poison & wine;

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    Quando Kostia si assentava da Azkaban, il che accadeva alquanto spesso ultimamente, Jason era colui che maggiormente attirava l'attenzione di Selyse. Non c'era nulla tra loro, ma doveva ammettere che, a modo loro stavano legando. Che si trattasse di amicizia o pura convenienza, certo era che passavano tempo di qualità insieme. La domenica poi, l'unico giorno libero che le era concesso, quando la rossa si rinchiudeva in biblioteca solo per dipingere o leggere per puro diletto, la giovane guardia tendeva a farle visita durante la pausa pranzo, per farle compagnia. Apprezzava molto la sua galanteria e il suo velato modo di farle la corte, forse perché i suoi gemelli diversi, dopo oltre un mese di pedinamento - giorno e notte - continuavano a non volerle rivolgere la parola. « E' tornato. » L'avvisò quella particolare domenica prima dell'ora di cena. Selyse annuì, sorridendo tra se e se. C'erano cose, su cui doveva ancora indagare in seguito alla festa di Halloween. Ma Kostia non le aveva dato poi molte possibilità di approfondire, con tutte quelle assenze. Aveva scoperto, attraverso voci di corridoio, un lato del giovane Preud che non si era nemmeno immaginata potesse esistere. « Dimmi Jason, che cosa sai esattamente sul tuo capo? » Voce dolce come il miele, morbida come la seta. « Vorrai dire sul nostro capo. » La rossa sorrise, richiudendo il libro che aveva tra le mani, avvicinandosi. Scosse la testa e lo fissò con uno sguardo pieno di intesa. « Kostia non è il mio capo. Al momento sono il suo nuovo giocattolino, niente di più; forse un giorno diventerò come lui. Obbedisco perché voglio, non perché devo. » Quel tipo di discorsi, era certa, lasciasse sempre il segno nel cuore di Jason. Era pur sempre un essere semplice. Svolgeva il suo lavoro in modo ortodosso e nelle pause o durante gli allenamenti, ne approfittava per rifarsi un po' gli occhi. Il tutto finiva lì. Non c'erano sfumature complesse da dover snocciolare, attorno alla sua persona. Selyse aveva deciso di dargli confidenza anche per quel motivo. Era un po' come avere un cagnolino. Era sicuramente più sveglio di altri, ma non per questo si poteva definire intelligente. « Non so molto, in realtà. Non è che sia un gran chiacchierone. Di una cosa sono certo però: odia che la gente ficchi il naso nei suoi affari. » Scoppiò in una leggera risata, mentre riapriva il libro, adagiandosi comodamente contro lo schienale della sedia. Era ovvio che le sue guardie sarebbero state discrete tanto quanto lui.

    Aveva scoperto che le cantine di Azkaban preservavano un certo sapore antico, piacevole, confortante. Il suo corvo era stato mandato con semplice biglietto che invitava il suo maestro a farle compagnia lì sotto. Ora una dolce Fantasia di Schumann riscaldava l'ambiente, illuminato da una serie di piccole candele sistemate su un tavolo di legno grezzo. Alla sua destra e alla sua sinistra, una serie infinita di scaffali contenenti vini pregiati sistemati in botti antiche. Sotto i suoi piedi, sapeva ci fossero come minimo una dozzina di celle, contenenti prigionieri di ogni sorta. Eppure, tale idea, non sembrava rovinare affatto l'atmosfera. Era semplice il motivo per cui avesse deciso di usare il suo giorno libero in maniera alternativa. Nonostante potesse ormai intuire cosa si celasse nel cuore di colui che la stava addestrando, nonostante cominciasse a fidarsi di lui e del suo giudizio, poteva dire senza ombra di dubbio di non conoscere assolutamente la persona che vi si celava dietro. Kostia era stato invitato a scrutare oltre il velo implacabile della freddezza di Selyse, ma la rossa avrebbe sempre sentito di avere un conto in sospeso finché non avesse avuto l'opportunità di fare altrettanto. Il rumore leggero di passi, la obbligò a sorridere. Portò il bicchiere alle labbra, socchiudendo appena gli occhi, prima di alzarsi, venendogli incontro con una coppa identica alla sua. « Bentornato. » Asserì appena, prima di tornare a sedersi al tavolo, facendogli cenno di fare altrettanto. Non avevano poi avuto modo di parlare più di tanto dopo la festa al Ministero. Dopo quella sera, Kostia si era fatto vedere sempre meno in giro, obbligando Selyse a consumare tutti i suoi pasti da sola, a interagire a senso unico quasi per tutti quei giorni unicamente con le sue due guardie, approfittando svergognatamente di quei pochi momenti in cui Jason poteva mostrarle un minimo di attenzione. A Selyse, di essere al centro di un palcoscenico, ormai interessava poco; stava bene nella prigione, tanto che, più di una volta durante quei giorni, si ritrovò a pensare che le sarebbe mancata sin troppo, quando prima o poi, sarebbe stata costretta ad abbandonarla. Eppure, il senso di asocialità e solitudine, s'intricava nella sua mente più spesso del solito. Approfittare di ogni attenzione che il suo maestro potesse darle, le sembrava il minimo. Aveva bisogno di essere stimolata, di essere sfidata, e perché no, sentiva il bisogno di fare conversazione e intrattenersi in quei semplici piaceri quali bere una coppa di vino senza sentirsi in dovere di fingere in alcun modo. « Ho pensato di dover approfittare, prima che tu scompaia nuovamente chissà per quanto. » Il bisogno di porre domande sembrava incalzante. Tuttavia, la sua discrezione non sarebbe stata scalfita da una primordiale curiosità. Aveva sentito durante la festa, che il giovane Mangiamorte sarebbe diventato padre, ma che lui e la futura madre non stavano insieme. Chiedergli di più al riguardo sembrava quasi necessario nell'ottica di Selyse, ma non lo avrebbe fatto, non in modo così diretto e spudorato per lo meno. « Non ci sei molto ultimamente. Se continui a saltare gli allenamenti, finirò per metterti KO molto presto. » Sorrise leggermente, prima di tornare a sorseggiare un po' del liquido rosso contenuto nel suo bicchiere.
