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Quell'uomo iniziava ad irritarlo.
Lo aveva irritato il modo in cui lo aveva definito "giovane e sanguinario", quasi che tutto il resto di ciò che lo definiva non contasse affatto e che quella concezione da macho da quattro soldi fosse l'unica cosa rilevante, e lo aveva irritato il modo del tutto irragionevole in cui aveva dichiarato il suo essere privo di fiducia e di rispetto. Citare sua madre dandogli del bastardo nel momento in cui provvide a mantenere la promessa che gli aveva fatto, poi, fu semplicemente troppo. Senza che il suo volto esprimesse altro che una vaga nota di noia, Kostia non diede tempo a dito di rimbalzare per terra che già aveva posato una mano sulla nuca di Fred e, assecondando il naturale contrarsi di un corpo nei confronti di un improvviso dolore, aveva spinto con forza in avanti, fino a sbattere il viso dell'uomo sul tavolo. Ebbe cura, però, di ruotare appena il polso nel farlo, in modo che labbra e naso fossero esclusi da quell'impatto. Doveva poter parlare.
- Accompagnatela fuori - confermò alla guardia, che celere si affrettò a slegare Vaike dal tavolo per condurla fuori dalla stanza - Mi occuperò personalmente di lei non appena finito qui - si limitò ad aggiungere, asettico, con quel tono impersonale che poteva significare tutto come niente. Una tortura o una cena; la morte o delle scuse.
Ruotò di nuovo al tavolo, tornando a sedersi al suo posto - Le dimostro rispetto mantenendo la parola che le ho dato. la menzogna è il peggior insulto che un uomo possa ricevere - gli fece notare quando, infine, nella stanza rimasero solo loro tre - E mantengo la parola in modo che lei possa fidarsi di me nel momento in cui le assicuro che, se si permette ancora di comportarsi in una maniera tanto...diciamo maleducata, visto che le piace il termine...la prossima volta non mi limiterò a tagliarle un dito, ma tutti quelli che le restano della mano sinistra, e che non resteranno lì sul pavimento in attesa di essere ricuciti ma che glieli farò mangiare uno alla volta, fino a soffocarla. Mi auguro che si fidi, signor Aldrich, e che non desideri mettermi ulteriormente alla prova - si prese un attimo di pausa, prima di alzare una mano e far cenno a entrambi di continuare pure - Ci racconti pure la sua storia, signor Aldrich, e mi auguro che sia interessante. Aveo altri impegni per la serata, e la mia pazienza ha un limite -
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.L'urlo di Vaike è forse ancora più forte del proprio.
Il sangue cola dal moncone che ha preso il posto del mignolo e, se prima era pallido, è presumibile che di lì a poco sarà ancora peggio dato come quel liquido va ad imbrattare il fazzoletto premuto sulla ferita e cola per il bracciolo ove il polso è fissato, fin giù a terra.
Il corpo si piega verso la parte lesa ma dita comparse a serrare la nuca con forza spingono in avanti, gettandolo con la faccia contro il ripiano legnoso.
L'impatto gli strozza il fiato.
Certo, naso e bocca ne sono risparmiati e quello che avrà qualche ripercussione sarà lo zigomo e forse il sopracciglio, ma il problema non sono loro, è il forzare il busto e le catene che lo tengono. Nel movimento traditore la ferita al fianco s'è tesa mettendo a dura prova la blanda rimarginazione.
Schiacciato sul legno respira fortemente l'odore dolciastro e vagamente unto, riaprendo la bocca per la prima volta cercando di ribattere qualcosa a quelle parole strozzate e terrorizzate d'una Vaike che, al suo fianco sembra essere in procinto di perdere qualche battito.
Coco non gliene dà modo e sotto il benestare di Kostia provvede a farla scardinarla dalla sedia.
La seguirà con lo sguardo fin quando la porta non si sarà chiusa dietro di lei, neanche allora però lascerà trapelare un respiro di sollievo o di angoscia.
Nella stanza sono ora in tre e Kostia riprende presto a parlare.
Non lo contraddice e tirerà su la testa come gli sarà nuovamente possibile.
