Fiore di vetro.

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    Ti senti un pò trascurata ultimamente, gli uomini che ti circondano sono insipidi e privi di vitalità.
    Non suscitano nulla in te se non noia e malcontento.
    Sei nella tua casa e ti rigiri tra le mani un bicchiere di Acqua vite quando ti viene in mente che in questo triste mondo qualcuno esiste che può allietarti la serata.
    E quel qualcuno si chiama Kostia Preud.
    Per quanto gli anni vi abbiano allontanati ora che lo hai ritrovato nel tuo Ministero, e il ricordo e tornato vivido in te, non puoi fare a meno di chiederti come sarà.
    Come quel ragazzo che tante volte ti ha fatto sospirare di piacere sia ora tornato da uomo per fare altrettanto se non pure di più.
    Si sa che l'esperienza forgia i migliori e non stenti a credere che lui ne abbia avuta di esperienza, te lo dicono i suoi occhi, le sue movenze, il suo modo di fare.
    Bevi d'un fiato il contenuto verdastro e ti dirigi a passo svelto fuori dalla tua abitazione e in poco meno di una manciata di secondi ti ritrovi ad Azkaban.
    Sei un auror e dunque non fai fatica a convincere la guardia che devi passare, hai raccattato un malfattore a caso prima di giungere e ora deve essere messo in prigione.
    Lo lasci alle sapienti mani dell'uomo e ne approfitti, dopo aver firmato il registro, di dirigerti verso gli appartamenti dell'Ucraino, verso la sua stanza da letto per la precisione, ed è senza veli che ti posizioni al centro del suo invitante letto in attesa del suo ritorno.
     
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    Nessuno può raggiungere i piani più alti di Azkaban senza che Kostia lo permetta, ne agli Auror basta presentarsi alla porta della Fortezza per avere accesso. E' un po' più facile per quelli fra loro che sono anche Mangiamorte, ma non poi così tanto: l'ucraino più influente del paese non ha molta fiducia nei suoi colleghi, ne molti di essi gli hanno mai dato motivo per averne. October è salita fino ai piani più alti della prigione, e ovviamente lo ha fatto anche Michael. Olympia è l'unica altra persona che abbia avuto quel privilegio.
    Poi arriva oggi.
    Il giorno in cui Coco bussa alla porta di Azkaban.


    Kostia osservò l'immagine della donna nel riflesso dello specchio. Non poteva affermare che quella visita lo sorprendesse poi molto, semmai c'era da chiedersi come mai ci avesse messo tanto. Fiona, la bambina, il lavoro...Kostia sapeva di averla trascurata da quando era arrivata a Stoccolma, richiamata da Micheal al quartier generale. Sarebbe spettato a lui farle da cavaliere, per educazione se non per quello che avevano condiviso ogni qual volta Kostia veniva mandato in missione là dov'era lei a curare i loro interessi - Lasciatela passare. Fino ai miei appartamenti - ordinò, suscitando un moto di silenziosa sorpresa in tutti i presenti. Il riflesso di Coco imboccò una scala, svanendo alla loro vista.
    Non c'era modo per vedere cosa succedeva nei piani superiori.
    Kostia teneva molto alla sua privacy.


    - Ho sempre pensato che un giorno avrei fatto dipingere un tuo quadro - la spalla destra di Kostia era poggiata allo stipite dell'ampio stanza che era il suo appartamento. La pelle candida di Coco scivolava suadente sulle lenzuola scure del letto. Scure come le pareti di pietra che li circondavano - Un quadro che ti rappresentasse esattamente così. Sei sempre stata una gioia per gli occhi - bella e suadente, in una promessa alla vista che Kostia sapeva perfettamente come Coco era in grado di mantenere.
     
