Pyro

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    L'apertura della porta era preceduta da un breve e fastidioso suono acustico, di circa cinque secondi. Un lungo bip, tra le pareti pallide e prive di qualsiasi quadro o finestra, in grado di penetrare nella mente per più tempo del previsto, persino una volta finito. Rimase lì, dentro le orecchie, mentre Zara veniva condotta lungo un secondo corridoio, nascosto dalla prima porta a doppia anta, in pesante metallo. Era un corridoio appena più stretto, con lunghe panche sul fianco destro e diverse porte su quello sinistro e, su ogni porta, una targhetta in finto oro aveva su incise alcune lettere, messe lì a formare il nome di un sergente, o di un auror penitenziario. C'erano addirittura delle finestre, sistemate tra una panca e l'altra, che davano modo di osservare il giardino sottostante. A quell'ora, era pieno dei carcerati a cui era concessa l'ora d'aria in luoghi comuni e, appena sopra le loro teste, denso fumo di sigaretta offuscava i loro cento diversi volti, mentre alcuni passavano il tempo giocando a carte sui pochi tavoli a disposizione e gli altri erano occupati in allenamenti che la giovane ispanica riconosceva in ogni singola mossa. Un vecchio uomo si avvicinò a lei, una cartellina tra le braccia coperte dalla divisa che ogni uomo sembrava indossare e lo sguardo vagamente offuscato da troppi anni di servizio.
    “Ci vorrà tempo, può aspettare seduta e nel mentre compilare questi documenti.”
    Annuì, senza però aprire bocca. Prese silenziosamente posto su una panca, situata proprio davanti all'ufficio di rilascio ed accettazione e, con un movimento piccolo, appena percepibile, tirò su le maniche troppo lunghe di quella felpa di due taglie abbondanti in eccesso, così da liberare le dita affusolate dall'impaccio della stoffa in eccesso. Le era stato spiegato che per vedere Saul, era necessario più tempo di quello che solitamente era impiegato per far uscire dalle proprie celle gli altri detenuti, perché il regolamento prevedeva che fosse accompagnato da ben quattro guardie... e le guardie, le era stato ripetuto diverse volte, avevano anche altre mansioni di cui occuparsi. Così capitava che una fosse occupata a tener d'occhio la cucina ed un'altra i bagni, rendendo difficile prelevare un criminale di tale livello, per condurlo alla stanza delle visite. Perché poi, una ragazzina come lei, voleva vedere un mostro del genere? Sottovoce, aveva sentito insinuare che fosse una di quelle pazze che mandavano lettere d'incoraggiamento a Servantes, del tutto incantate dall'aura di malvagità e bestialità che lo circondava. Zara non aveva smentito, anche se ovviamente non era quello il gruppo a cui apparteneva. Un ex membro del branco, o ancor meglio, della famiglia. Ma questo era un segreto che avrebbe portato via con sé da quell'edificio claustrofobico, senza farne parola con nessuno. Aveva comprato un documento falso, qualche giorno prima di quella gelida mattina di Gennaio e furono i dati riportati su quel documento, quelli con cui compilò la lunga sequenza di fogli che le era stata consegnata. Nome, cognome, data di nascita, residenza ed ancora, motivo della visita, oggetti da dichiarare, oltre ad un infinito numero di provvedimenti da leggere e da accettare, prima di poter essere condotta nella stanza situata oltre un'altra fila di porte ben chiuse, da aprire con comandi tanto complicati da rendere la fuga in poche parole impossibile. Finì con il passare due ore su quella panchina, prima di ottenere l'autorizzazione per proseguire fino al cuore più oscuro e sotterrato della moderna prigione ed anche a quel punto, si ritrovò semplicemente seduta su una sedia in plastica, le mani improvvisamente sudate per la tensione e lo sguardo basso, piantato sulle mani dalle dita intrecciate, posizionare sotto il tavolo, sulle gambe fasciate da vecchi e logori jeans. Non vedeva Saul da troppi anni per non essere nervosa per quell'incontro, ma aveva letto qualche volta i pezzi di giornale dedicati a suo fratello. Mostro, assassino, stupratore. Il mondo intero era così venuto a conoscenza di quella realtà che per lei era stata, a lungo, l'unica realtà. Il branco era stato buttato sotto gli occhi di ogni cittadino del mondo, eppure nessuno aveva capito quale fosse il vero problema. Non che ci avesse sperato particolarmente.
    Quando la porta – non quella da cui lei era entrata nella stanza, ma un'altra, messa esattamente sul lato opposto – finalmente si aprì e Saul Servantes venne scortato fino alla sedia, Zara si scoprì incapace di sostenere il suo sguardo.
    Ciao, Saul.
     
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    L'ultima luna era stata devastante.
    Non nel senso in cui l'avrebbero percepita i più, chiaramente, ma per l'unico verso che Saul Servantes non avrebbe mai perdonato ai propri carcerieri: fiotti di antilupo iniettati direttamente nelle vene avevano stordito i suoi sensi, imbrigliato la sua anima, offeso la sua natura, mentre spesse catene di ferro avevano contenuto gli spasmi dei suoi muscoli, strette su polsi, caviglie, e collo.
