioso deve essere l'altro piatto della bilancia visto il numero indefinito di segreti che ho io.
    Una mano si leva verso l'alto.
    "Ehi Reed, ti siedi con no.."l'uomo declinò con un sorriso di circostanza il mio invito, mi fece segno di un tavolo più avanti. Quell'uomo era strano pure per Kaj, diceva che non parlava molto, ma Ariadne, la figlia, ne parlava come se fosse un tipo diverso da quello che vedevano tutti. Nel reparto Auror se ne chiacchierava quando veniva a portare la posta, umile era la parola più carina che gli avevamo rivolto. Avevamo perchè parlo a nome del reparto, io personalmente non ho niente contro di lui, di certo non sarebbe il tipo con cui io possa avere chissà quale disgressione, abbiamo sempre parlato poco, e male in realtà, circostanziale, sembra che io non gli piaccia, ma non mi sento avvilito.
    "Quel tipo è proprio strano" commento con lei a bassa voce alzando le spalle. Nessuno lìì dentro aveva capito come avesse fatto ad avere il lavoro e soprattutto a tenerselo, sembrava un fantasma, si muoveva da una stanza all'altra senza far rumore, a stento salutava, ma sembrava fosse un buon lavoratore.
    Lo seguo con gli occhi, si sposta ad una decina di tavoli più in fondo, ci da le spalle, ma è solo. Chissà quanti problemi ha.
    "in ogni caso, cerca di recuperare l'amicizia prima del matrimonio, il secondo, una volta rotto è più difficile" sollevo una spalla

     
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    -Se posso dire la mia, non dovete costringerla a fare qualcosa che non le piace, la vive malissimo altrimenti. Le avete mai chiesto se vuole fare altro?- Anche la stessa auror, come il padre, perchè no?
    -E poi che ti frega se copia? Tanto le cose si imparano con la pratica. E te lo dice una che studiava- ma si, tornassi in dietro forse me la godrei di più, insomma.
    Alla fine un sorriso me lo riuscì a strappare.
    -Una ci prova-
    Stavo per dare un altro morso al suo dolcetto quando mi si fermò praticamente a mezz'aria.
    Sebbene tutto in me diceva di non farlo non ce la feci a non sollevare lo sguardo verso di lui che .. neanche mi aveva guardata.
    -Dici?- vorrei dirgli che non era vero, che lui aveva reagito così per colpa mia.
    Ty, quanto mi era mancato..
    Mi ridestai giusto in tempo a sentire Hans e il suo consiglio.
    -Sai cosa? Hai ragione, vado a recuperare l'amicizia, anche se … credo di avere davvero bisogno di un forte in bocca al lupo- presi un altro dei suoi macaron – e di questo- sorrisi – grazie Hans- gli mollai un bacio su una guancia e mi incamminai verso le spalle di Ty.
    Ero agitata da morire, ma aveva ragione Hans, e soprattutto dovevo chiedergli scusa, per come mi ero comportata.
    Così mi sedetti di fronte a lui e gli misi davanti agli occhi il macaron –Ciao Ty ..., vorrei parlare con te- esordii così, cercando di mantenere un minimo di compostezza.
    -Vorrei chiederti scusa, posso farlo o preferisci che sparisca?-
     
