Lo sa lei quel che sarà

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    Il mondo riprende consistenza e i piedi, rinchiusi in scarpe non sue, vanno a trovare un pavimento di pietra fredda, dura e scivolosa incrostata di ghiaccio e salsedine.
    La camicia nera che indossa stona come poche cose sui pantaloni sportivi e felpati; l’impermeabile usato, e doppiamente usato, che s’è ficcato addosso nella magnanimità di Gabrille, chiude il tutto con il suo colore indistinto fra un marrone scuro e un corda sporco.
    Gli ci vuole qualche istante per riconoscere il luogo in una sferzata d’aria gelida mista ad acqua di mare che gli si intrufola fra i capelli spettinati e lì si impiglia portandosi dietro un bel po’ del calore che aveva accumulato.

    Si sporge oltre il parapetto della terrazza gettando un’occhiata verso il basso, verso le onde che si infrangono sulla breve scogliera e arrivano a lambire la torre.
    La ferita al fianco, medicata e fasciata di fresco, tira senza inviare particolari proteste quando il busto di tende torcendosi appena.

    Il freddo lo aggancia in quel preciso istante ricordandogli di essere in piedi forse solo grazie alla buona dose di adrenalina regalata dal Dottor Link mista all’ennesima aspirina.

    Vaike e Gabrielle sono nelle immediate vicinanze, l’una un poco meno pallida di lui, l’altra nel fiore della sua salute.
    -Di cosa sarei accusato precisamente?-
    Ha aggrottato la fronte dopo aver, probabilmente, rammentato e constatato, quel poco che sapeva o aveva appreso sul luogo in questione.
    Nonostante la febbre, continua a versare in picchi di vitalità facilmente deposti in discese acute verso l’irresistibile riposo, al momento tuttavia, pare reggere in maniera soddisfacente la posizione orizzontale.
    Muove le mani ammanettate dietro la schiena e con loro le catene si agitano regalando il loro tintinnio metallico, il tutto nell’istinto che lo invita alla ricerca di un nodo che però, purtroppo, non c’è.
     
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    Di tutto si può dire di Gabrielle, e quando dico tutto è proprio tutto, tranne che sia donna che perde tempo. Giusto quello necessario per rivestire alla meglio Fred con dei vestiti di Siim, o forse di Kristjan; nemmno so a chi appartengono gli abiti che l’uomo è stato costretto ad indossare per non uscire seminudo.
    Non ho potuto fare altro che seguire la coppia e non è stato di mia spontanea volontà. Gabrielle non voluto sentir ragione e ora anche per me si aprono le porte di un luogo che mai avrei voluto vedere.
    Destino strano il mio mi viene da pensare mentre il vento salmastro arriva a gelarmi il viso e le mani; uniche parti scoperte di un corpo intirizzito dal freddo, dall’ansia e dalla frustrazione. Cresciuta in una famiglia di sani e rigidi principi, tenuta d’occhio da due fratelli iperprotettivi…sono riuscita a cacciarmi nei guai e quel che è più strano ancora è che sono convinta di aver fatto la cosa giusta. Ho aiutato qualcuno che aveva bisogno di essere soccorso ed ora sono legata a quest’uomo con un invisibile filo che può chiamarsi sorte. Lui ha il mio sangue nelle vene e spero che questo serva non solo a sostenerlo fisicamente ma anche a renderlo meno scontroso.
    So bene che mi illudo.
    Il freddo, la trasfusione e il la situazione di certo non hanno migliorato il mio aspetto. Non posso vedermi ma mi immagino pallida e con gli occhi segnati da solchi scuri di stanchezza e di timore circa quello che mi attende e che attende Fred.
    Davanti a me vedo le spalle del mago avvolto nel cappotto scuro di uno dei miei fratelli e, presumo, dietro me ci sia l’Auror che ci stà accompagnando alla nuova destinazione. Non vedo i loro volti ma non serve vederli per immaginarli e, tutto sommato, penso sia meglio che in quel momento nessuno veda il mio.
    I polsi ballano nelle manette in cui sono imprigionati e il senso di impotenza è la cosa che più mi pesa. Sono fiduciosa e certa che si chiarirà tutto in breve tempo ma per ora non mi rimane altro da fare che udire la voce di Fred che chiede il suo capo d’imputazione.
    Bella domanda
    Borbotterà sguardo a terra e capo chino
    La risposta sarà interessante visto che anche a me piacerebbe sapere che ha combinato il mio ospite per scomodare le alte cariche del Ministero.
    E io? Quale crimine ho commesso se è dato sapere? Forse curare un ferito è diventato reato? Avrei dovuto chiedergli la fedina penale prima di soccorrerlo?
    Più che ironiche le mie domande saranno retoriche e saranno rivolte più me stessa che a Gabrielle.
    Probabile che le nostre domande cadano nel vuoto e avremo risposte solo una volta entrati nel carcere ma tentar non nuoce per cui, procedendo in processione, seguo la strada che ci porterà a scoprire la verità.
     
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    Il vento soffiava gelido facendo si che le acque si infrangessero sulla scogliera e ne smussassero gli spigoli affilati e taglienti come lame di acciaio.
    Davanti a loro il nulla, i lamenti di alcune anime perdute e quelle di un'epoca ormai lontana, segnate dalla disperazione e dalle fredde membra di un passato chiamato dissennatori.
    Freddy e consorte erano fortunati che non ve ne fossero.
    Li ascoltò ma non diede prova di averlo fatto, né tanto meno si prodigò a rispondere a nessuno dei due.
    Dentro le mura li consegnò alle guardie – portateli nella sala- disse al più forzuto dei due, mentre rafforzava l'incarceramus sui polsi dell'uomo.
    Dopo di che si diresse da Kostia.


