Pyro

privata

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  1. Zara-
     
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    L'apertura della porta era preceduta da un breve e fastidioso suono acustico, di circa cinque secondi. Un lungo bip, tra le pareti pallide e prive di qualsiasi quadro o finestra, in grado di penetrare nella mente per più tempo del previsto, persino una volta finito. Rimase lì, dentro le orecchie, mentre Zara veniva condotta lungo un secondo corridoio, nascosto dalla prima porta a doppia anta, in pesante metallo. Era un corridoio appena più stretto, con lunghe panche sul fianco destro e diverse porte su quello sinistro e, su ogni porta, una targhetta in finto oro aveva su incise alcune lettere, messe lì a formare il nome di un sergente, o di un auror penitenziario. C'erano addirittura delle finestre, sistemate tra una panca e l'altra, che davano modo di osservare il giardino sottostante. A quell'ora, era pieno dei carcerati a cui era concessa l'ora d'aria in luoghi comuni e, appena sopra le loro teste, denso fumo di sigaretta offuscava i loro cento diversi volti, mentre alcuni passavano il tempo giocando a carte sui pochi tavoli a disposizione e gli altri erano occupati in allenamenti che la giovane ispanica riconosceva in ogni singola mossa. Un vecchio uomo si avvicinò a lei, una cartellina tra le braccia coperte dalla divisa che ogni uomo sembrava indossare e lo sguardo vagamente offuscato da troppi anni di servizio.
    “Ci vorrà tempo, può aspettare seduta e nel mentre compilare questi documenti.”
    Annuì, senza però aprire bocca. Prese silenziosamente posto su una panca, situata proprio davanti all'ufficio di rilascio ed accettazione e, con un movimento piccolo, appena percepibile, tirò su le maniche troppo lunghe di quella felpa di due taglie abbondanti in eccesso, così da liberare le dita affusolate dall'impaccio della stoffa in eccesso. Le era stato spiegato che per vedere Saul, era necessario più tempo di quello che solitamente era impiegato per far uscire dalle proprie celle gli altri detenuti, perché il regolamento prevedeva che fosse accompagnato da ben quattro guardie... e le guardie, le era stato ripetuto diverse volte, avevano anche altre mansioni di cui occuparsi. Così capitava che una fosse occupata a tener d'occhio la cucina ed un'altra i bagni, rendendo difficile prelevare un criminale di tale livello, per condurlo alla stanza delle visite. Perché poi, una ragazzina come lei, voleva vedere un mostro del genere? Sottovoce, aveva sentito insinuare che fosse una di quelle pazze che mandavano lettere d'incoraggiamento a Servantes, del tutto incantate dall'aura di malvagità e bestialità che lo circondava. Zara non aveva smentito, anche se ovviamente non era quello il gruppo a cui apparteneva. Un ex membro del branco, o ancor meglio, della famiglia. Ma questo era un segreto che avrebbe portato via con sé da quell'edificio claustrofobico, senza farne parola con nessuno. Aveva comprato un documento falso, qualche giorno prima di quella gelida mattina di Gennaio e furono i dati riportati su quel documento, quelli con cui compilò la lunga sequenza di fogli che le era stata consegnata. Nome, cognome, data di nascita, residenza ed ancora, motivo della visita, oggetti da dichiarare, oltre ad un infinito numero di provvedimenti da leggere e da accettare, prima di poter essere condotta nella stanza situata oltre un'altra fila di porte ben chiuse, da aprire con comandi tanto complicati da rendere la fuga in poche parole impossibile. Finì con il passare due ore su quella panchina, prima di ottenere l'autorizzazione per proseguire fino al cuore più oscuro e sotterrato della moderna prigione ed anche a quel punto, si ritrovò semplicemente seduta su una sedia in plastica, le mani improvvisamente sudate per la tensione e lo sguardo basso, piantato sulle mani dalle dita intrecciate, posizionare sotto il tavolo, sulle gambe fasciate da vecchi e logori jeans. Non vedeva Saul da troppi anni per non essere nervosa per quell'incontro, ma aveva letto qualche volta i pezzi di giornale dedicati a suo fratello. Mostro, assassino, stupratore. Il mondo intero era così venuto a conoscenza di quella realtà che per lei era stata, a lungo, l'unica realtà. Il branco era stato buttato sotto gli occhi di ogni cittadino del mondo, eppure nessuno aveva capito quale fosse il vero problema. Non che ci avesse sperato particolarmente.
    Quando la porta – non quella da cui lei era entrata nella stanza, ma un'altra, messa esattamente sul lato opposto – finalmente si aprì e Saul Servantes venne scortato fino alla sedia, Zara si scoprì incapace di sostenere il suo sguardo.
    Ciao, Saul.
     
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8 replies since 11/1/2017, 20:57   496 views
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