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    Ragnarock era il più pigro dei pochi gatti che popolavano i piani più alti della torre centrale di Azkaban. Era un gatto bianco, dalle rade strisce nere, che abitualmente passava il suo tempo accoccolato ai piedi del letto di Kostia. Alzò la testa dalle zampe quando udì la porta, che in sua assenza Kostia teneva socchiusa proprio per permettere agli animali di entrare e uscire a loro piacimento, aprirsi e spalancò le fauci in uno sbadiglio silenzioso. Quei gatti, ormai tre, non scendevano mai troppo in basso, spaventati dall'influenza dei dissennatori, e non erano abituati a vedere altre persone che le poche autorizzate a salire fino a lì. Fiona doveva essere per lui una novità abbastanza interessante; Danielle, che il loro padrone teneva in braccio con tanta disinvoltura, ancora di più.
    - Questo è il mio appartamento - presentò Kostia, mettendosi da parte per far passare una Fiona piuttosto affannata. Erano molti gli scalini che portavano fino a lì e, per ovvie ragioni di sicurezza, non c'era altro modo per raggiungere la stanza del padrone e quelle subito sotto. Probabilmente era per quello che Michael non andava mai a passare la notte lì - Puoi prendere possesso del mio letto. Farò montare una culla per Danielle e, io prenderò una delle altre stanze - aggiunse, indicandole con lo sguardo l'ampia stanza in cui erano entrati. Ampia e spoglia. L'arredamento era composto da un grosso letto a baldacchino e da una cassettiera posata contro il muro, subito sotto un quadro rappresentante una battaglia medievale. C'erano solo due foto posate sulla cassettiera, una delle quali rappresentava un primo piano di Danielle. Nell'altra era Fiona a ridere nel voltarsi verso la fotocamera con la bambina in braccio. Kostia si mosse per la stanza, sempre con Danielle in braccio, rasentando le pareti di nuda pietra. Indicò due porte, avvicinandosi all'ampia finestra che occupava quasi interamente la parete verso est e da cui si poteva accedere ad un camminamento che faceva il giro della torre. Il mare si stendeva senza ostacoli fino all'orizzonte, in quella direzione - Il bagno è oltre quella porta. Ho solo la vasca da bagno, e l'acqua va scaldata con la bacchetta, ma se hai bisogno posso farti mandare qualcuno che te lo prepari, all'occasione. C'è una biblioteca molto fornita ai piedi della torre, e non hai che da chiedere ad una delle guardie che lascerò a tua disposizione di farti accompagnare - si piegò appena, carezzando la schiena del micio che, sceso dal letto, era andato a strofinarsi contro la sua gamba - Preferirei non girassi troppo da sola, se fosse possibile -
     
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    C’erano cose che facevano paura e cose che ne facevano ancora di più e quando ti ritrovavi a scegliere tra l’una e l’altra, per quanto la prima potesse spaventarti sceglievi lei in qualità di male minore.
    Azkaban. Avevo letto per la prima volta quel nome nei libri di scuola e lui e tutto quello che rappresentava era sempre stato circondato da un aura di terrore. Insomma, le parole prigione e dissennatori usate nella stessa frase per descrivere qualcosa non erano propriamente il massimo. Ma come per tante cose quel luogo era diventato molto meno spaventoso una volta visto dal vivo.
    Le scale che conducevano agli appartamenti di Kostia, erano fredde e scarne come le avevo immaginate e la stanza del mangiamorte non era da meno.
    « Oh… ma qui non è poi tanto male, cioè… ci sono anche i gattini!?
    Probabilmente un robot avrebbe reso quel posto più caldo e accogliente di quanto non aveva fatto il suo vero proprietario, ma ritrovarmi di fronte un gatto mi aveva lasciata a dir poco interdetta.
    Osservai a rallentatore la scena in cui il felino si avvicinava alle gambe di Kostia in cerca di coccole e il modo in cui lui lo accarezzava, senza mostrare neanche un po’ di paura per i peli che si sarebbero potuti appiccicare al completo. Sentii la mascella cadere lentamente, ma cercai di non darlo a vedere.
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    « No seriamente… è un gatto, un gatto normale? Fa le fusa e non ti uccide carbonizzandoti con lo sguardo?
    Avrei dovuto ascoltare tutte le raccomandazioni che con aria seria il biondo stava facendo, ma l’unica cosa che il mio cervello riusciva a pensare “gatto + Kostia + coccole”. Tornai seria e appuntai mentalmente tutto quello che c’era da sapere.
    « Non credo di voler fare il giro turistico, morti e persone torturate non mi affascinano molto.
    Feci segno di diniego con il capo.
    « Vasca, ok, biblioteca, perfetto ma per quanto riguarda la stanza, noi possiamo dormire anche da un altra parte, non voglio privarti dei tuoi spazi.
    Eravamo lì nella speranza di evitare di contrarre il lupum, una speranza vana, e non volevo assolutamente dare più fastidio del dovuto. Kostia era una persona abitudinaria, non volevo sapere cosa gli sarebbe potuto accadere nel ritrovarsi per troppo tempo a non poter fare qualcosa alla quale era abituato.
     
