Sotto il peso della volta celeste

Privata

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Mago Adulto
    Posts
    1,282

    Status
    Offline
    L'aria era gelida, nel piccolo cortile di Azkaban.
    Kostia attendeva in piedi, con le mani infilate nelle tasche del lungo cappotto nero e lo sguardo alto, verso il cielo nuvoloso che si intravedeva in alto, oltre le torri e le mura. Era un cielo bianco, che minacciava neve. Non era raro che le prime spruzzate cadessero già sul tardo settembre, così a nord, e se il vento fosse caduto avrebbe iniziato a vederne già quel giorno o, al massimo nelle giornate successive.
    Ruotò appena il viso, seguendo la linea nera delle mura di quella prigione che aveva trasformato in una piccola fortezza. Il suo castello. Aveva temuto, nel tornarci dopo la lunga assenza seguita all'incantesimo che gli aveva restituito il cuore, di non nutrire più per quelle mura lo stesso orgoglio che lo aveva legato ad esse fin dal giorno in cui ne aveva preso possesso. Forse era stato anche per quel timore che ci aveva messo tanto a tornare, anche se alla fine si era trattato di un timore stupido. L'orgoglio, nel ritrovarsi in quel luogo adesso, era diventato quasi una forma di affetto, trasformandosi in una catena capace di unire l'artista alla sua opera come Prometeo alla sua pietra. O all'aquila che si nutriva del suo fegato.
    Un dissennatore volò alto, superando le mura. Una delle guardie, pronta, lo ricacciò via con un patronus.
    - E' arrivata - una voce, discreta, attirò la sua attenzione. Kostia annuì all'uomo, senza dire nulla. Questi sparì dietro la porta da cui era uscito, diretto a prendere la ragazza che Michael voleva incontrasse. Selyse Anastasia Deveraux, adesso Selyse Lightwood. Era stato lui a portare all'attenzione del Ministro la storia di questa ragazza ormai in disgrazia, figlia di uno dei loro più ferventi sostenitori in patria. ma aveva sperato che non spettasse a lui l'onore di testarne le qualità. Aveva già fin troppo lavoro, e ancor più questioni in sospeso.
    Spostò leggermente il peso del corpo da un piede all'altro, fissando la porta da cui sarebbe uscita. In quel momento la stavano probabilmente perquisendo, levandole la bacchetta e tutte le armi che poteva avere con sé. Erano piuttosto severi a quel riguardo, ad Azkaban. Non ci volle molto perché due guardie scortassero una ragazza nel cortile. Uno dei due uomini si avvicinò lui, consegnandogli la bacchetta della rossa. Kostia la soppesò per qualche momento, quasi potesse leggere nel legno qualcosa di lei, prima di riporla in una delle tasche. L'avrebbe riavuta una volta superato il colloquio, o sarebbe stata seppellita con lei. In entrambi i casi sarebbe stata utile per mandare un messaggio - Mi dicono che nutre il desiderio di seguire le orme del suo defunto padre - disse dopo qualche istante di silenzio. L'aveva valutata, in quei momenti, così come poco prima ne aveva valutato la bacchetta - Posso chiedergliene il motivo? -
     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    449

    Status
    Anonymous
    « Non dovrebbe andare Mademoiselle. Può smettere. Non ha mai pensato di condurre una vita normale? » Simone si sfrega le mani mentre la donzella, rivolta di spalle rispetto a lei, si scioglie i capelli dal morbido chignon di fuoco. Non ha mai tollerato particolarmente la sua presenza. Il suo attaccamento alla famiglia e specialmente a Selyse, le aveva sempre dato sui nervi. Aveva sempre giudizi moralisti da impartire e credeva di sapere cosa oggettivamente facesse bene a quella bambina che ha cresciuto sin da quando era una neonata. Le si avvicina e prende a pettinarle delicatamente la chioma. « Potrebbe fare la differenza. Avere un futuro brillante di fronte a sé. » Quella donna era incredibile; nonostante sia vissuta per tutta la vita in un covo di Mangiamorte, continuava a sognare per i nuovi membri della famiglia, sempre un futuro diverso. Prima di lei aveva accudito suo zio e suo padre e poteva scommetterci la testa: non aveva di certo usato diversi metodi di coercizione. Era una debole, un'insipida donna di estrazione medio-bassa, sognatrice a dismisura. Qualcuno avrebbe dovuto svegliarla alla realtà prima o poi. Selyse le afferrò il braccio bruscamente, girandosi di scatto verso di lei. La spazzola le cadde dalla mano, sotto la pressione decisa della giovane Deveraux. « Non ricordo di aver chiesto il tuo parere. Ricordati Simone: ti pago affinché tu tenga le tue oppinioni per te. » E dicendo ciò, gli occhi verde smeraldo si poggiarono sul elegante orologio da polso. Tra pochi minuti la passaporta per Azkaban si sarebbe attivata. Le rivolse nuovamente le spalle. Una spruzzata di profumo; si sistemò i capelli sulle spalle, indossando con l'aiuto della balia impicciona il mantello color carbone sulle spalle. « Non aspettarmi alzata. » E forse un po', a Selyse sarebbe piaciuto provare un minimo di compassione nei confronti dell'unica persona che in realtà si preoccupava del suo benessere. Desiderava a volte provare l'impulso di abbracciarla, addirittura ringraziarla di averla seguita fin lì. Ma non ci riusciva. Un muro si era eretto tra la giovane e il mondo, e quel muro sarebbe stato più difficile da spezzare di quanto lei stessa immaginava. Credeva di poter effettivamente controllare la sua condizione, ma le esperienze che aveva vissuto pochi mesi prima, l'avevano cambiata definitivamente; le avevano strappato quel briciolo di umanità di cui si ha bisogno per guardare oltre la coltre razionale di cui è fatta il mondo, lasciandole in cambio un mucchio di timori, di freni, di inibizioni. Li avrebbe mai superati? Non lo sapeva. Continuava a sognare ogni notte il volto dei suoi assalitori; sentiva sulla schiena nuda le loro loro torture, il tocco violento delle loro mani, lo spasmo nell'udire i loro passi attorno alla sua gabbia minuscola.
    Toccò la vecchia scarpa, e scomparve nel nulla, lasciando Simone in un silenzio assordante. La fortezza le si palesò di fronte in tutta la sua magnificenza. La trovava magnifica, sì. Esprimeva forza, timore e impenetrabilità, tutte caratteristiche appartenenti a un'autorità quasi elegante, che Selyse apprezzava infinitamente. C'era poesia in quel posto; la coltre di nubi bianche che oscurava completamente il sole, contrastava le oscure presenze fluttuanti presenti tutt'attorno alla prigione. L'aria rigida la obbligò a stringersi maggiormente nel mantello scuro, mentre avanzava verso le imponenti guardie che l'aspettavano all'entrata. Poteva fare la differenza... e l'avrebbe fatta. A modo suo. Non ripetendo gli errori compiuti nel passato. Con estrema delicatezza, le guardie di Azkaban la perquisirono scrupolosamente, sfilandole la bacchetta dalla tasca interiore del mantello. Il loro tatto non bastò tuttavia a metterla a proprio agio. Un occhio attento avrebbe facilmente notato la postura sin troppo rigida, i pugni chiusi e l'espressione bianca come un foglio di carta. Il contatto fisico, di qualunque natura, continuava ad avere un effetto negativo su di lei; strinse tuttavia i pugni e deglutì pesantemente aspettando che finissero. Non una parola uscì dalle sue labbra. Non ce ne era bisogno. Infine, una porta monumentale si aprì al suo cospetto, mentre una delle guardie le indicava di seguirlo. La luce quasi artificiale, filtrata attraverso le candide nuvole, colpì violentemente i suoi occhi, mentre avanzava all'interno del cortile della prigione. La guardia avanzò a quel punto con passo felpato verso un giovane uomo, porgendogli la bacchetta della giovane Deveraux. Era lui. Si trovò improvvisamente a guardare dritto negli occhi quello che sarebbe diventato con molta probabilità il suo capo o il suo boia; colui che le avrebbe fornito la possibilità di ricominciare una nuova vita oppure non avrebbe visto un'altra alba. Era pronta. Lei li conosceva; forse in modo superficiale, ma li conosceva. Ci era cresciuta. Li aveva visti entrare in casa sua sin da quando era una tenera marmocchia. Ci aveva parlato, li aveva stregati con la sua parlantina tutta pepe. Non sarebbe stata la stessa cosa, ma era certa di non camminare nelle sabbie mobili tanto quanto altri che si trovavano forse nella sua stessa posizione. Sguardo fisso, deciso; non si arrende di fronte alla figura autorevole e autoritaria che ha di fronte. « Mi dicono che nutre il desiderio di seguire le orme del suo defunto padre. Posso chiedergliene il motivo? » Riprende controllo di se stessa. La perquisizione, la discussione con Simone, gli ultimi mesi, tutto alle spalle. Si è sbattuta in lungo e in largo per arrivare a questo punto. Un momento.
    tumblr_nof5rl1ZEy1sq791yo6_250
    Un unico istante e tutto poteva finire. Sorrise impercettibilmente, rivolgendo lo sguardo in alto, verso il cielo, là dove la fortezza sfidava la volta celeste. « Seguire le sue orme? » Si strinse nelle spalle, sospirando leggermente. « Niente affatto Monsieur! Sarebbe piuttosto sciocco voler seguire le orme di un morto, non crede? » Attaccarsi alle sottigliezze, tipico di Selyse. Una leggera pausa scandì il resto del suo discorso. « Immagino che lei abbia naturalmente delle ipotesi al riguardo. Non so dire cosa lei effettivamente pensa, ma posso dirle ciò che io penserei. » S'inumidì leggermente le labbra mentre accorciava leggermente le distanze. « Una spocchiosa ragazzina, libera da poco dai banchi di Durmstrang, costretta a lasciare la patria in seguito all'assassinio dell'unica figura di riferimento. Cosa mai potrebbe cercare se non vendetta? Successo? Rispetto? Riscatto sociale? Non avrebbe torto a pensarlo. » Lo sguardo tornò sulla figura snella, slanciata e imponente del suo interlocutore. « Ma non è così. La via è troppo breve per lasciarsi prendere dal desiderio di vendetta e dalla rabbia. Domani entrambi potremmo non esserci più. Che senso avrebbe aver sprecato preziose energie per futili scopi? » Non voleva dirlo, ma doveva. Non era disperazione la sua, tanto meno malattia. Ciò che uscì infine dalle sue labbra fu una semplice quanto tagliente, genuina ed eloquente verità. « Sono qui perché credo di poter riprendere le attività da dove il mio predecessore le ha lasciate, svolgendole meglio di lui. Ho già lavorato con lui e per lui e credo di aver capito come gira il mondo. Credo di potervi servire tanto quanto voi servite a me. »

