Peek-a-Boo!

-Gabriel-

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    Mi stiracchiai sulla sedia, facendo scrocchiare la schiena. Ah, finalmente avevo finito di scrivere quello stupido rapporto. Mi ci era voluta circa un'eternità e il non ricordarmi come si coniugavano i verbi nella mia lingua natia mi aveva innervosito così tanto che ci avevo messo ancora di più. Mi serviva un po' di esercizio per farmi passare questo senso di incriccamento fisico, mentale ed emotivo. Raccolsi quindi le mie cose, per fare un salto giù nella palestra prima di tornarmene a casa.
    Non era particolarmente tardi, ma in questo periodo dell'anno quassù c'era un buio pesto quasi perenne, che costringeva ad avere candele e torce praticamente ovunque. Che comunque, come immaginerete, non è che illuminino chissà quanto.
    Fu quindi un vero colpo quando, voltando l'angolo mi vidi la strada interrotta da un essere che, già in piena luce del giorno, era inquietante come un bambino posseduto dal diavolo.
    Ommioddio!Non potrebbe attaccarsi un campanellino da qualche parte, come i gatti?
    Sì, esatto. Gabriel Mc Adams con il suo sorriso profondamente rassicurante. Nemmeno trovarmelo almeno quattro volte a settimana a pochi centimetri di distanza per un motivo o per l'altro mi aveva fatto passare quella voglia di urlare dallo spavento quando lo vedevo. Anzi forse l'aveva anche aumentata.
    Di solito si metteva lì, ad attaccare bottone, cercando di chiaccherare e di offrire caffè, cene e altre cose. Ufficialmente ero intollerante ai latticini, alla pasta, al risotto, al pesce, alle uova, al cioccolato, alle fragole, alla panna, alle insalatine e ai crostacei. E ovviamente ai cappuccini. Insomma credo che se la fosse bevuta, trovando finalmente spiegazione al perchè fossi così magra. O magari no, mi aveva visto mangiare dei panini di nascosto.
    Prima che potesse attaccare bottone anche stavolta, quindi, mi sbrigai a precisare.
    Devo proprio scappare, stavo andando in palestra a tirare qualche calcio.
    Continuai quindi a camminare, sicura di essermelo evitato per questa volta. Non mi avrebbe seguito in palestra. Era vecchio, i vecchi non ci vanno in palestra! A dire il vero in palestra non c'è quasi mai nessuno, o sanno mimetizzarsi tutti estremamente bene.
    Le auguro una buona serata!
     
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    Sono annoiato, non mi succedeva da parecchio tempo ormai.
    Il mio ufficio mi sta stretto e io non terrorizzo nessuno da ormai qualche settimana.
    Neanche la soddisfazione di prendermi i meriti per qualche nuovo adepto vanto.
    Persino mio figlio ha pensato bene di non passare da casa mia nei giorni pari.
    E da una settimana non lo fa neanche in quelli dispari.
    Va da se che qualsiasi cosa è preferibile al silenzio e alla noia.
    E io mi annoio.
    Persino October mi da più gusto, anche se sento che si sta abituando alla mia presenza e cerca di evitarmi in ogni modo possibile.
    E a volte glielo lascio fare ma non quella sera.
    -Le sembro un gatto Miss?-
    Sorrido con quel mio solito fare inquietante, le sorrido e vado fiero di quello che leggo nei suoi occhi: paura.
    -L'accompagno- le dico accelerando il passo e seguendo la sua sinuosa figura.
    Forse non lo sa, ma sono solito tenermi in forma, e la maratona è uno dei miei sport preferiti, quello in cui eccello per la precisione.
    -A cosa di preciso ama tirare i calci? Non la sapevo così violenta-
    Non lo era, o forse si e non me ne ero mai reso conto.
    -Se ha da sfogare qualcosa può sempre usare me, non dico mai di non a una bella donna.-
    Io ovviamente sto facendo allusioni a sfondo sessuale, ma lei non sono sicuro ci arrivi.
    O fa la tonta o ci è veramente.
    Ma come vedete, io non demordo.
    -la mia segretaria oggi parlava di esercizio fisico di coppia, lei ne ha mai sentito parlare?-
     