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    - Tre - confermò Kostia, guadagnandosi con una carezza le ultime fusa e rimettendosi poi in piedi. Danielle si sporse in avanti, allungandosi nel tentativo di afferrare la coda di una Ragnarock che si defilò piuttosto in fretta, riparandosi sotto il letto padronale - E sì, sono normali - aggiunse con un sorriso, quasi gli fosse impossibile capire come poteva aver mai dubitato di una cosa simile. Gatti che incenerivano la gente con lo sguardo. Ridicolo - A dire il vero sono un regalo di October. Credo facessero parte del suo processo di..."umanizzazione" - scosse la testa, al solo pensiero. Non che ai tempi, privo di un cuore com'era, la cosa non avesse un suo senso ma dubitava che sarebbe cambiato molto se le cose fossero successe quella settimana invece che due anni prima - Immagino fosse convinta che, affezionandomi a loro, mi sarebbe poi stato più semplice affezionarmi alle persone. In parte ha funzionato - di sicuro si era affezionato a lei, Fiona, e alla stessa October.
    Si andò a sedere sul letto, leggermente di lato, in modo che Danielle potesse stendersi sulle coperte e rotolare un po', libera e felice come più le piaceva. La bambina si mise subito gattoni, cercando di guadagnare il bordo del letto alla ricerca del Micio Perduto - Tranquilla, abbiamo un ottimo sistema di smaltimento cadaveri. Di solito non li lasciamo in giro più del minimo indispensabile - la prese in giro, un lampo malizioso nello sguardo. Era inevitabile: nonostante stesse vedendo con i suoi occhi che Azkaban non era tremenda quanto aveva creduto per tutta la sua vita ancora non le riusciva di staccarsi da quei preconcetti. Ci sarebbe voluto molto tempo, probabilmente, e forse un'intera vita non sarebbe bastata - A me fa piacere, se state qui - continuò - E' casa mia, e vorrei che possiate ritenerla anche casa vostra, nei limiti del possibile dato dalle circostanze - di sicuro una fortezza come quella non era un posto facile da sentire come casa propria, inutile nasconderselo - Non voglio trattarvi come delle ospiti cui rifilare una camera in cui ha dormito chiunque -
     
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    Tre, non uno, ben tre gatti abitavano quel castello. I gatti erano animali puliti, esserini intelligenti e autosufficienti, forse era per questo che li aveva accettai proprio lì, in casa sua. Ma Merlino, i gatti erano produttori di pallette di pelo svolazzanti, come poteva tollerarli?
    « Sono un regalo di October.- Ecco spiegato tutto, facevano parte del processo per trasformare il robottino in un bimbo vero.
    « Ah…
    Mr Raggio di tenebra prima era ancor più tenebroso. Forse non mi sarei dovuta stupire poi così tanto, del resto il Kostia del mio primo viaggio a Stoccolma era diverso da quello di quel momento, stringeva la piccola e i suoi sorrisi iniziavano a sembrare più sinceri. Il lavoro di October come fata turchina stava funzionando alla grande. Era la fata turchina o il grillo parlante?
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    « Perché lo ha fatto? Intendo, perché lei cerca di “umanizzarti”… è una cosa che le hai chiesto tu?
    Quei due erano una strana accoppiata, ma per quanto fossero diversi come il giorno e la notte, l’Ucraino aveva molta più stima e fiducia in lei di quanta ne aveva in tutti i suoi colleghi. Non riuscivo ancora a capire il perchè, nè perchè lui continuasse a chiederle consigli su cose che spesso credevo gli andassero più che bene così come erano.
    Andai anche io ad accomodarmi sul letto, Kostia aveva lasciato la piccola a vagare sulle lenzuola e lei sembrava molto intenzionata ad acciuffare il gatto, quel pelosetto doveva rappresentare una grossa novità per lei.
    « Mi sarei davvero stupita se qualcosa in questo posto non fosse stato impeccabile, preciso, perfettamente funzionante.
    Quello era il regno di Kostia, per questo doveva rispecchiare in tutto e per tutto il suo re, doveva essere tutto a sua immagine e somiglianza.
    « È bello quello che hai appena detto, ma spero di dover restare qui il meno possibile. - avevo appena parlato a sproposito, pensare che stavo imparando a controllarmi.
    « Ovviamente intendevo… beh… spero che la malattia non duri più del dovuto.
    Ero riuscita a salvare la situazione? No, sicuramente no.