     
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    Kostia stava in piedi di fronte ad una delle vetrate che davano sul mare. Erano nel suo ufficio personale, in quella zona di Azkaban cui pochissimi avevano accesso, e le fiamme ardevano allegre fra le pietre nel camino scacciando dal locale ogni traccia del freddo esterno. L'ucraino amava il suo lavoro e il modo in cui gli consentiva di viaggiare ma c'erano giorni, giornate come quelle, in cui rimpiangeva di non poter passare fra quelle mura più tempo di quanto non facesse. Era una sua creatura quel castello; era stato lui a ricostruirlo dai ruderi che Ares DeSade si era lasciato alle spalle. Azkaban era sua figlia esattamente quanto la bambina che attendeva da Fiona.
    - Signore...? -
    Kostia si scosse, voltandosi verso l'uomo in piedi accanto alla scrivania. Herbert era l'ufficiale più alto all'interno del Castello ed era colui che se ne occupava in sua assenza. Era una sorta di intendente, e occupava la posizione più alta che un uomo potesse raggiungere senza farsi Marchiare - Scusa, mi sono distratto un secondo - disse Kostia, ruotando un dito per fargli segno di continuare - Stavi dicendo...? -
    - Le ho lasciato sulla scrivania tutte le informazioni che abbiamo girato al Ministero nell'ultima settimana - l'uomo si sistemò gli occhiali tondi con la punta di un dito. Continuavano a scivolargli verso la punta del naso, eppure si ostinava a non cambiarli - Sono state giornate molto tranquille, però. Le ho solo segnato alcune notizie interessanti provenienti dalla Grecia. I nostri agenti segnalano che i disordini degli ultimi mesi l'abbiano resa particolarmente fertile ad un nostro intervento -
    Kosti raccolse il foglio, dando un'occhiata veloce all'elenco di nomi che qualcuno di aveva copiato sopra. Alcuni li conosceva, di altri avrebbe letto il fascicolo prima di sera. Posò nuovamente la pergamena sulla scrivania - Altro? Selyse? -
    Herbert si strinse nelle spalle. Era un uomo di poche parole, e anche per quello a Kostia piaceva tanto - Lavora sodo, studia molto e si allena tutti i giorni - commentò - Pare stia legando molto con Jason Kool, anche se non so dirle se sia un affetto sincero o se sia solo in cerca di qualche diversivo. Credo inizi a patire l'isolamento -
    Kostia annuì - Vedremo di spostarla sul campo quanto prima. Parlerò con il Ministro -


    Selyse era più pronta di quanto molti dei suoi colleghi non lo erano mai stati.
    Aveva risposto bene a tutto l'addestramento e, sebbene fosse ancora molto lontana dalla perfezione, avrebbe potuto tranquillamente continuare il proprio tirocinio ovunque avesse desiderato. Nutriva pochi dubbi sul fatto che tanto Gabriel quando Olympia avrebbero gradito particolarmente l'idea di poter usufruire dei talenti della rossa, e ancor meno sul fatto che Selyse sarebbe riuscita a meritarsi tutte le attenzioni che avrebbero saputo riservarle e, alla fine, era proprio quello ad inquietarlo. Kostia odiava gli sprechi e temeva che, lasciandola libera di seguire uno dei percorsi tracciati dai suoi colleghi, finisse con lo scivolare lungo una delle visioni peggiori del loro ruolo. Michael aveva fatto scuola in molte cose, anche nel campo del vizio, ma non tutti possedevano la capacità di percorre una simile strada senza cadere in fallo e rovinarsi del tutto.
    In qualche maniera Kostia era arrivato a provare il desiderio di volerla proteggere.