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    No, tra tutti gli animali possibili, i gatti non erano tra quelli a cui avrei attribuito una somiglianza con Mc Adams. Tuttavia strinsi nelle spalle, riprendendo a camminare.
    Chi può dirlo..
    Sì, lo so che non vuol dire niente ma.. non ci voglio parlare! Via, via! Avercelo dietro che ti segue è.. è tremendo. Fare le scale poi.. no, vorrei solo correre e invece devo scenderle con il terrore di avere quest'uomo dietro. Sto cercando disperatamente di non fargli capire che mi fa paura: credo ci provi gusto. E neanche di rispondergli troppo bruscamente o in modo tagliente. Credo che gli piaccia anche quello.
    Ai sacconi ovviamente. Niente di violento, una ragazza deve pur sapersi difendere no? Credo che abbia consigliato queste attività anche a sua figlia...
    E spero di essermelo tolto dalle palle ma.. niente. Lui mi accompagna. E mi chiede se voglio aiuto. Deglutisco.
    Non deve disturbarsi. Poi non vorrei farle male. Non credo che darei il meglio sapendo che può farmi causa se le slogo un polso..
    Ecco sì, non puntiamo sulla vecchiaia, ne sul fisico, che gli uomini si offendono e poi vogliono venire lì a dimostrarti il contrario.
    Ah, finalmente, siamo arrivati.
    Se ne avevo sentito parlare? Assolutamente no. A meno che non parlasse di accoppiamenti. In ogni caso era un sottinteso che non intedevo cogliere.
    Oh sì, non è quella specie di pilates per vecchi?
    Posai la borsa del lavoro all'attaccapanni e mi misi a sedere sulla panca per cambiarmi le scarpe.
    Cambiarsi non importava, infondo l'abbigliamento era comunque adatto per muoversi un po', il cambio era per il dopo.
    Ah, vero! Il cambio!
    Poi non ha nemmeno i vestiti adatti.
     
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    Vuole fare dello spirito, ma i miei sorrisi, al pari della noia, sono falsi.
    Tuttavia un po' sento che l'aria sta cambiando e che manca davvero poco e io inizierò sul serio a divertirmi.
    Quando l'essere umano è intensione tende sempre a dire qualcosa che non deve, io aspetto solo il momento in cui October deciderà di cadere e scivolare.
    DI fare quel famoso passo falso.
    Che, a dirla tutta, non si fa attendere.
    Nomina mia figlia e quindi smetto di sorridere.
    Lei non mi guarda quindi non sa che il mio sguardo è cambiato.
    Non mi interessa se non sa che è morta, non mi interessa se è stata così stolta da dimenticarlo.
    Ora mi interessa solo una cosa, tagliarle quella lingua biforcuta e rosolarla per bene su una griglia fatta di carboni ardenti.
    Il mio mantello svolazza mentre giungiamo nella palestra.
    Dietro di lei faccio sbattere la porta, lei è china intenta nel cambio delle scarpe io sono distante, ma siamo nella stessa stanza, ora sigillata.
    -Penso che quando ti accingi a parlare con certe persone, e pensi anche di poter fare dell'umorismo, prima dovresti informarti sulla loro vita privata.- Tranquillo ma affilato come una lama Kukri – Non osare mai più nominare mia figlia!- una potente onda d'urto la fece arrivare dritta con la schiena al muro, io con la mano ferma e la bacchetta nella stessa avanzo verso di lei fino a che non le sono a un palmo dal naso – abbi rispetto per i morti- le sibilo a denti stretti con il fiato sul collo.
    -Chiedi scusa, .. ORA!-
     
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    Non lo guardavo mentre finivo di allacciarmi le scarpe. Ignorarlo e sperare che se ne andasse via mi sembrava la soluzione migliore. Ci avrebbe perso gusto, si sarebbe annoiato e fine della storia. E infatti grazie a Dio finalmente aveva smesso di parlare. Non pensavo che fosse un cattivo segno, poi iniziò a blaterare qualcosa sul senso dell'umorismo, e lo ascoltai in realtà piuttosto distrattamente, immaginandomi che fosse una cosa alla Kostia, che i mangiamorte non apprezzano l'umorismo trovandolo stupido e superficiale.
    Beh, io non so se il senso era quello ma.. forse inizio a capire perchè la pensano così.
    Mi ero appena alzata quando qualcosa, mi spinse indietro con forza, finchè la schiena non andò a sbattere contro il muro. Con un colpo del genere avrei dovuto cadere in avanti, tossendo ma invece rimasi pianta lì, ad osservare un Mc Adams inquietante come non mai, con la bacchetta puntata dritta contro di me.
    Che urlava. E si avvicinava. Tantissimo.
    Sua figlia. Ok.. non gli piaceva che nominassi sua figlia. E io che ne sapevo, nemmeno fossi un uomo che aveva fatto un apprezzamento sul suo cul.. oh. Oh merda. Cazzo. Sua figlia morta. Cerco di alzare le mani, per quanto possibile.
    Sì io.. ok sì mi dispiace, non lo sapevo, davvero, ho parlato a sproposito. Mi dispiace, non l'avrei mai fatto se l'avessi saputo.
    Almeno questo era vero. Insoma sapevo che aveva una figlia. O meglio sapevo che Abel aveva una sorella, non avevo fatto molto caso se era ancora in vita o meno. Quando avevo studiato i loro fascicoli era viva, ne ero piuttosto sicura.
    Avrei voluto chiedergli se adesso poteva lasciarmi, ma non osavo aprir bocca per dire altro. La bacchetta era in una tasca che non riuscivo a raggiungere messa così, e se anche avessi potuto probabilmente se ne sarebbe accorto. No, aspettavo che mi lasciasse andare. Infondo avevo chiesto scusa. Erano sincere. Dovevo dargli solo due secondi di silenzio per.. smaltire l'attacco psicotico.
     