     
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    Kostia la fissò per un attimo in silenzio, prima di scuotere la testa una volta sola - No, non gliel'ho chiesto io - sillabò con calma, come se la sola idea del contrario potesse suonare assurda. Probabilmente era davvero così. Nessuno dei cambiamenti che Kostia aveva avuto nel corso di quegli ultimi anni era dipeso da una sua scelta. Non aveva voluto nulla di quello che gli era accaduto e anzi, spesso si era trovato a contrastare quei cambiamenti con tutta la volontà che aveva. La risata di Danielle rimbombò per la stanza, cristallina. Aveva cercato inutilmente di contrastarli - Non sono nemmeno sicuro del perché lo faccia. Io, al posto suo, mi sarei già lasciato perdere da molto tempo - così come lui, a dire il vero, avrebbe dovuto lasciare perdere lei. Razionalmente il loro rapporto non aveva alcun senso, cosa che in fin dei conti dava un punto in più proprio alla rossa norvegese. Erano amici contro ogni logica, e la logica era il suo campo, non quello di October.
    Ragnarock aveva mosso qualche passo verso la porta poi, incuriosito, era tornato a balzare sul letto e verso quella creaturina così strana. Kostia lo seguì con lo sguardo mentre annusava Danielle, attento che non tirasse fuori le unghie - Tranquilla, lo capisco - disse a Fiona, gettando un'occhiata verso di lei e tornando poi ad osservare animale e bambina. Due cuccioli piuttosto incompatibili, a quanto pareva - Ok, basta - decise ad un certo punto, dopo il primo soffio del gatto. Lo sollevò di peso dal letto portandolo, per la prima volta da quando erano arrivati, fin sulla porta. Non la chiuse, per evitare future gelosie - Non me la prendo a male. Io tengo molto a questo posto, l'ho ricostruito io ed ha un significato molto particolare per me ma...lo capisco. E' una fortezza, non una villa al mare - si strinse nelle spalle, tornando a sedersi accanto a lei - Anche se devi ammettere che la vista è notevole, da qui - si sforzò di sorridere, indicando con un cenno del capo l'ampia vetrata. Il sole andava tramontando presto, in quel periodo dell'anno, e il cielo si stava già colorando di viola. Si fece appena più serio, stringendo le labbra in una linea sottile. Era particolarmente difficile trovare le parole - E posso capire cosa sia per te, questo posto. Cosa rappresenti e come vi abbiano insegnato a temerlo. Se ti può consolare, però, non c'è un modo in cui qualcuno possa imprigionarci lei... - aggiunse indicando con la punta del dito Danielle.
    La sua figlia mezzosangue.
    Ad Azkaban.
    A volte rasentava il ridicolo, quella situazione.
     