    Era indaffarato, come suo solito, dietro l'imponente scrivania di ebano denotava potere e potenza, un brivido di eccitazione la percorse, come ogni volta che le sue iridi avevano l'ardire di posarsi su di lui, ma mise a tacere la lussuria per quello che sembrava essere più importante, il vile lavoro.
    -Una donna, ha dato asilo a un sospettato - soffiò sedendosi comodamente su una delle poltrone di fronte a lui – le sue condizioni non sono opera mia- sorrise amabile e letale, come solo lei sapeva essere – tuttavia non posso dichiararmi dispiaciuta- frugò nelle tasche e ne estrasse un fascicolo che con un tocco di bacchetta portò alle sue reali dimensioni e successivamente posò dinanzi a Kostia affinchè potesse esaminarlo.
    Sostanzialmente c'era la vita di Friedrich, auror per sette anni, tre anni di questi passati a fare lo spionaggio, buttato fuori in seguito ad aggressione a pubblico ufficiale in difesa di una sospettata, un anno di prigionia.
    -Ha Londra non lo conoscono, lo credono un giustiziere senza portafoglio- accavallò le gambe e si portò le dita alle labbra – ma è invischiato con la mafia, si sospettano traffici illeciti che potrebbero nuocere al nostro Ministero.-
    Mosse il piede completamente immersa nelle sue supposizioni – si trova qua ma non si hanno documenti che confermano il suo passaggio di frontiera, questo di per se implica il sospetto,paga con monete d'argento puro non coniate e di base le sue ferite lo precedono.
    L'unico problema sono le prove-

    si strinse nelle spalle – è abile tanto da non lasciarne in giro-
     
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    Lo sguardo di Kostia si alzò lentamente dalle carta cui stava prestando la propria attenzione, fissandosi sulla figura di Coco. Rapporti abbastanza preoccupanti erano arrivati nei giorni precedenti dai loro inviati in tutto il Medio Oriente e tutto il reparto del Ministero cui era a capo, quello che ne guidava le azioni d'Intelligence e le operazioni di sicurezza interna ed esterna, stava lavorando senza sosta da quasi settantadue ore. Il poco senso dell'umorismo che l'ucraino possedeva doveva essersi perso da qualche parte fra le migliaia di pagine che aveva contribuito a spulciare personalmente. Resse lo sguardo di Coco per quasi un minuto, fermo, prima di allungare la mano e afferrare il fascicolo che lei aveva posato sopra tutti gli altri. In pochi avrebbero potuto farlo senza trovarsi privati di una mano - Se non ci sono prove del suo ingresso al Nord, ne tracce dei suoi traffici, significa che nessuno può accusarci di averlo preso in custodia - le fece notare mentre apriva la copertina del fascicolo e osservava la fotografia che qualche zelante impiegato vi aveva allegato. Diede una scorsa ai dati anagrafici, poi voltò rapidamente le pagine leggendo qui e là, alla ricerca di qualcosa che gli saltasse all'occhio. Nulla di particolare. Chiuse il fascicolo, dando un colpo al campanello che, posato sul tavolo, chiamava le guardie più vicine. Personalmente non vedeva per quale motivo Coco si stesse preoccupando tanto di un eventuale impianto probatorio quando, per sua stessa ammissione, nessuno avrebbe perfino potuto accusarli di averli arrestati, soprattutto se si trattava di elementi potenzialmente pericolosi. Porse alla guardia appena entrata il fascicolo, tornando a fissare le carte aperte sul tavolo - Bruciate questo fascicolo, per cortesia. Poi uccidete i due prigionieri, zavorrateli e gettateli in mare - ordinò. Un rapido voltare di pagina dopo i suoi pensieri erano già altrove - Ceni qui stasera? - domandò a Coco.


    La stanza in cui li avevano portati era ampia, con un grosso tavolo di legno al centro e sedie nello stesso materiale da entrambi i lati. Non c'era altro arredamento, e le pareti di pietre intagliate erano linde come appena scolpite. Era un ambiente pulito ed estremamente ordinato, nel suo insieme, come tutta la fortezza all'interno di cui si trovavano. Era il castello di Kostia, e Kostia era un uomo estremamente metodico - Buonasera - salutò educato entrambi quando lui e Coco entrarono nella stanza. Le guardie, una delle quali stava in piedi nell'angolo della stanza a sorvegliare i prigionieri, in silenzio assoluto, li avevano legati dallo stesso lato del tavolo, a debita distanza uno dall'altra, e li avevano lasciati lì a macerare per un po'. Kostia, elegante nel suo completo scuro, aveva concesso a Coco di lasciarli in vita finché non avesse avuto modo di dare il suo parere, cosa che però aveva dovuto aspettare la fine del suo lavoro e della cena che ne era seguita.
    Senza dire nulla scostò una sedia, spostandola galante perché Coco potesse accomodarvisi, per poi sceglierne un'altra per sé. Kostia Preud, Signore di Azkaban e Capo dell'Intelligence del Nord, si sedette di fronte ai suoi nuovi prigionieri con l'aria cortese di chi avesse appena raggiunto due conoscenti al ristorante - Vi prego di perdonarmi per il trattamento cui siete stati sottoposti - cominciò un momento dopo - Ma è mio dovere capire quanto siate pericolosi per il Ministro che ho l'onore di servire, e ho intenzione di farlo nel migliore dei modi. Pertanto lasciate che vi illustri le regole della casa - un lieve sorriso, educato - Siate collaborativi e vi sarà garantito un ambiente confortevole in cui attendere giudizio, con tre pasti al giorno, un letto comodo e qualche ora d'aria ove possibile. Mentitemi e vi farò a pezzi. Letteralmente. Userò un coltello per tagliare delle parti del vostro corpo che getterò nel camino, e ago e filo per ricucire le ferite che vi lascerò in modo che possiate godervi a lungo il vostro nuovo aspetto. Questo per ogni bugia, per ogni insulto, per ogni atto di maleducazione o di aperta ribellione di cui sarò testimone. Spero per tutti di essere stato chiaro, e che nessuno abbia desiderio di mettermi alla prova, quindi...posso sapere i vostri nomi e i vostri dati, per cortesia? -
     
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    La voce spaventata di Vaike fu la prima e l'unica a fare eco alla propria legittima domanda, da parte di Gabrielle non venne neanche un sospiro.
    Le aveva dietro entrambe e dalla raffica di proteste della donna, di cui ora condivideva parte del sangue, capì di avere non uno ma ben due ostacoli: semplicemente troppi.

