Bloodflowers

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    «Bloodflowers»

    Le dita esili passarono per l'ennesima volta sul biglietto che il gufo le aveva fatto cadere sul piatto la mattina precedente. Aveva letto quelle parole talmente tante volte che ad ogni lettura perdevano di senso. Aveva passato la sua giornata scolastica a rimuginarci, a scervellarsi per capire chi fosse il mittente. Il viscido tentativo da parte di Eric di riallacciare i rapporti? No, era passato troppo tempo e ogni ferita era stata abilmente curata da qualche altra donna.
    Ne aveva discusso con Leodegrance, quella sera. Si era mostrato preoccupato e protettivo come al suo solito.

    Vuoi che venga con te?

    Eris rise di una risata simile ad un tintinnio di campanelli Ma no, tranquillo, appena torno ad Hogsmeade ti mando un gufo. Un bacio di sfuggita e se ne era tornata nel suo dormitorio per scrivere una risposta.



    CITAZIONE
    Incontriamoci al paiolo magico venerdì sera, mi tratterrò oltre l'orario di chiusura se necessario.

    Eris Rosier

    Aveva passato il turno di lavoro a servire drink e ad asciugare il bancone ogni volta che qualche idiota ci rovesciava sopra le opere d'arte liquida della bionda. Intanto, i grandi occhi perlacei rimanevano fissi sulla porta, cercando nei volti di chiunque entrasse quello che l'avrebbe riconosciuta. Solo studenti nella totale euforia del week end. Ma era venerdì, e il venerdì a mezzanotte si chiude, restò dentro solo il vecchio signor Wilson, che dormiva dall'inizio del turno.
    L'insegna del paiolo si spense, mentre Eris all'interno risistemava in ordine alfabetico i liquori sulla mensola e attendeva con pazienza nel suo grembiule nero.


    And can I draw from your implacable winter
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    Cáel non avrebbe mai creduto che la sua vita potesse prendere una piega come quella: inaspettata. Il ritorno a Londra l'aveva scombussolato più del previsto dopo l'incontro con Cal e il ritrovo di quella lettera aveva portato all'apice le tensioni.
    Sua madre non aveva mai parlato molto di Rosier. Sfuggiva all'argomento come se fosse un capitolo chiuso, completamente inutile da rispolverare.
    Non aveva mai avuto sufficienti risposte ma quella missiva era un punto di partenza. Si accennava ad una figlia: Eris, la persona a cui si era rivolto.
    A lungo aveva tentennato sul da farsi, quasi indeciso se riaprire quella parentesi. Dopotutto le loro vite erano andate avanti per anni nel buio, quale necessità aveva di riavvicinarsi adesso ad una completa sconosciuta?
    Erano poco più che estranei uniti da un legame di sangue. Probabilmente diversi, probabilmente entrambi sulla difensiva. Eppure, nonostante tutto, Cáel si era lasciato contagiare dalla voglia dell'azzardo.
    Era più che sicuro di non poter rispecchiare, in alcun modo, il prototipo di fratello perfetto. Forse non voleva neanche esserlo.
    D'altro canto, fremeva dalla voglia di cercare un contatto, delle similtudini, delle piccole condivisioni. Qualcosa che non aveva mai incontrato in nessuno.

    Contro ogni previsione, ella aveva accettato.
    Non era cosí certo che lo avrebbe fatto, visto il poco preavviso e la totale carenza di informazioni
    L'appuntamento era al paiolo magico. Si era ben adattato al luogo e all'orario prescelto; non voleva perdere altro tempo in inutili cerimonie e convenevoli. L'importante era che quell'incontro ci fosse e che molte cose venissero spiegate nel modo e con la chiarezza opportuna.
    Varcó le porte d'ingresso con leggero ritardo: l'insegna era già spenta e tutto faceva pensare che avrebbero goduto della comodità e della privacy che si conveniva ad una occasione del calibro.
    Si sfiló il cappotto di dosso e sistemata la camicia sul petto, corse con gli occhi per il locale, concentrandosi sul profilo della figura pallida ed esile che gli si stagliava dinanzi.
    L'eleganza e il portamento lasciavano poco spazio a dubbi.
    La soppesó attraverso le ciglia chiare, cercando una somiglianza che non possedevano: occhi cerulei contro verdognoli, capelli biondi contro fulvi.
    L'unica vaga comunione, sembrava la pelle lattea e la raffinatezza dei moventi. Gli si avvicinó, pacato, allungandole la mano sinistra a mezz'aria per sbrigare quella rapida presentazione.
    Cáel. Bisbiglió rocamente, lasciando che quel nome vibrasse attraverso la gola con una cadenza leggera ed ipnotizzante. Accennó ad uno dei tavoli ormai sgombri, sedendo e incroció le mani sulla superficie ruvida, ritornando a guardarla con un briciolo di insistenza.
    Vorrei iniziare questa conversazione in modo diverso ma... speravo potessi aiutarmi a capire meglio. Sussurró, allungandole la lettera stropicciata, aspettando che la leggesse e che i loro dubbi divenissero gli stessi.
    Il foglio di carta ingiallito era aggrovigliato ai bordi ed indirizzato a sua madre. La calligrafia era frettolosa, a tratti sbavata ma il contenuto era ancora leggibile:

    CITAZIONE
    Eris Rosier.
    È il nome dell'unica e sola figlia che ho.
    Non perder tempo col resto; io non ne ho.
    - R.