    Funzionava in quel modo da quando era stato arrestato, ma il tempo non riusciva a renderlo più docile né l'abitudine riusciva a placare il suo rancore per quella tortura.
    Aveva respinto ogni intenzione di curare graffi e lividi, nei giorni successivi a quella rinascita negata, del tutto intenzionato a portarne i segni per non dimenticare, così mentre le scapole si contraevano e i bicipiti si gonfiavano ad ogni flessione completata, sulla pelle che la divisa aranciata lasciava scoperta riuscivano ancora a spiccare quei marchi cicatrizzati come macabri segni di guerra. Una guerra che Saul Servantes aveva perso, e di cui per tanto tempo ancora era condannato a pagare le indennità.
    -In piedi, Servantes.-
    Una flessione, ed ancora un'altra, fu l'unica risposta che arrivò da parte del lupo alla guardia che gli si era avvicinata. La reputazione che era stata gettata in gabbia insieme a lui gli garantiva una certa indipendenza, in quella prigione, qualche favore strappato alle guardie più deboli e certamente un dovuto rispetto da parte di criminali d'ordine minore. Ma neanche tutto il sangue del mondo gli avrebbe restituito lo stesso potere che il licantropo era abituato a brandire fuori da lì.
    Mostrando un coraggio che forse non sentiva davvero proprio, l'uomo in divisa si chinò sull'uomo per strattonarlo in piedi, proprio come aveva ordinato.
    -Mi hai sentito? Ho detto in piedi!-
    La dignità, però, quel vecchio capobranco non aveva ancora deciso di deporla.
    Con uno scatto si scrollò di dosso le mani dell'altro, arrivando a bloccare il gomito ad un soffio dal suo naso prima che questo potesse sgretolarsi all'impatto. Non era aggressione, ma gli si avvicinava abbastanza da far impallidire il grassoccio sorvegliante.
    Gli occhi dei due, tanto uguali per colore quanto diversi per intensità, si fissarono reciprocamente per un tempo indefinibile, prima che Saul accettasse di allentare la presa su quella minaccia per porgergli i polsi, insieme ad un ghigno che avrebbe potuto garantirgli una o due notti in isolamento, se rivolto all'auror sbagliato.
    -...Hai visite.-
    Soffiò l'uomo, assicurando le ormai famigliari catene ai quattro arti del detenuto, prima di portarlo fuori dal cortile per infilarsi con lui nei profondi dedali di corridoi e grate cigolanti.
    Non era abituato alle visite, non a quelle che includevano altri al di fuori del suo avvocato almeno. Le uniche che aveva ricevuto fino a quel momento consistevano in Chibs polisuccato, una ragazzina dalla psiche deviata, ed un paio di giornalisti sbattuti fuori ancor prima di poter tentare di porre la prima domanda al mostro finalmente accalappiato.
    Era curioso, lo era sempre, ma mai preoccupato.
    A metà percorso si unirono a loro un paio di colleghi, infine il guardiano della sala colloqui spalancò l'ultima porta, lasciando che quel rude assassino dalla carne deturpata facesse il suo ingresso in un ambiente non abbastanza ampio da contenere tutte le sue condanne.
    Fu a quel punto che Saul interruppe i passi, solo per un attimo di troppo, sufficiente a strappare dalle labbra dei suoi accompagnatori qualche sollecito, mentre le braccia che lo trattenevano azzardavano qualche strattone poco convinto.
    Seduta in quello stanzino troppo asettico troneggiava il figurino esile di Zara Servantes, la bambina che Saul aveva osservato crescere finché la Spagna non aveva smesso di essere la sua casa. Era cambiata, maturata, ma i grandi occhioni verdi che tanto l'avevano distinta dai membri della famiglia non erano mutati di una sola sfumatura.
    I polsi vennero liberati dalle catene, ma non venne riservato lo stesso trattamento alle caviglie, che per estrema precauzione rimasero costrette in movimenti limitati e tintinnanti.
    Il lupo non le aveva staccato gli occhi di dosso da quando era entrato in quella stanza, ma solo quando le guardie furono uscite si decise a proferire parola.
    “Sei cresciuta.”
    La voce rotolò dalle labbra screpolate con troppa ruggine a sporcarle, disabituate all'oratoria da quando le parole avevano smesso di essere strumenti utili al commercio e alla sopravvivenza.
    Le iridi di brace scrutarono quei lineamenti giovani rivedendo l'infanzia, la famiglia, e anche tutto ciò che lui aveva scelto di non diventare. Un reietto.
    Era così che qualcuno aveva definito Zara quando lei aveva portato via i fratelli più piccoli per allontanarsi con loro dal branco. Qualcuno, non Saul, che quando si trattava della famiglia non riusciva ad impugnare la stessa intransigenza che invece aveva staccato miriadi di teste.
