Jerome.

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    jerome ǝɯoɹǝɾ
    ʍoɹɹoɯ morrow



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    Nome:Jerome Cognome: Morrow, è il cognome di mia madre.
    Data di nascita: 25 aprile 1999 Età: 21 anni Stato di Sangue:Purosangue


    Scuola frequentata:Mi sono trasferito a Durmstrang all'età di quindici anni. Prima frequentavo la scuola di Salem. Materie preferite/odiate: Veleni, piante carnivore e cura delle creature magiche sono le mie preferite. Avevo difficoltà con Arti Oscure e la trasfigurazione umana. Occupazione: Sono iscritto all'Accademia delle Arti Magiche, alla facoltà di Pozionistica Avanzata. Ho perso sei mesi, ma sto provando a rimettermi in carreggiata. Sono al mio secondo anno. Per pagarmi la retta mi impegno in due impieghi. Lavoro come ballerino in un gay club a Londra denominato Fairy Tale. La divisa è molto striminzita ma ballare mi è sempre piaciuto e la musica alta aiuta a tenere lontani i pensieri. Intrattengo relazioni remunerate con alcuni dei clienti del club. So che è una cosa che non mi fa onore, che è il motivo per cui provo a tener nascosta questa mia seconda vita. Competenze Magiche: Sono discretamente bravo nella progettazione di veleni e pozioni che è anche il motivo per cui ho scelto di intraprendere questa via, una volta scartata la possibilità di perseguire il sogno di diventare medimago. Volo piuttosto bene e mi piace il quidditch. In squadra avevo il ruolo di battitore. I duelli non sono il mio forte, ma la mia impulsività predilige la parte offensiva. Bacchetta: Corde di cuore di drago, dodici pollici, legno di noce. Allineamento: Neutrale Buono (NB): il Benefattore, fa sempre del suo meglio per aiutare gli altri nei limiti delle sue possibilità. Si sente meglio nel prestare aiuto ai bisognosi, lavora volentieri con regnanti e tutori dell'ordine, ma non sente alcun legame verso di loro.

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    Aspetto fisico
    Ho sempre avuto una pelle chiarissima, diafana. Ogni piccolo segno è evidente sulla mia pelle, perchè sono estremamente delicato. In apparenza almeno. La mia pelle è chiazzata di lentiggini. Sono più concentrate sul volto e sulle spalle, ma non mancano sulle braccia, sulle cosce ed in altri punti del mio corpo. E' una caratteristica delle pelli chiare ed è più accentuata in chi, come me, ha i capelli rosso carota. Mia madre ne aveva tante quanto me. Le sue sembravano più spente, ma forse la mia è sempre stata solo una sensazione. Ad ogni modo, credo non mi facciano mai prendere sul serio. Vedendomi così conciato, c'è sempre chi è convinto d'avere a che fare con un bambino ma non lo sono più e da un bel po' oramai.
    I miei occhi sono verdi. Verdi in un mare di lentiggini sotto un fuoco di capelli che, così come la peluria rada che di tanto in tanto mi colora il volto, sono rossi. Un rosso acceso che mi ha regalato il nome di pel di carota o figlio del diavolo e chi più ne ha più ne metta.
    Sono alto circa un metro e ottanta, centimetro più centimetro meno. Non ero un vero patito dello sport e del "tenersi in forma" ma l'intenso esercizio fisico a cui mi sottoponeva la dura scuola di Durmstrang, ha permesso al mio corpo prima puramente infantile di svilupparsi in accenni di maturità. Tuttavia non sono corpulento, nè ben piazzato. Sarà che la mia dieta subisce costantemente sbalzi repentini ed inappropriati. Alterno periodi di intensa attività fisica e diete ben controllate a lunghi periodi in cui mi capita, per una serie di ragioni, di metabolizzare il cibo fin troppo velocemente o addirittura di dimenticare di ingerirne. Ho un corpo longilineo, i muscoli sono ben evidenti sulle braccia e sul busto ma a volte, quando mi avvilisce anche solo mettere il capo fuori dalle lenzuola, la mia corporatura perde di volume, diventando sottile. Ossuto.