     
    Top
    .
  3.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Mago Adulto
    Posts
    1,282

    Status
    Offline
    Qualsiasi dubbio Kostia potesse aver avuto sui motivi che avevano spinto Michael ad affidare proprio a lui quel determinato colloquio svanirono nell'esatto istante in cui la ragazza prese parola, iniziando a sciorinare con una certa scioltezza un discorso che doveva essersi ripetuta spesso, nella sua testa, prima di arrivare lì. Kostia tacque, ascoltandola. Appariva sciolta, elegante e adeguatamente sicura di sé. Bella, indubbiamente, e consapevole tanto della propria bellezza quanto del proprio talento. Era il genere di apprendista che poteva rivelarsi una risorsa, soprattutto in momento in cui le forze scarseggiavano se confrontate all'ampiezza del Regno che dovevano governare, ma solo a patto di sapervi inculcare la dovuta disciplina e la dovuta consapevolezza dei propri limiti.
    Continuò ad osservarla anche quando terminò di parlare. Restò immobile a pochi passi da lei, in silenziosa attesa. Pareva quasi si aspettasse che lei aggiungesse altro, o che mostrasse un qualsiasi segno di nervosismo, ma prima che lei potesse farlo Kostia distolse gli occhi dai lineamenti armoniosi della rossa per alzarli di nuovo verso il limite delle mura. Un paio di testa, che fino a quel momento avevano osservato il colloquio, si voltarono nuovamente verso l'esterno, dedicandosi ai propri compiti - Sono mancato molto da casa negli ultimi mesi, sa? - le fece notare nel carezzare con lo sguardo le pareti d'ebano - Suppongo si possa dire che mi mancava, questo posto. La sua quieta sicurezza, il suo ordine, l'assoluto piegarsi di chi vi abita ad ogni mio ordine..."Casa" è una parola che ha molti significati ma comunque, per quanto vari siano, portano tutti ad un certo senso di pace. La pace è una cosa rara...placa lo spirito e induce al perdono - raro per lui pronunciare così tante parole in una sola frase, lanciandosi in una presentazione ai limiti del teatrale. Aggrottò appena la fronte nel puntare di nuovo lo sguardo sulla giovane. Doveva essere un'altra delle abitudini di Michael, quella. Una di quelle seccanti - Immagino si possa dire che è per quello che non l'ho ancora cruciata - annuì appena, soppesando quel concetto come avrebbe fatto con una pietra di particolare pregio.
    Non si mosse, ancora, limitandosi a piegare la testa di lato, leggermente - Noi non serviremo lei, e non serviremo "a" lei - chiarì, partendo dal fondo. Un punto buono come un altro da cui cominciare, dicevano - Ne, mi risulta, siamo qui per condurre una trattativa commerciale. Lei è venuta fino a qui per votare la sua esistenza ad una Causa non per propormi di acquistare i suoi servizi: sarò io a decidere in quale maniera adoperare i suoi talenti, una volta appurato quali siano. E se ne ha - cosa su cui nutriva scarsi dubbi, a quel punto, ma che era comunque giusta da dire. Non si arrivava fino a quella valutazione senza passare prima per una selezione piuttosto scrupolosa.
    - Essere un Mangiamorte richiede una devozione totale e un'assoluta inclinazione all'obbedienza - riprese. Si, decisamente aveva preso a parlare troppo - Ha i suoi benefit, indubbiamente - chiarì, estraendo una mano dalla tasca per indicare la fortezza che li circondava. La sua fortezza - Quindi torno a chiederglielo, e stavolta mi aspetto una risposta sincera, non il discorso di un avvocato. Per quale motivo vuole unirsi a noi? Per quale scopo vuole usare il potere, e le risorse, cui avrebbe accesso? - vendetta, ricchezza o potere fine a se stesso? O forse, come per qualcuno dei suoi colleghi, solo la semplice inclinazione alla violenza, al sadismo e alla malvagità fine a se stessa?
    Kostia aveva sempre nutrito una certa curiosità per le motivazioni che spingevano tutti loro a portare sulla pelle il Marchio Nero.
     
    Top
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    449

    Status
    Anonymous
    « Sono mancato molto da casa negli ultimi mesi, sa? Suppongo si possa dire che mi mancava, questo posto. La sua quieta sicurezza, il suo ordine, l'assoluto piegarsi di chi vi abita ad ogni mio ordine..."Casa" è una parola che ha molti significati ma comunque, per quanto vari siano, portano tutti ad un certo senso di pace. La pace è una cosa rara...placa lo spirito e induce al perdono. Immagino si possa dire che è per quello che non l'ho ancora cruciata. » Non si concentrò sulla non molto velata minaccia che ricevette. Era diventata forse sin troppo spericolata per il suo stesso bene. Ma Selyse non aveva poi molto da perdere in quel momento. Le avevano già tolto tutto ciò che di migliore la vita le aveva riposto generosamente in grembo. Tutto ciò che aveva stava dall'altra parte, in una zona d'ombra, in un futuro incerto quanto imprevedibile. Non si guardava alle spalle. Non c'era nulla su cui rimuginare. Piangere sul latte versato non era da lei. Eppure, la riflessione sull'importanza del nido, di un porto sicuro dal quale salpare, la colpì nel profondo. Abbassò lo sguardo. Per un istante le cime tempestose della Francia del Nord le si dipinsero nella mente; la neve, il parco della residenza in cui era cresciuta, i fuochi scoppiettanti nei camini sparsi per la casa. Lampi, immagini relativamente insignificanti in confronto alle centinaia di fotogrammi terrificanti che scorrevano spesso e volentieri nella sua mente. Gabbie, colpi violenti, lividi attraverso tutto il corpo. Paura, dolore, rabbia. Offuscavano qualunque beltà avesse sperimentato. Non provava più la sicurezza di un vero e proprio nido da troppo tempo. Non avere una casa a una così fragile età è a dir poco sconvolgente, agisce sulla psiche in modo imprevedibile. Ti cambia, ti segna per sempre. Selyse era stata marchiata a fuoco per sempre. Sì, non c'era nulla lì dietro, alle sue spalle, per cui piegarsi e implorare per la sua vita. Non una persona per cui valesse la pena continuare. Cercava i Mangiamorte perché in un modo distorto e complicato, cercava una famiglia. Una casa. « Noi non serviremo lei, e non serviremo "a" lei. Ne, mi risulta, siamo qui per condurre una trattativa commerciale. Lei è venuta fino a qui per votare la sua esistenza ad una Causa non per propormi di acquistare i suoi servizi: sarò io a decidere in quale maniera adoperare i suoi talenti, una volta appurato quali siano. E se ne ha. » Sospirò tra se e se, si passò una mano tra i capelli e scosse la testa. Sguardo basso. Stava ascoltando. Riflettendo. Contrasse i pugni obbligandosi a rimanere concentrata. Autocontrollo. Se c'era una cosa che le aveva insegnato il lavoro in tribunale, allora era proprio la piena capacità di controllare le emozioni più istintive. « Essere un Mangiamorte richiede una devozione totale e un'assoluta inclinazione all'obbedienza. Ha i suoi benefit, indubbiamente. » E su questo non aveva dubbi. Suo padre era stato fedele, aveva ubbidito e in cambio aveva vissuto una vita piena. Forse il suo unico rimpianto è stato di andarsene troppo preso, ma d'altronde in quel mestiere non si aveva certezza alcuna su quanto è dato vivere. Selyse stessa, nonostante fosse così giovane, pensava a quanto in realtà potesse risultare breve la sua vita. Eppure, in cuor suo era certa fosse l'unico posto a cui potesse appartenere. Lo desiderava. Lo desiderava con tutta se stessa. Potrebbe sembrare un capriccio il suo, potrebbe sembrare un'azione impersonale, dettata da dinamiche famigliari. Ma la ragazza era completamente disgustata dal mondo che la circondava, dall'ipocrisia, dall'ingiustizia, dal marcio del sistema; il mondo magico si meritava i Mangiamorte, perché sono stati gli stessi meccanismi del sistema ad averli creati. Non erano altro che frutto di una società troppo tollerante che mirava a far svanire nel nulla l'autenticità dei maghi, le loro tradizioni, la loro unicità, rendendoli dozzinali e insipidi. « Quindi torno a chiederglielo, e stavolta mi aspetto una risposta sincera, non il discorso di un avvocato. Per quale motivo vuole unirsi a noi? Per quale scopo vuole usare il potere, e le risorse, cui avrebbe accesso? » Non era funzionata la diplomazia in quel caso. Selyse si era ormai abituata all'idea di essere un prodotto; si era abitata a doversi vendere nella maniera meno veritiera possibile, affinché potesse ispirare fiducia o terrore alle sue vittime. Si era abituata a dover mentire spudoratamente, a fingere senza riserve. In quel caso non poteva più permetterselo, e se anche solo un briciolo di se stessa aveva ancora il desiderio di vedere una nuova alba, avrebbe dovuto iniziare a cambiare strategia. Rimase in silenzio. Una pausa piuttosto lunga in cui si sfregò le mani; sguardo puntato sulla terra fredda. Avrebbe avuto il coraggio di rinunciare a un pezzo di se stessa pur di raggiungere i suoi obiettivi o si sarebbe tinta della più alta forma di orgoglio di cui fosse capace?
    tumblr_inline_ni3c77M5LU1sq6an0
    Il vento le scompiglio appena i capelli; si strinse meglio nel suo mantello e sospirò. Lo sguardo tornò sulla figura glaciale di fronte a se. « Con il dovuto rispetto, Signore, mi permetto di contraddirla. Oggi non vi è cosa - piccola o grande che sia - che non si basi su una transazione. La sua Causa non fa eccezione, e se posso, meno male che sia così. Lavorando a stretto contatto con le persone, ho imparato che non c'è cosa che spinga l'essere umano più in alto del guadagno. » Una breve pausa prima di riprendere. « Ma il guadagno non si quantifica unicamente in somme di denaro e potere. C'è chi cerca altro. » Selyse cercava altro. Affondò le mani nelle tasche e si guardò attorno. Troppi occhi erano ormai puntati su di lei. Troppe orecchie cercavano di catturare stracci del suo scomodo discorso. Non poteva permettere che più persone del necessario sentissero il resto. Con una certa audacia, tagliò le distanze tra lei e il suo interlocutore, avanzando ulteriormente verso il giovane Mangiamorte. Ora, avrebbe potuto abbassare il tono, consapevole che solo lui avrebbe potuto afferrare il senso delle sue parole. « L'ideologia è solo una scusa, ed è la cosa più vecchia che ci sia. E' l'ambizione a essere il nostro punto di forza, ma anche la nostra più grande debolezza. Bisogna vedere cosa ce ne facciamo. » Tornò a cercare lo sguardo chiaro, freddo a dismisura, del suo futuro ipotetico boia. « Può ripetere la stessa domanda migliaia di volte, cruciarmi o uccidermi all'istante, Signore, ma la risposta non cambierà. Voi mi servite ed io potrei essere un ottima risorsa per voi. » Adesso sussurrava. Era certa potesse sentirlo. Lui e nessun altro. « Credo tuttavia che lei abbia frainteso le mie parole. O meglio ancora, non mi ha chiesto in che modo mi servireste. Se sono qui conoscerà sicuramente la mia storia. Sono rimasta rinchiusa in una gabbia per quasi cinque mesi; cinque mesi sono tanti. Perdi lo scopo per cui vivere, inizi lentamente a impazzire, perdi la cognizione del tempo. Preferisti morire piuttosto che rimanerci ancora. Io volevo morire piuttosto che essere ancora una leva per fare pressione sull'unica persona per la quale ho provato un briciolo di affetto. E' grazie a uno dei vostri che sono qui; e quando quei bastardi hanno spedito la mia famiglia all'altro mondo sono stati i vostri a occuparsi di me. Mi avete dato una casa, mi avete spedita in un posto sicuro, lontana da chi mi voleva morta. Che sia stato per interesse, genuina preoccupazione o per saldare un debito è irrilevante. Mi avete permesso di levare lo sguardo verso il futuro. Mi avete protetto, come una... famiglia. » Un leggero sorriso amaro si dipinse sul candido volto della giovane Deveraux. Certo era che aveva un'idea piuttosto contorta del concetto di famiglia; ma era l'unico che avesse veramente conosciuto e vissuto. La protezione, la sicurezza, l'appartenenza, la tradizione, l'autenticità, il potere conquistato collettivamente e l'ambizione condivisa. Ecco cos'era la famiglia per lei. Niente di più. « Io voglio quella famiglia, perché è l'unica a cui credo di poter ancora appartenere. Mi dia uno scopo per cui valga la pena dare la vita e le assicuro che non dovrà mai più farmi un discorso sull'obbedienza e sulla fedeltà. »
     