    “Non è sicuro che tu venga qui. È successo qualcosa ai bambini?”
    Si guardò bene dal pronunciare il suo nome, o di specificare qualunque riferimento ad identità circostanti che le orecchie in ascolto avrebbero potuto catturare, e successivamente ritorcergli contro.
    Ma le preoccupazioni espresse erano reali, sinceri. Lo erano sempre quando c'era il sangue di mezzo.
     
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    Erano passati molti anni, da quando Zara aveva avuto per l'ultima volta occasione di vedere suo fratello. Era allora a capo del loro branco, ancora giovane eppure già tanto inflessibile in ogni sua decisione, da sembrare tanto più un estraneo che un uomo con nelle vene il suo stesso sangue. Era mosso dal proprio istinto, eppure la ragazza che era stata, aveva visto in lui una mancanza di sentimenti a dir poco spaventosa. Forse, mai come in quel periodo, era stato per lei semplicemente impossibile comprendere ed accettare la natura di suo fratello, come quella dell'intero branco. Aveva avuto la sensazione di essere nata nel luogo sbagliato, di essere diversa da tutti loro.
    Da allora, le loro strade avevano finito con il dividersi, portandoli tanto lontani da renderli a tutti gli effetti due perfetti sconosciuti.
    Mentre una mano sistemava discretamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro, i grandi occhi si sollevarono, arrivando a soffermarsi sui dettagli di quel volto dall'aria familiare, eppure sconosciuto. Solo una cosa, sembrava non essere mutata. Era faticoso respirare, per lei, quando l'odore del branco le invadeva con così tanta prepotenza le narici.
    Odore della sua terra d'origine e di ogni lupo conosciuto, ma soprattutto, di ognuna di quelle cose che avevano finito con il farle credere che la fuga, fosse la sua unica possibilità.
    Sei invecchiato.
    Possedevano una voce incredibilmente simile, in grado di sorprendere se si teneva conto dell'enorme differenza fisica dei due. Mentre Saul aveva ricevuto dalla natura un corpo monumentale, Zara aveva rinunciato ormai da anni alla speranza di poter crescere. Era rimasta minuta, con un volto dai lineamenti morbidi e con occhi troppo grandi, per poter essere presi sul serio. Quando finalmente iniziarono a parlare, quelle due voci si alternarono nel riempire la piccola stanza, creando uno strano gioco di suoni, come in un eco con una propria creatività, affatto ripetitiva. Per un attimo, pensò che fosse semplicemente impossibile che qualcuno non notasse quel dettaglio, mandando così a monte la propria copertura... ed attese, con le orecchie pronte a captare una sola parola d'allarme, ma nulla sembrò mutare, al di fuori di quel piccolo mondo di catene e sbarre.
    Si limitò allora ad agitare il capo, scacciando via quella preoccupazione che, in qualche modo, era in grado da sola di far scattare nella sua mente, mille e più campanelli d'allarme. Una parte di lei temeva quell'interesse per i bambini che la aspettavano a casa, o forse era semplicemente offesa dall'idea che Saul potesse dubitare della sua capacità di tenere al sicuro quelle tre piccole vite.
    I bambini stanno bene. Si tratta di Ingrid.
    Anche se non ci fossero state diverse paia di orecchie ad origliare la loro discussione, Zara non sarebbe stata in grado di chiamare quella donna, madre. Era stata di certo molte cose, ma mai una figura genitoriale. Drogata, puttana, egoista... e sarebbe stata in grado di andare avanti per giorni, se solo ne avesse avuto il tempo e la voglia. Ma per suo fratello, lo sapeva, le cose erano ben diverse. Lui aveva davvero amato quella donna ormai persa, riservandole un rispetto simile a quello che i credenti, riservavano al proprio dio.
    È morta. L'hanno trovata senza vita a casa, dicono... per colpa della droga.
    Sembrò farsi ancora più piccola, stretta nelle spalle ed in un'indifferenza a tratti troppo profonda, per poter essere semplicemente compresa. Quella donna aveva rovinato la sua vita... ed era un bene, che fosse semplicemente scomparsa, prima di riuscire a rovinare anche quella dei Servantes più piccoli dell'intera famiglia. Maria, Josue e Cameron, meritavano una vita migliore di quella che era stata offerta a Zara, alla loro stessa età.
    Era mio compito, dirtelo.
     
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    Per la maggior parte degli uomini che l'avevano conosciuta, Ingrid Servantes era stata una matrona dignitosa e regale, un'ape regina stimabile e temibile capace di muovere i fili di un intero branco. Una degna accompagnatrice dell'alfa, fosse lui il consorte o il primogenito, ma non di meno una madre sul cui seno adagiare preoccupazioni e timori. La si amava ed odiava ad un tempo solo, senza mezze misure, era semplicemente un'essenza costante in quel covo di orgoglio e fierezza su cui lei stessa aveva erto il proprio trono.
    In pochi, poi, l'avevano osservata deperire e sgretolarsi come un fuscello appassito sotto al troppo sole. Qualcuno le aveva voltato le spalle, altri l'avevano derisa: per Saul Servantes non aveva mai smesso di essere la donna più importante di un'intera vita.