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    «E non avrebbe avuto tutti i torti.
    Annuii sorridendo alla mia affermazione. Piccoli ma enormi progressi c’erano stati nel carattere del ucraino, ma il tutto si era svolto a passi da formica. Fossi stata io al posto di October mi sarei arresa molto, molto prima. Non ero una persona paziente, non lo ero mai stata e in più ero una disfattista, una di quelle persone che difficilmente portava a termine qualcosa. Erano davvero poche le cose che ero riuscita a finire nella mia vita.
    «Non è solo quello - dissi allungandomi per prendere la piccola rimasta sola sul letto - penso sarà una di quelle cose che non mi sembreranno mai… come dire… normali.
    Scelta di parole sbagliata? Forse in parte, ma era quello che doveva rendere almeno un pochino quel concetto.
    «Forse normale non è la parola più adatta, in tutta questa storia non c’è mai stato nulla di “normale”. Non credi?- spostai i capelli cercando di allontanarli dalle manine di Dixie che sembrava molto interessata a tirarli.
    Forse non avrei dovuto far andare il discorso in quella direzione, ma come al solito avevo parlato troppo.
    «Si la vista non è male, forse un po’ troppo monotona - insomma mare, mare e mare per chilometri, metteva anche un po’ d’ansia.
    «Spero tanto sia così…
    Mi strinsi nelle spalle nuovamente insicura del futuro.
    «Allora… quante fanciulle hai portato qui? Io e Dixie sappiamo di non essere le prime e non siamo affatto gelose.
    Provai a cambiare discorso, mettendone in mezzo uno nuovo, forse un po’ imbarazzante ma molto molto più leggero del precedente.


     
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    Kostia scosse lentamente la testa - Intendevo in senso letterale. Danielle non può restare prigioniera ad Azkaban contro la sua volontà - ripeté scandendo con cura quel concetto. A volte dimenticava che Fiona, un po' come October, viveva in un mondo costellato di iperbole, metafore ed esagerazioni e che, proprio come la norvegese, faticava a comprendere che tanti dei concetti espressi da Kostia erano da intendersi esattamente come venivano pronunciati - La fortezza è intrisa di "incantesimi di sangue" - le spiegò, attendendo un secondo prima di continuare. A lui la conseguenza sembrava a dir poco ovvia, ma evidentemente non era così - Quando l'ho riprogettata ho fatto si che questi incantesimi permettessero alla fortezza di riconoscermi, in caso un giorno di questi fosse caduta in mano a qualcun altro, e di reagire alla mia presenza. Le porte delle celle, per esempio, non sono mai chiuse per me, ed alcune delle pareti... - si strinse nelle spalle. Sarebbe stato decisamente stupido da parte sua costruirsi un posto del genere senza prendere qualche precauzione - Essendo incantesimi di sangue, però, comprendono anche lei. Danielle può entrare e uscire da qui con la stessa facilità con cui entra ed esce dalla nostra casa di Stoccolma - notizia, quella, le cui implicazioni avrebbero dovuto essere chiare perfino a lei. Erano due le persone che potevano farlo, al mondo, e in quel momento si trovavano entrambe in quella stanza.
    Dischiuse le labbra, emulando un sospiro - Suppongo non ci sia un modo, al mondo, in cui tu possa darmi soddisfazione - commentò scivolando fino a poggiarsi al davanzale dell'ampia vetrata. A lui la vastità di quella vista piaceva, lo tranquillizzava, e di notte il cielo stellato che la sovrastava aveva un che di unico - Un po'di gelosia non sarebbe sgradita - almeno avrebbe significato che qualcosa, seppur poco, contava per lei. Che non era solo il padre di sua figlia, ma una persona in carne e ossa. Una persona apprezzata - Sei la terza persona che entra qui, se si esclude me e le guardie che la tengono ordinata - e che comunque stavano bene attenti a non farsi mai vedere da lui - Questa è casa mia. Non è un luogo in cui porti nessuno che non voglia nella mia vita a tempo indeterminato -
     
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    «Perdonami, avevo dimenticato di dover interpretare alla lettera tutto ciò che dici.
    Avrei messo su un espressione infastidita, ma Kostia non l’avrebbe capita e quella notizia non poteva far altro che rendermi felice.
    Quello, per quanto fosse il posto meno adatto a crescere una bambina, era un posto realmente sicuro per Dixie.
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    «Dovevo immaginare tu avessi fatto qualcosa del genere - maniaco del controllo, maniaco del controllo previdente, ma pur sempre maniaco del controllo - complimenti per l’idea.
    Scossi il capo «Nah… sono una rompiscatole a trecentosessantagradi, cosa ti aspettavi?
    A volte era più forte di me, avevo bisogno di dire la mia anche quando era superfluo o di dare torto a qualcuno anche quando aveva ragione. Sarei stata capace di dire che la Terra era quadrata per puro divertimento.
    «Ma dai… sei il primo uomo che la pensa così.
    Non avevo mai incontrato un uomo desiderasse una donna gelosa, tutti allergici ai legami - come del resto ero anche io - e spaventati dal senso di appartenenza che una relazione portava con se.
    Del resto non avevo mai incontrato un uomo come Kostia.
    «Solo tre?
    Forse la mia voce doveva essere apparsa un po’ troppo stupita in quel momento, ma tre sembravano davvero poche, sopratutto per il modo in cui ci eravamo conosciuti.
    Presi a giocare con le manine della piccola, osservandola sorridere tranquilla e serena come al solito.
    «Pensi saremo al sicuro qui? Dal lupum intendo.
    Quella prigione di pietra poteva tenerci al sicuro dal virus? Sarebbe servito davvero a qualcosa?