    Segni particolari
    Ho un tatuaggio sul fianco sinistro. Una fenice a cui segue la parola resilience. Non avrei mai pensato di averne uno, ma è stata una scelta quasi imposta. Volevo coprire la cicatrice lasciatami da Holden, un ragazzo violento con cui ho avuto la sfortuna di approcciare. Non è servito a colmare il dolore e la consapevolezza di riuscire ad avvicinare costantemente solo ciò che si dimostra essere doloroso per me. Immagino di farlo di proposito, sebbene in modo inconscio. Magari sento di dovermi punire per qualcosa e lo faccio cercando persone e rapporti deleteri.
    Ho smesso di seguire la terapia per il mio disturbo bipolare. Sono due anni ormai o forse anche di più. La scelta dapprima mi è stata imposta, a causa di un rapimento di cui mi è stato vietato farne parola con gli auror, ma da allora non sono più riuscito a riprenderle. Così vivo drammaticamente i miei sbalzi d'umore ed i miei eccessi. Nascondo la mia ipersessualità dietro l'impiego secondario di intrattenimento con uomini di sovente più grandi di me. E placo la mia tristezza o sprono la mia apatia con pillole di frenesia, Speed per lo più. Sono amfetamine che mi rendono frenetico, eccitato. Vivo. Mi permettono di compiere le mie azioni quotidiane senza rischiare di finire incollato al letto.
    Ultimamente un nuovo segno si è aggiunto al tatuaggio e alle lentiggini presenti sul mio corpo. Una parola incisa sul basso ventre, un insulto. Frocio. E' la testimonianza palese di quanto pericolose possano essere le mie abitudini ma questo non mi ha frenato dal lasciarmi comunque andare ai miei eccessi. Altre due cicatrici si stagliano sul pallore della mia pelle all'altezza dei polsi. Ho provato a silenziare la tristezza che mi accompagnava, ma ho fallito. L'avevo già fatto in passato sebbene con meno convinzione. Ora però sono riuscito persino a beccarmi un ricovero.


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    Cosa ama
    Quando ero un bambino e la mia unica amica era la ragazza che veniva a casa per curare mia madre, Maggie, credevo di essere innamorato di lei. Era una stupida infatuazione da bambini, come quelle che di consueto si prendono per i propri cugini. In realtà, vedevo in lei una figura costante. Sana a differenza di mia madre che era sempre malata. Mia zia sempre affaccendata. Maggie era l'unica persona a me cara. L'unica su cui poter sempre contare. Era ovvio vedessi in lei una stabilità che nella mia vita, in quel periodo, non avevo e che in definitiva poi mi è sempre mancata.
    Le ho sempre voluto un gran bene. Come una sorella. Lo era. Mi ha spezzato il cuore il giorno in cui, qualche mese dopo la morte di mia madre, si è trasferita. Vederla andare via per me è stato come affrontare un nuovo abbandono. Il peggiore dopo il trauma subito. Ci siamo poi ritrovati anni dopo ma il fato me l'ha portata via di nuovo, stavolta in via definitiva.
    Ho sempre immaginato di essere diverso dagli altri bambini. Avevo altre abitudini ed altre passioni. Mi piaceva ballare più che giocare a football, e preferivo passare il tempo con le bambine piuttosto che con i miei compagni. Questo, insieme al mio aspetto e alle voci che giravano su mia madre, mi ha sempre fatto essere bersaglio dei bulli, col tempo però ho imparato a combatterli.
    In definitiva comunque, ho sempre saputo di essere attratto dai ragazzi, ma nella mia scuola, nel mio paese, essere omosessuale significava essere diverso, essere diverso significava essere malato e dopo quello che avevo vissuto con mia madre, ho preferito posticipare con me stesso il discorso sulla mia sessualità. Almeno fino ai quindici anni. Almeno fino al mio trasferimento a Durmstrang. E' lì che ho scoperto me stesso, grazie ad Ezekiel in primis. Ed è lì che ho incontrato Ioan. Ho amato entrambi, ma Ioan più di tutti. A volte credo non riuscirò mai più a trovare qualcuno che sia in grado di colmare il vuoto che ha lasciato lui. Non so se sarà così o meno. Forse, più verosimilmente, non smetterò mai di amarlo. Anche quando il dolore sarà passato e pensarlo non mi farà più venire le lacrime agli occhi. Farà sempre parte di me. Mi ha aiutato ad essere quel che sono, si è preso cura di me e per un po', mi ha insegnato ad amare e ad amarmi. Forse avrei solo dovuto evitare che si instaurassero determinate dinamiche. Forse avrei dovuto lottare più per me, che poi sarebbe stato lottare per noi, ma non l'ho fatto. Ho lasciato che la sofferenza ed il dolore avessero la meglio. E l'ho perso. Sono stato io ad allontanarlo, perchè ho un'innata capacità nel distruggere tutto quello per cui provo amore.