    I passi da quella terrazza che affaccia sul nulla delle acque in burrasca, all'interno ove il vento non gli trapassava più i vestiti rimediati dal guardaroba altrui, furono pochi e accompagnati dal tramestio delle catene, delle quali quelle ai polsi decisero bene di avvilupparsi in un bel secondo giro, limitandogli le articolazioni al distendersi e contrarsi delle falangi in modo inutile nell'aria. Serra i denti voltandosi verso una Coco alla quale il suo gesto istintivo non doveva essere passato inosservato.

    Le guardie che gli si pareranno davanti saranno leste ad eseguire gli ordini prendendoli in custodia, giusto attempo perchè lui possa intravedere Lei dileguarsi prima di essere garbatamente spintonato.

    Circa due, o tre ore dopo, la sedia in legno su cui lo avevano fissato e assicurato, inizia ad apparirgli decisamente comoda.
    L'aspirina sta ancora facendo effetto ma quanto al resto, che lo ha tenuto in piedi fino a quel momento, non c'era da sperare potesse durare altrettanto.
    Oltre a questo, la voce di Vaike, che aveva riempito il silenzio della sala, come aveva ben imparato a considerarla, poteva benissimo essere scambiata per una radio, una radio spesso molesta, ogni tanto piacevole. In quel momento, per lui che fingeva di essersi appisolato, o essere caduto in estasi meditativa ( a seconda delle prospettive), con gli occhi chiusi, la schiena ritta e ben poggiata alla sedia, e con la totale esenzione a fornirle risposta, le preoccupazioni femminili verbalmente esposte in una sequela tale, erano piuttosto piacevoli.

    Come tutte le cose, non troppo sgradevoli, c'è da dire che è Scritto debbano durare poco.

    Passi.
    Quattro piedi a due ritmi diversi, non discosti gli uni dagli altri, uno più pesante, l'altro più leggero.
    Apre gli occhi.
    La guardia che s'è presa cura di loro ha un irrigidirsi marziale quando la porta si apre e i passi assumono un corpo e, per almeno uno di loro, una voce.
    Non si volta, e d'altronde di lì a breve sarà Kostia a venirgli avanti e a regalare a Coco la sedia a lui dirimpetto.
    Se pure si trova legato e fra loro vi sia un solido tavolo, non vi sono altri ostacoli perchè non possa affondarle in faccia uno sguardo di accusa affilata.
    Kostia, che ha preso posto nel mentre, esattamente avanti a Vaike, avrà iniziato il suo discorso.
    Lo ascolta ma staccherà da Coco la propria attenzione solo sul finire del rito che avrà con sè il sorriso educato del padrone di casa.
    -Friedrich August Aldrich-
    Adesso può studiare anche Kostia ma senza quell'impurità di chi già conosce egregiamente, almeno in esteriore.
    - Non ho domicilio.- Aggiunge regalando ancora a Coco un po' della sua attenzione.
    - A meno che tu non voglia intestarmi la casa della mia benefattrice, o moglie, Gabrielle. E' molto bella, te la raccomando, ma forse sarebbe meglio tappare il camino.-
    Il sorriso che le dona non ha nulla di ilare, ricorda più una promessa di saltare alla gola.
     