    Top
    .
  5.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Mago Adulto
    Posts
    1,282

    Status
    Offline
    - Si spogli -
    Kostia aveva ascoltato attentamente le parole della ragazza e, dopo appena qualche attimo di riflessione, fu l'unica cosa che disse. Si spogli. Non una parola sul suo discorso, sulle motivazioni che l'avevano condotta fino a lì o sul fatto che le credesse o meno ma solo quel singolo ordine, lasciato ad aleggiare nell'aria gelida fra di loro. Nulla, sul volto impassibile dell'ucraino, lasciava intendere che una qualsiasi delle motivazioni elencate dalla rossa l'avesse anche solo sfiorato, intaccando un'animo gelido quanto le mura che gli appartenevano.
    Aveva colto il riferimento alla prigionia e all'odio che provava al solo ricordo di quell'esperienza, appuntandoselo in un angolo della mente per il giorno in cui gli fosse servito, ma non era stato quello a persuaderlo quanto, piuttosto, il riferimento alla famiglia. Lui, seppure in circostanze decisamente diverse, aveva accettato di chinare il capo di fronte a Michael Moon per gli stessi identici motivi. Una famiglia, nel senso reale del termine. Non se ne era reso conto per anni, il giovane vagabondo che era diventato il braccio destro del Signore Oscuro, convinto a suo modo di essersi solo piegato ad un committente più abile di quelli che lo avevano preceduto. Soldi, risorse, contatti, possibilità e, infine, perfino le rovine di Azkaban da ricostruire a proprio piacere. Chi mai poteva sognare più di quello? Era stato un abbaglio facile in cui cadere, e Kostia vi aveva sguazzato a lungo prima di rendersi conto che la cosa che Michael gli avesse dato di più importante era un luogo in cui stare, e un motivo per farlo.
    Il resto avrebbe potuto trovarlo ovunque.
    Per quello, e a fronte di tutti i tradimenti che il denaro non aveva potuto impedire, Kostia aveva alzato lo sguardo al cielo terso, saggiando l'aria fredda con il viso prima di tornare ad osservare la ragazza - Si spogli - le aveva detto, ed ora era lì in attesa che il suo ordine venisse eseguito. Non c'era libido nel suo sguardo, ne ansia di vedere qualcosa che aveva già avuto modo di osservare in decine di altre donne. Le interessava, di quella nudità, il modo in cui avrebbe reagito alla bassa temperatura e al filo di aria gelida che scendeva lungo le mura giungendo fino a loro. A quelli, e all'imbarazzo. Si poteva capire molto di una persona da come reagiva alla propria nudità.
    Determinazione.
    L'ultima cosa che desiderava era di avere a che fare con l'ennesima ragazzina viziata, incapace di andare oltre allo sbattere di ciglia e a qualche bella parola - Nuda - chiarì, indicando poi il terreno fra di loro con un cenno del mento - Può lasciare lì i vestiti - aggiunse, continuando ad osservarne il viso. Qualche altro momento di silenzio, mentre le implicazioni di quell'ordine si facevano strada fra i pensieri di lei - Se quello che desidera è un'opportunità, gliela sto fornendo. Il suo addestramento inizia qui. Ora -
     
    Top
    .
  6.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    449

    Status
    Anonymous
    « Si spogli. » Saette squartano i timpani della rossa. Alza lo sguardo in direzione del giovane; le iridi dilatate, i pugni stretti spasmodicamente, le labbra serrate. Ha perso le sue capacità oratorie, perso il senso di autoconservazione. Le barriere crollano lentamente; quel muro che si è eretta attorno si disintegra lentamente sotto gli occhi del carnefice. Qualcosa si è rotto nella sua testolina, il cuore prende a battere all'impazzata mentre la sua più grande paura sfoggia le affilate lame di fronte a sé. Possibile che lo sappia? Possibile che sia a conoscenza di cose che persino la stessa Selyse ha provato a cancellare, pur di provare ad andare avanti con la propria vita? Cerca del malizioso in quello sguardo, ma tutto ciò che vi ritrova è freddo, un gelo torbido, oscuro, che per la prima volta fossilizza il sangue nelle sue vene. E' immobile mentre cerca di metabolizzare quella semplice quanto lineare richiesta; ma non vi trova spiegazione. Non c'è un solo motivo al mondo per il quale dovrebbe portare a termine quel semplice quanto dispregiativo compito. Deglutisce, mentre memorie infime tornano a tormentarla. Il volto dell'aguzzino che infinite volte l'ha obbligata a compiere gli stessi meccanici movimenti ogni giorno, le torna in mente. E' incastrata tra il suo corpo le sbarre fredde. Si morde il labbro per non piangere, stringe i pugni finché le unghie non penetrano nella pelle dei palmi; qualunque forma di dolore possa distrarla da quell'umiliazione sembra addirittura dolce e piacevole. « Si spogli. » Il volto dell'aguzzino sorride. Le da le spalle e se ne va. E' soddisfatto. Ma non ne ha mai abbastanza. Tornerà. Non ne avrà mai abbastanza. Vorrebbe morire. Lasciatela morire. « Nuda. » Eppure non si scompiglia. Selyse si erge ancora immobile di fronte al suo nuovo carnefice. C'è una cosa che è cambiata nell'arco di tempo che la divide dai momento più traumatizzanti della sua esistenza. La giovane ha imparato che erano state le debolezze ad averla trascinata in quella infima situazione. Se Louis Deveraux non avesse avuto una specie di ossessione nei suoi confronti, nessuno l'avrebbe presa in considerazione come leva di ricatto. Se solo non fosse stata così debole, non avrebbe pianto, non avrebbe urlato, non avrebbe implorato pietà; i suoi aguzzini non avrebbe provato un così squisito piacere nel nuocerle. Selyse li aveva stuzzicati, le sue debolezze, la sua fragilità, la sua innocenza, li aveva invogliati a depredarla di tutto ciò che di buono era rimasto in lei. In cuor suo sapeva che quella strada, quel credo era la sua unica opportunità di non sentirsi mai più sola, di non sentirsi mai più vulnerabile. Era l'unico modo per liberarsi dalle sue paure, esercitando forza e dando prova delle sue capacità. « Se quello che desidera è un'opportunità, gliela sto fornendo. Il suo addestramento inizia qui. Ora. » Dove voleva andare a parare? Che intenzioni aveva? Poteva permettersi di chiedere tali domande, persino a se stessa? Gli occhi del temuto carceriere tornarono a distorcerla, a piegarla al suo volere, a tormentarla fino all'esaurimento, mentre immobile e silenziosa decideva le sue mosse. Avrebbe potuto rifiutarsi, ma era stata lei a chiedere un'opportunità, e per quanto malata apparisse dal suo punto di vista quella richiesta, poteva davvero sottrarsi? La vecchia Selyse si sarebbe rifiutata; troppo fiera per ammettere che in realtà il solo udire tale richiesta la faceva rabbrividire. Non disse assolutamente nulla. Lasciò scivolare giù dalle esili spalle il pesante mantello, che cadde delicatamente a terra. Improvvisamente il vento nordico le gelò le articolazioni, le ossa, il sangue nelle vene. E' ciò vuoi? Per un secondo le passò per la mente che, fosse stato un uomo, una simile richiesta non gli avrebbe sfiorato nemmeno l'anticamera del cervello. Ma forse era proprio per questo. Ogni essere ha il proprio punto di rottura; vi sono tuttavia punti di rottura comuni solo alle donne o solo agli uomini. Non c'è ombra di dubbio che la nudità sia uno scoprirsi totale, un invadere determinati limiti della privacy. Tuttavia è altrettanto vero che sconcerta certamente di più il genere femminile. Lo odiava; forse non aveva mai odiato nessuno in tutta la sua vita come odiava il suo nuovo carnefice. L'aveva incastrata. Era stata ancora una volta piegata al volere altrui. Eppure, c'erano modi e modi di affrontare ogni prova della vita. Poteva sottrarsi e affrontare le conseguenze, perdere forse definitivamente la fiducia dell'uomo che avrebbe potuto salvarla da una sorte di miseria e disperazione, oppure sottostare e prendere di petto la prova a cui era stata sottoposta.
    Scende con infinita grazia dai tacchi a spillo e poggia i piccoli piedi bianchi come il latte sulla fredda pietra del cortile. Ha già freddo. Troppo freddo. Si guarda attorno per un secondo. Non cerca più la malizia negli sguardi della guardie. Sta guardando ben oltre; oltre le mura della roccaforte, là dove giace la libertà. La sua libertà. Per una vita intera è stata preda delle sue paure. La paura di non essere abbastanza. La paura di non essere in grado di difendersi. La paura di rimanere da sola. E mentre gli indumenti scivolano via da lei, uno alla volta, scivolano via anche le sue paura. Focalizza infine nella sua mente il volto dello stupratore; è ormai morto. I Mangiamorte se ne sono occupati. Non potrà mai più farle del male. Lo sta osservando con l'occhio della mente, mentre lo sguardo si pianta ora fiero in quello luminoso del suo ipotetico salvatore. Li sta fissando entrambi, contemporaneamente. Si ergono uno accanto all'altro mentre il gelo le penetra fino al cuore, stringendolo in una morsa crudele. Trema, trema come non mai, mentre il corpo privo di filtro alcuno si erge statuario di fronte ai due carnefici - l'uno reale, l'altro ormai presente unicamente nelle sue memorie. Una parte di sé vorrebbe raggomitolarsi su se stessa, correre via, nascondersi. Fa freddo. Così freddo che il corpo viene percosso da spasmi violenti. La pelle candida assume lentamente un aspetto quasi violaceo; le cicatrici sulla schiena, sulle gambe, sul ventre sono le uniche imperfezioni che attirano l'attenzione, che distorcono la visione di quel corpo snello, asciutto, giovane. Quelle cicatrici che non ha mai mostrato a nessuno, che le hanno impedito di vivere serenamente gli ultimi mesi della sua vita, delle quali si è vergognata a tal punto da costringersi a vivere quasi come un'eremita. Vorrebbe nascondersi sì, la piccola Selyse prigioniera che vive ancora dentro di lei, vorrebbe scappare, proteggersi. Ma l'autocontrollo di questa ormai donna e non più bambina, glielo impedisce. Non si nasconde. Le braccia penzolanti lungo i fianchi, si contraggono leggermente a pugni chiusi. La figura tutta è certamente tesa, scoraggiata dal vento glaciale che squarta istante dopo istante la pelle ormai percossa dai brividi. Eppure non demorde. Lo fissa dritto negli occhi, come se volesse catturargli l'anima. E per la prima volta, nel torbido grigio, per quanto cupo e freddo, non vede più il carnefice. Non si sentiva umiliata, ma stranamente libera. E davvero ciò che volevi?