    Amo il freddo ed il bianco assoluto della neve. Mi piace ballare ed in generale mi piace la musica. Adoro cucinare e sono anche piuttosto bravo nel farlo. Mi piace il sesso, e questo a volte è davvero un problema. Lo diventa quando, in seguito agli eccessi della mia mente, il mio corpo non si placa. L'ipersessualità non è così divertente come può sembrare, nè sexy. E' solo un enorme pericolo. Mi piace disegnare. In realtà, più che un hobby è un vero e proprio bisogno. Lo era prima. Ora credo siano anni che non riesco più a buttar giù qualche schizzo, troppo affaccendato con ciò che c'è nella mia testa.
    Cosa odia
    Il sangue. Mi provoca la nausea, sebbene col tempo abbia cominciato a farci l'abitudine. E odio i clown perchè mi fanno davvero paura.
    Odio il caldo, ed il sudore appiccicaticcio. Fino a qualche anno fa, avevo paura del mare, e di tutto ciò in cui non era possibile vedere il fondo. Ioan mi ha permesso di superare la mia paura e soprattutto grazie a lui ho imparato a nuotare. Odio balbettare quando sono agitato, ed odio non sapermi mettere in gioco. Mi capita a volte di fronte ad un problema di tirarmi indietro evitandolo piuttosto che farmi forza ed affrontarlo di petto oppure, e forse questo è anche peggio, mi capita di esplodere in maniera eccessiva. Non ho mezze misure. Non ne ho mai avute.
    Se c'è qualcosa che non mi piace, che ritengo ingiusta ed insopportabile, mi infiammo e diamine, sarei in grado di scuotere terra e mare per far valere le mie ragioni. Odio i bulli e la loro prepotenza, così come odio il dolore, fisico o mentale che sia. Il buio mi fa timore e dopo il rapimento messo in atto da Nystron e Westwood, quando solo mi ritrovo costretto lasciare di consueto la luce accesa.
    Odio chiunque voglia impormi la sua scelta senza darmi il beneficio del dubbio o chi è convinto io sia troppo debole o troppo ingenuo per poter riuscire da solo a cavarmela. E' per questo motivo che avevo un rapporto conflittuale con mio fratello, Dominick. Ora le cose sembrano andare un po' meglio. Sarà che sono cresciuto, o forse comincio ad abituarmi all'idea che forse non tutti vogliono scegliere per me per il puro gusto di farlo. Magari vogliono solo aiutarmi.


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    Carattere
    E' difficile descriversi. Si pensa sempre di conoscersi ed invece non è così. A volte ci si stupisce di se stessi, in negativo o in positivo. A me capita spesso di stupirmi dei miei comportamenti che non credevo adattabili alla mia personalità. La verità è che la mia personalità, e così il mio carattere, è labile. Sfocato. A volte si perde in atteggiamenti che non comprendo. A volte sono semplicemente un'altra persona. Immagino sia a causa della mia malattia o forse sono una persona incapace d'assumere un'unica forma.
    Credo di potermi descrivere principalmente con una parola: testardo.
    So che non è un pregio, non lo è per molti aspetti ma credo sia il tratto che mi ha portato più conquiste ed anche a più casini.
    Sono ingenuo, a volte troppo, e so di aver fatto parecchi errori affidandomi a chi invece ha finito semplicemente col prendersi gioco di me. A volte sono stato manipolato senza che me ne rendessi conto, arrivando a fare cose di cui poi mi sono pentito. E' la gentilezza a fregarmi e l'idea che non tutti vogliano il male degli altri. La bontà mi illude e mi acceca, spingendomi a fare cose stupide.