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    Nulla da fare. Gabrielle non si sbottona. Fred non parla. Non solo l’ambiente ad Azkaban è poco simpatico ma anche la compagnia lascia parecchio a desiderare. Quella delle due guardie nerborute e dall’aspetto per nulla rassicurante nelle cui amorevoli mani Gabrielle ci consegna ancor meno.
    Costretta dalle manette non riesco nemmeno a scoprire il viso dai capelli che scendono a coprirlo ma forse è meglio così. Non ci tengo molto a mostrare la mia espressione attonita.
    I secondini ci lasciano soli in quella che Gabrielle chiama la Sala. Ambiente freddo e spoglio che denota il rigore e il poco gusto dei padroni di casa, le sedie su ci fanno accomodare sono spartane, di legno solido sul quale, dopo un po’, comincio a muovermi per cercare una posizione comoda senza trovarla. Il vuoto della sala, ad ogni movimento, fa riecheggiare il rumore delle catene alle quali siamo costretti. Ho freddo, sono stanca e anche un po’ indebolita dalla fatica e dal prelievo. Occorre stringere i denti e lo farò sperando di poter presto archiviare quell’episodio nella sezione brutti sogni da non ripetere.
    Mente faccio le mie lamentele e le mie rimostranze, borbottando a mezza voce e con insistenza a Fred questo mi ascolta il giusto. Perso nei suoi pensieri a volte chiude gli occhi fingendo di dormire ma il suo respiro ha tuttaltro ritmo di quello di un dormiente. Poco importa e continuo imperterrita cullandolo col suono della mia dolce voce.
    Dopo un tempo difficile da quantificare visto che non ci sono punti di riferimento si ode il suono di passi. Penso a Gabrielle e raddrizzo la schiena per accogliere dignitosamente il ritorno della donna. Questa arriva ma non è sola. Un’uomo la accompagna. Un uomo elegantemente vestito il cui abbigliamento stona del tutto nell’austera aura della sala. Per un brevissimo attimo penso che possa essere qualcuno di più comprensivo della signora Auror ma ci vuole veramente poco per afferrare di essere caduti dalla padella alla brace.
    Che postaccio! Gente priva del senso dell’accoglienza. dello huomor e delle buone maniere. Nessuno ci aveva offerto nemmeno un bicchiere di acqua.
    Quello che pare essere Mr. Kostia ostenta un fraseggio ‘cordiale’ che evidenzia ancor più il succo del suo conciso discorso che, nella mia mente, sintetizzo con un semplice: O fate come vi dico o siete fottuti.
    Ovviamente conviene ballare la musica del padrone di casa e attenersi alle regole. Per quanto indesiderata sono pur sempre un’ospite e conosco le regole del galateo oltre a non gradire affatto la prospettiva illustrata dall’uomo in caso di deroga.
    Dopo aver lasciato la precedenza all’improvvisamente risorto Fred che non perde occasione per stuzzicare Gabrielle mi accerto di essere abbastanza lontana da lui. Se così non fosse un deciso calcio negli stinchi non glielo toglierebbe nessuno. Pensare di essere tagliuzzata e ricucita per il sollazzo del dirigente solo perché il mio compagno non sa nemmeno dove stia di casa la diplomazia mi fa infuriare. La cosa buona è che con la rabbia che sale sentirò meno il freddo e le mie gote riprenderanno un po' di colore.
    Quando verrà il mio turno di presentarmi lo farò senza strafottenza cercando di essere il più naturale possibile vista la situazione. Dubito che il mio cognome passerà inosservato. La mia famiglia è nota a queste latitudini e, ahimè, i miei fratelli pure. Lo porto con orgoglio per cui non negherò il mio sguardo all'interlocutore.
    Vaike Liisa Kaljumäe, abito a Tallin, al Vaike Patarei e al momento non ho occupazione.
    Una volta che le presentazioni erano state fatte, a mio avviso, non avrei contravvenuto alle regole della casa continuando il discorso e, sempre con garbo e senza ostentare alcun tipo di pretesa formulo la domanda che, chiunque, tranne Fred, al nostro posto, avrebbe formulato.
    Chiedo scusa per Fred. Ha la febbre, a tratti delira e non sa quel che dice. Pensate di trattenerci a lungo? …Voglio dire…non che la vostra ospitalità sia sgradevole ma capirà che siamo impazienti di togliere il disturbo nonché di non pesare sul bilancio del Ministero abusando delle tasse dei contribuenti.
    Non c’è ombra di sarcasmo nella mia voce, nel mio aspetto e nel mio modo di pormi e nulla, se non la malafede, potrebbe far presagire che quel che dico non è quel che penso per cui è con un lieve accenno di sorriso che concludo la mia richiesta. Lo sguardo che rivolgerò subito dopo a Fred invece sarà di tutt’altro genere e se gli occhi potessero incenerire a il Mago in quel momento somiglierebbe ad un tizzone fumante.
     
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    Aveva accettato di buon grado la cena, e anche la compagnia.
    Non le accadeva spesso di dover giustificare le sue azioni, ma Kostia la conosceva, aveva scorto più del dovuto nelle sue iridi di ghiaccio, e la ormai persa Gabrielle dovette mettere in chiaro alcuni punti del suo passato che aveva preferito dimenticare.
    La sensazione del tradimento non l'aveva abbandonata, era giovane, certo.
    Facile da circuire, facile da ingannare, ma questo non leniva certo le sue piaghe.
    Messi i dovuti puntini sulle proverbiali i, si accinsero entrambi a raggiungere la stanza dove i due individui erano stati scortati.
    Una volta dentro fu un piacere sentire parlare Kostia.
    I suoi toni caldi, pacati ma al contempo letali.
    Lei non si sedette, preferendo stare dietro le sue spalle e poi, camminare lentamente attorno a quel tavolo, senza perdere di vista gli occhi esaminatori di Freddy, cosa stessero cercando solo lui poteva saperlo, poteva anche bene immaginare niente di buono.
    In fine giunse dietro le loro spalle.
    Annuì al suo “capo” quando Freddy disse il suo vero nome, ma non resistette alla sua nota impudente.
    Si abbassò al livello del suo viso, una mano ad artigliargli una spalla e le note della sua voce sottile sfiorarlo fino a tagliargli la gota con il suo veleno.
    -Non essere così sfacciato, Freddy. Non puoi permettertelo-
    Ghignò e fece partire un crucio ai danni della donna, che parlava tanto e le aveva anche fatto venire un incipiente mal di testa.
    -Tua "moglie" ne pagherebbe le conseguenze.-
    Ghignò malefica, passò un unghia laccata di nero sul collo scoperto e si rimise in piedi, affiancando Kostia in quello che sarebbe stato un interessante scambio di informazioni, se avessero deciso di fare meno i pagliacci.
    -Chi ti ha ferito, Freddy?-
     
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    Kostia tacque, preferendo ascoltare quello scambio di battute in silenzio piuttosto che intromettersi in qualcosa ci cui non era sicuro di saper definire tutte le sfumature. Era per quello che non aveva aperto bocca con Coco fin dal momento in cui lei gli aveva raccontato chi fosse l'uomo legato nella loro sala interrogatori, se non per definire ai loro occhi quelle regole che avrebbero spiegato i pro e i contro di quella nuova situazione. Kostia non era un uomo di molte parole nemmeno nei momenti migliori, ed era in genere il tipo di persona cui piaceva avere bene in testa quello che doveva dire, prima di dirlo. Lì, di fronte ai suoi occhi, c'era qualcosa che non capiva ancora - Qui nessuno crucia nessuno senza il mio permesso - fece notare a Coco, alzando per un istante lo sguardo verso di lei. Aspettò comunque che avesse finito, per farlo, in una sorta di rispetto fra colleghi. Esisteva un noi e un loro in quella stanza - Portate alla ragazza un bicchiere d'acqua, per cortesia - domandò alla guardia, vedendola scattare per obbedire all'istante. L'efficienza era decisamente un pregio.
    Tornò ad osservare i propri ospiti, concentrandosi prima su di lui, poi su di lei. Non gli stava piacendo il tocco personale che filtrava via via in quella storia - Signorina Kaljumäe - esordì dopo qualche attimo - Immagino che lei sia a conoscenza del fatto che, aiutando un ricercato a sfuggire alla cattura, ce ne si rende automaticamente complici - un attimo di pausa - Posso domandarle da quanto conosce il signor Aldrich e la natura esatta dei vostri rapporti? -
     
