Le Maledizioni senza perdono

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    Avrebbe dovuto essere incline a quel clima di semi terrore, ormai.
    Avrebbe dovuto sopportare senza ulteriori insidie quel metodo d'approccio alle discipline oscure... eppure nel vedere Udinov, Jerome ed Igor, alla mercé dell'intera classe, ognuno fasciato da uno sguardo diverso, non poté non sentirsi in pena.
    Per loro e per sè stesso.
    Perchè forzare l'animo umano? Perchè spingerlo oltre limiti invalicabili?
    Quella lezione avrebbe assolto al suo compito ugualmente, se le cavie fossero state insetti o animali.
    Ma infondo era questo a cui si sentiva paragonato. Una dannata bestia da macello.
    Strinse i pugni sui fianchi, combattendo contro la frustrazione e l'angoscia. Si guardò rapidamente attorno, lanciando un vago sguardo a Jean ed infine tornò ai tre compagni, trattenendo smorfie sul viso pallido ogni qual volta ciascuno di loro veniva colpito da una maledizione.
    Tutti lo furono.
    I primi lamenti furono quelli di Morrow ed a seguito quelli del caposcuola. Rimase rigido al proprio posto, il respiro sottile e lo sguardo perso altrove. Fu Igor a toccare gli apici della follia. Della cattiveria malsana ed esplicita. Nulla che avesse mai visto in vita sua, nulla che giustificasse quella violenza gratuita.
    Contenne il disgusto, trascinando lo sguardo fiacco altrove mentre il thailandese veniva cruciato.
    Non conosceva il suo nome ma quella scuola doveva sicuramente essersi rivelata un incubo, per lui. Diventare il giocattolino di una bruta perversione... poteva andargli peggio?
    Deglutì, le nocche serrate sul tavolo mentre irrigidiva la mascella alle urla dell'altro. Avrebbe voluto gridare di smetterla. Avrebbe voluto assalirlo e rivoltargli addosso la stessa languida pazzia.
    Un pensiero di cui si stupì mentre affogava nell'inettitudine.
    Subire. Gli spettava questo.
     
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  2. Macaulay.
     
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    Una mattina diversa dalle altre, forse. L'ennesima mattinata passata in infermeria, ad attendere qualcosa che possa farmi sentire meglio. La testa sembra una bomba ad orologeria, sul punto di esplodere. Ottengo solo un'insulsa aspirina, ed un'imprecazione dall'infermiera di turno che sembra abbastanza indaffarata per occuparsi di un banale mal di capo. "Dovete venire per ogni minimo dolore? Ah?". Mi congeda con un sorrisetto sbrigativo, ed ora sono nuovamente in cammino sul lungo corridoio. Per quanto sia martellante il dolore, decido comunque di recarmi a lezione: tanto nessuno potrà dirmi niente per il mio ritardo, vista la giustificazione che stringo saldamente fra le dita. La sala dei duelli non dista molto da dove sono e, più mi avvicino, più si ammassa dentro di me la sensazione che, dopotutto, quella di seguire non sia un'ottima idea. Più accorcio le distanze all'ingresso, più urli ovattati giungono alle mie orecchie. Forse è normale. Deglutisco prima di compiere l'ultima falcata ed affacciarmi nell'aula, irrigidendo i muscoli del volto non appena prendo coscienza di ciò che vedo. Incrocio gli sguardi degli studenti che fissano impietriti ciò che sta accadendo, ed io fatico un po' prima di farmi coraggio ed entrare. Capisco perfettamente quale argomento stiano trattando. Faccio finta di nulla, ho la gola secca, e rimango semplicemente avvolto nel silenzio assoluto, quasi per non interrompere le espressioni di dolore dipinte sui volti degli studenti cruciati. Ciò che mi dico, è che non devo mostrarmi impressionato. Scavalco quell'orrendo teatrino per avvicinarmi alla cattedra e ricambiare uno sguardo sfuggente al professore, il quale scopro non essere Bill Carradine. Poggio la giustificazione sulla superficie legnosa e, con il capo chino, mi dirigo verso il primo posto libero che trovo. Solo in questo momento incontro gli occhi di Dorian. Rabbrividisco e distolgo prontamente le iridi plumbee dalla sua figura. Sono particolarmente sfuggente in questi giorni, lui conosce anche il perchè. Forse è anche per colpa sua se mi sento così. Lo ignoro, ignoro i suoi pugni serrati sul banco, ignoro quel pizzico di follia che gli arriccia le labbra, in procinto di commettere qualche grossa cazzata. Posso immaginare quanto possa dargli fastidio la visione di questo scempio, e so anche che non interverrà, nonostante i muscoli contratti raccontino il contrario. Però non posso esserne così sicuro. In uno scatto fluido alzo la mano, quasi per anticiparlo e risparmiarlo, forse, da una tortura assicurata. Professore, non credo questo sia il modo più adatto per dimostrare alla classe la funzionalità di queste maledizioni. Non credo sia utile, ai fini educativi. Nessun tremolio nella voce, nessun sussultare. Solo infinita, profonda ed inquietante tranquillità. Lo soppeso sotto le ciglia folte, schiudendo le labbra prima di arricciarle in un sorrisino beffardo. ...O forse sì, se il suo scopo è incutere terrore invece che insegnare realmente qualcosa. Probabilmente non sono nella posizione per parlare, non dopo essere entrato nella classe considerevolmente in ritardo. Probabilmente non avrei nemmeno dovuto usare quell'accenno di sarcasmo che ha inevitabilmente colorito il mio tono. Tanto cosa ho da perdere?
    Macaulay Jaye Lawson, IV anno.