    “Ne sei sicura?”
    Eppure, quello fu tutto ciò che riuscì a dire quando sua sorella lo informò che quella stessa donna aveva interrotto la sua corsa nel mondo.
    Il ricordo della nobile lupa che era stata balenava ad intermittenza nella mente del figlio, alternandosi con onesta severità alla figura di ciò che Ingrid era diventata in quegli ultimi anni: nient'altro che un involucro vuoto di squallore e miseria. Prigioniera dei vizi e di una vecchiaia che non aveva mai accettato, schiava di quelle stesse sostanze che le avevano donato il ripudio dell'unico figlio che era invece stato disposto a rispettarla fino alla fine.
    Solo un gelido brivido di maturo dolore si arrampicò lungo la spina dorsale del licantropo, mentre la certezza di quella dipartita gli si incastrava tra le vertebre come una fastidiosa ernia. Erano anni che non aveva sue notizie, ma per qualche motivo non riusciva semplicemente a farsi andar bene il modo in cui la trionfale storia della genitrice aveva infine conosciuto il suo epilogo.
    Lento e controllato, chinò leggermente il capo davanti ad un lutto che a cui avrebbe reso onore privatamente, lontano persino dagli occhi del suo stesso sangue, come d'abitudine.
    “È stata una sua scelta, quella di avvelenarsi.”
    Concluse in un soffio roco di voce, tornando a sollevare il capo come se avesse solo avuto bisogno di un momento per ingoiare la metabolizzazione di quella notizia. Nessuno avrebbe notato cambiamenti sul volto del detenuto, adesso, nessuno avrebbe potuto sfruttare le sue reazioni per torchiarlo maggiormente nei futuri interrogatori.
    Lo sguardo di tenebra tornò a scrutare la ragazza seduta all'altro capo del tavolo, osservandone il distacco e l'impassibilità davanti ad una perdita che evidentemente non l'aveva mai davvero toccata.
    “C'è la possibilità che la sua morte susciti qualche domanda? Potrebbero risalire alle sue origini, rintracciare i suoi contatti... pensi di poterti tenere lontana da tutto quello che potrebbe succedere?”
    Le domande nascoste fra quelle enigmatiche parole erano decine di più rispetto a quelle espresse.
    Saul le chiedeva, indirettamente e con velato interesse, se era certa di sentirsi al sicuro. Se possedeva la sicurezza assoluta che lei e i fratelli più giovani non sarebbero finiti coinvolti in qualche disputa interna al branco, o ancor peggio esterna ad esso e più vicina alle autorità.
    Prima di consumarsi, d'altronde, Ingrid era stata un pilastro portante di quell'organizzazione tanto perseguitata e bramata dalle forze dell'ordine.
     
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    Non aveva pensato nemmeno per un solo secondo, Zara, di poter assistere al dolore di suo fratello. Saul era troppo fiero per mostrare debolezze, persino davanti a chi condivideva il suo stesso sangue... eppure, la parte più umiliata e ferita di lei, aveva forse inconsciamente desiderato un confronto più diretto, che potesse sfociare in una serie di accuse in grado di liberarle la gola da tutta quella bile che da anni la infettava.
    Se solo un solo movimento delle labbra le avesse mostrato sofferenza, allora quella giovane lupa avrebbe colto l'occasione per scattare in un feroce attacco, mostrando le zanne con fare minaccioso, senza più curarsi di quel labile confine tra la belva e l'umana. Gli avrebbe sputato contro che lui non aveva alcun diritto di soffrire, dopo un'assenza troppo lunga. Dov'era, il grande e fiero Saul, mentre la sua famiglia implodeva, lasciando nello spazio nient'altro che un enorme buco nero? Non aveva bisogno di condoglianze, ma degli auguri di pronta guarigione sarebbero di certo stati adatti alla situazione venutasi a creare. Suo fratello non aveva visto le mille sigarette abbandonate tra le dita di una donna ormai inerme, pronte a cadere sul tappeto, dando così vita ad un incendio in grado di consumare le uniche cose buone rimaste in quel mondo. Non era stato lui a vivere con un costante nodo alla gola, staccando da ogni massacrante turno di lavoro solo per correre a casa, pregando qualsiasi divinità fosse in ascolto per far sì che tutto fosse proprio come l'aveva lasciato. Una volta, nell'aprire la porta, gli occhi di Zara avevano incontrato la viscida figura di Paul, il padre dei gemelli, mentre porgeva a Josué una sigaretta, con un sorriso etilico a stirargli la bocca... e per quanto ogni muscolo le avesse allora urlato di reagire, di colpire quel volto sfatto da una vita priva di scopi, non aveva avuto altra scelta che quella di afferrare il fretta il bambino, portandolo nella piccola stanza che allora divideva con i tre Servantes più giovani. Per troppe volte non aveva reagito, cercando di tamponare i danni causati da una madre mai tale. La morte di Ingrid era la fine di quell'inferno e della paura di poter ritornare a quei giorni pieni di pericolose incognite, ma Saul non poteva nemmeno immaginarlo e lei non era certo arrivata fino a lui, solo per poter piangere sulla sua spalla. Avrebbe assaporato il sollievo senza condividerlo con nessuno, fermandosi di tanto in tanto, nel bel mezzo della giornata, per ricordare a se stessa che Ingrid non sarebbe mai tornata ad infangare la sua esistenza, o quella dei bambini.
