Lullaby for a newborn.

Privata. || 27 ottobre 2015.

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  1. The Slayer.
     
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    La tensione era palpabile, pulsava nell'aria come un cuore vivo e scuro, facendo rimbalzare la sua eco fra gli alberi tetri e slanciati.
    La notte per i lupi di Servantes era pascolo brado, campo illimitato, la notte era ricchezza vitale.
    Bisognava addestrarsi nella sua oscurità per non temerla e lasciarsi invece avvolgere dal suo abbraccio protettivo. Bisognava adornarla di gioielli come la più fedele delle amanti, e da lei lasciarsi guidare e crescere come fosse la più apprensiva delle madri.
    La notte era condivisa in segreto solo con i più degni, il giorno brucato invece da tutto il gregge.
    Se poi nella notte presenziava anche l'indiscussa Regina craterica, piena e pregna nella sua solenne veste pallida, allora la sacralità raggiungeva il suo apice massimo in un trionfo di gloria e passione.
    Quella notte, in particolare, era addirittura adornata di novità e sorprese, dato l'ospite atteso.
    Tig era l'unico del branco ad approvare quell'idea, ma solo perché le novità lo eccitavano e aveva un debole per le donne troppo più giovani di lui. Tutti gli altri semplicemente si lasciavano logorare dalla diffidenza nei confronti del nuovo, dell'ignoto, e del potenzialmente incontrollabile.
    Il capo branco saltò giù dal pick-up e respirò a pieni polmoni l'odore famigliare della radura incontaminata. Sulla sua fronte si era già imperlato il sottile strato accaldato di adrenalina pulsante, e i muscoli delle spalle erano tanto tesi da scricchiolare fra i legamenti ad ogni passo.
    Quella che per i rinnegati era malessere pre-lunare, sulla lingua di Saul arrivava come un agrodolce sapore di appagamento e completamento.
    Corpo e mente parevano sospinti insieme nell'aria, a veleggiare tra i cespugli in mezzo a respiri pesanti e battiti accelerati di un corpo in fremente attesa.
    Il bosco era immerso nella foschia, ma sputava fuori la propria vitalità ad ogni alito di vento, quasi a voler ricordare ai visitatori la loro natura di ospiti, e non padroni.
    Il cospicuo gruppo di lupi si materializzò gradualmente attorno a Saul, sparpagliandosi come silenziose metastasi lungo tutta l'estensione del ritrovo boscoso.
    Il conto alla rovescia era ufficialmente iniziato, le nubi si agglomeravano in sbuffi vaporosi quasi stessero personalmente preparando lo svelamento di un sipario sulla Madre Luna, che puntuale come ogni mese avrebbe richiamato a sé figli e figlie per sussurrare alle loro orecchie ferine segreti arcaici e ancestrali.
    Dal tronco caduto su cui aveva sistemato il proprio corpo abbondante, Bobby grugnì l'ennesimo sbuffo indisposto, schiudendo le labbra sulla barba ovattata per sputar fuori l'ennesimo brontolio.
    “Ho detto che la aspettiamo. Non voglio sentire un'altra lamentela, la questione si chiude qui.”
    Il ringhio modellato in parole uscì direttamente dalla gola di Saul, che d'altronde non aveva mai lasciato credere ai suoi di trovarsi a vivere in una democrazia.
    Il torpore alle mani prese a farsi più insistente, il respiro appena più affannato, e la notte divenne gradualmente più amalgamabile allo spirito dei lupi che la popolavano.
    Mancava poco.
     
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    Ci aveva riflettuto a lungo. Per quanto lungo potesse essere un arco di ventiquattro ore.
    Avrebbe fatto le cose per bene, quella volta. Nessun bigliettino abbandonato su di un letto, ma parole sferzanti fra due ragazzi che avevano deciso di riprovarci ed essere sinceri.
    Una moto per una promessa. E la meraviglia roboante di nero e argento splendeva, ora, in loro possesso.
    "Non ti sto chiedendo il permesso. Ti sto chiedendo di capirmi." aveva detto a Zach, ad un certo punto. Dopo, c'erano state molte altre parole, recriminazioni, le sue braccia rigide e quello sguardo che ogni volta metteva in dubbio ogni sua certezza.

    Non fu difficile trovare una scusa. I suoi genitori erano in contatto con una clinica specializzata in quelli come lei, con l'accordo che Daphne si facesse vedere, ogni tanto. Quella era sembrata un'ottima occasione, condita ai weekend liberi che avevano, a scuola.
    Si strinse nelle spalle, la giovane Thornton, nuvole di vapore freddo a sfiorarle le labbra screpolate. C'era un unico punto sul quale non poteva accontentare appieno Saul: la pozione. Da troppo tempo circolava nel suo sangue -anni di immancabile puntualità- e così aveva fatto la sera prima, quando ancora il biglietto non le era stato recapitato.
    L'aveva dietro, comunque, anche la dose di quella sera. Sapeva già, tuttavia, che non berla non avrebbe cambiato le cose.