     
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  3. J. F. Schmitt Pantel
     
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    Osservo lo sguardo di Dorian, che appare quanto mai significativo. Non so cosa mi incuta più ansia e disagio, se l'atto di Udinov, che ha lanciato contro Jerome la cruciatus in modo del tutto inaspettato, se la reazione vendicativa del ragazzo dai capelli rossi, se le urla del povero orientale che ora si trova a terra, soggiogato completamente dalla tortura, se il fuoco folle degli occhi di quel Plamenov. Non avevo, nel frattempo, tolto gli occhi di dosso a Carradine e mi sono chiesto cosa architettasse da un punto di vista didattico. Lo sguardo di Dorian, poi mi suggerisce in questo momento che siamo giunti al momento clou della lezione. O anche no. L'istinto sarebbe quello di intervenire con un incantesimo mentale, per disarmare il biondo che pare trarre piacere fisico di fronte alla sofferenza: esaltato del cazzo. Una rapida meditazione a mente fredda suggerisce che sia meglio restare nelle proprie file: questa, in effetti, è la lezione di Arti Oscure, non di Duelli, sebbene siano strettamente interconnesse. Punto primo: la cruciatus toccherà inevitabilmente anche a noi, c'è poco da questionare. Lo prevede il metodo educativo in quest'istituto da secoli, è come se lo avessimo accettato nel momento dell'iscrizione. Per quanto, alla luce della mia etica, possa essere una pratica riprovevole, non sarà un atto "eroico" come un disarmo a cambiare la situazione. Punto secondo: occorre risparmiare le energie magiche per il dopo.
    Niente, in questa lezione opto per il silenzio.
    Perché in effetti non mi viene nessuna domanda, se non esternare con aggressività tutto il mio orrore.
    Cerco di non sentire le grida che intimano basta, pensando a Beauxbatons. A qualche ricordo bello.
    Finché uno studente prende la parola.
    Ha molto fegato penso, in attesa di ascoltare la risposta del docente.
     
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    Si avvicinò al Bulgaro e lo fermò con una stretta al polso della mano.
    Tanto forte che quasi glielo spezzò.
    E così mise fine alle torture ai danni del nuovo arrivato.
    -La cosa che mi ha disturbato di più, in tutto ciò, sapete qual è stata?- la sua voce uscì roca e pacata ma riverberò in quella stanza come un frastuonum ben assestato – nessuno di voi ha alzato un dito per liberare Senaumang da quello che Plamenov stava facendo. Sicuramente non è il luogo adatto ma mi domando, su quale base voi decidete quali siano i luoghi adatti per intervenire e quali no? Siete qui per studiare le arti oscure, credete forse che in questa sede metterle in pratica non sia adeguato?
    Mi dica ..-
    schioccò le dita facendo si che fosse lui a presentarsi e quando lo fece proseguì - Lawson , lei crede che limitarsi a dire cosa sia appropriato e cosa no a me abbia lenito il dolore del suo compagno? O abbia motivato Plamenov a fermarsi?-
    Indicò ai tre ragazzi le loro sedute e li invitò ad accomodarsi.
    -Credo che in questa classe si abbiano idee un po' confuse di quale sia lo scopo di questa materia, vedrò una volta per tutte di liberarvi dal fardello di questa lacuna.- Aiutò il Thailandese ad alzarsi e a raggiungere il proprio banco.
    Aspettò che fossero tutti seduti prima di proseguire nel suo discorso.
    -Prima mi sono state poste delle domande, in quello che dirò ci saranno anche le risposte.
    Partiamo da alcuni cenni storici.
    La Magia Bianca e la Magia Nera sono come lo yin e yang, hanno fondamenta antiche quanto il primo essere vivente esistito sulla terra
    Entrambe indispensabili entrambe importanti.
    Un mago completo le conosce e le sa applicare entrambe in egual misura, la forza del mago sta nel non lasciarsi travolgere da nessuna delle due.
    Solo perchè la storia classifica la magia bianca come tale non vuol dire che sia meno pericolosa di quella oscura.
    Può uccidere come quest'ultima, fare male allo stesso modo, e se dovesse causare la morte darebbe lo stesso una sensazione di logoramento in chi l'ha scagliata.-