    - Ti ringrazio - l'ambiente in cui si ritrovò una volta scese le scale era molto più accogliente di quanto non ricordasse. Non credeva che qualcuno avesse mai acceso il camino, in quella stanza, ne che vi avesse mai fatto suonare alcun tipo di musica. Prese il bicchiere che Selyse gli porgeva, sfiorandole le dita nel farlo. Si andò a sedere, attendendo galantemente che lei si accomodasse per prima - Attendo con ansia il giorno in cui ci riuscirai. Mi sentirò realizzato in quel momento - così come doveva essere ogni maestro di fronte al successo di un proprio allievo. Anche se sapeva che sarebbe servito ben altro che qualche allenamento saltato per permettere a Selyse di raggiungerlo. Rubò un sorso di vino dal bicchiere, solo per poi posarlo sul tavolo - Mi hanno detto che ormai sei in grado di tenere testa praticamente a chiunque, qui dentro, e che anzi dovrei raccomandarti di prestare più attenzione alle articolazioni altrui -
     
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    Si ritrovò a crogiolarsi inaspettatamente nel calore emanato dall'ambiente in cui si trovavano. Quando aveva messo piede per la prima volta ad Azkaban, quando le era stato comunicato che avrebbe passato lì più di qualche giorno, in cuor suo si era sentita irrequieta all'idea di trattenersi nella fortezza. Emanava un asettica aria gelida, così come il suo proprietario. Ma se qualcosa le aveva insegnato quell'esperienza, era proprio il fatto che un libro non va mai giudicato dalla copertina. Né Azkaban, né il suo proprietario si erano dimostrati così terrificanti come si aspettava. « Attendo con ansia il giorno in cui ci riuscirai. Mi sentirò realizzato in quel momento. » Sorrise alzando il bicchiere appena, per poi ritrovarsi ad abbassare lo sguardo sul contenuto dal colore denso, ripensando a tutti i calci e i pugni ricevuti, a quanto in realtà fosse stata dura. Eppure, non c'era un unico particolare di quel percorso che avrebbe cambiato. Aveva imparato molto. Il dolore era servito. Ancora una volta. Kostia era stato un ottimo insegnante. Nonostante il suo rigore, non c'era stato un unico istante in cui non le avesse dato effettivamente una scelta. Aveva lasciato, a modo suo, che trovasse la sua strada e nonostante avesse pensato inizialmente che erano due persone completamente diverse, Selyse aveva piano piano scoperto quanto in realtà i loro caratteri fossero aderenti. Nella sua forma più spontanea, la rossa amava parlare poco, preferiva ascoltare, agiva piuttosto che discorrere; erano entrambi di una discrezione inimmaginabile e avevano entrambi un fino gusto verso il bello nella sua accezione più pura. Non erano grandi festaioli e nessuno dei due sembrava trarre gusto nel compiere il lavoro sporco. Facevano ciò che andava fatto perché portava a un obiettivo maestro, più grande di loro. Non immaginava, per tutta questa serie di motivi, come sarebbe stato lavorare con qualcun altro, non appena il giovane mangiamorte avrebbe deciso che il suo allenamento era finito. A volte pensava persino di rallentarlo, stagnare, impuntarsi. L'idea di scontrarsi con personalità ben più volubili, in contrasto con una certa linea che Selyse aveva imparato ad assumere ultimamente, non la metteva a disagio, ma certamente non le permetteva nemmeno di vedere una strada poi tanto spianata di fronte a sé. Di tutto ciò avrebbe voluto parlarne, ma in realtà, la giovane Deveraux continuava ad avere riserve sull'esprimere tutto ciò che pensava, anche con l'unica persona che le aveva messo di fronte, veri motivi per cui fidarsi. « Mi hanno detto che ormai sei in grado di tenere testa praticamente a chiunque, qui dentro, e che anzi dovrei raccomandarti di prestare più attenzione alle articolazioni altrui. » La rossa scosse la testa e si ritrovò a scoppiare in una leggera risata del tutto spontanea. Bevve un altro sorso, prima di tornare a guardare il suo interlocutore. Più di un mese fa, separati dallo stesso tavolo, Selyse avrebbe benissimo potuto cavargli un occhio con una forchetta. Le cose si erano lentamente sciolte, ed ora, poteva persino pensare di discorrere liberamente con Kostia, senza avere l'ansia di trovarsi pestata da uno dei suoi scagnozzi. Certamente lei era cambiata, ma in fondo, tendeva a pensare che tutto era cambiato. Uscita da Azkaban, non sarebbe più stata la stessa bambina impaurita. Nonostante tutte le riserve, i muri mentali che forse non sarebbero mai crollati, ora si rendeva conto di poter effettivamente interloquire senza il bisogno di convenzioni e pomposi paroloni inutili. La vera grazia restava pur sempre nella semplicità. « Chi l'avrebbe detto. » Si ritrovò a sussurrare tra se e se. Se qualcuno le avesse detto tempo addietro che lei e Kostia sarebbero arrivati al punto di scherzare, di andare a una festa insieme, di passare del semplice tempo di qualità insieme, probabilmente Selyse non ci avrebbe creduto. Lo aveva considerato assolutamente irrazionale, freddo, crudele a dismisura, finché non aveva smesso di ostinarsi a non dargli ascolto. « Herbert ha detto così? » Il temuto Hitler di Azkaban. Aveva subito sin troppe punizioni da parte sua. Tutt'ora continuava a trattarla con sufficienza. Ma Selyse dal canto suo, provava a non dargli motivi perché potesse lamentarsi ancora della sua personale squinzia. « Dopo questa, gongolerò per una settimana, come minimo. » Scosse la testa. Non lo avrebbe fatto, eppure in cuor suo non poteva fare a meno di provare un certo soddisfacimento. « Ho avuto un ottimo insegnante, ma, come ho già puntualizzato prima, non sono ancora in grado di tenere testa proprio a tutti. Fino alla prova contraria, ovviamente. » Prese il bicchiere alzandosi dal tavolo per andarsi a sedere accanto al fuoco, direttamente sul pavimento. « Significa che i miei arresti domiciliari stanno per finire? » Chiese, accompagnando la domanda con un leggero sorriso. Fissa il fuoco mentre parla; non ha mai pensato quel periodo come un periodo di prigionia, ma l'idea di poter uscire ogni tanto non le dispiace. Le divise nere, il silenzio, il mare, la neve, sembrano un bel modo di evitare qualunque cosa ci sia lì fuori, un ritiro spirituale di una poeticità più che unica; ma giunge il momento in cui, tornare ad affacciarsi sul vecchio mondo - anche solo per comprendere con quali occhi lo si guarda ora - non è poi una così insana idea.