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    -Ti dispiace?- lo sillabo e non sono per niente soddisfatto.
    Ci sono tante cose su cui sorvolo, come la maleducazione delle nuove generazioni per esempio, la superbia di altri.
    Ma mai bisogna nominare il nome di Sophia invano.
    -Non è abbastanza sirenetta-
    in realtà a conti fatti non sarebbe mai stato abbastanza in quel momento, neanche se si fosse messa a piangere li davanti a me sarebbe stato abbastanza.
    -Crucio!- non ho urlato e non l'ho detto neanche con rabbia, è un tono di sufficienza il mio, un tono che non ammette repliche, quasi di dispetto, che mi permette di vederla contorcersi dal dolore mentre mi allontano con uno sguardo pienamente soddisfatto e quasi felice.
    Arretro e non le tolgo gli occhi di dosso neanche per un momento.
    -Volevi allenarti, difenditi allora, ti do cinque secondi per riprenderti e poi ricomincerò, tic ... tac.-
    Non può davvero credere che siano cinque i secondi che le metto a disposizione.
    -CRUCIO!-
     
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    Annuisco debolmente, non sapendo se fosse davvero una buona idea quella di rispondere in qualsiasi modo. Io l'avevo detto che quest'uomo faceva paura, era.. inutile che dicesse che solo suo figlio era uno psicopatico, che lui era apposto. Era.. beh peggio di quanto avessi immaginato vederlo arrabbiato. E non era nemmeno una follia urlante con mobilio volante. No.. era quel tipo di rabbia più.. precisa. Che prendeva la mira e bem.
    Ecco.. prepariamoci al bem. Mmmerda. Provai a raggiungere la bacchetta ma la Cruciatus arrivò prima. Era... non era esattamente il dolore che viene descritto sui libri. Perchè io, davvero non ero mai riuscita ad immaginarmi come potesse essere provare dolore in ogni singola fibra del corpo. E questa sì, a dirla tutta era la prima volta che mi beccavo un Crucio. Sapevo che era per lo più una questione mentale, che sarebbe bastato essere sufficientemente bravi in Occlumanzia per contrastare la fattura quel che bastava a riuscire ad allungare la mano verso qualcosa e tirarglielo contro. Ma in quel momento sentivo solo.. male ovunque. E.. mettermi a fare Occlumanzia era esattamente l'ultima cosa che sarei riuscita a fare.
    Quando finì strinsi le mani attorno alla bacchetta, senza trovarla lì. Merda.. mi era caduta. Cinque secondi.. riuscii solo a gattonare verso il pezzettino di legno ad un metro da me che me ne lanciò un'altra.
    Stesso dolore di prima ma sicuramente, era riuscito a farmi arrabbiare stavolta. Strinsi i denti, cercando di concentrarmi su questo. Dovevo solo aspettare i prossimi "cinque" secondi di pausa e..
    Expecto Maledictus!
    distrarlo e guadagnare ancora qualche secondo in più. Il mio mostriciattolino saettò, veloce come un lemming verso il mago. Ma non mi fermai a guardare. Mi alzai e corsi verso gli spogliatoi, cercando un nascondiglio dentro uno delle tante cabine.
    Presi un respiro profondo, mentre cercavo di radunare le idee. Probabilmente il Maledictus lo aveva fatto arrabbiare ancora di più, premendo qualche altro tasto dolente e questa non era una buona cosa. D'altro canto.. beh era un mago forte. Lo era sicuramente e uno scontro diretto non era l'idea migliore. Potevo parare e rispondere a qualcosa ma un duello vero e proprio era sconsigliabile. No.. dovevo uscire da qui e correre fuori dal ministero e.. smaterializzarmi via.
    Mi serviva un diversivo. Un Gemino e un incantesimo di disillusione... molto semplice ma.. magari poteva funzionare.. dovevo solo aspettare che entrasse, buttare fuori la mia copia e correre fuori..
     