    Aveva paura.
    Mentre camminava per i sentieri acciottolati del villaggio, sentiva l'angoscia ricoprirle le ossa già doloranti.
    Paura e una sorta di eccitazione, perché non aveva mai vissuto altro che la propria solitudine.
    Bacchetta e abiti di ricambio erano già stipati nella borsa estensibile. Nulla, nel suo aspetto infantile, lasciava intendere che ci fosse un fattore comune, fra lei e gli uomini nerboruti che sembravano attenderla, al limitare del bosco.
    Biondi capelli a ricoprire un volto struccato e ancora acerbo, pallido nella penombra della prima sera, il fisico minuto coperto da una felpa troppo grande per quelle spalle e jeans sformati.
    Lui aveva detto che non le sarebbe successo nulla. Si fidava. Doveva fidarsi, in realtà, altrimenti non ne sarebbe uscita viva.

    Aveva viaggiato tanto. Le era sembrato quasi inutile. Fino a quando non aveva ricevuto quel biglietto.
    Osservò la figura imponente del capobranco, il timore ben nascosto dietro lo smeraldo impenetrabile dei suoi occhi.
    Sapeva di essere facilmente smascherabile. Gli sarebbe bastato ascoltare il rapido battere incessante del suo cuore, martello contro la gabbia toracica.
    Parlare -quanto avrebbe voluto sembrare sicura, in quel momento- non le era mai sembrato più difficile.
    "Eccomi"

    Banale, quasi. Ma cosa poteva dire, ad un branco di Lupi Mannari in una notte di luna piena?
     
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  3. The Slayer.
     
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    La voce sottile e sporca di giovinezza fendette l'aria come la più dolce delle lame.
    Punse dapprima di soddisfazione l'udito di Saul, e passò un attimo dopo a tingere di contrariata meraviglia gli occhi cupi degli altri lupi, mai seriamente convinti che quella ragazzina si sarebbe davvero unita a loro in un'occasione tanto delicata. Sacra.
    Il capo branco voltò il capo lentamente, bramoso di assaporare a pieno il gusto di quel futile trionfo,
    Tagliò fuori dal raggio della propria attenzione il viso barbuto di Bobby, e permise solo infine ai propri occhi di pece di arrampicarsi sulla figura minuta eppure irrimediabilmente notevole della nuova arrivata.
    Immaginò di poter ridurre le sue ossa in polvere con la stessa facilità con cui sgretolava una manciata di sabbia, se solo lo avesse voluto, ma il suo sguardo pulsava ed irradiava così tanta forza da far dubitare che un qualsiasi atto di quel genere avrebbe mai raggiunto il suo spirito.
    Che avesse paura lo confermava la scia del suo acerbo odore, ma sul fatto che fosse degna quanto meno di affiancarli in quella notte non esisteva alcun dubbio, e il coraggio che l'aveva portata fin lì ne era la garanzia.
    Saul rinunciò persino a rivolgere ai suoi qualche occhiata di rimprovero, e non perché non ne avesse la voglia o l'intenzione, quanto più per il bisogno di dedicare a quell'intimo appagamento tutte le ultime energie umane che gli pulsavano addosso.
    “Benvenuta, Daphne.”
    Gracchiò nella voce grave, appesantita da una ruggine gutturale che sembrava reduce da anni di silenzio.
    Nel parlare allargò le braccia, in un gesto tanto fuori luogo in quello scenario naturalistico quanto irrimediabilmente calzante con il suo ruolo nel branco.
    Come un padrone di casa avrebbe accolto un ospite in casa, Saul la stava praticamente invitando ad accomodarsi in famiglia.
    Le si fece pacatamente più vicino, modulando i passi ad ogni affondo sul fogliame, e quando fu a poco meno di un balzo da lei artigliò le iridi scure nelle sue, prepotente.
    “Speravo di vederti. Sono lieto che tu abbia accettato l'invito.”
    Chinò appena il capo, quasi distrattamente, infondendo in quelle parole una sincerità che non era abituato a dispensare agli sconosciuti.
    “Chibs, Tig, e Bobby. In mezzo agli alberi ci sono anche Quinn, Wendy, Rat, Happy e Ingrid, quando sarà il momento ci raggiungerà il resto del branco. Siamo tutti dalla stessa parte, e come ti ho assicurato la tua incolumità non è minacciata.”
    Le presentazioni furono sbrigative: Tig alzò la mano rispondendo al proprio nome, gli altri due si limitarono ad un'occhiata bieca. I lupi nel folto non si fecero sentire, e quelli in arrivo erano solo vagamente percepibili oltre la radura.
    “Mi hai detto che quello che sai non ti basta. E non fatico a comprenderlo, quello che ti hanno detto e che hai visto fin'ora non è altro che l'involucro grezzo di un'anima viva e pulsante a te ancora sconosciuta... Io non posso prometterti che ti piacerà ciò che vivrai stanotte, ma ti garantisco che quando domattina ti risveglierai avrai molte risposte in più sulle quali riflettere.”
    Era quello, in fondo, il cardine portante di tutta la loro essenza.
    Se Daphne avesse rinnegato se stessa, nessuno al mondo – neanche Saul armato del fanatismo che lo possedeva – sarebbe riuscito a cucirle addosso l'armonia con la propria natura.
    Era necessario riflettere, analizzarsi, conoscersi, e solo alla fine arrivare ad amarsi.
    “Puoi lasciare la tua roba sul pick-up.”
    Inspirò, sgranchendo la mascella al cambio d'argomento.
    I primi raggi diafani erano prossimi, a suggerirlo il battito accelerato che aveva preso a pompare freneticamente il sangue in ogni tessuto.
    “...Dell'antilupo che mi dici? Te la senti di evitarla per stasera?”
    Una domanda quasi disinteressata, un'offerta che non sarebbe rimasta tale se i rapporti tra lei e il branco si fossero un giorno cementificati.
    Conto alla rovescia iniziato.
    Un battito.
    Due battiti.
    E gli occhi di carbone ancora ostinatamente ancorati allo smeraldo dei suoi.
     