     
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    Il calore della mano di Kostia aveva finito con lo scaldare il vetro del bicchiere quanto bastava a far si che il vino, mosso in circolo, iniziasse a spandere il suo aroma sotto il naso dell'Ucraino. Non c'erano bottiglie di poco conto in quella cantina eppure perfino fra quelle Selyse era riuscita ad individuare una delle più aromatiche con un'intuizione che Kostia non avrebbe saputo se attribuire alla fortuna o ad una conoscenza che non aveva mai sospettato, in lei - Herbert è preoccupato dalla gestione dei turni e dell'infermeria - fu il suo solo commento, quasi non vi fosse stata alcuna nota di ammirazione nella voce dell'uomo mentre gli descriveva l'abilità mostrata dalla rossa. Pareva che Selyse avesse la capacità di conquistarsi se non l'affetto di coloro con cui si trovava a lavorare, almeno un ammirato rispetto. Di sicuro aveva avuto modo di guadagnarsi il suo.
    Bevve un sorso - Te ne sei guadagnata il diritto - perché perfino quello morale era un riconoscimento cui ambire, ed era giusto che una volta ottenuto si prendesse il tempo di godersene i frutti. Godersi i frutti del proprio lavoro era qualcosa che pochi di loro facevano, troppo impegnati a difendersi dai tradimenti o a pensare alla conquista successiva. Lo aveva capito solo di recente, Kostia, e sedere lì con lei per il solo gusto di farlo era esattamente quello: un godersi i frutti del proprio lavoro. La palpebra di Kostia sbatté rapida, in un occhiolino tanto veloce da essere appena percettibile - Ma è un bene che tu abbia ancora qualcuno da battere, ti da un obiettivo cui mirare - aggiunse quasi complice. Esattamente come a lui dava qualcuno dalla cui abilità guardarsi, in un timore che seppur remoto lo avrebbe spinto comunque a migliorare. Poche cose erano pericolose nel loro lavoro come il sentirsi troppo al sicuro.
    Posò il bicchiere sul tavolo, ignorando volutamente la sua ultima domanda - Hai pensato anche a qualcosa per cena? - le domandò invece. Sarebbero tornati anche a quell'argomento, di lì a poco, ma aveva ancora bisogno di qualche secondo prima di prendere una decisione che sarebbe stata inappellabile perfino a lui - Credo siano almeno un paio di giorni che non mi concedo un pasto decente, in barba alla mia stessa disciplina - lasciarla libera di andare le avrebbe dato la possibilità di spiccare un volo che avrebbe potuto dimostrarsi fatale, se non fosse stata pronta ad affrontarne le conseguenze, ma allo stesso modo tenerla ancora lì senza darle i giusti stimoli - tenerla lì solo per il desiderio di proteggerla - avrebbe potuto esserle più fatale di una coltellata nella schiena. Quindi quale sarebbe stata la scelta più corretta?
    E da quando pativa il peso delle sue stesse decisioni?
    - I tuoi "arresti domiciliari"...come ti piace chiamarli...sono già conclusi - disse infine, con una calma capace di nascondere perfino il suo stesso fastidio. Sarebbe stato strano non saperla più lì, quasi che la stessa Azkaban compisse in quel modo un gigantesco passo indietro. Non più luogo di crescita, ma solo di espiazione - Immagino tu possa scegliere, da adesso, accanto a chi continuare il tuo percorso -
     
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    Alcune delle guardie avevano sfruttato la propria pausa pranzo per pescare. I più giovani non avevano ancora tutta la disciplina che Kostia richiedeva; come ogni aspirante, all'inizio di un percorso, si tendeva a far leva ancora su quella specie di innocenza che circonda tutti all'inizio della propria vita e delle nuove esperienze. Si inizia sempre con buoni propositi e così, era facile cadere ancora preda della leggerezza tipica della giovane età. Eretti statuariamente sugli scogli di Azkaban, avevano usato quelle due ore di pausa tra un turno e l'altro per fare a gara a chi pescasse più salmoni. Non erano stati abbastanza fortunati, ma avevano per lo meno permesso a Selyse di sognare un pasto diverso dai soliti gustati ad Azkaban. Al solito menu si era ormai abituata, e ammetteva ci fossero dei vantaggi nel mantenersi leggeri, ma non bisogna dimenticare che la rossa, resta pur sempre un'europea dei popoli latini e in quanto tale amante della buona cucina, dei buoni vini e dei sapori di una certa raffinatezza. Aveva quindi chiesto agli elfi, di mettere da parte uno dei salmoni che le guardie consegnarono in cucina, e di grigliarlo, da accompagnare con verdure e formaggi tipici della zona. Così, quando Kostia chiese del cibo, Selyse, ancora seduta sul pavimento freddo della cantina, accanto al caminetto, impugnò la bacchetta e con un unico gesto elegante, lasciò che il tavolo in legno grezzo venisse apparecchiato e che sulla tovaglia grigia, comparisse un bel tagliere su cui alloggiavano alcune fette di salmone grigliato, accompagnato da quando richiesto la giovane. « Per una volta faremmo a modo mio. » Commentò, prima di afferrare la sua coppa, e tornare a sedersi di fronte al biondo, servendosi di ogni ben di dio contenuto sul tavolo, versandosi inoltre un altro bicchiere di vino. « Ho pensato di approfittare delle bravate dei tuoi ragazzi. I migliori salmoni del mondo, dicono, si pescano