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    Ci sa fare, lo so, non dovrei neanche rallegrarmene, ma mi è inevitabile.
    A parte il fatto che mi sto divertendo da morire, non avevo tanto gusto nel vedere qualcuno contorcersi dal dolore e provare a ribellarsi dal lontano .. 1984, quando un gruppo di auror avevano deciso di farmi pentire di essere nato, parole loro, ma avevano trovato un riscontro differente.
    Un orso a contrastare il suo scoiattolo inquietante.
    Non ci sarebbe stata storia se le avessi lanciato contro la mia chimera vero?
    -E' inutile che ti nascondi- cantileno mentre avanzo verso la porta – lo so che sei li-
    Inutile non lo era, infatti aveva fatto l'unica cosa sensata, ma alimentare la paura era il mio punto forte, e ci godevo proprio a farlo.
    Spalanco la porta e lentamente entro dentro guardandomi attorno curioso.
    -Avanti bambolina, esci fuori. Homenum Revelio !-
     
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    Come poteva mai entrare Gabriel Mc Adams? Ovviamente nell'unico modo che, ne ero sicura, gli era possibile. In un modo inquietante.
    Avevo sempre avvertito, giocando a nascondino, un'ansia particolare e pressante, che hai quando sei lì, nel tuo nascondiglio e sai che il cercatore potrebbe stanarti in ogni attimo e che dovrai correre fortissimo per non farti fare tana. Era quasi la stessa cosa. Tranne per il fatto che non era un bambino con le ginocchia sbucciate quello che mi stava cercando e che se ci fosse riuscito probabilmente sarei finita dritta dentro una tana al cimitero.
    Aveva quel tipo di voce che ti fa accapponare la pelle e sudare freddo.
    Fissavo la mia copia, con i suoi occhi vuoti azzurri che sbattevano le palpebre in un modo che trovavo particolarmente irritante, mentre i passi e la voce del mago risuonavano in modo indistinto nello spogliatoio vuoto. L'eco. Quel fottuto bastardo. Non riuscivo a capire dove fosse esattamente, ma il suo incantesimo lasciava ben poco spazio alla mia tattica.
    Senza troppe cerimonie spinsi via il mio clone dalla cabina e corsi nella direzione opposta, sperando di avere un briciolo di fortuna che mi permettesse di scappare senza incappare in quel pazzo.
    Non fui così fortunata. Tana per me. Me lo ritrovai dritto davanti, non volevo nemmeno sapere che fine aveva fatto il mio Gemino, ma riuscii a puntargli contro la bacchetta.
    Non volevo attaccarlo, insomma certo che volevo, avrei voluto vaporizzarlo, ma non era la cosa giusta. Ero lì da sola e lui era più forte. Con meno scrupoli di me e sopratutto, non sapevo che intenzioni avesse. Non aveva reagito normalmente, era scattato, era imprevedibile. Non volevo iniziare un duello.
    Per cui lo fissai, pronta comunque ad attaccare.
    Fammi uscire.
    Niente "lei" e niente cortesia. Mi aveva cruciato. Direi che possiamo concederci di darsi del tu.
     
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    E' davanti a me, mi è finita tra le braccia e non posso non ridermela tra me e me.
    Riderei anche tra me e lei, ma sono sicuro che non apprezzerebbe.
    La sua bacchetta mi arriva dritta sul petto, non muovo un muscolo e la guardo.
    Sa che non mi spaventa con quel pezzettino di legno tra le mani, sa cosa potrei farle prima che lei stessa possa provare ad aprire bocca.
    Escludo che possa fare incanti non verbali, è stata un auror, ha qualcosa come l'etica morale che glielo impedisce.
    E infatti preferisce chiedermi di farla uscire.
    Uuh lo farei, ma mi è venuta voglia di fare una cosa prima.
    -October, certo che ti faccio uscire- avanzo e lei arretra, non mi curo di quella bacchetta, non ha davvero intenzione di usarla.
    Avviluppo la mano attorno alla stessa
    -Dopo essermi tolto un piccolo .. chiamiamolo sfizio-
    E' una frazione di secondo, la sposto attirandola così vicino a me che sento il suo petto sfiorare il mio e approfitto di quel momento di totale sbigottimento per prendermi ciò che mi sarei voluto prendere da tempo.
    Le sue labbra.
    Così come si toccano così le allontano e rido, rido tanto, sebbene lei stia correndo via, sebbene lei sia scappata come se io fossi stato il diavolo in persona.
    Rido, fino a che la stessa risata non si spegne e non rimaniamo che io, e il silenzio di quella stanza.
     
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