Till someone cares.

Ioan.

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    «till someone cares.»
    Era la mattina di San Valentino e Eris poteva solo immaginare il fermento che doveva esserci ad Hogwarts.
    Se fosse ancora in Scozia probabilmente avrebbe passato la giornata a roteare gli occhi infastidita dal mondo.
    Tutte quelle futilità la irritavano.
    Era tutto un enorme cliché fatto di cioccolatini e rose rosse.

    A proposito di cose rosse;
    Non c'era traccia di Jerome Morrow.
    Non si era visto a colazione né a lezione.
    Igor non lo aveva visto e lei era anche entrata nel dormitorio maschile per cercarlo.


    Le dieci e trenta esatte, gli allenamenti erano finiti da un pezzo, probabilmente avrebbe fatto tardi alla lezione seguente.
    Vasilyev però non era ancora uscito dall'aula.
    Approfittò del momento in cui Igor uscì a fumarsi una sigaretta per ripercorrere il corridoio a grandi falcate.
    Appena pochi passi per poi ritrovarsi a cercare la parete, presa da un improvviso capogiro.
    Staccò la mano dalla parete con la stessa rapidità con la quale ci si ritrae dal contatto con un tizzone ardente.
    Era sicura di aver visto una stanza d'ospedale, un flash durato pochi istanti.
    Diede la colpa allo sforzo, al freddo, al fatto che non fosse ancora guarita dal Lupum.
    Solo un capogiro.

    Chiuse la porta alle sue spalle, dirigendosi rapida verso il docente.
    Dov'è Morrow?
    La voce pacata tradiva una vena di preoccupazione che presto si trasformò in frustrazione.
    D'altronde in un corpo così piccolo c'era spazio per un solo sentimento alla volta.
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    Un quattordici febbraio iniziato per il verso sbagliato. Si levava nella penombra e lasciava solitudine, come la sagoma d'un corpo assente fra le lenzuola stropicciate.
    Di solito Jerome sgattaiolava via all'alba, prima che le domande si facessero ingombranti e le possibilità di svelare un segreto crescessero.
    Non c'era angoscia in quella sparizione, sebbene il peso degli ultimi avvenimenti avesse forgiato la mia apprensione su più alti livelli.
    Permeato da quella nauseante tensione, raggiunsi il picco del nervosismo nel non vederlo a lezione. Le 08.30 in punto, un lago improvvisamente troppo vuoto per alimentare il mio interesse.
    Se non fossi stato così odiosamente avvinghiato al tedio dell'obbligo, se non ci fossero stati già i primo curiosi presenti, avrei abbandonato quella mise per cercarlo, per assicurarmi non fosse preda dell'ennesimo oblio.
    Sfortunatamente, era troppo tardi per quello.
    A stento trascinai la congrega negli ultimi esercizi, l'aria assorta a divagare sulle possibili conseguenze.
    Dalla migliore alla peggiore, dalla trascurabile, all'opprimente.
    Il congedo fu frettoloso. Convogliati gli studenti presso gli spogliatoi, allungai il passo alla volta del mio ufficio. Posai con altrettanta trascuratezza gli appunti presi e proprio mentre indietreggiavo per raggiungere i dormitori, la Rosier subentrava in quell'antro di panico.
    Lei, la sua nuova finta fiamma ad aizzare la mia impazienza con la meno consona delle domande.
    Sollevai le sopracciglia, trasudando neutralità nonostante un pizzico di scetticismo avesse modellato la mia espressione nel dubbio. Jerome aveva accennato a quel loro impegno, senza tuttavia rivelarmi a che punto erano giunti e quanto, nel l'avventatezza, si era lasciato sfuggire.
    Rosier, non è il momento adatto. Se cerchi un tuo compagno sei nel posto sbagliato. Per di più, mi pare di capire che nessuno meglio di te può saperlo. Pochi fronzoli e niente cortesia. Un atteggiamento scostante ed evasivo.
    Avevo perso troppo tempo. Evidentemente, cercavamo la stessa persona ma non potevamo collaborare allo stesso modo.
    Altro? Perché avrei delle cazzo di note da trascrivere, incluse quelle sulla tua discutibile tecnica ginnica. Sbottai, un rantolo di nervosismo racchiuso in quell'imprecazione sfuggita alla calma.
    I minuti si affollavano nella mia scatola cranica. Al momento, Eris, non era che un tedioso impedimento ai miei crucci.