tutti qui. » Ne assaggiò un pezzo, ben contenta di poter sostituire zuppa e pane, con qualcosa di più consistente, assaporando appieno il sapore gratificante del pesce fresco. « Non hanno tutti i torti. » Commentò tra se e se, accompagnando il cibo col vino. « Sai, dicono sia peccato mortale accompagnare il pesce col vino rosso. Ma la verità è che un vino rosso giovane, fresco di vendemmia, dal sapore fruttato lo accompagna perfettamente. » Vini e formaggi; toglieteli a un francese e potreste facilmente morire di una morte violenta. « I tuoi "arresti domiciliari"...come ti piace chiamarli...sono già conclusi. Immagino tu possa scegliere, da adesso, accanto a chi continuare il tuo percorso. » Fu quello il momento in cui Selyse abbandonò le posate pronta a cibarsi di ogni sfumatura presente sul volto del maestro. Un leggero sorriso si dipinse sulle labbra rosse, mentre masticava. Cercava di vedere qualcosa oltre quella calma apparente, che all'occhio libero sembrava sfuggire. Troppo facile, si disse tra se e se, oppure lecito? Masticò piano, lasciando che il silenzio calasse tra i due, poi iniziò a riflettere. Quello era il sapore della libertà? Poteva scegliere. Ma cosa scegliere. Finché la scelta era alquanto obbligata, le decisioni da prendere non risultavano particolarmente pesanti. Ora invece, le strade di fronte a sé si stavano moltiplicando, prendevano svariate pieghe. Variabili che non sapeva vagliare, che non poteva anticipare. « Gabriel McAdams mi sembra un ottimo candidato. » Iniziò, diligentemente, ragionando a voce alta. « Al suo servizio potrei collaudare il mio sogno, fare ciò che ho sempre voluto fare. » Ciò che ha sempre pensato di voler fare. E state certi che tra le due, vi è una considerevole differenza. Sin da quando era piccola, Selyse ha lavorato per diventare una giurista; ci era riuscita, e anche in breve tempo. Tendeva a imparare molto velocemente, era una persona particolarmente flessibile, curiosa, avida di conoscenza. Chiedere di entrare al servizio di Gabriel sembrava la cosa più logica che potesse fare. Lui e solo lui avrebbe potuto aprirle la strada verso una carriera nel mondo della giustizia. « Però, le ultime settimane mi hanno dimostrato che non sono negata all'azione. Stare sul campo, in prima linea, e non seduta dietro una scrivania è una cosa a cui potrei seriamente pensarci. Forse al servizio di Olympia potrei essere un vero squalo. » Prese un cubetto di Roquefort accompagnandolo graziosamente con un sorso di vino. « Eppure, ora che ci penso, potrebbe esserci una specie di via di mezzo. Si... potrebbe esserci. » Continuò riflessiva, abbandonando nuovamente il tavolo, avvicinandosi quasi stregata al focolare. Attirata inesorabilmente dalla sua stessa natura. « L'Intelligence è il perfetto equilibrio tra mente e corpo. Una spia deve saper combattere, deve saper parlare e soprattutto ascoltare. Deve saper apparire senza spiccare. Deve essere chiunque e nessuno. » E Selyse era già nessuno, considerata ufficialmente deceduta. Accedeva al proprio patrimonio soltanto grazie a coperture del tutto illegali messe in atto da colui che un tempo le era padre. « Potrebbe essere la retta via. » Asserì infine, lasciandosi sfuggire un leggero sorriso malizioso. « Al Capo dell'Intelligence del Nord, nonché futuro padre - grazie tante di avermelo detto, a proposito - potrebbero sempre servire rinforzi. Potremmo chiederglielo, che ne dici? »

     
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    Un solo movimento del dito, misurato, a concederle quel diritto. Il diritto di fare a modo suo, di osare e, in un certo qual modo, di assumersi il rischio di deluderlo. Si sottovalutava sempre il potere che aveva in un rapporto il semplice atto di mettere del cibo in tavola, qualsiasi fosse il tipo di legame che univa le persone che vi si accomodavano. "Ho scelto questo perché io sono fatto così" diceva il piatto che si presentava ma, ancor più pericoloso, diceva anche "Ho scelto questo perché credo che TU sia fatto così".
    Kostia era particolarmente curioso di vedere come Selyse aveva preso a ragionare alla luce delle ultime settimane passate fra quelle mura.
    Tacque per tutto il tempo necessario a far si che lei si sedesse al tavolo e gli mostrasse, elegante e con un filo mal celato di orgoglio, ciò che era riuscita a procurarsi. Il salmone era fresco e brillante, cucinato con una perizia che raramente l'ucraino concedeva ai cuochi della fortezza, e tanto le verdure quanto i formaggi che lo accompagnavano aveva un aspetto molto più invitante, nel loro ruolo di ausiliari, di quanto non lo avessero posati sulle stoviglie di legno levigato in cui venivano serviti abitualmente. Selyse era riuscita a farsi mettere da parte solo il meglio di ciò che si poteva trovare fra quelle mura, e per quanto semplici fossero i singoli ingredienti supponeva che non fosse stato facile convincere le guardie a cedere uno dei salmoni e mettere la mani su parte del materiale che arrivava a settimane alterne dalla costa. Non vi era ostentazione su quel tavolo, ne lusso di alcun genere, ma era indubbio che avesse trovato e preparato il meglio su cui fosse possibile mettere le mani nell'intera isola.