     
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    - Sono il primo uomo di tua conoscenza cui piacerebbe importare qualcosa ai tuoi occhi? - la domanda venne posta così, con pacatezza, nemmeno l'argomento in oggetto fosse qualcosa di molto meno personale di quello che sembrava - La gelosia, per quanto irritante sia, è comunque più apprezzata dell'indifferenza - un passo, poi un secondo, per avvicinarsi alla finestra. Scrollò le spalle - Solo tre - e si voltò verso di lei, sorridendo a quell'aria incredula. Doveva essere incredibile, ai suoi occhi, che un uomo che possedeva un castello non lo usasse per portarvi le proprie conquiste. Lui per primo conosceva molte donne che avrebbe fatto, se non tutto, di sicuro molto per essere ammesse in quel luogo, per saggiare un po' del potere che emanava e per godere della paura che sapeva indurre non come vittime, ma come carceriere. La fissò per un attimo, cercando il modo di porre la questione in modo che le fosse comprensibile. Erano quelli i momenti in cui più rimpiangeva di non avere October a portata di mano a fargli da traduttrice - Questo luogo è casa mia, e mi piace che possano entrarci solo persone in cui ho piena fiducia. Persone che ho piacere di ricordarmi qui dentro - un lieve sottolineare del dito. Olympia era stata una di quelle, Coco lo era ancora.
    Fiona era lì, seduta sul suo letto.
    Il SUO letto.
    - Me lo auguro, ma non lo so - ammise dopo un attimo di riflessione, concedendole il tempo necessario a elaborare quell'informazione. A Kostia non piaceva muoversi nel mondo delle incertezza, preferendo invece quello delle probabilità, ma la verità era che non aveva la minima idea di che probabilità ci fosse che il virus entrasse nella fortezza e poi, da lì, che salisse fino a loro. Nessuno lo sapeva - So però che se non siete al sicuro qui non lo sarete mai da nessuna parte, e sono più tranquillo sapendovi ad Azkaban. Lontano da quello che sta succedendo per le strade -
     
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    « Sei tra i pochissimi a cui è stata data la possibilità di restare così tanto da potersi porre questa domanda.
    Il secondo per la precisione, ma star lì a precisare non sarebbe servito poi molto.
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    « Non sono molto d’accordo, poi tu non mi sei indifferente, ti voglio bene e mi fido di te. Questo non comporta il fatto che debba essere gelosa... almeno per come la vedo io.
    Era la terza volta che gli ripetevo quella frase, ma tutte le volte quel concetto sembrava non volergli entrare nella testa. Nulla di quello che era successo negli ultimi due anni sarebbe successo se le cose non fossero state così. Non riusciva a capire quanto doveva essere onorato per il semplice fatto che gli avevo ripetuto quella frase più di una volta, privilegio che spesso negavo anche ai miei fratelli.
    « Capisco.
    In realtà non capivo poi tanto, casa mia era sempre stato un porto di mare con persone amici e conoscenti che andavano e venivano una continuazione. Non mi ero mai preoccupata di legare ricordi spiacevoli alla mia abitazione, non lo avevo mai fatto perché quelli più importanti, quelli costruiti con la mia famiglia erano abbastanza da far si che anche il ricordo peggiore al mondo non potesse cambiare l’amore che provavo per quel luogo.
    « Si… è quello che spero anche io.
    Il virus che infestava Londra faceva paura, la sola idea che Danielle potesse esserne colpita mi terrorizzava e se quella poteva essere una soluzione sarebbe stato sbagliato non tentare.


     
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