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    Nascondersi sarebbe stato inutile. E insensato.
    Si disse che si era nascosta per tutta la vita, e mai come negli ultimi anni, quando il morso le era stato inferto, doloroso e totalizzante, distruggendo ciò che era stata e cambiando completamente ciò che sarebbe potuto diventare.
    Agonia. Maledizione.
    Dono, sembrava invece sussurrare ognuno di quei corpi, montagne che potevano sovrastarla, mani a cui sarebbe bastato un solo, rapido movimento per strapparle i giorni che avrebbe dovuto continuare a vivere.
    Il suo nome sulle labbra rudi di Saul sembrava sporcarsi di una natura selvaggia che l'aveva sempre spaventata, tanto da costringerla nelle briglie dell'Antilupo non tanto perchè costretta dalla scuola, quanto perchè terrorizzata da come sarebbe cambiata la prospettiva che di se stessa aveva.
    Era incapace di rispondere, incatenata al pozzo oscuro di quegli occhi che sembravano conoscere ogni mistero che li riguardava, tanto da non accorgersi dei movimenti degli altri dietro di lui. Volti che forse aveva intravisto mesi addietro, o che le sfuggivano, ma che passavano in secondo piano di fronte alle parole che le accarezzavano il cervello.
    Un'anima viva e pulsante a te ancora sconosciuta
    Non aveva solo paura di lui. Aveva paura di quello che avrebbe potuto essere, di qualcosa che non sarebbe più stata in grado di rinnegare o che, ancora, non avrebbe più voluto fare.
    Si morse il labbro inferiore abbassando lo sguardo sulla sacca contenente ogni cosa, anche la bacchetta a cui raramente si affidava.
    Lasciò le proprie cose sul pick - up, togliendosi anche la felpa e le scarpe. Avrebbe dovuto morire dal freddo, ma non era per quello che stava tremando. La temperatura del suo corpo era aumentata nelle ultime ore, così come lo scricchiolare delle ossa, il fuoco che sentiva dentro il petto e che sarebbe esploso nei pochi, interminabili istanti che l'avrebbero separata dalle sembianze ferine.
    Ma c'era la presenza di Saul dietro di lei, e poteva percepire anche il suo, di calore, forse perchè lui sapeva controllarlo, e controllarsi, e abbandonarsi ad esso con una naturalezza che lei non aveva mai avuto.
    Chi l'aveva trasformata non le aveva insegnato nulla e di fronte alla sicurezza di quel lupo si sentiva tentata.
    "Non la prenderò" decise, infine, tornando ad incontrare i pozzi scuri che erano i suoi occhi. "Ma ci sono troppo abituata...non so se farà differenza o meno, non prenderla."
    L'uomo era stato onesto, fino a quel momento, e così sentiva di doverlo essere anche lei.
    Un battito.
    Due battiti.
    Un unico, sordo tamburo che sentiva battere nelle sue orecchie.
    Ed era lei. Ed era Saul. E Tig, e Quinn, e tutti gli altri, come se fossero connessi fra di loro e al lento sorgere del disco lunare.
    Smeraldo nella pece, ancora per pochi istanti.
    "Non voglio fare del male a nessuno." confessò un secondo prima, osando. Lui le aveva promesso protezione, lei aveva promesso di essere aperta e libera dalle catene della razionalità rappresentata dalla pozione.
    Ma questo non significava abbandonare ogni principio.
    Era pur sempre Daphne, anche sotto il lambire pressante della trasformazione.
     