    Raccolse un coltello per tagliare un singolo cubetto di salmone che, una volta infilzato, si portò alle labbra. Lo masticò lentamente, gustandolo e trattenendone il sapore sulla lingua per qualche attimo prima di annaffiarlo con qualche goccia di vino - Squisito - decise infine, all'apparenza inconsapevole di quanto Selyse dovesse aver atteso il giudizio celato in quell'unica parola. L'aveva appena affrancata dal suo servizio ma non provava alcun desiderio di perdere tutta l'autorità che aveva nei suoi confronti - E ottimo abbinamento - le concesse poi, premiandola ancora.
    Ma se lasciare libero qualcuno significava accettare la possibilità di guardarlo sbagliare per conto proprio, Kostia stava scoprendo di non essere particolarmente dotato in quello. Lui, che pure era tanto abile a tessere tele in cui la gente finiva immancabilmente per impiccarsi da sola, si rendeva conto solo in quel momento di quanto potesse essere irritante osservare qualcuno che si aveva a cuore - era il caso di dirlo, ormai, vista anche la scelta di tempistica in cui Michael gli aveva affidato Selyse - imboccare una strada errata. Ciò nonostante si limitò a masticare un nuovo boccone di salmone, tralasciando di consigliarle di cercare migliori informazioni su coloro per cui voleva lavorare. Gabriel non avrebbe creduto ai propri occhi nel vedersi recapitare al proprio cospetto un simile bocconcino, e Selyse si sarebbe trovata nuda per ben altri motivi che quelli per cui le aveva chiesto lui di spogliarsi - Dovrai comunque seguire il corso Auror - aggiunse quando il nome di Olympia seguì quello di Gabriel. Il corso sarebbe stato consigliato per tutti i Mangiamorte di lì a breve, e la Mitchell avrebbe comunque saputo trovare il modo di farla divertire. Olympia era un'abile insegnante, quando voleva.
    - Potrebbe anche essere la più difficile delle vie. Quella in cui vengono concessi meno errori - le fece notare qualche momento e due bocconi dopo. Kostia era un capo ben più severo di quanto non lo fossero i suoi due colleghi, e l'esistenza intorno ad Azkaban lasciava meno spazio di quanto si pensasse alla vita privata - In ogni caso si, glielo chiederemo. Magari al primo incontro di lavoro - segno che quello, nonostante ciò di cui avevano parlato fino a quel momento, non era da ritenersi tale. Ne lui voleva mostrare troppo sollievo al pensiero di poter continuare a guidarne i passi.
    Annuì - Credevo che portare una persona con il tuo talento in un luogo in cui fosse tanto facile saperlo equivalesse a dirtelo - le fece notare. Di sicuro sarebbe stato per lei molto più difficile saperlo se lui avesse voluto nasconderglielo. Non impossibile, ma sicuramente più complicato - Ne abbiamo mai affrontato alcun tipo di discorso personale, mi pare. In ogni caso si...sto per diventare padre. Entro fine mese, dicono -
     
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    Provò un certo senso di soddisfazione nel sentirsi apprezzata. L'approvazione di Kostia valeva per Selyse molto più di quanto lui poteva immaginarsi. Se nel mondo c'era qualcuno che l'aveva salvata dalla gabbia fisica, una persona verso la quale la sua mente sarebbe corsa inesorabilmente, verso la quale sarebbe rimasta fedele per sempre, e che avrebbe protetto ad ogni costo, lì di fronte a lei, ce ne era un'altra che aveva fatto sì che si liberasse dalle sue gabbie mentali. E quella libertà non solo l'avrebbe apprezzata per sempre, ma avrebbe fatto sì che Selyse rimanesse altrettanto fedele e legata al giovane Mangiamorte. « Potrebbe anche essere la più difficile delle vie. Quella in cui vengono concessi meno errori. In ogni caso si, glielo chiederemo. Magari al primo incontro di lavoro. » Le disse non appena sembrò che Selyse avesse già scelto la strada da seguire. Abbassò lo sguardo annuendo tra se e se. Quel discorso non sarebbe certamente rimasto appeso. Lo avrebbe ripreso appena ne avesse avuto l'occasione. Era pur sempre una persona troppo ambiziosa per lasciare che le cose cascassero dal cielo. Ma quella sera, aveva ragione Kostia, non era certamente un incontro di lavoro, e la rossa era lieta che fosse così. Le piaceva la compagnia del biondo, le piaceva discorrere con lui; si sentiva in un certo qual modo al sicuro, certa che i suoi limiti non sarebbero mai stati superati a meno che non fosse lei a desiderarlo. « Credevo che portare una persona con il tuo talento in un luogo in cui fosse tanto facile saperlo equivalesse a dirtelo. Ne abbiamo mai affrontato alcun tipo di discorso personale, mi pare. In ogni caso si...sto per diventare padre. Entro