     
    Top
    .
  7.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Mago Adulto
    Posts
    1,282

    Status
    Offline
    Kostia rimase immobile ad osservarla per tutto il tempo, come una statua di ghiaccio scolpita nel cuore della sua prigione. Il volto serio non tradiva alcun interesse per la pelle candida che andava via via esponendosi al freddo, restando invece concentrato sui lineamenti della rossa e su ciò che era possibile leggervi momento dopo momento. Era interessante capire come una persona reagisse alla perdita completa dei propri punti di riferimento quasi fosse possibile, scuotendola con sufficiente forza, osservare quali fossero le prime reazioni che venivano a galla. Di solito erano quelle più vere.
    Una punta di distaccata curiosità apparve sul volto dell'ucraino solo nel momento in cui la forte repulsione che Selyse aveva provato in un primo momento venne sostituita da qualcos'altro. Non il controllo con cui aveva iniziato a spogliarsi, facendo forza su se stessa, ma quello che fu possibile leggervi nel momento in cui i gesti diventarono più fluidi e naturali. C'era tempra, nella ragazza, un filo d'acciaio che si arrotolava intorno al suo stesso animo, rafforzandolo, ma non era l'unica forma di metallo che vi si trovava. Nell'ergersi di fronte a lui, la pelle nuda che si arrossava al vento e il mento alto e dignitoso, Selyse appariva infine essersi liberata da un peso.
    Come un suicida che, dopo ore in bilico su un tetto, si decide infine a saltare, Selyse appariva insieme spaventata ed esaltata dal balzo che aveva compiuto. Contenta, nonostante la paura del dolore che ne sarebbe seguito. Talvolta le conseguenze erano un prezzo sorprendentemente basso da pagare per poter provare una sensazione del genere, almeno finché non arrivavano. La squadrò da capo a piedi, lo sguardo fermo privo di lussuria. Ad osservarlo in quel momento lo si sarebbe detto intento a valutare un quarto di bue appeso nella cella di un macellaio, o uno di quei folli completamente disinteressati al corpo femminile - Ho del lavoro da sbrigare - disse infine - Credo lei possa attendermi qui, riflettendo sulla sua scelta. Le lascio i suoi vestiti - aggiunse, indicandoli con un vago cenno del capo - Si consideri libera di indossarli e lasciarci in qualsiasi momento. Manderò qualcuno a prenderla fra un po' - concluse poi, voltandole le spalle e incamminandosi verso il corpo centrale del castello. Determinazione. Nessuno considerava la forza di volontà come un valore quanto lui.
    Spinse la pesante porta di legno, richiudendosela con un tonfo alle spalle. L'ambiente interno era più caldo di quello esterno, ma non di molto - Fuori dovremmo essere intorno ai dieci gradi - disse in direzione di una delle guardie. L'ufficiale annuì, in attesa. Kostia fece due rapidi calcoli, prima di estrarre un vecchio orologio da tasca dalla tasca interna del cappotto - Datele due ore, poi portatela dentro e chiamatemi. Se tocca uno dei vestiti cacciatela - ordinò, riprendendo poi il cammino che l'avrebbe portato ai piani superiori.
    Alla fine della prima rampa di scale Selyse era già ben lontana dai suoi pensieri.

    La camera aveva un arredamento ordinato, sebbene spartano. I pochi mobili - un letto, una sedia, un armadio e uno specchio sistemato sopra il lavandino del bagno - erano semplici ma di ottima fattura, e il legno scuro che li componeva si adattava perfettamente alle pareti di pietra. Era uno dei piccolo appartamenti che veniva usato per gli ospiti di un certo rango, che fossero essi liberi di andarsene o meno, e sebbene non fosse spazioso quanto quelli dei piani superiori non era nemmeno lontanamente simile alle celle di quelli inferiori, e ancor meno a quelle dei sotterranei. La vista - godibile da una finestra priva di sbarre - si allungava sul mare fino all'orizzonte, e il sole che si rifletteva sul mare dava alla scena un aspetto quasi pacifico.
    Anche la vasca da bagno era in pietra, piena fin quasi all'orlo di acqua tiepida. Era lì che le guardie avevano condotto Selyse perché si riprendesse, obbligandola a stendersi nell'acqua prima di andarsene. Dei suoi vestiti non c'era traccia, ma sul letto era stata posata la divisa nera delle guardie, ordinatamente piegata, con accanto la bacchetta della ragazza.
    Kostia entrò in bagno dopo averle concesso qualche minuto di solitudine. Non disse una sola parola, mentre si allungava a posarle un asciugamano piegato sul bordo della vasca. Afferrò la sedia, portandola vicino alla porta e sedendosi lì ad osservarla, ancora in silenzio. Quando parlò, lo fece quasi sussurrando - Inizieremo dall'inizio, e sarò io a valutare e decidere cosa dovrà imparare e come dovranno essere utilizzati i suoi talenti. Le sta bene? -
     
    Top
    .
  8.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    449

    Status
    Anonymous
    Conta. Uno, due, tre, quattro... Ma non si scompone. Non demorde. O questo o la perdizione. Punta lo sguardo di fronte a sé e rimane immobile. Non vi è cosa alcuna che possa distoglierla da quella posizione. Qualunque movimento la porterebbe a rinunciare, a correre più lontano possibile. Li sente: l'umiliazione, la vergogna, l'imbarazzo. Sono lì in agguanto, pronti a strapparla al suo obiettivo. Se ne restano nell'ombra del pomeriggio, impazienti di darle della codarda. Il tempo passa. Trascorre. Troppo lentamente. Uno, due, tre. S'immagina un prato verde sotto la luce indisturbata di un sole cocente. Immagina di camminarvi sopra, di correre impaziente verso una meta che non conosce. E ogni qual volta le immagini si distolgano, ogni qual volta le memorie tornino a incupire il suo stato d'animo, Selyse stringe i pugni e ricorda di non potersi muovere. Il freddo le squarta la pelle, gli sguardi delle guardie in pattuglia la corrodono, le risate di sottofondo si confondono col troppo rumoroso girare dei suoi pensieri. Uno, due, tre. Il prato ritorna. Ritorna infinite volte, distorto altrettante volte dall'immagine di un padre morto, di una famiglia devastata. Il carnefice. Le grate. Urla. Pianti. Uno, due, tre. Quanto tempo è passato? Non lo sa. Ad un certo punto pensa di impazzire e allora ripassa mentalmente i suoi dati anagrafici. Selyse Deveraux, nata il 23 dicembre 1995; Valadilène, Francia. Ripassa mentalmente i volti delle sue vittime. I nomi dei suoi clienti. Liste su liste affollano la sua testa. Poi l'aguzzino torna di nuovo. Le grate. Il freddo. La fame. Il dolore. Lividi. Le cicatrici bruciano sotto il peso mellifluo del vento del Nord. Stupratore. Grate. Freddo. Fame. Dolore. Urla. Lacrime. Morte. Salvataggio. Prima che si accorga un volto nuovo prende spazio nella follia del momento. Non sa il suo nome. Non lo conosce. Ma lui ha ucciso lo stupratore. Occhi azzurri. Capelli scuri. Voce leggermente rauca. Uno, due, tre. Il prato ritorna. All'orizzonte scruta gli occhi azzurri. No, il carnefice ritorna. Ma è morto. Sta impazzendo; e mentre il tempo trascorre c'è da chiedersi semmai qualcuno le darà indicazione alcuna. Tornerà? Manterrà la sua promessa? Ha del lavoro da sbrigare. Dannato lavoro da sbrigare. Mi stai prendendo in giro! Improvvisamente gli sguardi delle guardie assumono nuovi significati. La paranoia si insinua nella mente, la cui volontà diventa un po' più debole istante dopo istante. Ora ridono di lei. I loro sguardi sono maliziosi. Si sfregano le mani non perché sentono freddo; si stanno preparando. E' un'imboscata. Il carnefice è tornato. L'ha seguita. E' lui, è lui, è lui. Una mano calda si posa infine sulla sua schiena. Le fa cenno di muoversi. Le indica la porta di legno dall'altra parte del cortile. In un primo istante non capisce. Viene quindi spinta nella direzione indicatale, senza parola alcuna. Uno, due, tre.