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  5. The Slayer.
     
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    Un solo lampo di orgoglio balenò nello stomaco torto del lupo all'udire la conferma nelle parole della giovane. Riusciva ad avvertire le sfumature acidule dell'antilupo nel suo sangue, se si impegnava ad escludere scie più evidenti, ma importava poco, la differenza l'avrebbe fatta Daphne stessa.
    “Avrai modo di accertartene, non c'è bisogno di pensarci troppo adesso.”
    L'angolo sinistro delle labbra si tese impercettibilmente in un blando accenno di ironia, il quale tuttavia sembrò non riuscire a scendere dagli occhi alle labbra. La tensione era troppa, la si respirava come fitta nebbia ad ogni inspirazione inalata.
    I vestiti di Servantes vennero lasciati da parte con pochi gesti essenziali, sbrigativi e distratti. Non c'era mai stato posto per il pudore nel suo corredo caratteriale, ma quelle notti costituivano un'eccezione sopraelevabile su tutte le altre: la Luna non meritava vergogna, di fronte a Lei uomini e donne divenivano un'unica indistinguibile entità.
    Su quell'ultima affermazione lo sguardo del lupo esitò.
    “Non succederà, Daphne.”
    Sentenziò senza indugi.
    “L'antilupo ti inibisce, ti trattiene, e ti è stato insegnato che la sua assunzione è un bene per tutti... ma ti stupirai nell'accorgerti di quanto controllo in più riesci ad avere sul tuo istinto senza quelle catene a rallentarti il sangue. Sarai padrona e consapevole di te stessa come non lo sei mai stata prima.”
    La mano destra si allungò verso le sue ciocche dorate, e nonostante le articolazioni già doloranti riuscì a scompigliare qualche ciuffo con una tenerezza quasi paterna, rassicurante, che aveva tutta l'intenzione di avvicinarla di più alla normalità del processo a cui Daphne si stava approcciando. Saul voleva che lo vivesse – e che si vivesse – con la spontaneità che concerneva la sua natura, senza forzature né paura alcuna.
    Ancora un fremito.
    Un fruscio tra i rami.
    Il battito unisono di un branco pronto all'elevazione definitiva.
    E poi semplicemente accadde.
    Un grido già svuotato dell'umanità si strappò dalla gola di Saul Servantes, straziato e trionfante ad un tempo solo, accompagnando il crollo delle ginocchia che affondarono pesanti nel fogliame a terra, preparando ossa e muscoli alla mutazione che ormai era una miscela unica di dolore e appagamento.
    La realtà venne stropicciata in un cartoccio di fumo e sibili affilati, il crocchiare unanime delle ossa in ricomposizione si innalzò al Cerchio Perlaceo come un tributo, e poi tutto finalmente cominciò.
    Il respiro che rimbalzava adesso di riflesso nell'udito di Saul era affannato, famigliare come al solito, vibrava tra le narici ferine ristabilendo l'ordine in quel corpo nudo, autentico nella purezza che lo caratterizzava.
    La prima zampa che calpestò il mondo impresse nel terreno una fierezza sublime e possibilmente sfacciata. Seguita dalla gemella sull'altro fianco, permise al lupo di avanzare di un passo fino al fianco dell'ospite, la protetta che quella notte sarebbe nata per la prima vera volta.
    Fu accanto a lei che sollevò il muso, in un implicito invito disinteressato disegnò un mezzo arco perfetto fino a levare il primo liscio ululato che richiamava a sé tutti gli eletti, i fratelli e le sorelle, in quell'ancestrale legame indissolubile che li avrebbe uniti in un'ascesa comune per una notte soltanto, durevole però in eterno.
    Risposero tutti a quel richiamo, senza alcuna eccezione, e a quel punto nessuno sembrava più badare alla nuova arrivata. Non esisteva più scetticismo o diffidenza, inimicizia o sospetto, Daphne era ufficialmente entrata in famiglia con quell'ultimo passo verso la corsa.
    Come una preghiera, quella prima invocazione si concluse. E come a sigillare quel momento, il corpo massiccio dalla peluria color carbone scattò finalmente in avanti verso il fitto del bosco, accelerando gradualmente in una corsa sfrenata e liberatoria che invitava i fratelli a seguirlo, e a canalizzare tutta l'energia pulsante nelle vene dilatate affinché l'essenza stessa della vita finisse per fluire e scorrere insieme al nettare vitale pulsante nell'apparato cardiaco.
     
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