    E su questo non ci pioveva, la morte dava la stessa sensazione di devastazione in qualsiasi forma la si causasse.
    -Durmtrang vi da l'opportunità di essere dei veri maghi, vi insegna anche ciò che altre scuole hanno la paura di affrontare, mette alla prova la vostra anima, non soltanto la vostra forza, saprete l'ultimo anno se ne uscirete vincenti o perdenti.
    Dovete trovare la giusta forza per non permettere alla magia oscura di prevalere su di voi.
    Con questo vi sto dicendo che dovete impararla, dovrete anche saperla usare a fini didattici, non deve essere solo la rabbia a permettere alla stessa di uscire fuori, né tanto meno trovare scorciatoie avvalendovi di animali o insetti, come proponeva il vostro collega-

    Facile no? Sicuramente si sarebbero usati, ma non sempre.
    -Io quando ho scagliato un imperio a Udinov, non ero di certo arrabbiato con lui, non provavo assolutamente una irrazionale voglia di portarlo al suicidio. Tuttavia ero abbastanza motivato da metterlo a tacere con un imperio.
    Volete sapere se ho provato soddisfazione? Si l'ho provata, era quello che volevo, vederlo ubbidire al mio comando.
    L'imperio non è meno pericolosa delle altre due solo perchè non da un dolore immediato.
    Agire senza la propria volontà e tuttavia restare coscienti che si sta facendo qualcosa per volontà di altri è una tortura ben peggiore di un crucio.-
    e chissà se era stato chiaro per quelle menti superiori a cui stava parlando.
    -Prima avete detto che è necessario volerlo intensamente, con rabbia e determinazione. Io vi dico che sono sufficienti anche il volerlo intensamente e la determinazione.
    E si volevo farti un imperio, Udinov ma non ti ho fatto male, no? -ghignò- questo è uno stereotipo, sfasiamo il mito, vediamo di vedere le cose per quello che sono, Udinov ha scagliato un crucio, questo prevede il desiderio di infliggere dolore.
    Se io avessi ordinato a Udinov di stringersi un cappio al collo e suicidarsi anche.
    Chiedergli di fare una dimostrazione pratica no.
    Iniziate dunque a scindere e a usare la magia che abbiamo a disposizione con il giusto equilibrio.
    Conoscete l'expecto maledictus?
    E' una magia oscura anche questa.
    La creatura nasce dai ricordi più brutti di una persona, dalla tristezza e dal dolore che essa ha nell'animo.
    O dalla cattiveria.
    Dunque mi domando, è una magia che può fare solo una persona "cattiva?" se una "buona" sa farla è automaticamente "perduta?" perchè dai discorsi di oggi mi è parso di capire che cattivo è sinonimo di perduto, o quanto meno ci va a braccetto.
    Signori miei ..-
    disse in conclusione - il dolore è necessario! La magia oscura è il necessario completamento in funzione di un equilibrio cosmico. la conoscenza e l'esperienza si apprende attraverso il dolore: è una concezione alla quale sono approdati millenni fa i nostri progenitori. E a Durmstrang sì, facciamo scontrare gli undicenni con la realtà, se per voi questo è un problema mi domando, perchè siete ancora qui?-
     