    Il caldo si insinua nelle sue membra e lentamente riprende conoscenza. Non sa quanto tempo sia passato ma per quanto la riguarda potrebbero essere trascorsi pochi minuti come un'eternità. Là su, nella sua testa, qualcosa era scattato, una molla di cui non si era mai accorta, qualcosa che aveva tralasciato, un piccolo dettaglio a cui prima non aveva mai fatto caso. Il mondo è un posto crudele; e non è come se Selyse non se ne fosse mai accorta, ma poiché si era comportata da vittima per gran parte della sua esistenza, aveva ormai preso a pensare che tutto fosse lecito, solo perché lei aveva vissuto esperienze più dure di altri. Non aveva mai reagito fino in fondo, non si era mai spinta di spontanea volontà oltre i limiti da lei imposti. Aveva creduto per molto tempo, che tutto fosse lecito e tutto le dovesse venir concesso a prescindere. Poco importavano le gerarchie, il suo grado di inesperienza, Selyse era convinta che tutto le spettasse solo perché lei aveva assistito ad atti e fatti che molti non potevano vantare nel proprio ventaglio di esperienze. Ma non si era mai realmente forgiata; nessuno le aveva dato effettivamente contro, nessuno si era interposto tra lei e le sue manie di grandezza, il suo innato egocentrismo e la sua malattia di maniacale senso del controllo. S'immerge nella vasca, vi si stende e appoggia la nuca contro la superficie di pietra e così lentamente la ragione torna a interpellarla. Le ricorda che non è morta; che quello non è il momento di abbandonarsi, bensì di reagire. Rivolge quindi lo sguardo verso la larga finestra priva di sbarre alla sua sinistra e scruta con attenzione l'opaca linea dell'orizzonte che si confonde con il mare burrascoso. Diceva un mistico e maestro spirituale indiano che il mare è la dimora di tutto ciò che abbiamo perduto, di quello che non abbiamo avuto, dei desideri infranti, dei dolori, delle lacrime che abbiamo versato, ma mentre si crogiola nel acqua tiepida che le scalda il cuore, rimettendo in moto la circolazione sanguigna, il mare è per la rossa dimora di un nuovo inizio. E' lì, in quel vago e indefinito futuro che si strugge in attesa la sua serenità. E quindi smette; smette di sentirsi una vittima e si ricorda di cancellare lentamente tutte quelle immagini che hanno posseduto la sua mente nelle ultime ore. Non pensa più a ciò che hanno fatto a lei, ma a ciò che lei potrebbe fare ad altri. E così, impercettibilmente, la linea dura delle sue labbra si distende, e un sorriso quasi invisibile si dipinge all'angolo della bocca. Ora sa di essere pronta ad affrontare qualunque cosa; è pronta ad obbedire... no, piuttosto farsi guidare. E' pronta ad imparare. Sveste i panni dell'altezzosa per fare tesoro di ciò che le verrà offerto in cambio di fedeltà. E ora se ne accorge: non è solo una famiglia, un posto sicuro, che potrebbe conquistarsi, bensì anche tanta esperienza e tante lezioni di cui farne tesoro. Trasalì non appena la porta del bagno si aprì. Il silenzio che riempiva la distanza tra i due protagonisti della scena, non si tingeva più di tensione. Selyse aveva capito e forse anche lui aveva capito che la sua ostilità era stata piegata. Afferrò l'asciugamano che le venne dato e senza dire niente capì che il suo momento di pace era finito. A malincuore si alzò e si avvolse nel morbido tessuto di cotone bianco. « Inizieremo dall'inizio, e sarò io a valutare e decidere cosa dovrà imparare e come dovranno essere utilizzati i suoi talenti. Le sta bene? » Sei pronta? Adesso o mai più. Torna di fronte alla finestra, vi si appoggia contro lo stipite per sentire l'aria gelida, quasi come se di quel gelo non potesse ormai farne a meno. Fissa un punto indefinito di fronte a sè e si lascia guidare dalle onde. « Ciò che è successo oggi sfiora le vette del ridicolo. » Le sue affermazioni sono altrettanto un sussurro. Sa che può sentirla, ma non sa se parla effettivamente con il giovane Mangiamorte. « Pensavo di avere già tutte le risposte di cui necessitavo ma non c'è cieco peggiore di chi non vuol vedere. » Chiuse gli occhi mentre la glaciale brezza le colpiva in pieno il viso, poi si girò infine per guardarlo. « Sono pronta. »
     
    Top
    .
  9.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Mago Adulto
    Posts
    1,282

    Status
    Offline
    Per la prima volta Kostia si concesse di osservare il corpo che emerse dalle acque come qualcosa di diverso da un semplice pezzo di carne da plasmare. Ne osservò il pallore della pelle e la curva delicata del seno, soffermandosi poi sul modo in cui la folta chioma ondeggiava nel scivolarle sulle spalle. Le gambe, magre e affusolate, si muovevano con la grazia necessaria a sottolineare tale bellezza e lo stesso fascino concentrò lo sguardo del mangiamorte sulle dita sottili della ragazza. Sensualità e perfezione si nascondevano nei dettagli, e Kostia era abituato a cercare certe piccolezze. A lasciarsene affascinare. La parte di lui che un tempo era appartenuta a Michael, e che ancora ne obbediva agli istinti, non poté che ammirare quel corpo sinuoso e chiedersi come fare per condurla fra le proprie lenzuola. Kostia scacciò quei pensieri con forza, liquidandoli come poco professionali. Non era da lui.
    - Cosa intende? - le domandò. Non comprendeva, l'ucraino, cosa Selyse trovasse di tanto ridicolo nella prova cui l'aveva sottoposta ma, nonostante quello, non poteva che apprezzare il modo in cui l'aveva superata. Ne la consapevolezza che era possibile leggerle adesso sul volto. Un Mangiamorte era per definizione un predatore, e troppo a lungo si erano dimenticati quel dettaglio. Che avesse l'energico ruggito del leone come Michael, il lento fluire delle spire di un serpente come lui o la rabbiosa tenacia del lupo che si celava in Olympia cambiava poco: erano predatori, e se Selyse voleva unirsi a loro doveva imparare a ragionare come tale, a comportarsi come tale.
    A lui spettava l'arduo compito di capire se possedeva zanne o artigli, veleno o ali.
    - Consideri Azkaban la sua residenza per le prossime settimane - aveva riflettuto a lungo, in quelle ore, su quale fosse il modo migliore di iniziare il suo addestramento. Di lì un paio di mesi l'avrebbe indirizzata verso il corso Auror, se ne fosse stata capace, in modo che potesse rapportarsi anche con altri ma per il momento la voleva lì, ad addestrarsi e a mostrargli quello di cui era capace - Le fornirò il necessario per mandare una lettera nel caso voglia avvertire qualcuno, più tardi, ma da domani mattina può considerarsi di mia esclusiva proprietà. Si allenerà tutte le mattine con le guardie e passerà i suoi pomeriggi a studiare i libri che le fornirò. Talvolta mi allenerò con lei, per controllare i suoi progressi - avrebbe fornito agli addestratori specifiche istruzioni su come allenarla. Combattimento a mani nude e tecniche basilari di difesa, e tanta attività aerobica da farla crollare esausta al suolo prima del tramonto. Non si poteva fare molto, in poche settimane, ma forse si poteva fare abbastanza - Consumerà i suoi pasti in mia compagnia, se sarò qui, o altrimenti da sola in questa camera - istruzioni chiare e precise, formulate con voce pacata. Sarebbe stata libera di andarsene quando preferiva, ovviamente, o di non attenersi a quelle regole se non le trovava di suo gusto, ma una volta andata via il ritorno non sarebbe stata un'opzione.
    Allargò lievemente le mani, mentre osservava la silouhette della ragazza stagliarsi contro la finestra - Se ha delle domande direi che questo è il momento giusto per porle -
     