    Potrebbero esserci dei problemi.
    Con la schiena appena curva in avanti e le mani premute contro la fredda superficie del tavolo, lasciò che i secondi passassero, mentre la lingua carezzava distrattamente ogni dente, oltre le labbra ben chiuse, in un piccolo esercizio per lasciare al corpo il tempo necessario a non crollare, vittima di istinti troppo primordiali per poter essere compresi. Prese qualche respiro profondo, senza sottrarsi a quegli occhi d'ambra, prima di tornare ad aprir bocca.
    Ma non saranno mai gravi quanto quelli che ha causato quando era in vita.
    Il mento si sollevò appena, in una silenziosa provocazione. Avrebbe attaccato con i denti e con le unghie quella figura demoniaca che sua madre era stata, se qualcuno avesse avuto l'ardire di proteggerla dal giudizio dell'unica persona in grado di giudicarla. Saul aveva perso ogni diritto di insegnarle come la vita andava, così come lo aveva perso ogni altro membro del branco, non appena le catene avevano smesso di stringerle intorno ai polsi e alle caviglie.
    Zara la rinnegata, la figlia senza più una famiglia, la principessa sfuggita dal suo regno.
    Se ci saranno contrattempi, me ne occuperò io. Non... intrometterti.
    Dubitava, in ogni caso, che potesse far molto, chiuso dietro a delle sbarre resistenti persino alla furia della sua forma animale. Sembrò bastare quel pensiero, a farle ritrovare un briciolo di umanità, un pizzico di preoccupazione per l'uomo nascosto dietro agli articoli di giornale. Il sangue del suo sangue, con la pelle pregna del primordiale odore della stessa natura che l'aveva vista crescere.
    E tu, Saul... tu come te la cavi?
     
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    Non avrebbe mai messo in dubbio la tenacia di Zara Servantes, non quando in ballo c'era la sua capacità di badare al proprio spicchio di mondo. Quella Figlia della Luna aveva rinnegato le proprie origini, ma non avrebbe mai smesso di essere una fiera lupa dall'animo ruggente, non avrebbe ritratto gli artigli e nascosto le zanne proprio quando le vite dei tre fratelli che aveva portato via da un presunto inferno venivano pesate sulla bilancia del pericolo.
    Saul non aveva mai condiviso la scelta di sua sorella, ma se le aveva permesso di portarla a compimento era perché si fidava ciecamente dell'istinto della femmina.
    “Non sottovalutare la morte dell'ape regina. Da quando ho lasciato la Spagna molti altri clan si sono tenuti da parte perché sul trono era rimasta lei.”
    Allo stesso modo non poteva mettere in dubbio la sua forza, le abilità e l'astuzia che le avevano permesso di sopravvivere fino a quel momento nonostante l'emarginazione dal branco, ma la morte di Ingrid era un fenomeno ingombrante, troppo spigoloso per sperare di poter semplicemente mantenere il vecchio assetto per prevenirne le ripercussioni.
    Lui, d'altro canto, non avrebbe voltato le spalle alla propria famiglia neanche talora si fosse trovato nel più definitivo braccio della morte.
    “Quando avrai bisogno di soldi o protezione... va' da Chibs.”
    Filip Telford all'anagrafe, sui documenti, ed in qualunque fascicolo detenibile dalle orecchie che in quel momento potevano essere in ascolto. Erano pochi i momenti in cui Saul abbassava la guardia, rari gli attimi in cui compiva avventatezze in nome di impulsi e bisogni che in libertà lo avevano reso un condottiero fiero e degno: la morte di sua madre, tuttavia, non sembrava rientrare fra quelle eccezioni. Nel parlarne, infatti, il licantropo continuava ad occultare dettagli e distorcere informazioni affinché nessuno, a parte la ragazzina seduta dall'altro lato del tavolo, potesse carpirne sensi ed indizi che dovevano rigorosamente restare confidenziali.
    L'ultima domanda, d'altro canto, fu forse quella più difficile da digerire per il maggiore dei Servantes. Non ricordava quand'era stata l'ultima volta in cui Esme gli aveva rivolto un qualche tipo di apprensione, non in modo tanto diretto almeno, non senza che i grandi occhi dello stesso colore delle rive di lago ne nascondessero la volontà dietro a solide barriere di ostilità.
    Era una sorpresa, ma non poteva diventare uno strumento di vulnerabilità.
    “Chiuso in una gabbia, non c'è molto altro.”