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    Sei lusingata dalle sue parole.
    Non ti è mai stato chiaro il confine tra finzione e realtà con lui, ma non te ne è mai importato, per te le sue parole sono musica e poesia, e ti convinci sempre e comunque che sia così.
    Perchè hai una stima spropositata di te e della tua bellezza.
    -Mi domando perchè non sia ancora stato prodotto-
    Sfacciata e letale.
    Lo osservi e non distogli lo sguardo da lui mentre lentamente scendi da quell'immenso letto e ti avvicini felina.
    Ti fermi di lato, ma di fronte a lui; percorri la sua camicia con un dito e non ti togli dalle labbra il ghigno che è comparso da che hai maturato l'idea di lui, in te, con te.
    -Mi domando anche perchè solo una gioia per gli occhi, e non anche di tutti gli altri sensi..-
    Sei scesa con quel dito, gli hai preso una mano che hai sapientemente guidato sul tuo fianco, e lentamente le hai fatto percorrere la pelle fino a giungere ai tuoi seni e alle tue labbra.
    -Non voglio essere solo ammirata, Kostia.- gli mordi debolmente il dito che saggi con la punta della lingua – tu lo sai quello che voglio ..-
     
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    - Non ho ancora trovato un pittore che mi soddisfi - le rispose, miscelando con maestria verità e lusinga. Donarle un ritratto simile sarebbe stato come lanciare uno spruzzo alcolico dritto nel fuoco del suo ego, ma se anche Kostia si fosse deciso sarebbe stato difficile trovare un artista in grado di catturare la sensualità di Coco.
    Kostia rimase immobile, lasciandola fare.
    Era proprio quello il genere di cose cui si riferiva. Coco aveva sempre avuto la capacità di parlare a quella parte di lui che spingeva, anche in quel momento, per prenderla in braccio e gettarla sul letto. Di tutte le donne che aveva avuto era forse l'unica capace di fargli perdere il controllo e di portarlo là dove l'amore fisico smetteva di essere arte o duello ma diventava, invece, pura e semplice battaglia. La lasciò libera di giocare con il suo dito, lasciandole per un po' il controllo. Poi fece forza, un poco, spingendoglielo fra le labbra.
    Gli sarebbe piaciuto potersi tirare indietro, parlarle di Fiona, essere fedele all'inglese, ma sarebbe stato un sacrificio vano, compiuto in nome di qualcuno cui non sarebbe importato assolutamente nulla. E Kostia, ormai, sapeva molto di sacrifici. Fin troppo.
    Le spinse un secondo dito fra le labbra, donandole un volume più consistente con cui giocare, mentre la mano libera andava a sfiorarle la schiena. La percorse a scendere, carezzandole le reni e scivolando nel solco fra le natiche. La percorse a salire, seguendo la spina dorsale e andando ad affondarle fra i capelli. L'aveva rifuggita in tutto il periodo in cui non aveva avuto un cuore proprio per il timore di non sapersi più sentire così.
    Affamato.
    - E' passato molto tempo - le fece notare - Possiamo vedere se me ne ricordo ancora - e detto ciò avanzò, sospingendola verso il letto su cui la fece cadere. La porta si chiuse alle loro spalle, come rispondendo ad un desiderio del padrone di casa. Kostia si levò la giacca, poggiandola su una sedia - Mi perdonerai se però fatico a credere che questo sia il tuo solo desiderio, stasera - era sempre stato così, fra loro. Si cercavano quando avevano bisogno e finivano per farsi travolgere l'uno dall'altra quando si vedevano. Tutto passava in secondo piano, com'era giusto che fosse. Si piazzò accanto al letto, in piedi, ad osservarla dall'altro mentre si levava anche la camicia. Il tatuaggio del serpente spiccava lungo tutto il suo fianco destro, scivolando dalla spalla alla scapola e da lì fino al bacino. Al centro del petto, ormai sbiadita, la cicatrice lasciatagli da Moon - Anche se resta quello che sono più ansioso di soddisfare -
     