    Top
    .
  10.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    449

    Status
    Anonymous
    « Ciò che intendo dire è che avrebbe potuto dimostrare la sua autorità in molti modi. Avrebbe potuto mettermi alla prova in situazioni ben diverse e anche più difficili di quella a cui abbiamo assistito. Eppure lei ha scelto quella che comunemente potrebbe risultare la più umiliante per una donna. Sono rimasta sorpresa, ecco. E' freddo, duro come una roccia, distaccato. Ha domandato senza fare domande, ha preteso senza pretese. Ha aspettato. Pazientemente. Spietatamente. Impassibile, là dove l'impassibilità umana normalmente non arriva. » Fece una breve pausa, continuando a scrutare il panorama. Era lì con lui, ma non lo era affatto. Si godeva la beltà di una mare burrascoso, da quelle altezze impressionanti, così come non lo aveva mai fatto. Così come non avrebbe mai pensato di fare. Con occhi nuovi, gli occhi di chi ha avuto modo di ripassare mentalmente una vita intera nel giro di poche ore. Come un essere morente, Selyse aveva lasciato andare ciò che la tratteneva, o per lo meno lo stava facendo lentamente. Aveva capito dove volesse arrivare. Aveva capito perché quella prova era più corrosiva di altre. « La voglio. Voglio quella forza. » E non importava se si trattasse di vera forza o semplicemente una serie infinita di rinunce; Selyse aveva bisogno di quella impassibilità, lei doveva imparare a controllare e controllarsi a tal punto da non sembrare più provata, a tal punto da potersi guardare allo specchio e dire che andrà tutto bene. « Consideri Azkaban la sua residenza per le prossime settimane. Le fornirò il necessario per mandare una lettera nel caso voglia avvertire qualcuno, più tardi, ma da domani mattina può considerarsi di mia esclusiva proprietà. Si allenerà tutte le mattine con le guardie e passerà i suoi pomeriggi a studiare i libri che le fornirò. Talvolta mi allenerò con lei, per controllare i suoi progressi. » Proprietà esclusiva. Non sapeva se prendere alla lettera quel avvertimento oppure prenderlo per quello che poteva significare in linguaggio figurato: dover rimanere sempre a sua disposizione. Da aspirante giurista, in quanto figlia di suo padre, tendeva a misurare le altrui parole nei minimi dettagli, quasi riducendole al loro significato letterale. Quando una persona dice una cosa, solitamente la intende, anche se a volte il processo è del tutto inconscio. E ciò la disturbava. La disturbava l'intera situazione, o forse le faceva semplicemente paura. Aveva paura che l'orgoglio avrebbe avuto la meglio. Aveva paura di rovinare tutto, ora che per la prima volta vedeva la situazione distendersi tra lei e il suo freddo interlocutore. Selyse non conosceva Kostia Preud, e non si sarebbe fidata di lui in ogni caso, a maggior ragione in quella situazione di subalternità. Ma quale altra scelta aveva? Vivere nell'oblio non era un'alternativa. Strusciare e leccare i piedi dei suoi nemici era altrettanto impercorribile come strada. Aspettare la morte? Il suicidio? Vivere per inerzia? Doveva come minimo provarci prima di lasciarsi andare a una vita piena di insoddisfazioni, o per meglio dire, a una non-vita. « Consumerà i suoi pasti in mia compagnia, se sarò qui, o altrimenti da sola in questa camera. » Molte regole le erano state imposte; ma non sembrava fossero un problema per la rossa. Di carattere ordinato e diligente avrebbe saputo tenere fede a tutto ciò che le era stato chiesto. L'unica domanda che si poneva freneticamente era se fosse una prigioniera o meno. L'idea della gabbia la metteva in soggezione, la terrorizzava come poche altre al mondo. Eppure, quelle finestre ampie che si aprivano sul mare grigio, tutto sembravano tranne che una prigione. Sarebbe rimasta in quella gabbia dorata di spontanea volontà, e ciò l'avrebbe aiutata a superare l'idea di assenza di libertà. Finché avrebbe saputo che quelle porte erano aperte, non ci sarebbe stato motivo alcuno perché volesse scappare. Non c'è nulla da cui scappare. « Se ha delle domande direi che questo è il momento giusto per porle. » Fu la prima volta in cui abbandonò il paesaggio. Ne rimase profondamente delusa. Avrebbe potuto scrutare l'immagine tormentata dei dintorni di Azkaban per sempre. Come Narciso alla fonte, Selyse riusciva a vedere nel mare le sue interiora, vedersi nel profondo, come se il suo cuore e la sua mente fossero confuse e irriverenti tanto quanto i movimenti involontari della distesa grigia di fronte ai suoi occhi. Si avvicinò. Lo sguardo puntato in quello del giovane mangiamorte. « Non c'è nessuno. Ma questo lo sapeva o lo aveva intuito già. » In altre circostanze avrebbe fatto la voce grossa, avrebbe forse cantato le lodi delle decine di persone a cui sarebbe mancata o che si sarebbero mosse in sua difesa semmai le fosse successo qualcosa. Non quella volta. Se voleva guadagnarsi la sua fiducia doveva essere sincera. Doveva conoscerlo, rendersi a modo suo davvero indispensabile, non perché lo dicessero le carte o i suoi successi passati, ma per quello che avrebbe ottenuto da adesso in poi. Al contempo doveva lasciarsi conoscere; non sarebbe stato facile, ma doveva farlo. « Rende il suo lavoro decisamente più facile. » E non c'era accusa alcuna nel suo tono pacato. E' ciò che avrebbe fatto lei. « Acconsentirò a tutto. Ho solo una richiesta: tela e acquerelli. Questo mare è troppo bello perché non venga dipinto. » E non ci è dato sapere se si riferisse al mare fuori dalla finestra o la gelida distesa negli occhi di Kostia. Certo è che dipingere era sempre stata una di quelle azioni che l'aiutava a riflettere. Mettere le proprie emozioni su tela può aiutare molto, a volte più di stendere parole su carta. « Credo di avere alcune domande, sì, ma sarebbe più appropriato se continuassimo in vesti più consone. Se me lo permette. » E fu la prima volta dopo un bel po' in cui si permesse di lasciar scivolare sulle labbra carnose un leggero sorriso.
     
    Top
    .
  11.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Mago Adulto
    Posts
    1,282

    Status
    Offline
    Quella pareva essere una buona occasione per posare la prima pietra della sua nuova educazione.
    Kostia posò il gomito sul bracciolo della sedia, sfiorandosi il labbro inferiore con la punta di un dito. Erano ancora molte le cose che doveva capire di lei, e quale fosse il modo migliore di insegnarle era una di quelle. Alcuni imparavano con la teoria, altri con la pratica, altri ancora con il dolore. Selyne pareva aver tratto subito una lezione della prima prova che l'aveva toccata direttamente, e a lui stava plasmare quelle deduzioni perché imboccassero la giusta direzione - La mia autorità non è cosa che abbia bisogno di essere dimostrata - fu il suo primo commento. Non in quel luogo, e di sicuro non in un rapporto con il loro - Sta sottolineando l'umiliazione come se per lei fosse la cosa più rilevante, quando ai miei occhi era la sua capacità di resistere ad una situazione di profondo disagio fisico ad esserlo. La domanda che mi ponevo era se lei sarebbe stata tanto determinata da sopportare il gelo esterno nonostante la tentazione rappresentata dai suoi vestiti. Il suo rapporto con il pudore era del tutto secondario - secondario ma non irrilevante. Era possibile capire molto sul conto di una persona partendo dal rapporto che aveva con la propria nudità.
    Scosse appena la testa - Ognuno di noi è diverso, e possiede una forza diversa - tornò a spiegarle pacato. La osservava in volto mentre parlava, scrutandone il profilo - In qualcuno è la rabbia, mentre in altri è il fascino, la freddezza o l'orgoglio. Cibo diverso per animali diversi - bestie diverse. Avrebbe scoperto presto, insegnandole il Maledictus, quale fosse il suo.
    Piegò le labbra nel breve accenno di un sorriso. Il primo, da quando era arrivata - Lei è qui di sua spontanea volontà, e questo rende già il mio lavoro molto semplice. Come rapportarsi con ciò che l'attende fuori è affar suo, non mio - e lo sarebbe rimasto finché Selyse avesse rispettato le regole della casa - Le farò avere quanto chiede, ma i quadri resteranno ad Azkaban. Non ho piacere che immagini del castello girino là dove possano essere viste da occhi indiscreti - soprattutto se qualcuno avesse celato fra le pennellate dettagli sulle difese del castello, o sulla sua attuale planimetria. Non vi era spazio per la fiducia quando si parlava di sicurezza.
    Alzò una mano, indicandole la divisa nera che le aveva fatto posare sul letto - Ha ragione, mi scusi - si limitò a concederle, alzandosi e lasciandole spazio. Non intimità, però. Non si voltò, ne uscì dalla stanza - Gradirei anche mi mostrasse il suo patronus, quando è pronta -
     