    Non sono mai convinto delle mie azioni, sono perennemente insicuro e se non lo sono è perchè probabilmente sto per cacciarmi in un guaio di cui nemmeno posso immaginare la portata.
    Non sono spigliato, non sempre, non senza il dovuto aiuto e non in tutte le circostanze. Piuttosto spesso a causa di un'insicurezza latente che non riesco a trattenere, finisco col balbettare. Mi capita quando sono agitato, nervoso o quando parlo in pubblico. Sto cercando di correggere questo mio difetto e a volte mi sembra di essere migliorato tantissimo. Altre volte invece mi sembra di peggiorare.
    Non mi piace la rigidità di pensiero.
    Non sono per il bianco che è bianco e non può diventare nero. Sono sicuro del fatto che ogni cosa può cambiare. E' così. Tutto si trasforma. Non siamo esseri immutabili e pensare che al mondo esistano solo buoni o cattivi è stupido e riduttivo. Esistono le sfumature di colore ed io sono attratto da quelle. Dal grigio che diventa bianco e ridiventa nero. Da quel piombo fuso che si incolla all'anima e si modella al corpo e alle azioni.
    Mi piace sorridere, mi piace essere felice e sono positivo. Un sognatore. Un inguaribile romantico di quelli che sembrano essersi persi nel nulla. Non ho vergogna ad ammettere di vedere in un cielo stellato più di quel che è, o di sperare in un apprendimento filosofico nell'osservare una splendida aurora boreale. Mi accontento delle piccole cose. Di un abbraccio, di un sorriso, di un contatto.
    Ultimamente però, questo mio aspetto sembra essersi ridotto ed offuscato a causa di una latente depressione a cui non riesco a far fronte, e principalmente perchè non voglio ammettere di esserlo.
    Cerco di essere forte ma mi capita di crollare. Nei miei momenti, perdo le speranze e perdo me stesso. Divento altro. Muto. Divento quel nero cupo che sembra non avere speranze. E' in uno di quei momenti che mi sono procurato una piccola cicatrice, oramai quasi scomparsa, al polso. E l'ho poi rifatto di recente dinanzi a quello che mi sembrava essere il mio unico amico rimasto.
    Ho sensi di colpa ingestibili per ciò che mi succede quando non sono in me e non posso fare a meno, a volte, di sentirmi responsabile di ogni dramma del mondo. Da mia madre al male dei miei amici. Tutto ciò che c'è di brutto a questo mondo, sembra ricadermi sulle spalle ed io non riesco nemmeno a tirar su il capo.
    Questa situazione mi avvilisce, così come mi avvilisce essere un peso per le persone che amo.
    Mi fa paura non avere il controllo sulle mie azioni ed a volte sono così avvilito che sono tentato di lasciarmi andare. A volte lo faccio.
    Patologia
    Da quando mia madre si è uccisa dinanzi ai miei occhi, ho cominciato a soffrire di attacchi di panico, sonnambulismo ed incubi tremendi. Soprattutto nei primi tempi dopo il suo suicidio, gli incubi erano così terribili ed incomprensibili da spingermi a bagnare il letto. A quindici anni.
    E' stato terribile da superare. Mia zia, preoccupata, ha deciso di mandarmi da uno specialista, lo stesso dottore che aveva in cura mia madre.
    Credeva che il trauma di averla vista morire fosse così grave da avermi scosso forse irrimediabilmente ed è stato così. Ero traumatizzato. Lo sono anche adesso. Credevo che pian piano sarebbe diventato più semplice convivere col ricordo. Sì. Era una bugia. Non diventa mai più semplice.
    Sono stati mesi tremendi quelli che ho subito dopo quel che era successo. Ritirato da scuola, passavo il tempo tra casa e dottori. Ho un bel vuoto di memoria circa quei mesi - i giorni mi sembravano tutti uguali - ma so che mi sono ritrovato a seguire una cura di vitamine, così le chiamava mia zia.