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    La mensa degli elfi era stata motivo di di screzi tra il personale, io avevo sempre pensato che fosse perchè ci si batteva per i diritti degli elfi. Poi ci avevo cominciato a mangiare e ho capito che l'unico motivo era tutto era sciapo, freddo e secco, così non ero più sicuro delle rappresaglie.
    Penso, non vedermi, non vedermi, non vedermi.
    "Ehi Reed ti siedi con no...?" faccio no con la stessa, mimo un sono di fretta con le labbra che sono di fretta, e non è del tutto errato. In realtà non parlo con lei da un po' e l'ultima volta se ne era andata sbattendo la porta senza volersi indietro. Ci eravamo incrociati nei corridoi, ma la bravura di uno e dell'altra aveva aiutato per non doverci nemmeno passare vicini, tranne alla mensa. Scelgo l'unico tavolo lungo che ha metà vuota, sto così bene da solo a volte, senza necessità di riempire i silenzi o senza la necessità di parlare di mia figlia, di mio figlio con perfetti estranei che pretendono di farsi vedere il loro album personale all'ora di pranzo. Ohhh nemmeno un anno, che bello! Tu figlia a quasi nove anni va già a Durmstrang, un genio! Si certo. Come se non sapessi che il pensiero reale è, oddio come è possibile che una bambina del genere sia figlia di quello che ha sturato i cessi ieri?
    Spacchetto la forchetta ed apro il giornale alla prima pagina, parla di Londra, inforchetto del pollo a straccetti, freddo e secco.
    Ma non faccio in tempo a portarlo alle labbra che sollevo gli occhi dal giornale.
    Il macaron verde spento è la prima cosa che vedo, poi i suoi occhi scuri, i capelli sciolti sulle spalle, e quei fili ambrati che forse nemmeno sapeva di avere. Sposto leggermente il giornale, passandomi d'istinto due dita nel colletto inamidato della camicia. Mi porto alle labrba il pollo, e aspetto qualche altro attimo prima di parlare, il tempo che l'adrenalina pompasse meno velocemente nel mio cuore.
    "Spero non ti dispiaccia se mangio, ho solo mezz'ora" un'ora in realtà, ma sappendo quanto mi ci sarebbe voluto per superare quella discussione, mezz'ora era necessaria per chiarire qualcosa che se quel giorno non sarebbe andata come speravo sarebbe stata dura da digerire.
    Stranamente non sembra, ma non adoro fare storie e mi sento estremamente a disagio durante i litigi o durante i casini, non mi piace trovarmici e men che meno con lei. Non avevamo mai litigato prima di allora e non era stato appagante, non era stato piacevole e odiavo quella sensazione. Tra l'altro dicono che il tempo porti consiglio. Con me non era stato così.
    "Dimmi" guardo il piatto inforcando un altro paio di pezzi di pollo, e di patate dal colorito piuttosto pallido. Ma come diversivo erano davvero fantastiche.

     
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    Sembrarono passare secoli prima che si decidesse a rispondermi, secoli in cui mi passarono nella testa mille parole.
    Meglio se vado via
    Non mi vuole qui
    Lo stai mettendo in difficoltà Cate, alzati e vattene.

    Perchè avevo dato ascolto ad Hans? Forse perchè mi serviva solo la scusa da parte di qualcuno per compiere quello che volevo fare da tempo, ma che mi ero sempre vietata.
    E probabilmente stavo sbagliando anche quella volta, ma non ci potevo fare niente, stare in quella situazione mi toglieva il sonno, mi ritrovavo a piangere senza motivo, stavo davvero una schifezza...
    -N-no … non mi dispiace- eppure non riuscii a parlare.
    Ero andata lì io ma al momento le parole stavano davvero venendo meno.
    Me le ero perse per strada forse... o il fatto che non mi stesse dando molto credito mi portasse a pensare che probabilmente non gliene importava niente. Avrei potuto dire qualsiasi cosa e non sarebbe servito a nulla.
    Mi incalzò a parlare, mi dissi che se davvero non fosse stato interessato non lo avrebbe fatto, no? E alla fine lo feci.
    -Volevo … chiederti scusa.
    L'ultima volta .. non mi sono comportata bene con te, senza volerlo ti ho preso come valvola di sfogo e non te lo meritavi-

    Continuai a guardarlo mentre si impegnava particolarmente a mangiare, non ero sicura neanche mi stesse davvero ascoltando, forse avrei davvero fatto bene ad andare.
    -Magari ne parliamo un'altra volta, non voglio disturbarti oltre.-
     