    Top
    .
  12.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    449

    Status
    Anonymous
    Ascoltò quelle parole con attenzione, rimanendo eretta in piedi di fronte al mangiamorte. Strinse i pugni fermamente attorno all'asciugamano che teneva stretto al petto. « Sta sottolineando l'umiliazione come se per lei fosse la cosa più rilevante, quando ai miei occhi era la sua capacità di resistere ad una situazione di profondo disagio fisico ad esserlo. La domanda che mi ponevo era se lei sarebbe stata tanto determinata da sopportare il gelo esterno nonostante la tentazione rappresentata dai suoi vestiti. Il suo rapporto con il pudore era del tutto secondario. » Che cosa ne poteva mai sapere lui dell'umiliazione. Non immaginava neanche quanto fosse stato difficile sostenere quella prova. Non era il freddo ad averla disturbata, perché nella sua mente c'era ben altro. Il freddo era passato in secondo piano di fronte alla vergogna, di fronte alle immagini crude di esperienze che aveva subito impotente. L'umiliazione. Era stata proprio quest'ultima a condurre il flusso dei suoi pensieri e non c'era modo perché potesse scrollarsela di dosso. Certo, questo a Kostia non lo avrebbe mai confidato. Gli unici ad essere al corrente delle sorti che le erano toccate erano Selyse stessa e l'uomo che l'aveva costretta ad atti indicibili. Con lui a tre metri sotto terra, quel segreto era tutto suo, e nessuno l'avrebbe mai scoperto finché la rossa avrebbe avuto ancora la forza di remare contro. Kostia aveva toccato un tasto dolente, senza nemmeno saperlo. E per quanto quella prova poteva dirsi superata, aveva lacerato qualcosa dentro la giovane. A modo suo aveva bisogno di esternarlo, nonostante non ci fossero parole per descriverlo. « Ognuno di noi è diverso, e possiede una forza diversa. In qualcuno è la rabbia, mentre in altri è il fascino, la freddezza o l'orgoglio. Cibo diverso per animali diversi. » Annuì deglutendo, lasciando vagare lo sguardo nell'ambiente fresco, cercando di individuare i suoi nuovi spazi. Mentre il giovane parlava, stava già cercando di immaginare le prossime settimane. Come si sarebbe sistemata. Come avrebbe reso quel posto un po' meno freddo, un po' più casa e un po' meno prigione. I quadri l'avrebbero aiutata. Sentire di avere la sua approvazione nel dipingere sembrò sollevarla da un grosso peso. Ne aveva bisogno. Un piccolo barlume nel buio di cui era circondata. Buio che, non proveniva dai trattamenti del suo maestro e tanto meno dall'ambiente fornitole per rafforzarsi. Era un buio pesto che proveniva da dentro. Avrebbe sfruttato quel poco tempo a disposizione per fare chiarezza. Lontana dalle città, dalle persone, dalla mondanità, avrebbe forse finalmente conosciuto se stessa e, prima di iniziare a fissarsi degli obiettivi, avrebbe finalmente capito chi volesse essere. Quale belva le calzava meglio.
    Le fu concesso vestirsi. Non da sola come avrebbe sperato. Quei pochi minuti in silenzio con se stessa non sembravano facessero parte degli accordi. Rimase a fissarlo per qualche istante in attesa che se ne andasse, ma quando comprese che ciò non sarebbe successo, non insistette nel fare la capricciosa. Comprovò che proprietà esclusiva significava proprietà esclusiva. Eppure, si era spinta troppo oltre perché si lasciasse confondere le idee dai convenevoli. Ormai, non c'era nulla che lui non avesse già visto. Si diresse quindi graziosamente verso il letto, dandogli le spalle. Sulle coperte invernali, posate ordinatamente c'era una semplice divisa nera, simile a quella delle guardie, con sopra la sua bacchetta. Si concesse un momento per impugnarla, accarezzandone dolcemente il manico finemente decorato in platino. Al centro, le linee concentriche si intrecciavano per lasciar spazio allo stemma di famiglia. L'aquila a tre teste, ormai magnificamente decaduta sotto circostanze ben note. L'avrebbe riportata al suo antico splendore. L'aquila a tre teste sarebbe tornata in vita, sotto una guida più vigorosa, giovane, forse più forte. Sarebbe tornata a sorgere dalle sue ceneri come la sua ultima erede. Posò la bacchetta sul letto, lasciando cadere l'asciugamano a terra. A quel punto, dopo pochi fluidi movimenti - nonostante gli arti ancora intorpiditi dal freddo - si sentì nuovamente a suo agio. « Gradirei anche mi mostrasse il suo patronus, quando è pronta. » Si sentì calda, protetta, al sicuro. Una persona nuova. Poteva farcela. Impugnò quindi nuovamente la bacchetta annuendo tra se e se. Senza fare domande. Senza discutere. Una cosa l'aveva ormai capita: non avrebbe ricevuto poi molte spiegazioni. Era d'altronde sempre piacevole per qualunque osservatore scrutare quella graziosa lince che aveva scoperto di evocare verso i suoi diciassette anni. Pensò quindi a quello che era il ricordo più intenso della sua infanzia. Un giorno al parco con il suo vecchio. Uno degli unici che avesse mai passato con lui. Era sempre occupato. Non era stato lui a crescerla, tanto meno ad allevarla, ma quel giorno, quel forse primo e unico giorno in cui erano stati prettamente sereni, le è sempre rimasto impresso come il più bello di sempre. Era un bambina felice allora, persino ingenua, leggermente timida. Sorrideva tanto, e parlava a sproposito. Aveva quel tipico veleno nel sangue di chi ha una risposta pronta di fronte a qualunque provocazione. Poteva permetterselo. Nulla le sarebbe mai successo. C'era d'altronde il babbo a proteggerla. Ripensò ai toni caldi di quel pomeriggio, al modo in cui la sollevava per aria; ripensò alla sua risata e ai versetti colmi di gioia. Allungo appena il braccio di fronte a sé e formulò mentalmente le parole che ben conosceva. Nulla. Ci riprovò. Questa volta pensò al caldo estivo, ai raggi del sole, ai giochi che si erano inventati insieme. Ripensò a come le aveva insegnato a giocare a Quidditch. Un giorno tutto questo sarà tuo, Selyse, le diceva allora. Tutto questo è per te. Allungò nuovamente il braccio di fronte a sè. Nulla. Nemmeno l'ombra di una leggera scia blu. Solo la terza volta, una friabile quanto debole onda fuoriuscì dalla bacchetta. Non avrebbe potuto fermare nemmeno un Dissennatore in miniatura. Un semplice Lumos al confronto era una centrale elettrica. Che cos'è successo? Se ne rese conto dopo pochi istanti di silenzio. Tutto quel ben di dio che Louis aveva raccolto non era suo, non lo sarebbe mai stato. Tutto ciò che suo padre aveva raccolto era andato perso e con lui, erano andati anche i ricordi felici, ormai velati dall'ombra del dispiacere e della rabbia. Quei ricordi erano diventati ormai spasmi meccanici. Non la sollevavano, non la facevano sentire lieta di esistere, non la rendevano minimamente felice. Selyse non era felice, era arrabbiata. Era furiosa. Era umiliata. Si guardò improvvisamente la mano tremante in cui sorreggeva la bacchetta. In stato di shock prese a guardarsi attorno confusa. L'unica cosa di cui era sempre stata certa era di essere una brava strega. Diplomata con il massimo dei voti, sempre pronta a dimostrare persino pomposamente le sue doti. Ora, impotente. Bastava così poco per rompere l'equilibrio di una persona? O forse Selyse non era mai stata equilibrata? Strinse forte la bacchetta tra le mani prima di farla sbattere contro il muro. Quest'ultima rimbalzò, atterrando sulle coperte, al posto che le era stato assegnato inizialmente. Lei, in tutta risposta strinse i pugni e si diresse verso la porta della stanza, pronta ad uscire. Doveva andarsene. Poi, proprio mentre stava per varcare la soglia si fermò, richiuse la porta e vi appoggiò la testa. Avrebbe dovuto aspettare. Kostia aveva detto quando sarebbe stata pronta. Selyse aveva sempre pensato di essere pronta, a prescindere. Pensava che le intemperie della vita non l'avrebbero certo piegata. Evidentemente si sbagliava su molte più cose di quante era pronta ad ammettere. « Ho bisogno di una boccata d'aria. » Asserì dopo una lunga pausa. La tempia appoggiata contro la porta. Occhi chiusi. Sensazione di burrascosa fallimento in arrivo.
     
    Top
    .
  13.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Mago Adulto
    Posts
    1,282

    Status
    Offline
    Distogliere lo sguardo e spostarlo verso la finestra fu tutto quello che fece per lasciarle un minimo di privacy, mentre si rivestiva. Lo scoprirsi attratto dalla pelle candida della sua nuova allieva lo infastidiva nella stessa, seccante maniera in cui lo avrebbe infastidito il rendersi conto di non saper più usare correttamente forchetta e coltello. Non era mai stato il tipo di persona abituata a mischiare il piacere con il lavoro ma adesso, con parte dei sentimenti di Michael che gli battevano nel petto, il ferro controllo che aveva sempre avuto su se stesso era andato assottigliandosi e sfibrandosi alle estremità, rendendolo più sensibile a certe situazioni. Fastidiosamente sensibile.
    Attese con pazienza che lei recuperasse la bacchetta e facesse un primo, timido tentativo. Se il risultato di quell'incantesimo lo sorprese l'ucraino non lo diede a vedere, limitandosi ad osservarla provare una seconda volta, e poi una terza e una quarta ancora. Dalla bacchetta non uscì nulla più di un fugace sbuffo di fumo, sufficiente appena ad attirare l'attenzione di chi la circondava. Kostia non smise di osservarla nemmeno quando si voltò per dirigersi verso la porta, soddisfatto però nel vederla fermarsi prima di varcarla. Aveva talento e si vedeva. C'era del buono in lei.
    - Crede davvero che sia saggio girare per un luogo pieno di Dissennatori senza saper evocare un Patronus? - il velo setoso di quella domanda volteggiò fra loro, adagiandosi come unica risposta a tutti i suoi quesiti. Non l'avrebbe fermata, se lei avesse deciso di uscire, ne lo avrebbero fatto quei Dissennatori che aveva fermamente bandito dai piani superiori della prigione, ma Selyse non aveva modo di sapere cosa avrebbe trovato nei corridoi e quello era tutto ciò che contava. Non agire in maniera stupida, o avventata.
    Alzò una mano, elegante, facendole segno di tornare ad avvicinarsi al centro della stanza. Quella sarebbe stata la loro prima, vera lezione - Sai per quale motivo i Mangiamorte hanno tanta fatica ad evocare un Patronus? - una domanda legittima, che in molti si erano posti nel corso degli anni. Kostia aveva potuto vederlo accadere spesso, da quando aveva ricostruito Azkaban: perfino i migliori di loro talvolta tentennavano e faticavano a mostrare al mondo la creatura luminosa che avrebbe dovuto rappresentare la parte più pura della loro anima. Si scostò dal muro, avvicinandosi a lei di un passo - Un Patronus è un incantesimo che, per definizione, scaturisce dalla parte più felice della nostra anima, solo che per noi è particolarmente difficile essere persone felici. Come potremmo esserlo, d'altronde, quando la metà di noi è diventato ciò che è per rabbia e l'altra metà per gelido calcolo? Quando cerchiamo di aprire quella porta non troviamo ciò che abbiamo costruito ma il dolore che ci ha trasformato in quello che siamo, sia esso dolore che abbiamo subito o che abbiamo inflitto - parlava lentamente, come avrebbe fatto in un aula di scuola. Prese a camminare mentre lo faceva, compiendo un largo giro intorno a lei, scrutandola da ogni direzione. Uno squalo che nuotava intorno alla sua preda - Voglio che tu riesca a fare il tuo Patronus, e non perché temo il bacio che potresti ricevere in un momento di disattenzione. Un tale fallimento comporterebbe più danno a te che a me. No, voglio che tu sappia fare il tuo Patronus perché riuscirci significa sapere dividere le cose buone da quelle cattive, e saper impedire che certe emozioni influenzino la tua capacità di agire - si sedette su un angolo del letto, intrecciando le dita delle mani le une nelle altre - Chiudi gli occhi, riprovaci, e cerca di concentrarti. Parlami dei ricordi cui stai pensando e di quello che provi. E di quello che li rovina e non riesci a mettere da parte -
     