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    Il movimento di Vaike sotto il tavolo non può certo vederlo, tuttavia lo stinco si salva parato dalla stessa gamba della sedia sulla quale andrà ad impattare buona parte del calcio della donna, prima di sforare e agganciare contatto con la sua caviglia in uno strusciare di suola più che con l'impeto della dolorosa punta.
    Le riserva solo un'occhiata periferica evitando è di commentare il gesto e di avvallare o meno le sue rispettabilissime parole in risposta all'interrogativo di Kostia.
    Sente la pressante rabbia e frustrazione della facoltosa ragazza che ha seduta e legata al fianco, distante abbastanza perchè il suo arto possa raggiungerlo, ne sente addirittura il peso piantato sul viso come possibilità d'incenerire, eppure lei non sarà partecipe delle sue attenzioni in quanto verrà brutalmente relegata in estremo.

    Coco gli è rimasta avanti ben poco e lui ha potuto studiarla solo in movimento mentre il suo corpo e il suo odore gli si andavano a parere dietro le spalle.
    L'improvvisa presa di polpastrelli e unghie sopra la camicia rimediata, ha la capacità di fargli muovere il mento tanto che Coco potrà sentire in un attimo il suo fiato caldo e umido trapassato dalla febbre finirle sulla pelle e lì ancorarsi.
    La aspira, addirittura la saggia sfiorandole l'epidermide con le labbra.
    Il volto dell'Auror è ora all'altezza del proprio e quelle parole sottili e taglienti vanno a riflettersi sul mitigarsi del sorriso ad un nulla dalla carne.
    L'occhio azzurro che si pianterà su Coco ha qualcosa di peggio della fame.
    - Hai cambiato bagnoschiuma o passi più sere a cena fuori?-
    Pare logico come deve aver colto una qualche variante neanche troppo sottile per chi è abituato a prestarvi attenzione.
    -...Con chi, Gabrielle?-

    L'incanto che emerge dalla bacchetta della Mangiamorte e si abbatte su Vaike illumina il ghigno della donna e il suo affondo su quella mano che sentirà adesso, sotto le unghie e le dita, i muscoli della spalla contrarsi.
    Avorio.
    Il duro dell'avorio che si risolve in null'altro che un bacio lento, qualora lei non si fosse scostata.
    Non è un bacio passione, non ha nulla di sensuale, nulla di sconcio, è più il corrispettivo dell'assaggio privo di salivazione.

    Le urla di Vaike se lo turbano, ammesso che lo turbino, saranno accolte con il ritrarsi della testa che tenta di sfuggire al suono molesto più che alla vista sofferente, dal momento che, da quando sono lì, non l'ha più direttamente guardata.
    - La signorina Kaljumäe ha una famiglia abbastanza facoltosa per comprarsi qualche antidolorifico.-
    Risponderà a colei che adesso, dato il cambio di posizione, avrà alla completa merchè della sua unghia la propria gola.
    La mano sinistra ha una contrazione serrandosi sul bracciolo cui polso è fissato.
    La voce di Kostia che richiama all'ordine la sua "sottoposta", pone fine a quel momento aprendo le danze a più miti consigli per la ragazza che il destino gli ha incollato dietro.

    Coco gli si distacca e torna avanti a lui.
    -Ti preoccupi per la mia incolumità, Gabrielle?-
    La domanda ha già un ottimo finto tono di stupore se non fosse che viene liquidata.
    -Conoscenti. Persone che potresti conoscere anche tu. -"Persone come te".
    E lì è lo sguardo di Kostia ad incrociarsi con il suo per poi defilarsi su Vaike la quale vedrà rimpicciolita in immagine negli occhi di lui.
    Improvvisamente l'attenzione che aveva prestato a Coco s'è come calamitata sull'uomo che, al contrario della prima, inizia a prendersi cura della sventurata.
    Kostia lo vedrà farsi amletico a seguito della sua penultima frase: che qualcosa non gli torni sembra di ufficio.
     