    Stupidamente ingenuo ho accettato di prenderle, fin quando, da solo a Durmstrang non ho deciso di fare di testa mia. Non sono mai stato eccessivamente organizzato e l'essere completamente solo, in una scuola nuova, mi ha messo in difficoltà. La cura da seguire inoltre mi rallentava. A volte mi capitava di starmene immobile impossibilitato a far altro. Quando poi ho scoperto di cosa si trattava, appurato che non fossero vitamine, ho deciso di lasciar perdere e di non dar retta alle eccessive premure di mia zia. Non è stato facile superare il distacco da quelle pillole e credo di aver dato di matto, pesantemente, ma l'ho superato. Così credevo.
    Mia zia non ne è stata felice. Io però ero convinto di non essere bipolare. Credo di averlo sempre saputo ma non volevo cedere all'eventualità che avessi purtroppo ereditato il male di mia madre. E' così. Non mi ha mai degnato dell'amore di cui necessitavo - e soffro ancora per quella mancanza - ma mi ha dato questo. Disturbo bipolare di tipo I e un ricordo terribile circa il modo orrendo su cui sono stato concepito. E' stato Castiel Westwood, un folle mago oscuro che ha giocato con la mia mente già malmessa, ad averlo tirato fuori e da quando è successo, non smette di tormentarmi. Da quando ho dato un senso a quelle visioni che si susseguivano nella mia mente quando chiudevo gli occhi, ho appreso il motivo dell'odio di mia madre nei miei confronti. E forse non aveva tutti i torti quando mi indicava e mi urlava di essere maledetto. Di essere un demonio.
    Io sono il figlio del diavolo.
    E come tale, riesco a rovinare da sempre, l'esistenza di chi ha la sfortuna di avermi intorno


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    Storia
    Dallas, Texas è lì che ho vissuto i primi quindici anni della mia esistenza. Ho sempre vissuto con mia madre, Theresa, e mia zia, Elvire, in una modesta casa lontano dalla città, che dava su un giardino non curato ed in cui su un grosso albero antico, era stata costruita una bislacca casa (due assi montate a caso come una zattera su un mare di foglie).
    Siamo sempre stati piuttosto anonimi nella nostra città, per necessità. Era per evitare il chiacchiericcio confuso e deleterio di persone che non potevano conoscere nulla della nostra famiglia che mia zia, quando avevo circa sei anni, ha deciso di farci spostare in quella che era la nostra nuova casa.
    Fino ai miei sedici anni, non avevo la minima idea di chi fosse mio padre, né mi sono mai preoccupato di indagare. Non ero intenzionato a farlo perché in fondo avevo paura. Se ci aveva lasciato, mi dicevo, non doveva essere poi un grand'uomo e mia zia sottolineava questa sua negativa qualità ogni volta che ne aveva la possibilità. Lo fa ancora e con più astio. Ha sempre detto che fu per colpa di mio padre se mia madre aveva subito un drastico peggioramento, ma non mi ha mai voluto dire cosa avesse fatto per spingerla ad una tale condizione. La verità è che era già malata prima che mi concepisse, ma dopo la mia nascita peggiorò.
    Inconsapevolmente, ho sempre dato a me la colpa della sua condizione. Il modo in cui mi trattava quando era lucida non mi ha mai aiutato a pensare il contrario. Sfogava su di me le sue frustrazioni, colpendomi o inveendo.
    Più crescevo, più peggiorava. A volte avevo la tremenda convinzione di essere un peso per lei o addirittura che mi odiasse. Durante i suoi momenti peggiori, quelli in cui non conteneva più il suo malessere ed esplodeva in atti spropositati di violenza, le capitava di agire contro di me. Principalmente contro di me. Mia zia mi costringeva ad indossare maglioni anche in estate per coprire i segni di una violenza inaccettabile e per evitare che gli assistenti sociali mi portassero via da un luogo definibile senza errore, insicuro.
    Ci occupavamo tristemente di mia madre. Provavamo a farla ragionare, poi mia zia la sedava e lei finiva in uno stato catatonico. Una condizione atroce che la vedeva morta, seppur viva.
    Eravamo noi il motore del suo corpo. Noi provvedevamo a darle il cibo, o a vestirla, o a portarla a letto.
    Non era viva, era lo spettro di se stessa.