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    Le parole non dette sono perfettamente intese da Kostia.
    Lui non delude le tue aspettative, non lo fa mai.
    Lasci che le sue dita si facciano strada tra le tue labbra.
    Le saggi, le avviluppi alla maestria del tuo muscolo.
    Inarchi la schiena ed è un gemito quello che esce dalle tue labbra.
    -Troppo per essere contato-
    Sei sicura che lui si ricordi perfettamente come farti sentire bene, e le aspettative non deludono.
    In attesa, distesa su quel letto di seta nera fremi al pensiero dei momenti che stanno per seguire.
    Non gli rispondi mentre segui con lo sguardo quei lenti movimenti che esegue per spogliarsi.
    Allunghi una mano e lo aiuti facendo passare l'asola attraverso il bottone. Le tue labbra cremisi si posano sul fianco destro dove fa la sua comparsa un serpente che non c'era l'ultima volta, ma non deturpa certo la bellezza di quel busto mascolino. Leccano l'epidermide mentre con le dita apri la cerniera e ricopri con un piccolo morso l'ultimo tratto di quel tatuaggio.
    Lo attiri a te e lo fai ricadere di spalle, gli sei di sopra come una amazzone dominatrice del suo corpo e dei suoi sensi ed è un dito quello che percorre la cicatrice – non ti fa bene stare lontano da me, Kostia- baci quello sfregio e non distogli gli occhi dai suoi mentre ripeti il gesto, decidi che è ora giunto il momento di rispondere alla sua domanda - è il mio unico desiderio, questa sera-
     
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    Esisteva un Kostia, un tempo, per cui il sesso era un'arte che nasceva da un angolo ben preciso del cervello e che si sviluppava nei gesti e nelle intenzioni con metodo ed estrema cura. Era un uomo pragmatico perfino in quegli istanti, che si accostava al talamo con la stessa eleganza che un pianista aveva nel sedersi di fronte al proprio strumento. Le dita ripetevano agili la propria danza sui tasti e sulla palle in egual misura, traendo nel seguire i percorsi perfezionati in anni e anni di esercizi la propria musica, fosse essa fatta di note o di sospiri.
    Poi c'era stata Fiona.
    Lei, forse più di Tallulah, aveva marcato un confine preciso nel suo modo di vedere il mondo, dividendolo in un prima e in un dopo. Era arrivata lei a stravolgergli il mondo, portando in grembo sua figlia e mettendo in moto quella catena di eventi che l'aveva portato a trovarsi lì, nei suoi appartamenti di Azkaban, ad osservare Coco con una parte di Micheal incagliata nel petto. E per Michael il sesso non era musica, ne arte.
    Per Micheal il sesso era danza ed era battaglia, scontro e incontro di due corpi entrambi ansiosi di vincere per se stessi e per l'altro.
    Era a quella parte di lui che Coco parlava, una parte che in passato aveva posseduto solo per lei, timida e controllata, ma che adesso aveva bisogno di molte meno moine per cedere alle sue lusinghe.
    Lasciò che lei lo spogliasse, carezzandogli la pelle più sensibile nel farlo, godendosi lo spettacolo dei suoi sinuosi movimenti.

    Coco distesa sul letto era un sacrificio alla Dea della Lussuria.

    Si abbandonò ai gesti, steso sulla schiena, cedendole il controllo il tempo necessario a divenire oggetto di cui godere prima di ribaltare la situazione. La baciò con foga, quasi con fame, afferrandole il polsi e portandoglieli fin sopra la testa. Si muoveva in lei nel farlo, e mentre le labbra si spostavano alla ricerca del suo collo prima e dei suoi seni dopo, la lasciava nuovamente libera di ribaltare la situazione, assecondando i suoi movimenti o contrastandoli come meglio sapeva fare. Si mise in ginocchio, tirandola su di sé - No, decisamente non mi fa bene - le ansimò sul petto.
     
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    Sai che andare da Kostia ti ha reso la giornata migliore di come non sia iniziata.
    Perchè lui, a differenza di altri, ti conosce abbastanza da cancellare dalla tua testa ciò che ti arreca disturbo.
    Tra le sue avide braccia non hai altro pensiero se non ricambiare per vincere la tacita lotta che si sta svolgendo tra di voi.
    Per te mai partecipare a una guerra è stato così esaltante, lo sai tu Coco, e lo sa pure lui.
    Chi ti guarda legge piacere nei tuoi occhi socchiusi, nelle tue labbra che vengono morse dai tuoi denti per non cedere alla voglia di urlare.
    Il conflitto a chi domina l'altro traendo il massimo del piacere sembra non voler avere fine, tu non vuoi che abbia fine.
    Ti piace che si prolunghi per tanto tempo, che entrambi vi cerchiate, vi stuzzichiate per poi tornare sui vostri passi e ricominciare da capo per averne ancora, e ancora.
    Siete pervasi dall'avarizia e dalla lussuria.
    Peccate come pochi sono in grado di fare, ma niente vi può fermare. Solo voi siete gli artefici del vostro destino tra quelle pieghe di tessuto nero.
    Fino a che esausti non vi accasciate l'uno accanto all'altro, sazi e appagati come già sapevate che sarebbe accaduto.
    -Tu sei la medicina al mio malessere, Kostia- gli fai notare mentre è un mezzo sorriso quello che compare sulle tue labbra.
    -Una gioia constatare che nonostante gli anni ci abbiano visti lontani, tu sei rimasto lo stesso di sempre-
     