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    Non mi sono mai trovata al cospetto della Giustizia ma quella che vedo, quello che sento, nulla ha a che fare con il concetto che io associo a questo nome. Prelevata come una criminale, strattonata, legata, relegata in un posto che non avrei mai voluto visitare mi rendo conto di quanto poco sapessi di come funzionavano le cose in quell’ambiente. Il sospetto che quello che dico, quello che dirò servirà a ben poco prende via via più spazio nella mia mente e l’idea non mi sorride affatto.
    Gabrielle, l’Auror. La tutrice della legge. Quella che dovrebbe salvaguardare i diritti degli innocenti pare che abbia tutt’altre intenzioni e le manifesta approfittando della sua posizione privilegiata. Vigliaccamente raggiunge Fred alle spalle e lo artiglia con le sua mani. Vorrei gridare di lasciarlo stare, dire che non stà bene, che è ferito, che ha la febbre ma il tono delle sue parole mi gela. La continua allusione della presunta parentela fra me e Fred mi fa sorgere il dubbio possa essere gelosa. Che sia la gelosia a muovere le sue mani? Che sia tormentata ed indispettita dal fatto che possa esserci qualcosa fra il Mago ferito e la sottoscritta? Possibile sia così meschina da manifestarla in quel modo crudele? Non ho il tempo per fare le opportune riflessioni ma cerco di intervenire per mettere in chiaro le cose una volta per tutte.
    Non sono sua …
    Le parole mi muoiono in gola strozzate da un dolore lanciate. I miei occhi si chiudono e il busto si piega in avanti come a volersi proteggere dal quella tortura. La maledizione forse non mi colpisce appieno in quanto, se e appena percepisco le intenzioni della mi scanso bruscamente con un pericoloso traballio della sedia.
    Odo come provenire da un pianeta lontano il prosieguo del discorso troppo impegnata a stringere i denti dai quali, mio malgrado, usciranno gemiti di dolore che potranno essere uditi dai presenti. Percepisco, nonostante tutto, l’intervento di Kostia ed è a lui che, quando riesco a riprendere fiato, mi rivolgo.
    Non avevo, non ho tutt’ora idea di chi sia la persona che ho raccolto quasi agonizzante davanti a casa mia, prova ne sia il fatto che mi sono rivolta ad un medico qualificato presso una struttura accredita per portargli soccorso. Non so nulla di lui, del suo passato e di ciò di cui viene accusato. So solo che aveva bisogno di aiuto e glielo ho offerto. A me non ha fatto nulla di male e mi è parsa la cosa giusta aiutarlo. Non ho pensato, in tutta sincerità, a richiedergli le credenziali, non mi è sembrata una priorità in quel momento ma penso che chiunque versi in stato di bisogno abbia diritto ad essere assistito.
    Tutti, pensavo fra me. Tutti tranne Gabrielle.
    Accetto riconoscente il bicchiere d’acqua che mi viene porto da una delle guardie sperando di essere lasciata tranquilla al fine di poter riprendere il controllo. Fino a quel momento ho evitato lo sguardo di Fred ma quando lo sento alludere alla situazione patrimoniale della mia famiglia mi irrigidisco.
    Mi giro verso di lui stringendo gli occhi e lo osservo. Ho curato un mostro? Ho dato il mio sangue a chi non esita a fare allusioni di quel tipo?
    Incasso il colpo in silenzio continuando a bere e cercando la verità nel fondo di quel bicchiere sapendo benissimo di non trovarla.
    Solo un sibilo uscirà dalle mie labbra diretto all'uomo. Ero davvero curiosa di vedere e sentire il prosieguo della situazione e speravo che l'intervento di Kostia avesse dissuaso Gabrielle dal prendersela ancora con me. Forse, facendolo, sperava di ridurre Fred a più miti consigli ma ormai aveva avuto la prova che così non sarebbe stato.
    Dannazione Fred. Cos'è questo casino?
     
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    I ricordi di un giorno ormai lontano le sfiorarono la mente e con essa anche la voglia di annegarci dentro, ma era rabbia quella che dardeggiava nel suo sguardo, quando l'uomo osò annusare la sua pelle.
    -Sfacciato- sibilò senza mai aggiungere altro.
    Il crucio non le diede la perversa soddisfazione anelata, precocemente seguito dal richiamo di Kostia che la colpì come e più di un Regolohov sulla carne ben piazzato.
    Neanche mezz'ora prima avevano parlato e le aveva detto che poteva procedere come meglio credeva.
    Crucio, Zilerius, Dolohoferio .. qualsiasi cosa, e ora la richiamava all'ordine?
    Fece un respiro impercettibile mentre gli occhi lanciarono un avvertimento al suo superiore “non finisce qui”.
    Quel momento di distrazione le costò un bacio. Un semplice tocco di labbra che si prese più per punire gli occhi attenti di Kostia, che per un reale bisogno.
    E fu un ghigno beffardo quello che colorò quelle labbra quando si rimise in piedi e tornò al suo posto, con le spalle poggiate al muro e le braccia intrecciate al petto.
    -Vi serva di lezione Miss, mai prestare soccorso agli sconosciuti-
    Lame d'acciaio fluttuarono nelle sue iridi, pronte a scoccare al minimo passo falso.
    -Dovrei?- rispose serafica, tuttavia quella che per molti potevano essere informazioni inutili per lei erano abbastanza importanti da immagazzinarle nella sua testa e riportarle a Kostia, a tempo debito. Non comunque davanti a quella donna.
    -Cosa ti hanno offerto e per cosa?-
     
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    Kostia tacque per tutto il tempo, osservando l'evolversi degli eventi di fronte a lui come uno spettatore avrebbe fatto seduto nella platea di un piccolo teatro di provincia. Osservò in silenzio l'atteggiamento del suo improvvisato ospite, ostile nei confronti della sua compagna e provocatorio verso Coco. Ascoltò le parole della ragazza che lo aveva accompagnato, cogliendo qualcosa nel suo modo di fare che forse nemmeno lei sapeva tramettere. Vide Coco perforare la quarta parete e fissarlo dritto negli occhi, e senza indugio ne resse lo sguardo, pacato. Non sarebbe finita lì di sicuro, per nessuno. Generalmente era un errore fargli portare qualcosa di personale sul lavoro, un lavoro che svolgeva con professionalità e dedizione. Era un errore grosso, di quelli che si pagavano ad un prezzo piuttosto altro. Era leggenda, nel loro ambiente, quanto amaramente se ne fossero pentiti coloro che avevano osato attaccare sua figlia, il giorno in cui era nata.
    Rimase immobile ad osservarli, prendendosi poi il tempo di aggiustarsi la giacca del completo e raddrizzarsi la cravatta - Sono sicuro, Miss Kaljumäe, che la sua posizione verrà chiarita quanto prima e che troveremo un modo per dimenticarci di questa spiacevole situazione - e se anche quel modo fosse una fine rapida ed indolore, si trattava comunque di qualcosa di meglio di quanto si ventilava come probabile all'orizzonte. Portò di nuovo lo sguardo su Fred, osservandolo fino ad essere sicuro di aver ottenuto tutta la sua attenzione. Non su Coco, non sulla sua temporanea infermiera. Su di lui.
    Solo allora riprese a parlare.
    - Personalmente detesto non essere preso sul serio, signor Aldrich - iniziò - Come lei può immaginare, nel mio lavoro non è consigliabile. La reputazione è tutto - Kostia si alzò lentamente in piedi, muovendosi con pochi gesti controllati. Un felino nel proprio territorio. Girò intorno al tavolo, tranquillamente, mentre si avvicinava al prigioniero estraendo la bacchetta - Ora, mi piacerebbe che lei capisse che se io le chiedo, gentilmente, di evitare atti di ribellione che mi obblighino a tagliarla a pezzi se non collabora, questo è esattamente ciò che accadrà se lei non mi ascolta. La fiducia e il rispetto sono alla base di qualsiasi rapporto di natura civile, e io non la rispetterei se venissi meno alla parola data, non trova? - un cenno del dito a Coco, a chiederle di lasciargli spazio. Non gli serviva, ma sarebbe stato più comodo. Posò la punta della bacchetta sulla mano sinistra di Fred, facendola scorrere lungo la linea del polso, quasi a tracciare il punto dove avrebbe tagliato. Poi, aggiustando appena la traiettoria, andò con precisione chirurgica a puntare alla base del mignolo - Sectusempra! - castò, e un lieve tonfo indicò la caduta del dito in terra. Kostia si levò un fazzoletto dalla tasca interna della giacca, premendolo contro la ferita e lasciandolo lì, a tamponarla alla meno peggio - Nulla che non sia possibile riattaccare, se si agisce in fretta - un lieve sorriso, educato - Direi che abbiamo circa una quarantina di minuti, per sapere tutto quello che vogliamo da lei. Ora, stavamo dicendo...chi l'ha ferita? -
     