Lo zigomo ha preso una bella botta riportando una lieve escoriazione e forse nel domani un bel livido violaceo; sarà con un movimento studiato che, nel caso, tornerà a poggiare la schiena al legno della sedia.
La ferita fresca getta stilettate continue e di buono c'è che essendo la più dolorosa evita al corpo di prestare attenzione alle altre.
- Anche io, mi creda…-
Certo non aveva in programma di finire su quella sedia.
Coco si intromette nuovamente. Dal muro è tornata alla sedia e da quella lo scruta.
-Gabrielle...- Inizia. - Lo sai meglio di chiunque altro che con il Ministero del Nord ho chiuso tre anni fa, che esso ha chiuso con me e tutto per la tua splendida persona.-
Inizia ad esserci stanchezza nella voce più che veleno, l'affaticamente dovuto probabilmente al sangue di cui già deficiava e che ora continua a pardere, unito alla fine dell'effetto di qualcuno dei farmaci che aveva in corpo.
-Quindi cosa c'entri il Ministero io non ne ho idea.- Ingoia - Se mi avessero pagato o offerto qualcosa, non avrebbero cercato di ammazzarmi, ti pare? E se avessi saputo chi fossero ti sembra che non mi sarei protetto prima?-
Sono domande retoriche che con lei sembrano voler chiudere così.
E' a Kostia che torna invece dopo la sua ultima frase.
- Tentativo di omicidio ai danni della mia persona che è riuscita a salvarsi la pelle per il rotto della cuffia e le buone mani di quella donna lì fuori.- Indica la porta oltre cui sosta Vaike con un cenno del mento.
-Se le fa piacere posso inventare motivazioni accattivanti anche se la più accreditata suppongo fosse una ricerca di vendetta, ma questo non deve chiederlo a me.-
Non ha bisogno di indicare Coco dal momento che proprio lei lo ha trapiantato lì e presumibilmente a Kostia qualcosa deve aver raccontato.
Edited by Amok - 11/1/2017, 23:59. -
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Non posso non cogliere, negli occhi di Gabrielle, lo sguardo carico di disprezzo che mi lancia. Me lo sento addosso, sento il suo astio e anche la sua rabbia. Probabilmente se fossimo sole e non ci fossero testimoni non esiterebbe a sollevare di nuovo la bacchetta per colpirmi di nuovo. La bellezza della giovane donna è pari alla sua maldisposizione e al suo desiderio di affermarsi davanti agli occhi di tutti. Di Kostia in modo particolare.
E’ proprio quest’ultimo che, confermando le disposizioni delle donna, intima alle guardie di farmi uscire dalla sala. Il tono di voce dell’uomo mi raggiunge colpendomi per la totale assenza di qualsivoglia indizio circa cosa possa voler dire quella mossa.
Significa che sono libera? Significa che posso tornare a casa? Ne dubito.
Quel ‘mi occuperò personalmente di lei’ potrebbe significare che dovrò essere interrogata ancora, in separata sede e magari assaggiare ancora, stavolta per mano sua, il dolore dell’offesa provocata dalla bacchetta. Potrebbe anche significare che Kostia mi esonera, semplicemente, dall’assistere a come intende continuare l’interrogatorio di Fred oppure, e questa è la migliore delle ipotesi che mi vengono in mente, potrebbe semplicemente aver deciso che non mi ritiene colpevole e che devo solo attendere di espletare le questioni burocratiche prima di essere lasciata libera di tornare a casa.
Il sollievo di potermi alzare e seguire le guardie deve apparire ben evidente nel mio sguardo. Uno sguardo che prima di soffermarsi su Fred, pallido e visibilmente addolorato, si rivolge a Kostia che, se lo incrocerà, potrò leggervi il dubbio e la riconoscenza per quella richiesta uscita di scena. I miei occhi si abbasseranno un attimo solo prima di risollevarsi, salutare con il pensiero Fred consapevole che potrei non rivederlo mai più. Un ultimo cenno del capo, appena accennato, sarà il solo segno tangibile dello speranzoso ringraziamento che rivolgerò a Kostia dopodichè seguirò le guardie verso una nuova, sconosciuta, destinazione..
Lo sa lei quel che sarà |