    Credevo che la cosa non mi avesse particolarmente colpito, perché per me tutto quello era naturale. Era quella la mia vita e non ne avevo mai avuta una diversa. Credevo non mi sarebbe mai mancato il rapporto madre-figlio perchè era cresciuto senza fino a quel punto. Ho capito essere questa la peggiore bugia che io mi sia raccontato.
    Sul momento magari non avevo il tempo di pensare a quello che sarebbe potuto essere, ma ora è più semplice. Ora vedo facilmente tutto ciò che mi sono perso.
    Ho vissuto in una campana di vetro per lei, per prendermi cura di mia madre anche se ci si sarebbe aspettato il contrario. Paradossalmente, ho cominciato a vivere solo nel momento in cui è morta.
    Successe in cucina. Stranamente spensierato attendevo l'arrivo di Maggie per una serata zombie e marshmellow, una tradizione stupida a cui non potevo rinunciare. Me ne stavo lì in cucina a preparare ciò che mi serviva quando mi raggiunse mia madre. Vederla con in mano un coltellaccio da cucina mi spaventò. Per un attimo credevo volesse accanirsi su di me. Dopo tutte le volte che lo aveva fatto, non mi sarei stupito. In realtà la sua idea era un'altra.
    Non lo ha fatto per noi ma per se stessa.
    Si puntò il coltello alla gola, e dopo avermi sorriso, si tolse la vita dinanzi ai miei occhi.
    Tracce della sua esistenza finirono sul mio volto, sui miei vestiti, come gocce scarlatte che mi hanno macchiato l'anima. Non ho pianto. Ero semplicemente traumatizzato.
    Non ho sfogato il mio dolore e ne ho patito le conseguenze solo col tempo. Le patisco tutt'ora.
    Non parlo solo degli incubi e dell'angoscia, della paranoia che ha comportato. Da quando si è uccisa, è cambiato tutto in me. In parte sono cambiato io.
    All'inizio credevo che parte di quel che era, mi avesse contagiato nel momento in cui il suo sangue aveva toccato la mia pelle, o che peggio, mi avesse passato i suoi drammi come una maledizione per punirmi del fatto di essere venuto al mondo perchè mi sentivo macchiato della sua stessa paura e non sapevo cosa fare per liberarmene.
    Ne ho avuto la conferma quando Westwood, giocando malignamente con la mia mente, ha tirato fuori un ricordo che mia madre mi aveva passato riguardo il mio concepimento.
    Al tempo, per superare quel che avevo, gli incubi tremendi che non mi facevano dormire, decisi di parlarne a mia zia, che rappresentava tutta la mia famiglia in quanto mia tutrice legale. Andammo da un dottore che capii prima di me, prima di mia zia, che c'era qualcosa di strano in me. Trovò una diagnosi - una di cui io non potevo sapere nulla - ed una soluzione che sarebbe servita a poco. Mia zia si fingeva forte dinanzi ad una notizia forse terribile ed io continuavo a non capire cosa diamine mi stesse accadendo, così mi adeguai alla normalità.
    Continuammo a vivere la nostra vita per qualche mese, tra alti e bassi fin quando mia zia dopo aver ricevuto diverse, ed indesiderate visite da una ragazzo biondo che affermava di avere notizie importanti circa Bachskov (solo dopo ho capito essere questo il cognome di mio padre), non decise di cambiare vita.
    Lo cacciò via in malo modo, dicendo di non voler saperne niente di Bachskov perchè aveva già fatto troppo male alla sua famiglia. In quel momento non sapevo nemmeno chi fosse Bachskov perchè non ne avevo mai sentito parlare in vita mia. Mia zia però sembrava conoscerlo così bene, e sembrava così decisa, che non osai dir nulla.
    Così mia zia si convinse a richiedere il trasferimento in quella azienda di pozioni che aveva sempre ambito raggiungere in Danimarca, ad Helsingor. Non avevo più nessuno a Dallas, dopo la fuga di Meg, così non mi opposi a quel cambiamento. Non è stato facile ambientarsi in una scuola come Durmstrang e i primi mesi per me che ero completamente estraneo a discipline rigide come quelle insegnate lì, sono stati i peggiori.
    Poi però ho incontrato persone che mi hanno aiutato a crescere e ad adattarmi.