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    Il piacere dei corpi era pura armonia, e come raramente accadeva Kostia si trovò ad essere strumento esattamente quanto musicista. Accadeva solo con lei. Ogni bacio che le dava era ricambiato con eguale cura, ogni carezza tornava indietro con la stessa precisione. Il sesso con Coco era una battaglia di sensi, un duello in cui ogni gemito dell'altro era un punto donato a se stessi sulla via di una vittoria che era, al tempo stesso, in parte sconfitta. Si vide sparire ripetutamente in lei, a volte conquistatore e a volte preda, e non aveva tempo di strapparle il piacere a suo di baci che lei subito gli rubava il suo nella stessa sussultante maniera, dandogli giusto il tempo di un respiro prima di risalire il suo corpo e guidarlo in sé, una volta e un'altra ancora.
    Era esausto quando infine cadde sulla schiena, solo per trovarsela un attimo dopo adagiata sul petto, comoda come se quello fosse sempre stato il suo posto. Kostia scostò appena il braccio, permettendole si sistemarsi meglio. Le sfiorò i capelli con la punta di un dito. Esausto sì, ma non poteva che chiedersi per quanto lo sarebbe stato se lei avesse fatto scendere di nuovo quella mano verso zone di lui più sensibili del petto - Non sono in molti a pensarla così - si limitò a sussurrarle, nemmeno temesse di essere sentito da qualcuno. Nessuno saliva mai fino a lassù e l'unico rumore che si poteva sentire era il fischio del vento contro le finestre. Perfino lo sciabordio del mare era un ricordo, da quell'altezza, quando i vetri erano chiusi. Le sfiorò una spalla, salendo poi a disegnarle il contorno delle labbra con la punta del dito. Un dito che ancora sapeva di lei. Esalò un sospiro - Temo di essere cambiato in modi che nemmeno credevo possibile, invece - ammise. Era ovvio a chiunque lo conoscesse, ma raramente lo aveva ammesso ad alta voce. Un sorriso gli increspò le labbra, ancor più raro - Ma abbiamo sempre saputo che sei particolarmente abile a tirare fuori qualcosa di me che esiste solo in tua presenza. Mi fa piacere. E' famigliare -
     
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    “Stolti” pensò mentre con un dito carezzava la pelle dell'uomo.
    -E questo ti dispiace?-
    Sembrava un po' triste del fatto che non in molti pensassero che lui fosse indispensabile per una adeguata sopravvivenza.
    Per Coco invece, era così.
    Le era sempre piaciuto Kostia, aveva fantasticato in modi che solo la sua mente poteva sapere, aveva anche soddisfatto queste fantasie per un certo periodo.
    Doversene privare era stato duro, anche se non impossibile.
    Tuttavia era rimasto il ricordo, conservato gelosamente in uno dei cassetti della sua mente.
    Era tornata per Moon, sicuramente, ma era tornata anche nella speranza di ritrovare lui.
    Leccò con la punta della lingua quel dito che percorreva le sue labbra e sapeva ancora di lei.
    -So che hai una figlia ora- sollevò lo sguardo nel suo – questo mi ha trattenuta dal venirti a trovare prima, pensavo fossi sposato.-
    si sollevò su un gomito e si plasmò sul suo corpo preferendo al contempo guardarlo in viso mentre ne parlavano.
    -Ti riferisci a questo quando parli di essere cambiato?-
    Un ghigno soddisfatto comparve comunque sulle sue labbra alle parole successive di Kostia, uno dei pochi, se non l'unico, che riusciva a farla sentire speciale.
     