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    Il sibilo di Vaike incassato fra l'acqua e il bicchiere gli è facilmente udibile, ma ancora una volta non concede segni al suo indirizzo, nemmeno a quella domanda diretta le fornirà una risposta o anche solo un'espressione o uno sguardo. L'ha dimenticata, più verosimilmente l'ha completamente estromessa.

    La voce di Coco vicino all'orecchio precede lo sguardo penetrante che lei invia a Kostia, quella è certamente una lama dal filo affilato la quale non sbaglia mai un colpo: ogni qualvolta viene lanciata con assoluta precisione, anche dalla mente più imbecille.
    - Con Lui?-
    E' una domanda decisamente retorica dato l'ultimo ghigno che la donna si lascia sfuggire, e non a proprio indirizzo!
    - Seriamente era questo che volevi? Uno più giovane e sanguinario?-
    La voce con cui pronuncia quelle frasi è ben lungi dal sollevarsi, ha più la nota d'un ragionamento udibile che cerca e trova conferme da coloro che lo odono.

    Kostia...colui il quale adesso starà guardando e nelle cui pupille ha fino ad ora potuto vedere il riflesso di Vaike, proprio colui chiamato in causa come terzo ha ben modo di divenire improvvisamente il primo.
    C'è un odore, un sentore particolare nell'aria, come una sorta di elettricità sottopelle che costringe al silenzio in determinate occasioni, è la stessa che fa smettere i fringuelli di cantare quando il falco s'avvicina, o fa rizzare il pelo alla belva che assapora lo sguardo fisso in un mirino.
    L'uomo sciolina il suo rimprovero velato, quindi si alza.
    Non ha i gesti veloci e limpidi di Coco, è più una flemma pulita e necessaria che contrae lo stomaco.
    - L'educazione è alla base di qualsiasi rapporto civile, quanto alla fiducia e al rispetto mi permetto di dissentire.-
    Intanto il tavolo è stato aggirato e l'uomo è giunto fino a levargli luce con la propria sagoma.
    - Lei in fin dei conti non sta dimostrando nè l'uno, nè l'altra.-
    La bacchetta estratta porta ad una improvvisa impennata dei battiti.
    La paura.
    Una brutta bestia primordiale che allarga le pupille, fa sudare e gelare le punte estreme del corpo e asciuga la gola. Si può arrivare a dissimularla ma eliminarla è pressochè impossibile.
    Coco s'è spostata.
    La punta di legno della bacchetta di Kostia lo tocca e il braccio, la mano e il polso si contraggono. Deglutisce a vuoto mentre l'uomo gli percorre la linea del polso in uno studio che nella sua mente occupa un tempo ben vicino all'infinito.
    L'incanto articolato e il suo effetto saranno pressochè concomitanti. Vi è però uno scarto tra la percezione uditiva del proprio dito che tocca terra, quella visiva del moncherino sanguinolento e il dolore. Uno scarto vicino al nulla che si tradurrà in un urlo lacerante il quale si schiaccerà sulle pareti pulite rimbombando fino alle orecchie della guardia posto vicino all'entrata.
    Deve ringraziare d'essere legato anche allo schienale se la propria faccia non finisce per inzupparsi del proprio sangue sprizzante dalla ferita, le catene si tendono reggendo più che bene la difesa del corpo.
    - Il mio dito! Bastardo il mio dito!-
    E il fazzoletto che quello ficca sopra il taglio non tarda ad essere inzuppato e schiacciato contro il legno del bracciolo della sedia su cui le altre quattro dita stanno conficcando le unghie.
    La voce di Coco ora è capacissima di irritarlo.
    -Adesso ne avresti motivo, vaffanculo!-
    Poi smette di urlare e tirare le catene nel tentativo di accostarsi all'arto, la schiena ritrova una parvenza d'assetto e la nuca poggia sulla cima dello schienale.

    Respira profondamente prima di rivedere (rivedere, non semplicemente guardare) il sorriso di quello che è diventato il proprio aguzzino e che ancora gli incombe al fianco mentre il legno sotto il palmo sinistro inizia a farsi viscido.
    Coco parla.
    - Ti pare che se fosse stata un'offerta avrei rischiato di rimetterci le penne?!-
    Ma la domanda di Kostia lo respinge ad una fase precedente. Dal basso non può che osservarlo nuovamente, stavolta non commettendo quello che stava rischiando di diventare un errore di valutazione e, se l'altro si incentra su quell'educazione pacata, lui torna alla propria gelida distanza.
    - Dei suoi colleghi.-
    Un po' meno vago di come era stato con Coco, non abbastanza, forse, per far comprendere a Vaike.
    -Hanno la memoria lunga.-
    E qui se Kostia non dovesse arrivarci forse sarà Coco ad aiutarlo.