     
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    «till someone cares.»
    Lo guardò scettica.
    Non prendermi per il culo, Vasilyev.
    Inutile. Mi ha già raccontato tutto.
    Con un sorriso fiero incrociò le braccia al petto nella sua postura impeccabile, con l'aria orgogliosa di chi mostra un arsenale degno di una terza guerra mondiale.
    Discutibile tecnica ginnica? Finse una risata. State chiedendo ad un fottutissimo pesce di arrampicarsi su un albero!
    E non era lei a dirlo, era Einstein. Solo che lui lo diceva in un contesto diverso. Ma a lui nessuno stava promettendo una nota di demerito!
    Scusa... Cioè, scusi. Chiuse gli occhi e mise le mani avanti come a chiedere di cancellare quell'approccio tanto scortese.
    Jerome non mi ha detto nulla, è sparito e basta. Quindi credo tu sia l'unico a sapere qualcosa.
    Si era già dimenticata di quel blando tentativo di dargli del lei.
    Ma tanto era il ragazzo del suo migliore amico, stava solamente accelerando i tempi in una situazione estremamente delicata e semplicissima da far degenerare. Aveva tenuto tutto il tempo la voce passa, poi si era guardata intorno.
    Penso di meritare di sapere che fine abbia fatto, no?
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    Dannato Jerome.
    La reazione dinanzi ad una verità spiattellata costrinse il mio viso a tradirsi.
    Strabuzzai gli occhi plumbei, serrando mascella e nocche all'unisono nel tentativo di ritrovare un contegno evidentemente andato a puttane come tutto il resto.
    Soppesai la Rosier con un moto di stizza crescente, le sopracciglia inarcate.
    Come poteva essere così sprovveduto? Come poteva raccontarsi così semplicemente a qualcuno?
    Inspirai, massaggiando fugacemente una tempia, sul punto d'una silente implosione da pressione. Ora, dovevo preoccuparmi non solo della sua sparizione ma anche della sua falsa ragazza.
    Cristo. Sbottai, parlavamo di diritti. Mi chiesi cosa cazzo sarebbe capitato ancora, perché evidentemente ero troppo distante dalla fine per meritarmi riposo.
    Pochi fronzoli, era ormai inutile negare dinanzi alla sfacciata sicurezza della biondina. Donne.
    Se sai tutto, allora dovresti anche sapere che non è aria. In tal caso, speravo che Jerome avesse ricordato di annoverare le mie discutibili capacità di sopportazione.
    Lanciai uno sguardo oltre la porta dell'ufficio, cercando con lo sguardo qualsiasi indizio potesse aiutarmi a comprendere.
    Sei ancora qui? Mi voltai a fissarla, esplicito, dell'arrendevolezza ad ombreggiare i tratti induriti del volto.
    Ne so quanto te, Rosier. Lo sto cercando anch'io. Sospirai, passando un palmo sul viso stanco. C'era della tacita amarezza in quel gesto, come se da tempo avessi perso le forze di rialzarmi e continuare.
    Stupidamente, avevo creduto stesse meglio. Era diventato così bravo a mentire da convincere persino il più recidivo dei bugiardi. Dovevo controllare in camera.
    Ora, perché invece di chiedere alla persona sbagliata non fai il tuo dovere da fidanzatina e vai a dare un'occhiata in giro, ah? Ti alleneresti pure nel mentre. Due occhi erano meglio che due.
    Non dubitavo della sua sincerità affettiva nei confronti del rosso ed anche per questo, non mi ero ribellato all'intromissione dei suoi occhioni nel mio studio.
    Allora? C'è altro? Le intimai, incalzandola. Sai qualcosa che io non so? Ti parla di idee stupide? Se erano quel che cazzo erano, probabilmente si era lasciato sfuggire indiscrezioni utili.