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    Le labbra gli si piegarono in un leggero sorriso, con lo sguardo sempre fisso nel vuoto di fronte a sé. Era impossibile capire se Kostia si rendesse conto di quanto più facilmente gesti come quello venissero adesso a galla su un viso che per anni non ne aveva mai visti, ne se sapesse da dove proveniva quel cambiamento. Michael sorrideva molto, e lui aveva una parte di Moon in sé, adesso ma probabilmente si trattava di altro. Probabilmente la nascita di Danielle era stata il levarsi di un tappo, sul suo animo, che lentamente aveva trasformato un lieve smottamento in una frana. Mosse il dito dalle labbra di Coco alla punta del suo naso, picchiettandovi leggero un paio di volte. Giocoso, quasi, seppur sempre molto discreto - Stai cercando di leggermi dentro, Coco? - le domandò, e anche se non credeva potesse farlo letteralmente - non lo avrebbe sorpreso poi molto, però, scoprire che lei era sempre stata una Legilimens capace di nasconderglielo per anni - aveva pochi dubbi sul fatto che in qualche modo, una domanda dopo l'altra, fosse abbastanza abile da scorgere lati di lui che l'ucraino preferiva tenere nascosti. Lo faceva anche lui, in fondo. Sempre.
    Si sistemò meglio contro di lei, godendo di quel contatto umano che di solito gli era precluso, per scelta sua e degli altri. Coco era anche quello. Calore - Non solo - le rispose invece, voltando appena il viso per incrociarne lo sguardo. La mente volò per un attimo libera, a ripercorrere tutto quello che era successo da quando era arrivato a Londra la prima volta, chiamato da un Michael Moon appena diventato Ministro. Cose meravigliose e un sacco di lavoro, aveva detto Michael.
    Oh, in quello non gli aveva mentito.
    Non gli aveva mentito affatto.
    Aveva conosciuto Caterina, pochi giorni dopo, e con essa Tallulah. Se ne era innamorato e l'aveva persa, dolorosamente. Aveva ucciso e torturato, era vero, ma si era scoperto capace di gesti di grazia e tramite essi October era entrata nella sua vita. L'aveva risparmiata quando poteva non farlo, e nel tempo lei gli aveva insegnato molto. Troppo, forse. Aveva ricostruito Azkaban a propria immagine e somiglianza. E aveva perso il cuore, letteralmente, costretto a vivere più di un anno solo con la propria razionalità ed era stato pronto a dichiarare guerra al mondo pur di tornare indietro. Fiona, poi, con il nuovo firmamento di emozioni che aveva portato con sé e Danielle, che di quel firmamento era la stella più brillante. Aveva vissuto abbastanza, in quei pochi anni, per cambiare decine di vite molto più complesse della sua.
    Le sfiorò i capelli con le labbra, soffermandosi nel suo profumo per un lungo attimo - Ho un castello, adesso - le disse solo, pur sapendo che non si sarebbe fatta ingannare da così poco. Eppure era vero, e Azkaban era la sua eredità al mondo e alla Storia - Dimmi di te, invece. Cosa hai vissuto in questi anni? - escluse le parentesi, estremamente piacevoli, dei loro incontri.
     
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    -Non lo farei mai- gli rispose tranquilla, con un mezzo sorriso ad aleggiare sulle sue labbra.
    Non era propriamente vero, purtroppo, o per fortuna, leggere dentro le persone gli veniva naturale, non lo faceva apposta e neanche voleva farlo nella maggior parte dei casi, fatto stava che le veniva abbastanza naturale.
    Aveva un castello, il più bello che si potesse mai desiderare.
    Con i suoi colori, il gelo che vi serpeggiava all'interno.
    La sensazione delle urla, delle grida, del tormento.
    Ma questo non era quello che gli aveva chiesto.
    -Stai cambiando discorso Kostia- lo cantilenò, decise che per il momento avrebbe lasciato perdere, giocherellò con un dito sul suo petto, mentre pensava ai giorni precedenti al suo rientro nelle terre del Nord.
    -Israele resta la migliore formazione che un mago possa mai desiderare- se ne uscì così, senza un reale fine in quella frase.
    -Ho conosciuto alcuni signori, me ne sono inimicata altri. Faccio ciò che la mente mi chiede di fare, ero in Libia quando ho saputo di Moon e del suo arrivo in Scandinavia- si alzò pigramente su un gomito per guardarlo in viso – e quando ho letto il tuo nome accanto al suo mi è stato facile intuire il mio futuro- Sorrise enigmatica, sebbene quella volesse essere una esternazione di affetto bella e buona, per Coco era solo un modo come un altro per far capire che, nonostante le distanze, lei non aveva perso il pensiero di lui, e neanche la consapevolezza che lo avrebbe riavuto nella sua pazza vita.
     