    Ho anche fatto i conti con la mia patologia, comprendendo finalmente cos'era che non andasse in me sebbene faccia ancora fatica ad accettarla. Sono finito in una clinica psichiatrica a Stoccolma per circa un mese ricevendo una diagnosi ed una terapia adeguata, a cui purtroppo ora, e da circa due anni, ho smesso di porre attenzione.
    Completati gli esami a Durmstrang, mi sono iscritto all'Accademia delle Arti magiche alla facoltà di Pozionistica Avanzata per seguire un sogno, uno adatto ai limiti della mia patologia.

    Legami
    Alexander Jonas Drayton: Migliore amico. Ho passato con lui un mese in una clinica psichiatrica (dal 14 febbraio 2017) e da allora non abbiamo smesso di guardarci le spalle.
    Ioan Vasilyev: ex. Ho avuto con lui cinque anni di relazione che non credo di poter riassumere in breve. Anche se è finita immagino resterà la storia che mi ha cambiato la vita.
    Ezekiel Blackwood: Amico. Grazie a lui ho scoperto molto di me e delle mie pulsioni e ho chiarito molti dubbi sul mio orientamento. Non gli sarò mai grato abbastanza.
    Artemis Ivanova: Madre del bambino di Ioan, Hades, a cui sono ancora legato. Purtroppo è quasi un anno che non vedo entrambi a causa di un incidente che ho provocato involontariamente al piccolo.
    Holden Cavendish: Non so se si possa realmente definire ex vista la brevità della nostra relazione. Era una tappabuchi e piuttosto violento. Una scelta sbagliata. Una tra le tante.
    Soren Bachskov: Mio padre. Non ho alcun rapporto con lui e non vorrei mai averne uno.
    Dominick Vestergaard: Fratellastro. Figlio dello stesso padre. Abbiamo avuto un rapporto burrascoso fin dall'inizio ma ora le cose sembrano essersi placate.
    Cassandra Rocha: Amica. Non abbiamo avuto fin da subito un buon rapporto. Col tempo però ho imparato a conoscerla e ho capito che il suo atteggiamento duro era solo frutto di un'innata insicurezza. Ora non potrei mai allontanarmi da lei.
    Luis Rocha: Amico, fratello di Cassandra. Ci siamo conosciuti in Accademia e mi ha da subito divertito ed incuriosito il suo modo di fare. Sebbene resti un mistero per me su molti punti, vorrei che il nostro legame perdurasse.
    Daphne Mikkelsen: Sorella. Stessa madre, stesso padre. Non avrei mai pensato di avere una gemella, eppure ne ho una. Insomma non mi meraviglia più di tanto visto quanto incasinato sia il mio passato. Ci siamo odiati fin da subito ed anche se parte di quell'astio è mutato, il nostro rapporto è ancora in fase di crescita.
    Curiosità
    - Balla in un night club. E' lì che per puro caso ha conosciuto Evan Lennox.
    - Ha un gattino rosso, regalatogli da Cassandra. Lo chiama gatto.
    - Il suo film preferito è Moulin Rouge. Piange sempre quando lo vede.
    - Ha un disturbo bipolare. Fa ancora fatica ad accettarlo.
    - Sono due anni che ha smesso di seguire la sua terapia.
    - Ingerisce di sovente Speed per fronteggiare la depressione e i continui sbalzi di umore. Questo gli permette di essere perennemente su di giri, ma gli porta anche alcuni effetti collaterali.
    - Ha fondato un'associazione in Accademia, per dare supporto alle persone della comunità lgbt lì presenti. E' così che ha conosciuto Alex DelGado.
    - Ha sempre sognato diventare guaritore ma a causa del suo disturbo, ha scelto Pozionistica. Invidia segretamente Bram Dubois per questo.
    - Vende il proprio corpo nel club in cui lavora. Hayley è la sua partner in crime. Gli tiene il segreto e funge da spalla in quell'ambiente.


    Cameron Monaghan per Jerome Morrow




    Edited by freckle` - 2/11/2020, 19:48
     
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    Modificata la grafica, aggiunto il campo "aspetto fisico" ed ampliato tutti i campi. :)
     
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