     
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    In seguito ai gesti di Vasilyev, Eris non poté far altro che abbassare le spalle e svuotare i polmoni in un soffio pieno di rammarico e preoccupazione.
    Come poteva aver anche solo pensato di prendersela con lui? Se lei era preoccupata, per quanto volesse bene al rosso, Ioan doveva esserlo almeno il quadruplo.
    L'istinto le suggeriva di posargli una mano sulla spalla, magari un abbraccino per consolarlo ma, ehi, era Ioan Vasilyev e quella mano serviva ancora alla bionda.
    Io.. Mi dispiace, non ci ho pensato minimamente, ho dato per scontato che a te l'avesse detto. Mise su le scuse migliori che le vennero in mente così su due piedi.
    Dai, vedrai che sta bene. La bionda tentò di abbozzare un sorriso convincente. Per quanto buoni fossero i suo propositi non era affatto semplice cercare di rassicurare uno stronzo acido del calibro di Ioan Vasilyev; soprattotto dopo avergli detto apertamente di sapere della relazione con Jerome. Il vero ragazzo e la finta ragazza che si confrontavano su dove fosse finito il ragazzo di entrambi.
    Eris sperava di poter ridere di quel bizzarro quadretto, un giorno.
    Igor è con me da stamattina, quindi a meno che non si siano azzuffati durante la notte, lui non c'entra. Borbottò quasi a se stessa, cercando di vedere la situazione da un punto di vista differente dal suo.
    Non mi ha detto nulla di preoccupante. Abbiamo parlato di bugie, una volta, ma è stato quasi un mese fa... Scosse la testa appena, ricordando quella canna accesa in cima ad un albero al confine con la foresta, di come avevano fatto gli equilibristi e di come il rosso le aveva confessato la sua omosessualità e di conseguenza anche quella Vasilyev. Si erano raccontati un sacco di cose; che no, lui non era una cattiva persona e che, no, essere bugiarda non era un difetto, che le bugie aiutavano tutti a vivere meglio.
    Poi il ramo si era spezzato e nonostante la paura avevano riso come matti, prima di buttarsi di sotto ed atterrare come piume su una rete di rampicanti.
    Hai controllato in infermeria? Un'espressione più preoccupata si dipinse sul viso della Rosier.
    Un Morbido Cadent andato storto avrebbe spiegato il capogiro avuto in corridoio.
    Sperò con tutto il cuore di sbagliare.
     
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    Parlavamo di possibilità ed alternative quando il mio unico pensiero era incentrato sul dove fosse concretamente.
    Ero sempre stato una mina vagante, incurante dei problemi. Ora, avevo bisogno di certezze. Ora, avevo bisogno che lui fosse al sicuro.
    Inspirai, passando un palmo sul viso. La Rosier sembrava essersi calmata al cospetto del mio crescendo in stizza.
    Lei ragionava, io deviavo. Le sue parole non fornivano niente di quanto stessi cercando.
    Igor, bugie.
    Massaggiai le tempie martellanti, rivolgendole uno sguardo stranito.
    Cosa poteva averle detto che a me teneva nascosto? Dopotutto, la conosceva da poco.
    Che genere di bugie? Lui fa... queste cazzate e non sai mai da cosa gli vengano le idee. Probabilmente, poteva avergli fornito spunti azzardati senza rendersene conto. Potevo averlo fatto anche io e lasciato alla trascuratezza i particolari.
    Mi guardai attorno, scuotendo poi il capo.
    Non è in infermeria. Non è da nessuna cazzo di parte. Ed in quel tono semi arrendevole c'era la scia d'un infinita preoccupazione. Gli ultimi avvenimenti non aiutavano la mia tranquillità. Ingenuamente, avevo creduto ancora una volta che si fosse ripreso.
    Morsi il labbro inferiore, sgattaiolando poi all'esterno dell'ufficio. Mi ritrovai con lei in corridoio, pensoso.
    Dove... potrebbe andare una persona che sta male? Depressa... stordita, confusa. Soffiai, rimuginando su quanto avrebbe potuto fare in quelle condizioni.
    Mi tornò in mente lo schianto, il sangue sui suoi polsi in bagno.
    Deglutii, ricacciando quelle immagini in un moto di frustrazione, affrettando il passo.
    Hai controllato fra la tua roba? O in dormitorio? Potrebbe averti lasciato qualche biglietto... Ed improvvisamente fu più chiaro. Strinsi la mascella.
    Se trovi qualcosa passa da me. Subito, Rosier. Le intimai, severo e senza aggiungere una parola, sgusciai nuovamente fra la gente, alla volta della mia stanza.
    Avevo tralasciato qualcosa. Dovevo averlo fatto.
    Cerca una scusa! Controlla nei dormitori maschili. Le rammentati, già distante. Non avremmo perso altro tempo.
    Era lei la sua ragazza, no? Meno sospettabile di andarci personalmente.

     
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5 replies since 21/2/2017, 20:55   77 views
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