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    In realtà non l'avevo vista imbarazzata tanto nemmeno quando mi era piombata in bagno per parlarmi del lavoro mentre ero sotto la doccia e tentavo di cacciarla. Diceva, guarda che mica mi imbarazzo! Tu si? Awwwwn. Non sorrideva nemmeno, come se fosse sempre a braccetto con l'imbarazzo, grandi amici. Ma stavolta era diverso, decisamente, stava facendo una fatica a parlare che non aveva usato nemmeno per chiedermi una... scopata.
    Aveva detto così, decisamente, e il tono con cui l'aveva fatto ancora mi rimbombava nelle orecchie quando cercavo di ricordare la scena. Non l'avevo nemmeno detto a Debbie, come se provassi imbarazzo per lei, anche se era chiaro che l'aveva fatto per avere una reazione, aveva scelto le parole con cura, ed il gesto con cui le aveva tirate fuori era mirato.
    Sta che non capivo a cosa fossero dovute le scuse, a quale parte in particolare.
    Ed ero curioso di capirlo.
    Quando si alza la seguo con lo sguardo e sussurro il suo nome, una volta, due.
    "Caterina" sussurro tanto forte da far girare tre degli impiegati del tavolo vicino. Non l'avevo vista mai così, nemmeno dopo quello che era successo davanti i miei occhi dentro quella tenda. Anche se le reazione di rabbia con me e lui sembravano tanto diverse.
    "Siediti per favore" le indico il posto che da poco aveva abbandonato con una mano, sentendo gli sguardi degli altri bruciarci addosso. Mi sono pentito subito del tono usato per richiamarne l'attenzione, muovo nervosamente la bocca mentre lei rimane quasi immobile, stretta in quel vestito che non le donava per niente. Per niente, era bella comunque, ma era come un anello di diamanti su una donna con la tuta, come chiedere un bicchiere di fanta dopo uno di birra. L'avevo sempre presa in giro nei corridoi prima, Signora De Masi può dare questo documento a sua figlia? Le dico, Nonna De Masi. Sembra avere almeno cinque, sette anni in più. Non ricordo cosa Ade dicesse di lei in questo modo.
    "Anzi vieni con me" quando vedo gli occhi di Kuhn su di noi tiro su il vassoio. E' ancora più stupido, ma le chiedo di seguirmi lontano da lì, così dopo pochi metri le faccio cenno di entrare dopo di me nello stanzino che usiamo noi tuttofare, per mangiare, o per rilassarci un attimo. Non è un posto bello come quello degli uffici, è polveroso e sembra volere sottolineare una diversa utilità.
    "Ehi Eric ci lasci un secondo?" L'uomo corpulento ma dal viso affabile, ci sorrise, chiuse il suo giornale e ci lasciò campo libero. Poggio il mio vassoio bordeaux sulla scrivania piena di documenti in consegna e giornali impilati disordinatamente sulla sinistra. Le cedo la mia sedia e prendo posto come al solito quando io ed Eric andiamo in pausa insieme, sul comodo cumulo di documenti da archiviare. Riprendo la forchetta e le indico la sedia "Se poi sono io che ti do fastidio come mangionon posso farci gran che, posso girarmi" prendo un paio di bocconi, curioso di capire il resto.
    L'unico riferimento che avesse mai fatto al cibo e a me era lo strano rapporto, diceva, mangi piano ma mangi per quattro. Io facevo qualche battuta sul fatto che la mia macchina per essere attiva aveva bisogno di carburante e finiva là. Ma ora non credo ci fosse troppa voglia di scherzare.
     
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    Momenti di incertezza ma alla fine mi alzai e presi la mia strada, mi sarei messa a correre se non fosse stato che avrei dato maggiormente nell'occhio.
    Non avevo sentito che mi avesse chiamato, ma quando lo udii mi fermai.
    E quindi tornai in dietro.
    Mi chiese di sedermi, e lo avrei fatto se non avesse cambiato idea due secondi dopo.
    La gente ancora ci guardava, avrei voluto intimare loro di farsi gli affaracci loro, ma neanche la voce avevo più.
    Non mi guardai attorno, sebbene sentissi gli occhi di Hans addosso, gli avrei spiegato poi.
    Mi limitai a seguire Ty ovunque fosse diretto.
    A quanto pare in uno sgabuzzino.
    In altri tempi gli avrei fatto qualche battuta, magari anche un po' provocante. Ma in quel momento preferii tacere.
    Sorrisi appena al signore che stava dentro, non mi posi neanche il problema di cosa stesse pensando.
    Mi guardai attorno, c'era più polvere che aria, tuttavia mi sedetti là dove mi indicava.
    -Non è che mi dai fastidio, però .. non sembri interessato a quello che ho da dirti- mi passai una mano nervosa tra i capelli e focalizzai l'attenzione su altri plichi di carta.
    Tic Tac, Tic Tac.
    In quell'assurdo silenzio si sarebbero potuti sentire i rintocchi dell'orologio se ve ne fosse stato uno.
    Non riuscivo a stare seduta così mi alzai di nuovo – non me ne sto andando- gli spiegai quando mi parve di scorgere il suo sguardo.
    -Ma non riesco a stare seduta-
    E niente alla fine gli tolsi la forchetta di mano e la riposi nel vassoio – mi distrai- dopo tutto dovetti ammettere che mi distraeva eccome.
    -Perchè ti sei arrabbiato così a morte con me. Io lo so che ho detto cose che non avrei dovuto dire, alcune surreali quasi, provocatorie altre, ma tu … perchè mi hai creduto e hai preferito tagliarmi fuori dalla tua vita?-
     