    Edited by Yako. - 24/5/2016, 10:12
     
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    «Bloodflowers»

    Pulì tutti i tavoli del locale, congedato il signor Wilson. Si tolse il grembiule, pronta per riportarlo nel retro del locale Sotto il bancone, due boccali di birra scura tenuti al fresco. Lei preferiva la scura, quindi decise che sarebbe andata bene anche per il suo futuro interlocutore e le buone maniere non potevano di certo essere trascurate. I minuti si erano accumulati dopo la chiusura, tanto da farle pensare di essere caduta vittima di uno scherzo. Sei ingenua come tua madre. L'unico pensiero rilevante, in quel momento, era tornare a casa e togliersi quella maledetta camicia. Due passi fuori dal bancone ed ecco una figura fare irruzione nel Paiolo. E' un uomo alto e con zigomi affilati, giovane, non molti anni più della serpeverde. Mentre si dirige verso di lei, le luci del locale accendono di un rosso fuoco i capelli del ragazzo, rivelando anche numerosi tatuaggi.

    Eris.Un filo di voce flebile in risposta a quella più profonda di Càel. Smettila di apparire sempre così spaventata, Darkshines!Strinse con energia la mano tatuata e forzò un sorriso.
    Seguì il ragazzo ad uno dei tavoli puliti di fresco, portando con se i due boccali.
    Si sedette di fronte a lui, accomodando le gambe l'una sull'altra per poi spingere il boccale nella direzione dell'ospite.
    Eris aveva sempre avuto difficoltà a sostenere gli sguardi, soprattutto se taglienti come quelli di Càel.

    Vorrei iniziare questa conversazione in modo diverso ma... speravo potessi aiutarmi a capire meglio.
    Senza pensarci troppo su, prese il biglietto ingiallito dalle mani del rosso, sollevando al contempo il boccale con la mano destra.
    Tempo di leggere il suo nome e fu costretta a far cozzare di nuovo legno e vetro. Una calligrafia rapida e l'inchiostro sbiadito e chiazzato datarono quella lettere a molti anni prima di quell'incontro.

    E' tuo padre, è una lettera di tuo padre! Chiedigli se puoi tenerla!

    Eris vattene subito, vuole vendicarsi di qualche torto subìto.

    Sa chi è tuo padre!
    Sa chi sei tu...

    Magari lo conosceva, forse suo padre era amico del tuo!


    I pensieri si accavallarono rapidi nella testa della bionda, mentre gli occhi continuavano a sorrere quelle poche righe scritte di fretta. Prima blu, poi grigi, viola, verdi e di nuovo grigi.
    Come hai avuto quel biglietto?
    Sistemò i capelli dietro le orecchie e prese un grosso respiro. Chi sei?
    Intanto, sotto il tavolo di legno scuro, cercava di recuperare la bacchetta dalla tasca dei pantaloni.


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    Probabilmente avrebbe dovuto scegliere un approccio diverso, graduale, meno invasivo.
    Non ci aveva rimuginato troppo quando si erano incontrati ed ora, faccia a faccia col suo scetticismo, cominciava a subire le conseguenze di quella dimenticanza.
    Non si aspettava una reazione diversa.
    Dopotutto tra estranei, diffidenza e prudenza erano fattori indispensabili. Qualità che certamente la rendevano molto più vicina a lui.
    Si morse un labbro, pensoso e senza staccarle gli occhi di dosso, indietreggiò con le spalle contro lo schienale, puntellando i polpastrelli sulle ginocchia.
    Stando a quel che dice... e... a quello che mia madre si è sempre rifiutata di spiegarmi, hanno avuto una storia. Convenne con sicurezza. Era uno dei pochi dati certi che possedeva, informazioni che in qualche modo sperava di poter collegare.
    Le sue origini erano sempre state un'incognita per lui ed allora, così vicino a ricostruirle, si sarebbe servito di tutto l'aiuto necessario.
    Passò le dita fra i capelli fulvi e riprese dopo una manciata d'istanti.
    Immagino che questo faccia di me tuo fratello. Fratellastro. Soggiunse, per quanto ormai inutile fosse quella constatazione.
    Le diede il tempo di assimilare, d'accertarsene.
    Non possedeva prove diverse da quelle che le stava mostrando, anche per questo sperava le bastassero. Non avrebbe saputo nè potuto colmare altre lacune. La ragione dell'incontro era volta a quello più che ad una semplice, mera presentazione.
    Tuo padre te ne ha mai parlato? È ancora vivo? Càel brancolava nel buio. Non conosceva nulla circa i Rosier, nulla se non le apatie ed i nervosismi di sua madre, anche quelli troppo vaghi per essere effettivamente affibbiati al concreto.
    Viveva nell'astratto. Quelle domande avrebbero riempito un foglio ancora bianco d'indizi.
    Mi dispiace averti dato pochi dettagli e poco preavviso. Temevo non avresti dato importanza alla missiva, se mi fossi palesato. L'anonimo attira gli animi più irruenti. Ho cercato di far breccia col mistero e non mi stupisce abbia funzionato. Qualcosa deve pur accomunarci.
    Le sorrise brevemente, increspando le labbra su un lato dopo essersi guardato furtivamente attorno. Fece segno col mento alle sue spalle, indicando le scaffalature alcoliche.
    Ti dispiace servirmi del gin? Questa conversazione sarebbe meno difficile se avessi più alcol in circolo. Ammise, divertito, sfocando così la tensione palpabile fra loro.
    Avrebbero dovuto guadagnarsi la fiducia reciproca che tanta paura avevano d'ingaggiare.
     
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3 replies since 14/5/2016, 09:19   86 views
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