    Mormorò, fermo e controllato, mentre distoglieva gli occhi da lei per portarli sulla parete laterale della piccola stanza, quasi il contatto visivo in quel preciso istante riuscisse a ferirlo più della menzogna stessa che le stava regalando.
    Una parte di lui era certa che l'inconscio di Zara fremesse dal bisogno di sapere che quel criminale condividente il suo stesso sangue stesse finalmente scontando la pena meritata; non quella legale, nel senso più stretto del termine, quanto più la condanna morale che negli anni lei doveva aver pregato affinché rallentasse la crociata di un branco ormai fuori controllo.
    Non poteva appagare quell'esigenza, Saul, non adesso, non prima del processo, non con tutti gli affari in sospeso che ancora gravavano sulle sue spalle.
    “È un pessimo periodo per correre rischi. Quello che è successo ad Ingrid... dovrà aspettare. Devi tenerti il più lontana possibile da me, adesso.”
    Tornò a guardarla mentre le catene tintinnavano, richiedendo sporadiche attenzioni che andavano a battere proprio sui nervi più sensibili, quelli che nei mesi trascorsi avevano finito per abituarsi a suoni come quello, quasi fossero parte della tortura.
    Avrebbe convinto se stesso a tollerarsi, a sopportarsi, ad ingoiare tutta la solitudine necessaria a proteggere ciò per cui aveva combattuto, ed avrebbe accettato di dormire sonni tranquilli solo se avesse saputo il sangue del proprio sangue al sicuro.
     
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    Seppur breve, era esistito un periodo nella vita di Zara nel quale aveva guardato a quel fratello ormai rinnegato, come ad un punto di riferimento. Divisi da troppi anni, nati in due periodi completamente diversi per il branco e per la vita stessa, non avevano mai avuto occasione di maturare quel rapporto che molti avrebbero creduto giusto per due fratelli... eppure Esme aveva posato gli occhioni incredibilmente chiari su di lui senza dover combattere un costante senso di nausea, chiedendosi piuttosto quanto tempo potesse servirle per diventare altrettanto forte. Era stato prima di comprendere le più nascoste dinamiche del branco, prima che le catene arrivassero a farla sentire prigioniera delle proprie origini e, per quanto le era possibile, cercava di tenere lontani da sé quei ricordi. Non ne andava fiera, per quanto allora le sue idee fossero mosse solamente dalla più innocente delle ignoranze. Per qualche giorno, forse una settimana od un intero mese, poi trasformato in anno, aveva ceduto alla tentazione di essere fiera di Saul, mentre lui sedeva ancora sulla sommità di quella piramide gerarchica che costituiva la base del branco. L'uomo che le sedeva davanti aveva catene ai polsi e ai piedi per via dei suoi stessi errori e, per quanto si impegnasse per mantenere la dignità che gli era stata riservata per diritto di nascita, andava secondo dopo secondo a perdere quell'aurea di indistruttibile forza che invece Zara tendeva ad associare alla sua figura. Eludeva le sue domande, pur di non cedere di un solo centimetro in quella battaglia ormai persa.
    Non è quello che ti ho chiesto.
    Le sopracciglia della giovane si avvicinarono tra loro, rivelando senza alcuna esitazione una frustrazione che occhi esterni non sarebbero riusciti a comprendere ma che, per suo fratello, avrebbe pur dovuto significare qualcosa. L'aveva vista crescere, prima di scoprirla estremamente diversa dal resto dei suoi fratelli... e rimasugli di quel rapporto rimanevano attaccati ad entrambi, che fossero disposti o meno ad ammetterlo. Avrebbero potuto dichiararsi guerra a quello stesso tavolo, per una parola detta male, eppure non sarebbero mai stati incapaci di non comprendere l'altro, nelle sue più intime sfaccettature. Forse per questo Zara decise di non controbattere all'offerta del fratello, quasi le sembrasse superfluo chiarire che mai avrebbe chiesto l'aiuto di Chibs, o di un altro componente del branco. Alle volte, era semplicemente troppo stanca per combattere contro il mondo intero.
    Va bene.
    Chinando il capo tornò ad osservare le proprie mani, mentre lo sguardo di Saul puntava invece contro la parete sulla loro destra, lasciando spazio ad un silenzio denso e pregno di parole soffocate solo con un enorme sforzo di volontà. Entrambi coscienti delle orecchie pronte ad ascoltare ogni loro parola, non propensi al dialogo per natura, sembravano ormai arrivati alla fine di quel difficile incontro. Di certo nessuno dei due avrebbe sprecato una sola parola, solo per riempire i tempi morti di una visita ai limiti dell'assurdo... e secondo dopo secondo, Zara sentì crescere dentro di lei l'impellente bisogno di uscire da quella stanza, così da poter tornare a respirare aria che non avesse in ogni molecola l'ingombrante profumo del branco e di suo fratello. Con l'unghia dell'indice grattò distrattamente la superficie del tavolo in metallo, producendo per qualche attimo il medesimo rumore di unghie contro una lavagna.
    I gemelli mi hanno chiesto di salutarti da parte loro.