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    Quando mi sfilò di mano la forchetta, il polso rimase sospeso come se non avesse letto il brusco movimento di lei, che riposa la forchetta sul lato del piatto, nel vassoio. A quel punto incrocio le braccia dopo aver almeno bevuto il bicchiere d'acqua nel vetro in un angolo.
    Nonostante avesse a modo suo dato una spiegazione, il mio cervello non la lesse minimamente, convinto di non aver capito la questione, il perchè mi stesse chiedendo scusa, lo aveva fatto per quello che aveva ignorato di me? Per essersi definita una persona che in realtà non è? Per aver semplicemente alzato la voce?
    Perchè le ho creduto?
    In realtà non l'avevo fatto, e la tendenza è questa, confondere il disinteresse o l'interesse con il libero arbitrio. Caterina quel giorno in casa aveva scelto liberamente di non razionalizzare quel che era il contesto e se c'era una cosa che avevo capito negli anni, era che non puoi convincere un daltonico a vedere il blu dove lì ci vede il verde. Avevo sbagliato i toni, ma non mi sentivo di ritrattare quello che avevo detto su Ethan, l'azione di sposarsi era stata avventata, e se aveva scelto di non interrogarsi sul perchè lei passasse metà della giornata nel mio bungalow con mia figlia o semplicemente a vedere un film piuttosto che col marito, salvo darmi l'angolo delle corde quando lui ricompariva era qualcosa che di certo non potevo imboccarla.
    Non le avevo creduto, l'avevo lasciata scegliere.
    Incrocio le dita delle mani e le abbandono in grembo mentre la guardo senza sapere di preciso quale sia il motivo per il quale me lo chiede. Se vuole sentirselo dire di nuovo, e ancora, o se vuole semplicemente trovare un canale di comunicazione.
    "Perchè non pensavo di meritare di essere un secchio vuoto da riempire con tutto ciò che ti aveva ferito" visto l'impegno che ci avevo messo ogni volta per anche solo vederla sorridere un secondo, persino per una chiacchiera di quelle che piaceva a lei: all'italiana.
    "Mi dispiace di averlo chiamato cane, vorrei dire che non lo penso, ma ho sbagliato a dirlo" se uno è stronzo, è stronzo, se uno è un immeritevole lycan, è un cane. Che poi non si debba dire per essere politicamente corretto ci sta.
    "Questo è quello che poso dirti per adesso, se vuoi una risposta più precisa, credo che tu mi debba rifare questa domanda quando sarai credo pronta a comprendere la risposta. Ed accettarne le conseguenze" finì quasi in un sussurro, il tono quasi colpevole, e la chiara intenzione di non scoprirmi più tanto se questo doveva essere motivo di screzio e di litigio più di così.
    Se il pianto a cui aveva dato sfogo nella tenda era legato ad Ethan, non avevo motivo di ripetere l'ovvio, e non avevo motivo di leccarmi le ferite in pubblico. O non di nuovo.