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    Un semplice movimento del dito, e un lieve colpo a impattarle il polpastrello dell'indice destro proprio al centro della fronte - Bugia - le disse, imitando un gesto che gli era molto più comune quando era un bambino che adesso, da adulto. Era curioso come la semplice esistenza di Danielle avesse riportato alla memoria dell'ucraino una grande quantità di gesti che credeva dimenticati da tempo. Piccoli giochi e atteggiamenti buffi che avrebbe giurato persi da tempo nei meandri di un'anima ormai spezzata e martoriata gli tornavano alla mente senza apparente motivo. Odiava quel genere di cose, tanto lontane dalla persona che si era abituata ad essere.
    - E' vero - lo stava facendo, stava cambiando discorso.
    A Kostia non era mai piaciuto che qualcuno potesse vedere oltre ciò che cercava in tutte le maniere di nascondere, e se ciò era vero in tempi in cui sarebbe stato comunque difficile fargli alcun tipo di danno, ora che dietro lo scudo della sua impassibilità si nascondevano anche Fiona e Danielle la cosa risultava ancora più marcata. E in più il fatto che Coco lo conoscesse abbastanza da poter fare un paragone, che avesse visto dentro di lui anche in passato, lo rendeva ancora più nervoso.
    No, si corresse. Lo metteva a disagio.
    - Non saprei, ho dei problemi ad entrare in Israele - sussurrò noncurante, carezzandole distrattamente i capelli. Non era sicuro che fosse ancora così, ma l'ultima volta che era stato a Gerusalemme un paio di maghi di chiara origine ebrea l'avevano inseguito fino a confine con l'Egitto. Uno di essi l'aveva rivisto - e uccise mentre cercava di catturarlo - mesi dopo a Madrid. Erano tutte cose, quelle, che gli avevano fatto nascere il sospetto che fosse meglio che stesse lontano dagli ebrei per un po' ma a dovere di cronaca andava detto che si trattava di un periodo ben antecedente a quello in cui aveva Azkaban e una posizione di tale prestigio. Probabilmente adesso avrebbero dovuto fare buon viso a cattivo gioco e concedergli anche il tappeto rosso - Sono contento che tu l'abbia fatto Coco - ammise infine. Che avesse deciso di andare da loro.
     
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    Non la preoccupava il fatto che Kostia stesse cambiando discorso, era normale, quasi scontato.
    Un uomo tendeva sempre a nascondere la parte che lo rendeva debole agli occhi della gente.
    Quello che per loro era debolezza per Coco era un pizzico di estro.
    Lo aveva visto sempre in questo modo e non se ne faceva un cruccio.
    Neanche quando a mostrarlo era lei.
    Lo accontentò, non tornò sul discorso, lasciò che le dita dell'Ucraino scivolassero tra i suoi capelli mentre con le sue laccate di nero tracciava piccoli cerchi sulla pelle.
    -Non stento a crederlo, Kostia- gli sorrise, con quel suo fare enigmatico, si girò verso di lui e con le stesse dita con cui aveva indugiato sulla pelle del petto, solleticò ora le sue labbra, fino a catturarle in un bacio -basta parlare- per quanto quelle poche parole dette potessero considerarsi un discorso – voglio tornare all'inferno, e avere te come mio schiavo e padrone.-
    Azkban non era mai stata tanto calda come quella notte.
    Le urla dei dannati, la musica che accompagnava il loro amplesso, le finestre appannate a testimonianza del loro gioco, goccioline gelate dal terrore che si ritrovavano ai margini fino a compattarsi in un fiore, come le anime di Coco e Kostia, forti, ma fragili come i fiori di vetro.
     
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