Giant Moon, giant problems

Zek & Einar

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    - Si prospetta una notte movimentata eh? Fu questo il modo in cui Ezekiel salutò la strega che accoglieva i visitatori del Ministero nell'atrio. Lei gli rispose sbuffando, mentre cercava di far ordine tra tutte le bacchette che doveva "pesare". La fila dei maghi che chiedevano asilo all'interno della struttura quella notte era interminabile. - Guarda il lato positivo Daisy, per fortuna non ci saranno altre Lune giganti fino al 2034!
    Ed era si una fortuna! Fenomeni di quel genere rischiavano di far collassare tutto il mondo magico. Mannari impazziti e super eccitati da tenere sotto controllo, maghi e streghe troppo sensibili al potere di quel satellite che rischiano di perdere il controllo dei propri poteri e chissà cos'altro.
    - Ho sentito dire che l'ultima volta che è successo ci sono state persino rivolte per le strade... Commentò al suo soprintendente del Dipartimento Indicibili sfogliando il dossier informativo che gli era stato consegnato. "E' per questo che sei qui Blackwood. Gli Auror hanno bisogno di tutto l'aiuto possibile per pattugliare ed intervenire in caso di disastri." Ezekiel sospirò e si lasciò andare seduto su una grossa poltrona imbottita. - Ed io sono accorso subito all'appello. Senza entusiasmo però. Avrebbe preferito di gran lunga restare a Durmstrang. Anche lì avrebbero potuto avere bisogno di aiuto ma il Preside lo aveva rassicurato che la sua presenza non era necessaria e quindi... - Chi mi è stato assegnato per la pattuglia? Aveva letto il nome sul dossier solo di striscio, un nome che non aveva mai sentito comunque. "Non lo conosci. E' arrivato da poco, credo che sia uno dei protetti particolari del Ministro." E questo voleva dire solo una cosa: - Non è un Auror quindi. E se non era un Auror... - Molto bene, almeno non si prospetta una serata noiosa.
    Andò a prepararsi indossando una divisa di pelle scura simile a quella degli Auror in addestramento. Guardandosi allo specchio sorrise, sembrava uno di quei supereroi dei fumetti babbani e non gli dispiaceva affatto. E fu ancora meno dispiaciuto quando, proprio mentre stava per uscire dallo spogliatoio dipendenti, fece il suo ingresso il giovane mago con cui avrebbe fatto coppia. - Per tutti i Merlini! Non riuscì a trattenere l'esclamazione posando per la prima volta gli occhi su di lui. - Tu devi essere... Si schiarì un attimo la gola: - Einar Schmidt, giusto? Come lo aveva riconosciuto? Era l'unico che non aveva mai visto lì in giro al Ministero e lui ormai conosceva tutti ma proprio tutti. Il perchè di quella sua reazione? - Io sono Ezekiel. Ezekiel Blackwood. Si presentò. - Scusa... se ti sono sembrato strano... mi ha colto di sorpresa. Certo, non se lo aspettava così giovane e carino. - Se ti devi cambiare... credo che le tue cose siano là. Poteva sembrare che stesse per dire qualcosa tipo "ti aspetto fuori" ma perchè avrebbe dovuto? In fondo erano tra maschi. Invece si accomodò su una panca, cercando di fare il vago, e riprese a sfogliare il dossier della loro missione. - Avremo un bel pò da fare stanotte... Disse poi in un tono un pò strano spostando lo sguardo dai fogli al ragazzo. - Sei mai stato in pattuglia prima d'ora? In cuor suo sperava di sì. Era la prima volta anche per lui e non sarebbe stato entusiasmante sapere di aver al suo fianco un novellino anche se... che novellino! - Ci hanno assegnato la zona del porto. Perfetto. Un posto che non è affatto tranquillo nemmeno quando non c'è la luna... Alla grande proprio. C'era poco da scherzarci, rischiavano seriamente di lasciarci le penne. Ed Ezekiel alle sue piume ci teneva.

     
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  2. .Einar.
     