    Cameron e Josué le avevano in realtà chiesto di poter andare con lei, cercando di farla cedere in ogni modo, pur di ottenere un incontro con quell'uomo su cui mai avevano avuto modo di riflettere oggettivamente. Zara aveva fatto di tutto per tenerli lontani dagli errori di Saul e loro due, nella più stupida innocenza, avevano finito con il renderlo una specie di eroe, nelle loro menti ancora giovani.
    Maria ha pianto, ma immagino che anche lei condivida il pensiero.
    Le spalle esili si avvicinarono appena nel tentativo di non dare troppa importanza ai dettagli di quei saluti di cui lei non era altro che il messaggero. Solo quando tornò a sollevare il volto, in cerca dello sguardo di suo fratello, la domanda che le ronzava nella testa dall'inizio di quella giornata prese forma con prepotenza tra le labbra carnose, sfuggendo al suo controllo.
    ...c'è qualche possibilità che tu riesca a vincere il processo?
     
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    Non poteva esistere una risposta giusta alla domanda che Zara aveva gettato fra loro come un'àncora arrugginita e friabile. Non poteva, semplicemente perché quella stessa domanda era in sé sbagliata, su quel tavolo asettico che già centinaia di altri criminali avevano toccato prima di lui. Non era con delle catene ai polsi, che i Servantes si informavano sul reciproco stato d'animo, poiché era rigorosamente indubbio che un purosangue ammanettato non poteva stare bene.
    “Sto bene, ho tutto sotto controllo.”
    Così come era altrettanto indubbio, che nessuno di loro avrebbe rinunciato ad un solo grammo di dignità per bagnarsi di commiserazione e pateticità. E forse mentiva, credendo di poter vantare davvero di un qualche tipo di controllo sulla sua situazione, ma fintanto che i suoi occhi avessero continuato a riaprirsi al sorgere del sole, Saul avrebbe tenuto alta la testa.
    E se un'umanità ancora esisteva nel corpo del mostro che la società aveva immolato sull'altare sacrificale, quella poté indubbiamente brillare in un guizzo di genuino amore al solo ascoltare dei suoi fratelli, i più piccoli, certamente gli unici ancora innocenti, quelli che avrebbero portato un fardello immeritato ed ingiusto nonostante i tentativi di Zara. Lo avrebbero scoperto da soli, che la fuga non salvava dalla condanna dell'ignoranza.
    “Stanno crescendo bene? Vorrei rivederli, un giorno.”
    Le spalle si abbassarono impercettibilmente, nient'altro che una resa invisibile di fronte a quello che restava per lui il tesoro più grande: la famiglia. Forse gli affari e le responsabilità lo avevano tenuto troppo lontano dalla sfera più emozionale del sangue del suo sangue, ma quelle piccole creature avrebbero sempre potuto contare sulla rigida protettività del maggiore, sull'affetto incontaminato, e non da meno sull'istinto di saperli al sicuro, forti, e liberi.
    E non mostrò alcun tipo di paura od esitazione, Saul, nel confessare quell'ultima volontà. Forse le orecchie in ascolto li avrebbero creduti parte della sua prole, e che lo facessero pure, per quanto lo riguardava l'alfa era più che lieto di sapere auror ed investigatori sulla scia di false tracce. Forse avrebbero distrutto lui, ma non sarebbero arrivati alla sua famiglia.
    Scosse quindi il capo su una domanda spinosa ed avvelenata, uno di quei quesiti che lui stesso non aveva mai avuto il coraggio di rivolgere neanche a se stesso. Quando aveva scelto di deporre le armi in quella guerra, Saul Servantes non aveva più contemplato alcun tipo di salvezza per se stesso, né si era illuso di poterne fortuitamente ricevere una casuale. Era giusto così, era la fine che il suo personale libero arbitrio gli aveva permesso di scegliersi.
    “Nessun giudice mi lascerà uscire da quell'aula senza una condanna... ma ho un buon avvocato. E in ogni caso, non mi spaventa l'esito del processo.”
    Lanciò solo un'occhiata pigra alla vetrata oscurata su una delle pareti, al di là della quale qualcuno poteva ricambiare il suo sguardo senza essere visto. Non si aspettava comprensione, dalla lupa che aveva rinnegato quella crociata in nome di una corsa verso l'ignoto che, a parer suo, non l'avrebbe mai potuta condurre abbastanza lontana da tagliare le proprie radici, ma le regalò comunque la verità, quella non era in grado di tacergliela.
    Non l'aveva mai odiata, per le scelte compiute, né aveva nutrito nei suoi confronti niente che potesse anche solo avvicinarsi al rancore od al risentimento, ma che ci fosse curiosità e confusione in quell'inatteso approccio, per Servantes era certo.
    Quando tornò a guardarla, le iridi scure parvero incupirsi ancor di più, ma non era sfida quel che le invadeva, né arroganza alcuna, quanto più un barlume antico di saggia stanchezza. Stava invecchiando, se non tanto nell'età certamente nello spirito, e forse cominciava a somigliare un po' troppo al vecchio genitore che un tempo aveva seduto al suo posto, rinunciando all'esilio per guidare il branco verso una vittoria che il primogenito invece non era stato in grado di garantire.