     
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    -Infatti non lo meritavi- eppure non mi ero di certo risparmiata nel riempire quel secchio.
    Ma sentirmi buttare in faccia una realtà che non ero pronta ad accettare mi aveva ferito più del dovuto.
    Io che mi definivo una sveglia, io che mi ero ripromessa di non farmi di nuovo travolgere dagli eventi, avevo fatto proprio questo, mi ero lasciata travolgere.
    -Ho pensato molto a quello che hai detto- non avevo molto il coraggio di guardarlo in viso – si insomma, a tutto quello che hai detto ...- presi a mordermi il labbro, nervosa – io non credevo neanche prima nell'amore- prima di Ethan, era sempre stato uno schifo la mia vita, niente di bello, solo dolore, e sofferenza, era questo l'amore -insomma quando poi ci credo tutto finisce...
    Ma tu mi manchi. Mi manca parlare con te, mi mancano i tuoi abbracci, mi manca la tua voce. ..-
    mi strinsi nelle spalle impotente – non posso fare promesse, sui miei sentimenti, sono un gran casino in questo momento che ... non ce la faccio, e forse hai ragione, sono una ragazzina, ma non è vero che non sono pronta a comprendere la tua risposta ...- cavolo ero un casino, ma che ci stavo ancora a fare li?
    -Poi succede come ora, quando sono in difficoltà tendo a scappare .. spero tu l'abbia chiusa a chiave .. la porta, perchè sto per farlo di nuovo- provai a sdrammatizzare.
     
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    Era strano vederla insicura e confusa. Persino quando aveva palesemente torto, come quando insisteva nel darmi le regole sbagliate di black jack sembrava sicurissima di sé. Anche quando le chiedevo: ma sei sicura?
    Quello che stava dicendo non aveva senso, o comunque non riuscivo di certo a dargliene, non quando sembrava solo trovare un modo più carino per scaricarmi. L’ho capito, è tipo la terza volta che me lo dici. Nego solo per un attimo con la testa.
    “Non capisco cosa stai dicendo” tiro appena le labbra indietro. Non capivo chi fosse il soggetto, e non avevo nemmeno capito se i due argomenti fossero collegati. Avevo capito che le mancavo, e da parte mia non c’era motivo di non dirle lo stesso, ma non lo feci, perché lei lo sapeva benissimo. Avevo usato più energie per non incontrarla, che quando mi rubava il cibo dal piatto durante la pausa di un’ora in mensa.
    Mi sistemo la cravattino bordeaux, schiacciandola contro la camicia di pessima qualità che ci distingueva dagli addetti al pubblico.
    “Ethan sa che l’amavi, o qualsiasi sentimento provassi per lui, ed io ogni caso che posso farci io? Devi dirlo a lui, io non credo di poterti aiutare”
    ero pronto a dirle che poteva evitare di scaricarmi di nuovo, avevo capito, non potevo mica obbligarla, persino Eric che sta origliando sicuro dietro la porta ha capito. Era stato il primo a dirmi che avevo una cotta per la tirocinante dei piani alti, gli dico, no, siamo solo amici. Mi faceva, si anche mia moglie ancora lo dice!
    Non si era nemmeno capacitato quando gli avevo detto che era sposata.
    “Io ti manco? Anche tu, ma non credo che intendiamo la cosa nello stesso modo” un leggero sorriso nervoso mi compare sulle labbra, e se c’era qualcosa che non avrei fatto sarebbe stato mettermi da parte, ero stanco di immaginare che la mattina dopo avremmo fatto colazione insieme senza che lei venisse da un altro bungalow adiacente. Ero stanco di non darmi per vinto in realtà.
    “Questo è il discorso, per me non è cambiato niente” le specifico senza far riferimento alla porta, in alcun modo, Caterina era sempre stata libera di andare, sempre, e non l’aveva mai fatto, l’unica volta che era successo non ci eravamo parlati per giorni e forse, facendo due più due si sarebbe resa conto da sola che non sarebbe stata una ottima idea.
    “Se c’è qualcosa che non ho capito illuminami, tanto non ce la faresti a correre via su quei trampoli” non sono sorridente, ma in fondo si capisce che sono ironico, stringo le dita tra di loro sollevando le sopracciglia, completamente in ascolto. La cosa stava volgendo all’ennesimo litigio sul fatto che io sembrava dovessi implorarla a qualcosa che non voleva, mentre lei non sapeva come scusarsi per il non provare niente in cambio.
     
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