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    L'inettitudine era un fardello gravoso. Difficile lasciarsi schiacciare senza provare a scrollarselo di dosso. Dorian era piegato, inerme, succube delle circostanze.
    Era prossimo all'esplosione, i suoi nervi parlavano. Le tempie pulsanti, la mascella contratta. Erano segnali. Cedeva. Lentamente ed inesorabilmente.
    Schiuse le labbra e prima ancora di riuscire ad emettere un suono, qualcuno lo precedette.
    Jaye. Era cosí distratto d'aver completamente trascurato il suo ingresso. Voltó il capo, cercandolo attraverso i banchi con gli occhi limpidi. Quella sfacciataggine sarebbe stata la sua rovina. La loro rovina.
    Era certo che l'espressione dimostrasse palesemente dissenso. Li per lí, avrebbe addirittura scosso il capo per evitare che continuasse. Certo, lui per primo avrebbe esposto le proprie ragioni ma la differenza fra Dorian e Macaulay esisteva negli impulsi.
    Morel avrebbe pensato lucidamente, prima di affrettare una risposta.
    Deglutì, trovando pace solo quando le urla del thailandese si placarono. Guardó Jean con la coda dell'occhio ancora una volta e allentò la presa delle dita sulla sedia, cercando di sciogliersi.
    Contro ogni previsione logica, Carradine non scelse di punire l'allievo irriverente. Si lanció in un discorso minuzioso, permeato di soggettività.
    Dorian non riuscí a seguire con la cura di sempre. Era provato da quanto era accaduto, dalla presenza di Mac in aula, dalla sua completa indifferenza e da un vago senso di oppressoone al centro dello stomaco.
    Il sunto era che Durm li preparava e addestrava con quelle metodologie e se i pareri erano contrari, allora avrebbero fatto meglio a trasferirsi altrove.
    Ancora una volta, Morel preferí tacere. Non solo perchè parlare l'avrebbe spinto a rivelare dettagli di sè che non riteneva adatti ad una lezione ma perchè si sentiva incapace di collaborare e pensare con piena lucidità.
    Avrebbe aspettato il termine.
    Sarebbe andato via, cercando di dimenticare i dissensi e la frustrazione del giorno; la stessa che vedeva incisa fra i volti dei suoi compagni.
    Persino negli occhi di Udinov che fra i presenti gli era sembrato il più adatto a conservare una neutralità apparente.
    No, non avrebbe detto nulla.
     
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    Ormai sono pressoché sicuro che questa tortura possa condurre alla follia. Il mio carnefice, di fronte ai miei imperativi di smettere l'esercitazione, acuisce - o è una mia impressione? - la violenza della maledizione. Porto le mani alla testa, scalciando in modo irriverente e spudorato, vergognandomi io stesso del mio comportamento. Tuttavia è come se il dolore mi obbligasse ad abbandonare i costumi razionali, quand'ecco che...la maledizione improvvisamente cessa.
    Riapro gli occhi, mentre rivoli di sudore, per lo sforzo compiuto, percorrono la mia fronte e il mio torace accaldato: il professore sta tenendo il polso di Plamenov. Mi sento terribilmente stanco e svuotato, come se qualcosa avesse cancellato una parte di me. Seguendo il mio istinto, indietreggio spaventato, come un cucciolo smarrito, per poi, sorreggendomi sul primo banco, mi rialzo, aiutato dalle braccia forti... del professore. Non voglio dare nuovamente l'idea del debole. Mi sorreggo a malapena, con le ginocchia tremanti. Non ascolto il professore: la mia testa divaga sulla mia prima cruciatus. Crollo, ansante, opportunamente guidato da Carradine, al mio posto e lancio un'occhiata malinconica alla mia compagna di banco.
    Bello spettacolo, davvero? Comincio a disegnare degli ideogrammi sul foglio, si tratta di haiku che conosco a memoria.
    Capto solo qualche frammento del discorso del docente: la necessità del male in risposta ad un compagno di studi, lo stupore per non aver visto nessuno aiutarmi... e la fatidica domanda: perché siete ancora qui?
    Io sinceramente non lo so. Per motivi diplomatici, mi hanno detto.
    Mi giro e guardo Plamenov nel modo più minaccioso possibile, negli occhi, e un sussurro: Ti odio.
    Mi faccio schifo, così. Non voglio odiare gli altri.
    Non voglio trovare spunti per applicare a mia volta le Arti Oscure.
     