    Edited by Amok - 9/1/2017, 19:07
     
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    Si respira aria di paura in quella sala. La sento, è palpabile. Ognuno, in cuor suo teme qualcosa secondo il mio sentire. Io ho paura. Si certo che ce l’ho. Paura di non essere creduta, di trovarmi invischiata in una situazione nella quale mi trovo, ne sono consapevole, invischiata per mia leggerezza visto che non ravviso colpa in ciò che ho fatto. Forse anche Coco ha paura. Paura di aver deluso il suo superiore che, a quanto mi è dato di vedere dai suoi gesti e di udire dalle sue parole è qualcosa di diverso, di più di un superiore. Le parole stesse di Fred mi danno la conferma del rapporto che può esserci fra i due. Anche Kostia potrebbe aver paura. Paura di sbagliare a giudicare, paura di apparire debole. Essere sempre all’altezza della sua carica non penso sia cosa semplice e tenere alta la sua reputazione deve essere impegnativo. E Fred…Fred potrebbe aver paura di rivelare una verità che potrebbe essere peggiore dei sospetti di cui si sente oggetto. Anche quello stato d’animo deve essere destabilizzante soprattutto per lui che, al momento, non è affatto in buona forma fisica.
    Udendo le parole di Kostia, quando si rivolge a me, annuisco deglutendo. Non vorrei alimentare la piccola fiammella di speranza che le sue parole potrebbero fare intendere. Questa è gente che sa bleffare, sa giocare un gioco del quale io non conosco le regole e nel quale non sono in grado di cimentarmi. Forse l’uomo potrà vedere un accenno di ringraziamento se si soffermerà a guardare il mio viso tirato dalla tensione.
    Gabrielle invece è più scoperta, meno sottile e raffinata del suo Superiore. Il suo astio si sente simile al sibilo di una serpe che sta per attaccare. Senza arroganza ma molta franchezza mi sento di ribattere alla sua affermazione.
    Avrei soccorso anche lei se fosse stata nel posto e nelle condizioni di Fred. Pur non conoscendola la avrei aiutata. Avrebbe pensato ugualmente che ho agito in maniera sbagliata?
    Poi però tutto precipita. Precipita con una calma uguale a quella dell’occhio del ciclone. Il tempo si dilata, gli attimi diventano eterni; quello che vedo è come una scena rallentata dalla moviola.
    Kostia, la bacchetta, Fred che non si limita a rispondere alle domande ma reagise alla sua maniera. Posso comprenderlo. Ho imparato sulla mia pelle quanto sa essere tagliente e il fatto che non mi degni di uno sguardo, che non mi rivolga nemmeno la parola mi danno la conferma del suo carattere. Non ho modo di sapere se è sempre stato così o se le circostanze della sua vita lo hanno reso tale ma non mi meraviglia più di tanto la sua reazione; semplicemente di irrita e insieme mi preoccupa. Non ho fatto altro da quando l’ho conosciuto. Irritarmi con lui e preoccuparmi per lui.
    La bacchetta di Kostia sul braccio di Fred non fa presagire nulla di buono e quando succede il peggio unscirà un’urlo dalla mia gola che forse verrà sovrastato dal suo urlo e dalle sue imprecazioni.
    Nooooo!
    Poi tutto è sangue. Sangue e rosso vivo che zampilla dalla mano mutilata del dito di Fred. Solo la risposta dell’uomo, quando arriva, mi blocca la voce.
    Dei colleghi.
    Ho sentito bene? Certo che si. Fred non usa certo dei sussurri per parlare ed è stato chiaro e conciso nell’esporre.
    I miei occhi vagano inquisendo, muta, i tre personaggi che compongono quel surreale scenario.
    Chi è il nemico? Mi chiederò continuando ad osservarli. Chi ha colpe? Chi non ne ha?
    So che se anche facessi le domande non riceveri risposta per cui mi limito a chiedere con lo sguardo a tutti quanti di fare chiarezza una volta per tutte. Poi penso che forse solo a me la questione sfugge e allora la preoccupazione per Fred ha il sopravvento. Sta perdendo sangue. Tanto ne aveva perso prima e ora, di nuovo, sta rischiando di tornare ai livelli di pre trasfusione. Quello che cola è anche il mio sangue e l’ansia per la salute dell’uomo ha la meglio quando, con voce strozzata, azzardo a parlare.
    Fred stai rischiando la vita. Forse per te è normale tutto questo ma ne hai una sola. Vale la pena di sacrificarla in questo modo?
    Nulla più uscirà dalle mie labbra che rimarranno serrate mentre lo sguardo sarà focalizzato dal dito tagliato sperando che il danno possa avere il tempo per essere rimediato.
     
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    Fu con profonda soddisfazione mista a sadismo che Coco assistette alla caduta del mignolo di Freddy.
    Un ghigno perverso che volse anche alla bionda e che non pensò minimamente di calmare in quello stato di profonda crisi isterica che stava per colpirla.
    “Debole” pensò “inetta” proseguì “burattino”,
    Si strinse nelle spalle alle parole dell'uomo, preoccuparsi? Davvero le diceva che avrebbe dovuto preoccuparsi?
    Gli avrebbe riso in faccia se non avesse sortito come unico risultato uno sguardo d'ammonimento da parte di Kostia.
    Si staccò dal muro, si sedette, intrecciò le dita davanti a se scambiò solo uno sguardo con il suo superiore, il tempo di un cenno di assenso e poi proseguire – Portatela fuori- disse alla guardia indicando la donna.
    Aspettò che uscisse prima di proseguire parlando finalmente chiaramente, senza troppi giri di parole.
    -Voglio i nomi dei mangiamorte coinvolti, voglio sapere per cosa ti hanno pagato, perchè e in che modo il ministero è coinvolto. E lo voglio sapere ora.-
     
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