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    Mi ero sempre chiesto se, dopotutto, la morte della mia famiglia non fosse stata unicamente colpa di mio padre. Era stato lui ad indebitarsi con quelle persone, pur sapendo il rischio che tutti noi avremmo corso.
    Avevo passato gli ultimi cinque anni combattuto tra il desiderio di vendicarli e il desiderio di odiare mio padre e rendere tutto più semplice per me e anche per Rainer. Se avessi accettato la colpa di papà non ci sarebbe stato nessuno da punire, forse avrei potuto vivere una vita pressoché normale ed aiutare mio fratello a fare lo stesso.
    Eppure non riuscivo ad odiarlo, mio padre, l’uomo che ci aveva cresciuto e che era stato un grande esempio per noi. Lo avevo sempre ammirato e avevo sempre avuto un grande rispetto per lui. Vendicare la sua morte, oltre quella di mia madre e mia sorella, mi sembrava doveroso. Era un peso che dovevo portarmi sulle spalle, io unicamente, cercando di coinvolgere il meno possibile Rainer.
    Avvicinarmi ai mangiamorte, era stato solamente un modo per raggiungere il mio scopo. Speravo di entrare nelle loro grazie, di farmi prendere in simpatia dal loro capo e ottenere la sua protezione.
    Consideravo il suo generoso regalo un passo avanti, ad ogni modo: avevo ricevuto una piccola sfera di vetro, trasparente, che poteva apparire come una Ricordella, ma faceva ben altro per me. Un incantesimo la teneva sospesa in aria, all’altezza della mia testa. Si illuminava di rosso in presenza di forti rumori nelle mie vicinanze, specialmente alle mie spalle. Era piuttosto utile, dovevo ammetterlo, mi seguiva come un cane docile e ben addestrato. Non sapevo come interpretare il suo regalo, ma unito al suo silenzio, con gli altri mangiamorte e dipendenti del ministero, riguardo la mia sordità, mi faceva ben sperare che prima o poi avrei potuto ottenere ciò che volevo.
    Per il momento mi comportavo esattamente come si aspettavano da me, un soldato pronto all’obbedienza, pronto a portare a termine qualsiasi incarico mi veniva affidato.
    Come quella sera.
    La luna gigante sembrava costituire un grosso problema per la comunità magica, specialmente per i mannari, per questo il ministero aveva mandato diversi auror (e non) di pattuglia. Non era il tipo di compito che mi entusiasmava, l’idea di avere un partner per la serata non mi piaceva affatto, eppure non mi opposi in alcun modo. Non che avessi molta scelta dopotutto.
    Percorsi il tragitto fino agli spogliatoi con passo spedito.
    Non mi aspettavo di trovarlo deserto, anche se lo speravo, ma non pensavo nemmeno di poter incontrare il partner che mi era stato assegnato proprio lì.
    Mi colse alla sprovvista, non riuscii a leggere le sue labbra sulle prime, la sua esclamazione (perché doveva esserlo visto l’espressione di stupore sul suo viso) mi sfuggì totalmente e non avevo alcun interesse nel fargliela ripetere.
    “Sono io”, dissi brevemente, mantenendo il tono della voce basso, “Siamo in due ad essere stati colti di sorpresa, Ezekiel”
    Mi avvicinai a quella che sarebbe stata la mia divisa, cercando allo stesso tempo di non perdere di vista l’altro: a quanto pareva mi avevano affiancato ad uno che parlava molto, una cosa che non mi rese granché felice. Era impossibile guardare in faccia una persona a lungo, specialmente quando avevi un turno di pattugliamento da fare.
    Scrollai le spalle, sfilandomi la giacca e prendendo a sbottonare la camicia.
    “Prima volta”, risposi chinandomi ora a sfilarmi i pantaloni, il viso sempre rivolto verso l’altro per non perdere una sola parola. Si stava lamentando del posto che ci avevano assegnato, la sua espressione accompagnava le sue parole, che non sembravano molto entusiaste.
    Non mi sentii preoccupato, ansioso o agitato. Non provai nulla, di certo non ciò che stava provando Ezekiel Blackwood.
    Mi infilai nei vestiti neri e passai una mano tra i capelli sconvolti, cercando di dar loro una parvenza di ordine.
    “Dimmi qualcosa di questo posto, non ne so granché”
    Feci scivolare la bacchetta in una delle tasche e afferrai il mantello. Mi diressi verso la porta, continuando a guardare il mio interlocutore, studiando allo stesso tempo la sua figura, cercando di capire qualcosa su di lui.
    Non era molto alto, ma aveva un portamento fiero, sicuro di se, l’atteggiamento di chi aveva avuto tutto nella vita o quasi. Capelli ben curati, taglio fresco, nessun segno evidente sulla sua pelle, almeno per ciò che potevo vedere. Le mani lisce e curate mi lasciavano pensare che non aveva mai fatto lavori “sporchi” e duri. Probabilmente era di famiglia ricca o comunque benestante.
    “Tu sei già stato di pattuglia?”, rigirai la domanda, divorando il corridoio con lunghi passi, impaziente di lasciare il ministero.
     
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