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    Solo nel momento in cui l'imperio perse effetto su di lui, si rese davvero conto di tutto quello che stava accadendo in quella stanza. Sephirot era il tipo d'uomo che rimaneva impassibile di fronte al dolore altrui, di persone di cui non gliene fregava nulla, ma essere artefice di quel dolore era tutt'altra faccenda. Preferiva di gran lunga che il "lavoro sporco" fosse fatto da terze mani, non dalle sue, perché vedere la sofferenza impressa negli occhi di Jerome non fu facile da digerire.
    Quella scuola lo stava cambiando, qualcosa dentro di lui mutava giorno dopo giorno e non poteva farci niente. Doveva convivere con tutto questo, essere forte, tenere la testa alta di fronte a ogni persona che avrebbe osato provare a fargliela abbassare.
    Motivo per cui, per niente sorpreso dalla rabbia intrisa nelle pupille di Jerome, Udinov ricevette quel crucio di rimando scaricando la unica colpa tutta sul professore e sul suo sadico modo di "insegnare".
    Si piegò sulla ginocchia cercando il possibile per non urlare e ferirsi l'interno della guancia piuttosto, ma poi dei versi doloranti uscirono dalla sua bocca quando quel male si diffuse in ogni muscolo per quei pochi secondi.
    Secondo che parvero interminabili, una tortura che solo quegli infimi mezzosangue e quei inutili natibabbani avrebbero dovuto subire. Non lui. Non Sephirot Udinov, che sosteneva il suo ruolo in quella scuola e ne faceva un vanto.
    Era affranto, frustrato e rimase un attimo appoggiato alle sue ginocchia cercando di riprendere fiato, escludendo tutti dal suo dolore, volendo rimanere solo con se stesso per non reagire guidato dagli impulsi e dagli istinti violenti, voleva che solo il suo cervello e la ragione lo comandassero.
    Quei respiri profondi furono una salvezza, mentre attorno a lui la violenza ancora non aveva avuto fine su altri suoi compagni.
    Igor Plamenov era un'animale e si trovò a guardarlo di sottecchi mentre sfogava il suo sadismo. Uomini così bestiali erano un cancro.
    Sephirot si tirò su in piedi, andando ad appoggiarsi a un banco evitando lo sguardo di chiunque, volendo solo Brunhilde al suo fianco. Non si lasciò però piegare del tutto e indirizzò veloce il suo sguardo quando Lawson prese parola riprendendo Carradine. Già, concordava pienamente con le sue parole.
    Era proprio curioso di sentire il professore adesso.
    "Se uno di noi avesse deciso di intervenire per aiutare il compagno, lei cos'avrebbe fatto? Lo avrebbe punito con un crucio solo perché quel comportamento per lei era fastidioso? Vuole educare i suoi studenti col dolore? Lei non esige rispetto, lei vuole solo terrore."
    Forse solo l'anno scorso avrebbe taciuto, avrebbe accettato quel modo di fare e ne avrebbe preso atto. Da quando era stato rapito ingiustamente e gli era stata strappata la madre così, prima del tempo, non era più in grado di avere un giusto autocontrollo.
    Voleva farlo tacere? Traeva soddisfazione nel comandarlo? Sephirot era disgustato.
    "Lei ha un concetto troppo limitato di magia oscura e bianca. Lei sottovaluta secondo me che cosa deriva da tutto questo. Forse si crede invincibile, perché la sua anima è talmente annerita da avere giurato silenzio per sempre ormai. Non avrei cruciato Jerome se non me l'avesse espressamente ordinato con l'imperio. Non ho avuto la giusta forza di oppormi alla sua maledizione, ma si. E' giusto. Siamo qui perché vogliamo sperimentare la totalità della magia. Ogni sua parte, cosa che Hogwarts non esercita. Deve essere all'altezza di un compito così impegnativo."
    Si scagliò verso il professore, rimanendo in piedi davanti a quel banco, rischiando addirittura di ricevere una punizione o chissà che altro, ma era per il bene dell'intera classe che si doveva esattamente comprendere come era giusto insegnare.
    "Nessuno di noi vuole essere una paladino della giustizia, ma essere sufficientemente pronti per quello che c'è la fuori. Per avere la forza necessaria per governare, come lei ha giustamente detto, anche il lato oscuro della magia. Ma mi dica... secondo lei sta ottenendo consenso comportandosi così? C'è un silenzio di tomba in questa classe e non vedo ispirazione e volontà, ma solo odio e dissenso."
     