    Top
    .
  14.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    449

    Status
    Anonymous
    Tornò a osservare Kostia dopo un tempo infinito. Ascoltava distrattamente le sue parole, tormentata da immagini che troppo spesso le erano tornate in mente in una sola giornata. A volte si svegliava nel pieno della notte urlando, divincolandosi nel letto, in preda ad attacchi di panico. Nessuno avrebbe dovuto sopravvivere a determinate esperienze abbastanza allungo da raccontarle, non solo perché erano dolorose, bensì perché lasciavano un segno indelebile, le cui ripercussioni nel tempo erano a dir poco imprevedibili. Selyse era una mina vagante; non se ne era accorta fino in fondo finché indirettamente il giovane mangiamorte non glielo aveva fatto notare. Tornò quindi a fissarlo, quasi ossessivamente, studiando le sue movenze. Così controllato, così freddo. Aveva certamente tanta esperienza. Non erano tanto le sue parole a dimostrarlo, quanto il modo elegante di muoversi, il controllo e il gelo in ogni movimento. Non aveva l'impeto dei loro coetanei. Doveva aver certamente sperimentato più di molti altri. E improvvisamente, senza nemmeno accorgersene, Selyse desiderò per un infinito istante capire cosa vi si celasse dietro. Da dove scaturiva tutto quel autocontrollo? Certamente di controllo ne aveva da vendere anche lei, ma era una pura apparenza, dietro la quale si celava un muro di incertezze, di insicurezze, di debolezze e soprattutto di odio e disprezzo. Selyse si odiava, si sentiva sporca, sia a livello di coscienza che a livello prettamente fisico. Le circostanze l'avevano insudiciata ed ora non aveva la più vaga idea di come rialzarsi, ripulirsi e ricominciare da zero. Cosa si celava lì dietro? Dietro quegli occhi di ghiaccio? Come aveva fatto? Quale era il suo punto di rottura? Tutte domande, ma nemmeno una risposta. La figura marmorea di Kostia non lasciava trapelare assolutamente nulla. « Voglio che tu riesca a fare il tuo Patronus, e non perché temo il bacio che potresti ricevere in un momento di disattenzione. Un tale fallimento comporterebbe più danno a te che a me. No, voglio che tu sappia fare il tuo Patronus perché riuscirci significa sapere dividere le cose buone da quelle cattive, e saper impedire che certe emozioni influenzino la tua capacità di agire. Chiudi gli occhi, riprovaci, e cerca di concentrarti. Parlami dei ricordi cui stai pensando e di quello che provi. E di quello che li rovina e non riesci a mettere da parte. » Lo vide sedersi sull'orlo del letto, e allora, dopo un lungo momento di riflessione sul da farsi, la rossa decise di sedersi di fronte a lui, sul freddo pavimento di pietra grezza. Lo sguardo si concesse una rapida occhiata oltre la finestra, concentrandosi su quel mare torbido che tanto sembrava alleviare i sintomi spasmodici della sua anima. Chiuse gli occhi come le era stato suggerito e ritornò con la mente alle stesse immagini di prima, quelle che per molto tempo, prima della prigionia, avevano evocato la sua graziosa lince azzurrognola. « L'estate era sempre un momento di gioia. Me lo ricordo con affetto. Louis non era mai a casa, sempre intento a correre avanti e indietro per il vecchio continente alla disperata ricerca di nuovi clienti e casi da risolvere. Quando lui non c'era la casa della mia infanzia era sempre vuota, asettica. La servitù non mi si avvicinava mai più di tanto. Ero perennemente circondata da maestri che pretendevano una disciplina ferrea. Poi c'era Simone, la mi tata; l'ho sempre odiata... era una tale buonista. Quelle breve visite di mio padre riscaldavano l'ambiente. Non ero attratta dai regali di cui mi riempiva e nemmeno dalle feste che organizzava. Mi bastavano quei pomeriggi al parco assieme a lui. Trovava il tempo per la favola della buonanotte. Mi insegnava a giocare a Quidditch, mi raccontava già allora dei suoi compagni d'armi. E io vi ammiravo. Sin troppo perché potessi essere definita una bambina innocente. Mi diceva sempre "Tutto questo, un giorno sarà tuo, mia cara." poi mi sollevava e mi faceva volteggiare per aria. Io ridevo. E lui rideva. Eravamo felici. Solo noi due in una specie di bolla di sapone. » Tacque per un secondo e si lasciò sfuggire un ampio sorriso mentre quelle memorie dai toni tenui si districavano nella sua mente. Una sensazione di pace la avvolse per un istante. Pensò al Patronus, ne visualizzò la forma e si concentrò su quella sensazione di pace e serenità. Ma non appena la voce del padre s'insinuò nella sua mente, qualcosa cambio. "Tutto questo, un giorno sarà tuo, mia cara." Bugiardo. Louis era un bugiardo, e anche della più bassa specie. Nessuno dei suoi piani si era realizzato. Tutti i suoi sforzi andati in fumo. Come Icaro, aveva volato troppo vicino al sole; si era scottato, ma nella caduta aveva trascinato con sé anche l'unico essere che avrebbe dovuto tutelare a tutti i costi. Era stata sua figlia a pagare per i suoi errori molto più di quanto non avesse fatto il diretto responsabile. Louis era morto. Ora non doveva più preoccuparsi di niente. E Selyse? Selyse si sarebbe portata il peso dei suoi errori sulle spalle, probabilmente finché non avrebbe esalato l'ultimo respiro. « Mi ha mentito. E' stato debole e avventato. E ora qualcun altro deve raccogliere i cocci del suo fallimento, così come qualcun altro ha pagato in passato per i suoi errori. Sono contenta che sia morto, sai? Se lo meritava. Si meritava questo e anche di più. Il suo andarsene è stato sin troppo morbido. » La gabbia le tornò in mente come se potesse ancora sentire il freddo delle sbarre. Il buio della stanza ammuffita in cui aveva trascorso il tempo, perdendo la cognizione della scansione tra giorno e notte. Il patronus le passò di mente. La concentrazione sfuggì al controllo. Voleva solo schiacciare quelle sbarre, polverizzarle se possibile, liberarsene, scappare. Il rumore dei passi che tanto la terrorizzava, tornò a saettare da qualche parte nella sua testa e a quel punto strinse le dita attorno alla bacchetta. Non si sarebbe fatta trovare impreparata questa volta. Lo avrebbe schiacciato come fosse uno scarafaggio. Solo il rimbombo di vetro infranto la obbligò ad aprire gli occhi. Lasciò cadere la bacchetta osservando pietrificata la caraffa d'acqua, presente sul comodino alle spalle di Kostia, che venne letteralmente polverizzato. L'acqua si disperdeva ora sul pavimento goccia dopo goccia. Selyse sgranò gli occhi e si allontanò spaventata dalla propria bacchetta, attirandosi le ginocchia al petto. « Mi... mi dispiace. » Per la prima volta mostrava tutta la sua vulnerabilità. Tutte quelle incertezze, tutte le debolezze, tutto l'odio e il disprezzo accumulato, erano emersi a maggior ragione di fronte alla forza brutale delle parole. Quelle cose le pensava, ma non le aveva mai detto ad alta voce. E non si era mai resa conto fino in fondo di quanto quel rancore era profondo e debilitante.
     
    Top
    .
  15.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Mago Adulto
    Posts
    1,282

    Status
    Offline
    Selyse sarebbe rimasta sorpresa di scoprire quanto poco interessasse a Kostia quello che stava dicendo.
    Il Mangiamorte ascoltava con attenzione, seduto con il corpo lievemente sporto verso di lei, ma se anche una parte di lui registrava meccanicamente tutto quello che la rossa aveva da dire l'interesse che nutriva davvero per i suoi ricordi era minimo. Ad interessarlo era più il fatto che lei si fidasse abbastanza da parlare con una certa fluidità e senza porsi il problema di quello che era o meno il caso di rivelargli. Era uno strano animale, la fiducia, molto difficile da addestrare e ancor più complicato da tenere al guinzaglio.
    Talvolta si nutriva di carezze, altre di bastonate.
    Acuì l'attenzione nel momento in cui il registro della sua voce cambiò, portandosi con sé il riflusso dei ricordi. Quindi era quella la roccia contro cui il fiume dei suoi ricordi si scontrava, frantumandosi in un migliaio di schegge di odio, rabbia e rancore. La delusione di Selyse affondava le proprie radici nel senso di abbandono e nelle promesse non mantenute di quel padre che, gli pareva di capire, non valeva il costo della terra che avevano usato per seppellirlo. Era estremamente interessante, ed era certo che al momento opportuno si sarebbe rivelato decisamente utile per il suo addestramento.
    Ruotò appena il viso quando un rumore di vetri infranti agitò l'aria dietro di lui, a puntare lo sguardo sul comodino. Aveva seguito la punta della sua bacchetta per tutto il tempo, bene attento a che non fosse mai puntata direttamente su di lui, e se anche l'improvvisa esplosione di quell'incantesimo l'aveva sorpreso Kostia non fece nulla per darlo a vedere - Pulisci, per cortesia - si limitò a chiedere, tornando ad osservarla. Attese, paziente, che lei eseguisse gli incantesimi necessari a ricostruire la brocca e a posarla nuovamente sul comodino prima di tornare a parlare - Preferirei evitassi di farti sfuggire incantesimi indesiderati in mia presenza. Tendono ad essere pericolosi, e non ho molta paziente con questo genere di errori - un concetto, quello, che era sicuro la ragazza avrebbe capito alla prima frase.
    Si alzò in piedi, porgendole la mano perché lei la usasse per alzarsi a sua volta. Un contatto minimo, figlio di un'educazione particolarmente rigida - Che lui se lo meritasse non ha la minima influenza con quello che ti sto chiedendo di fare - le fece notare - Ne dovrebbe averne ciò che è stato più avanti di lui, o di te. E' il tuo ricordo felice ad avere importanza, in questo momento, e quello deve essere un mondo a se stante, isolato da tutto ciò che l'ha anticipato e da tutto ciò che l'ha seguito -
    La lasciò andare, indietreggiando di un passo e allontanando al contempo lei, quasi danzassero - Di nuovo, da capo - la invitò, lasciandole spazio - Concentrati sul tuo momento felice e isolalo dal resto. Proteggilo, e riponilo in maniera che tu possa ritrovarlo quando ti occorre. Non uscirai da questa stanza finché non sarai in grado di eseguirlo alla perfezione, sappilo -
     
    Top
    .
23 replies since 21/9/2015, 15:25   317 views
  Share  
.
Top