    “Tu da che parte stai, stavolta?”
     
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    Forse mai sarebbe riuscito ad unire quelle due anime tanto tempestose quanto il dolce ed innocente pensiero dei fratelli minori. Alla fine, era a quello che la vita di entrambi si riduceva, in ogni loro scelta. Saul aveva ucciso, digrignando i denti e dichiarandosi martire di una guerra persa in partenza, al solo scopo di far sentire al mondo il troppo fragile ululato dei suoi fratelli. Zara aveva posizionato sulle spalle esili uno zaino ed aveva stretto contro il petto i tre minuscoli corpi, per liberarli dalle catene del branco e da ogni folle regola di sangue, certa dell'idea che una scelta sarebbe poi stata presa proprio da quelle tre piccole vite per cui aveva sacrificato la propria, ma con più intelligenza e con la libertà che tanto lei stessa aveva bramato. Seppur in modo del tutto diversi, entrambi avevano cercato di fare il loro meglio per Josué, Cameron e Maria. Nessuno avrebbe mai potuto togliere loro quella certezza. Gli occhi di palude di Zara sfiorarono con attenzione il volto severo del fratello maggiore, quasi avesse paura di rimaner ferita da quel contatto visivo e da ogni significato in esso nascosto. Avvertiva sulla pelle il formicolio della malinconia contenuta nella sua voce e nella mente i campanelli d'allarme, quei rumori acuti che le ricordavano ogni giorno come fosse lei la sola responsabile di ogni sbaglio o merito dei più piccoli tra i Servantes. Era davvero in grado di negare a Saul la visita del sangue del suo sangue? Quanto in profondità la sua umanità era stata minata dalla necessità di essere forte?
    Potranno decidere se venirti a trovare quando sapranno la verità su tutto.
    Solo con un incredibile sforzo di volontà riuscì a non far ricadere lo sguardo sulla superficie del freddo tavolo che rimaneva a dividerli, o sulla punta delle proprie scarpe. Fiera regina di un regno ormai caduto in miseria, fissò gli occhi del suo personale demone interiore ritrovando in essi se stessa e la necessità di dimostrarsi una sua pari e non più una sprovveduta bambina. Le era stato imposto di crescere il fretta, nessuno avrebbe potuto a quel punto incolparla dei risultati di quel traumatico svezzamento alla vita. Con la schiena ben dritta – ma le spalle tristemente curve in avanti, a tradire una chiusura forgiata nella diffidenza e nella paura – si prese la responsabilità dell'ennesima decisione.
    Ho cercato di tenerli lontani dalle parti più cruente della storia.
    L'odore selvatico che dall'inizio dell'incontro aleggiava nella stanza militaresca sembrò intensificarsi, quasi che improvvisamente l'istinto ferino suggerisse ad entrambi che da lì a poco una tempesta sarebbe finita con lo scoppiare. C'era aria di tornado nel silenzio nel quale si spense il discorso, lasciando alle dita affusolate appena il tempo per nascondere dietro l'orecchio destro una ciocca di arruffati capelli.
    Tu da che parte stai, stavolta?
    Non farlo.
    Le due voci sembrarono quasi sovrapporsi, identiche per serietà seppur tanto diverse per intensità. Lì dove la malinconia iniziava ad allungare i propri tentacoli su Saul, la furia si accendeva dalle braci di un risentimento mai del tutto assopito nel petto della giovane ispanica. Improvvisamente, la mancanza di parole sembrò l'ultimo dei loro problemi.
    Non chiedermi di schierarmi, lo sai che non è la mia guerra, non più.
    Aveva una guerra totalmente diversa da combattere, una battaglia di cui lui non sapeva nulla, ed iniziava ogni mattina con uno sbadiglio ed un caffè di qualità scadente, solo per finire quando il sonno arrivava a soffocare ogni preoccupazione. Cercò di riprendere il controllo di se stessa, lasciando scivolare tra le labbra qualche profondo respiro, solo per poi gettare via quell'apparente tregua, avvicinando con irruenza il petto al bordo del tavolo.
    Cosa vuoi sapere, Saul? Se sono dalla parte degli assassini di Bobby o dalla tua? Le mie idee non faranno la differenza.
    Non era offesa dall'idea che Saul potesse credere che fosse tanto lontana dal branco da non provare alcun tipo di dolore per quella perdita, ingiusta quanto inattesa, ma la sola idea di essere messa alle strette era in grado di tendere fino allo spasmo i nervi mai del tutto rilassati. Con un'imprecazione in grado di scivolare tra i denti digrignati tornò a ranicchiarsi sulla scomoda sedia in plastica.
    ...hai bisogno di soldi, qui dentro? Sono riuscita a mettere da parte qualcosa.
    Era in grado di far avere folli comportamenti, quel legame di sangue.
     
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