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    Osservando quei ragazzi a Nik vennero in mente i momenti della sua adolescenza, quando uno studente ci pensava davvero due volte prima di essere così insolente nei confronti di un docente.
    E quella era Hogwarts.
    Tuttavia non era suo interesse far capire qualcosa a delle persone che non volevano capire, si sarebbe tenuto alla didattica, e avrebbe concluso così la sua lezione.
    Non valeva neanche la pena prendersela quando a parlare erano gli ormoni e l'eccesso di adrenalina, poco a che vedere con buon senso e intelligenza.
    -Sono sicuro che con il mio modo sbagliato di insegnare nessuno di voi si dimenticherà questa lezione, nel bene o nel male qualcosa vi è rimasta.- ghignò e si voltò verso il caposcuola
    -Puoi lamentarti quanto vuoi Udinov, questo è l'insegnante che vi è toccato, questi sono i miei metodi, e si da il caso che vadano bene anche per Durmtrang.
    Quello che pensi di me non mi tange-
    gli fece un occhiolino e si apprestò a fare la sua arringa finale.
    -Se uno di voi avesse deciso di intervenire per aiutare il compagno, non sarebbe stato necessario il mio intervento, vi pare?
    Il vostro problema è che sapete benissimo puntare il dito, ma ascoltate poco.
    Vi ho chiesto di spiegare la Cruciatus, e di dare una dimostrazione pratica, Udinov, visto la vostra esperienza pensavo che dalle precedenti lezioni di arti oscure aveste qualcosa da dare ai vostri nuovi compagni, a nessuno di voi ho detto di fare la maledizione su un vostro compagno, né tu su Morrow, né Morrow su di te, e neanche Plamenov su Seamung.
    Animali e insetti ce ne sono ovunque, persino nell'armadio in fondo all'aula.
    Dunque vediamo .. sono io che sbaglio a insegnare o siete voi che messi alla prova vi perdete in un bicchiere d'acqua?
    Avete fallito, non avete spiegato nulla e avete usato la cruciatus contro le persone.
    Non è mica colpa mia se vi viene chiesta una cosa e fate quello che la vostra mente vi consiglia.


    - Capisco che ti abbia infastidito l'imperio, ma credete che una dimostrazione pratica su un animale vi avrebbe fatto intendere allo stesso modo? Avrei potuto capire se ti avessi chiesto di ferirti, ma no, messa così non capisco davvero perchè tanto scalpore.-
    Sapeva che stava parlando ancora una volta da solo, ma veniva pagato per questo no? Anche se non c'era più sordo di chi non voleva sentire, lui doveva comunque far capire dove stava l'errore, e se possibile, migliorarli per la prossima volta..
    -Come avete notato non ho punito nessuno qui, non ho punito il ragazzo che prima di te mi ha rivolto la parola in tono anche abbastanza provocatorio e non punirò te, siamo qui per parlare, allora parliamo.
    Credo che il terrore che provate non sia causato da me, ma da cose vostre, forse passate, non lo so.
    Non credo che mi riguardi comunque.
    Solo evitate di puntarmi il dito contro quando voi per primi sapete che centro ben poco con le vostre menate mentali-

    Ancora una volta li sorvolò con lo sguardo.
    -Volete dare a me la colpa per quello che siete?
    Fate pure, codardi, immaturi, insubordinati e anche abbastanza maleducati.
    Non rispettate i ruoli e provocate un professore incitandolo alla violenza, accusandolo della stessa quando non ha alzato un solo dito contro di voi.
    Il mio scopo è educarvi punto, il dolore è una variabile che nella maggior parte dei casi cercate da soli.
    In questo caso ve la siete cercata decisamente da soli.-
    e ancora a lamentarsi, Nik sarebbe tornato nelle sue stanze con un significativo mal di testa.
    -In realtà lo vorrei il rispetto, ed eviterei dolore in esubero, ma se così la pensi, così sia.
    In quanto ai tuoi compagni, se non parlano io penso solo che gli piace la mia voce e sono abbastanza chiaro da non sortire domande.
    E per dimostrarti quanto sono di vedute aperte, Udinov, ora vi assegno un bel compitino per casa.
    Per la prossima lezione tutti, nessuno escluso, mi scriverà su una bella pergamena quale sia il vostro pensiero sulla magia nera e sulla magia bianca, e quello in cui, come fa notare il vostro compagno, io ho mancato di dire, e per usare le sue esatte parole “Cosa deriva da tutto questo?”-

    Sperava quanto meno che se le stessero appuntando le cose, perchè la lezione successiva si sarebbe aperta proprio con questo.
    -Non perdete tempo a odiare me dunque, riflettete su voi stessi, e su dove avete sbagliato quest'oggi.
    La lezione è finita, e se avete dubbi sapete dove si trova il mio ufficio. Ci si vede alla prossima-
     
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