fine mese, dicono. » Si fidava quindi? Gli occhi color smeraldo, tornarono a scrutare la figura del maestro, ancora intento a gustarsi il meritatissimo pasto, seduto nella più elegante delle pose, come al solito. Rigido, eppure in un certo qual modo, disteso, quasi rilassato. Non incuteva timore, certamente rispetto e riverenza, ma non più timore. « Congratulazioni! » Gli disse con un certo distacco. Perché immaginava dovesse essere un lieto evento. Non per lei; reputava quel bambino un terribile punto debole, su cui avrebbero fatto leva molti dei suoi nemici, ed era certa che Kostia ne avesse più di quanti potesse contarne sulle dita delle mani. « E' vero comunque, non abbiamo mai affrontato discorsi personali, ma tu sai molte cose di me. » L'addestramento aveva scoperto molti dei punti di forza e molte delle debolezze della ragazza. Ora tuttavia, sentiva di aver bisogno di qualcosa di più. Aveva bisogno di sapere che aveva riposto la sua fiducia nella persona giusta. Si sa poi, che in combattimento, conoscere la propria squadra aiuta molto a tornare tutti sani e salvi a casa. E adesso, più che mai, Kostia doveva necessariamente tornare sano e salvo a casa. Non solo per lui, o per un bisogno del tutto egoistico che Selyse aveva interiorizzato, ma che rinnegava. Doveva tornare, perché qualcuno di infinitamente piccolo aveva bisogno di lui più di chiunque altri. Non c'era persona che sapesse meglio di lei quanto fosse terribile perdere un padre, patire per le sue colpe. « Sai per esempio cosa mi spinge a essere ancora qui. E sai anche che ho infranto molti dei miei limiti per farlo. » Gli sorrise; gli occhi famelici pronti a catturare ogni sfumatura di quegli azzurri di lui. Un sorriso malizioso mentre riportava a galla tutte quelle prove che Kostia le aveva fatto affrontare. « Ho una curiosità. » E per quanto sembrasse che stessero ancora a lezione, la verità è che Selyse non avrebbe tratto alcun insegnamento da ciò, o se lo avesse fatto, non era certo quella la sua intenzione. Voleva sapere, conoscere, andare oltre l'ermetismo compatto del biondo. « Come fa un ragazzo così giovane - sicuramente brillante, ma pur sempre giovanissimo - ad aver già nelle sue mani un così ampio potere e per giunta essersi conquistato così tanto rispetto dal Ministro della Magia in persona. Sembrate molto vicini. Ma soprattutto, cosa lo ha spinto ad andare così lontano su una strada, che lui stesso definisce senza ritorno. » Kostia aveva avuto modo di conoscere le motivazioni di Selyse; ora era Selyse a desiderare di sapere cosa ci fosse nella mente di quel giovane ragazzo che non molti anni addietro doveva aver compiuto la sua stessa scelta.

     
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    Era davvero qualcosa per cui vi fosse il bisogno di porgere delle congratulazioni, l'arrivo di quella bambina? Kostia, più di tutti, sapeva perfettamente quanto pericoloso potesse essere la presenza di un figlio nella vita di uno di loro. Un bambino poteva essere uno strato sottile nell'armatura di un uomo, un punto in cui fosse estremamente facile affondare una lama. Le sorrise, chinando il capo ad accogliere comunque quel pensiero - Ti ringrazio - le disse. Nonostante il pericolo che rappresentava, però, Michael aveva una figlia e un secondo erede in arrivo. Olympia aveva dei bambini, e lo stesso Abel che era al contempo Mangiamorte e figlio di Mangiamorte. Poteva solo supporre che il punto non fosse quanto pericolosa la bambina avrebbe potuto essere per lui, ma quanto potente sarebbe stato lui come deterrente per proteggerla. Nessuno toccava la figlia di un uomo se la vendetta che temeva era abbastanza crudele. E lui, silenzioso e metodico com'era, sapeva essere molto, molto crudele.
    - Una disparità intrinseca nel rapporto che ci lega, non trovi? - era giusto che un maestro sapesse tutto di ciò che muoveva i propri allievi, così come era preferibile che fosse l'allievo a capire, nel corso del percorso, le motivazioni del proprio maestro. Che trovasse, nel reggerne lo sguardo, il coraggio necessario a sondarlo. Raccolse un nuovo pezzo di formaggio, posandolo con precisione geometrica su un pezzo di pane prima di portarselo alle labbra - Tutte cose che era necessario io sapessi per spingerti a superarli, quei limiti - per porle dinnanzi al viso prove che non fossero troppo facili, per lei, ne impossibili da superare. Dischiuse le labbra, come a voler aggiungere qualcosa, solo per richiuderle un attimo dopo. Non era una conversazione di lavoro, quella, né c'era alcuna necessità di mettersi in cattedra per quel giorno.
    Bevve un sorso di vino e staccò un altro boccone di pane, con calma. La storia del suo rapporto con Michael era nota ai più, anche se con il tempo era andata ammantandosi di leggenda - Suppongo l'essermici ritrovato senza quasi accorgermene. Una volta privati della possibilità di tornare indietro resta un'unica direzione in cui andare - continuò, indicando un ipotetico "avanti" con un cenno della mano. Sempre avanti, senza mai nemmeno voltarsi ad osservare ciò che si era lasciato alle spalle. La osservò in volto. Nutriva per lei una certa dose di affetto per lei, ormai, ma parlarle significava in una certa qual misura mettersi a nudo tanto quanto aveva fatto lei nel loro primo incontro. Lo fece per lo stesso motivo. Perché nel loro mestiere si doveva essere tali anche senza tutte le armature che indossavano abitualmente - Ho sempre posseduto un certo talento nel farmi dire dal prossimo ciò che non voleva dire, con le buone o con le cattive. Per anni ho venduto quel talento al miglior offerente, perché era l'unico modo che conoscevo per mettere insieme il pranzo con la cena utilizzando le mie competenze, oltre al fatto che certi errori, frutto indubbiamente della mancanza di esperienza, avevano di fatto limitato di molto le mie possibilità da un punto di vista strettamente legale - la discrezione era una cosa che si imparava con il tempo. Soprattutto quel genere di discrezione necessaria a coprire per bene le proprie tracce - C'è un luogo in Bulgaria che mi è molto caro. Si tratta di una baita nei boschi, in una vallata che ancora adesso è abitata solo da pastori e contadini. E' un bel posto, in cui ancora mi sono rifugiato quest'estate per la mia convalescenza, e di cui custodisco gelosamente l'esatta ubicazione. Mi ci ero rifugiato per la prima volta dopo alcuni dissapori con alcuni colleghi mediorientali quando alcuni degli abitanti della valle mi portarono un uomo gravemente ferito. Era qualche settimana che mi trovavo lì e capitava, talvolta, che scambiassi alcune consulenze mediche con cibo o generi di prima necessità. Mi portarono quest'uomo, ferito e ustionato, chiedendomi di guarirlo o di farlo smettere di soffrire - le labbra si piegarono suo malgrado in un rapido sorriso, mentre ricordava il bisturi con cui aveva fatto per porre fine alle sue sofferenze. Poteva ancora vedere le fiamme del camino riflettersi sulla lama affilata e negli occhi ardenti dello straniero - Fu lui a decidere. Soffrì molto, ma gli salvai la vita e lui, in cambio, mi diede uno scopo. Quell'uomo era Michael Moon -
     
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    « Suppongo l'essermici ritrovato senza quasi accorgermene. Una volta privati della possibilità di tornare indietro resta un'unica direzione in cui andare. Ho sempre posseduto un certo talento nel farmi dire dal prossimo ciò che non voleva dire, con le buone o con le cattive. Per anni ho venduto quel talento al miglior offerente, perché era l'unico modo che conoscevo per mettere insieme il pranzo con la cena utilizzando le mie competenze, oltre al fatto che certi errori, frutto indubbiamente della mancanza di esperienza, avevano di fatto limitato di molto le mie possibilità da un punto di vista strettamente legale. » Ascoltò alquanto affascinata quel discorso. Certamente le strade di Kostia e Selyse erano molto differenti. Il modo in cui la loro vita era proceduta prima di essersi approcciati alla causa che ora li legava, era prettamente differente. Selyse non aveva mai avuto modo di conoscere la strada della privazione, della mancanza, finché non era stata privata completamente della sua libertà; un colpo duro, un boccone amaro, nel momento in cui si è stati per giunta viziati per tutta la vita. Tutto ciò che precedeva quella sua tragica sventura, si collocava in uno spazio tutto sommato sereno. Se non aveva mai avuto l'occasione di esprimere al meglio il suo lato affettivo - con il padre, nelle amicizie e nei rapporti ravvicinati con l'altro sesso - aveva certamente avuto il dono di riempire il vuoto con cose prettamente materiali. Lo sfarzo le piaceva; le piaceva quella bearsi in quel mondo stravagante in cui aveva avuto la fortuna di nascere. Che lo volesse ammettere o meno, quella era la sua corazza; a quei tempi non era altro che una bambina fragile, che allontanava le persone sputando acido corrosivo. Ciò faceva di lei una persona superficiale? Probabile. L'unica cosa a fare da contrappeso nella sfrenata disposizione degli averi, era la sua ambizione, la ferrea necessità di affermarsi. Certamente questo le ha sempre fatto onore, perché nonostante non le sia mai mancato nulla, il denaro come unica porta di accesso ai suoi più insiti desideri non le è mai bastato. Affermarsi faceva parte della sua mania di protagonismo, controbilanciata a sua volta da una dose di discrezione, certamente non dettata da un puro quanto ingenuo buon senso, bensì da una forma non indifferente di astuzia. Rileggere gli esordi di quella strada complessa in chiave completamente diversa quindi non solo la incuriosiva, ma riusciva addirittura ad affascinarla e a dipingere ai suoi occhi Kostia di una luce più umana. Ascoltò quindi la sua storia con grande interesse, a tratti chiudendo gli occhi per immaginarsi anche se vagamente i posti da lui descritti. Era in un certo qual modo sorpresa di poter tratteggiare con un pennello invisibile un Kostia decisamente meno freddo, forse addirittura più ingenuo, più giovane, afflitto unicamente da una serie infinita di problemi appartenenti unicamente alla sua sfera personale. Ora era certamente diverso. Le sue solidi spalle si portavano addosso un peso e una responsabilità enormi, forse sin troppo grandi per un uomo così giovane. Eppure, lui era bravo, dannatamente bravo e se lo era, immaginava dovesse molto più di quanto la ragazza potesse immaginare a quel giovane di qualche anno prima. Lo fissa; a tratti si tuffa nei suoi occhi, altre volte è costretta a distogliere lo sguardo. Ne è affascinata, ammagliata, ma non per questo la sua mente smette di funzionare lucidamente. Kostia le piace. « Sembra quasi che tu abbia un talento nel salvare le persone. » Stava implicitamente ammettendo di essere stata lei stessa salvata da quel diavolo. « Grazie. La tua onestà significa molto. » Deglutì tornando a fissare le fiamme, bevendo ancora un po' di vino. Kostia avrebbe potuto eludere benissimo le sue domande, risponderle senza scoprirsi minimamente, eppure non lo aveva fatto. Aveva deciso di riporre un po' della sua fiducia in Selyse, e questo per la rossa significava davvero tanto. Non le accadeva di trovarsi in sintonia con un altro essere umano da molto tempo; non pensava di potersi mai più fidare di qualcuno, di poter condurre una conversazione del tutto priva di secondi fini meschini. « Torneresti mai? Indietro, intendo. Se ne avessi la possibilità. »

     
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