Agitated Children

Infermeria

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    Quella notte non mi ero sentita bene, dei dolori al ventre mi avevano fatta svegliare di soprassalto allarmando anche la guardia che stava fuori dalla mia porta: ero rimasta immobile sul letto aspettando che passasse, il cuore mi martellava forte nel petto spaventato mentre nella mia mente si formavano immagini spaventose. L'idea che qualcosa non andasse nella gravidanza, mi terrorizzava, specialmente perchè mi trovavo su quell'isola dispersa, senza la possibilità di andare al San Mungo immediatamente.
    Nemmeno un'ora dopo mi trovavo in infermeria seduta sul lettino, la guardia silenziosa appoggiata al muro - non l'avevo mai sentita parlare, a volte avevo quasi l'impressione che potesse essere muta...almeno a me non si rivolgeva mai direttamente -, ad attendere che qualcuno arrivasse, che fosse il solito infermiere di turno, o una specie di medimago. Non lo sapevo, ogni volta era qualcuno di diverso.
    Perciò quando lo vidi entrare zoppicando rimasi davvero, davvero sorpresa.

    "House!" in quel momento avrei voluto abbracciarlo, ma pensai non fosse la cosa migliore da fare con la donna-guardia che ci osservava...mi limitai ad un sorriso stanco che probabilmente nascondeva tutta la mia preoccupazione.
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    L'avere la possibilità di poter uscire dalla mia stanza, di potermi sentire finalmente utile, è un'opportunità che ho afferrato al volo.
    Sono vivo, ancora zoppo, disintossicato e dolorante, ma vivo.
    Ma certo non basta il poter essere tanto fortunato da poter ancora respirare che mi farà abituare a questo posto. Ho bisogno della mia casa, del mio lavoro, della mia monotona quotidianità. Ho bisogno della mia libertà e della mia famiglia.
    Lascio che mi accompagnino fino in infermeria, dove dovrò visitare il paziente assegnatomi, ma senza bacchetta. Evidentemente hanno paura io possa decidere di punto in bianco, di fare piazza pulito e scappare zoppicante verso l'infinito ed oltre.
    Cerco di non pensarci, focalizzando la mia attenzione sul lavoro che dovrò svolgere, ma quando si apre la porta e mi ritrovo dinanzi Elis Black, quasi mi cade la mascella.
    Non rispondo subito al suo saluto, fissandomi a guardare il suo ventre gonfio.
    Diamine!
    Elis Black è ad Azkaban come detenuta.
    Elis Black è ad Azkaban ed è incinta.
    Reggendomi al muro mi avvicino a lei, più veloce che posso, osservandola ancora sbigottito, come a non voler credere che la ragazza che ho davanti sia sul serio Elis.

    "Sono pazzi..."dico puntando di nuovo lo sguardo sul suo ventre gonfio.
    Come si può mandare una donna in queste condizioni in un carcere come questo?! E' disumano! E poi, parliamone... Che reati potrà mai aver commesso la Black?!

    "Che cosa è successo?!" le chiedo, poggiando le mani sulle sua braccia e stringendo appena la presa.
    Sì, non sono proprio il tipo da contatto fisico, ma straordinariamente la lontananza dal mondo, mi ha reso più umano di quanto in genere non fossi.
    Vorrei chiederle molto altro... Vorrei avere notizie dall'esterno, vorrei sapere se ha notizie della mia famiglia, della Cuddy... Ma suppongo avrò tutto il tempo del mondo per chiederglielo. Farò in modo che la visita duri più del dovuto.
    E' la prima persona che incontro e con cui parlo, dopo Preud, da mesi. Non posso lasciarmela scappare.
     
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    Certo, House era probabilmente sorpreso almeno quanto me, ma almeno un ciao poteva dirlo. Pazzi. La prima espressione che gli sentii uscire dalle labbra dopo avermi guardata da capo a piedi come fossi un fantasma. Pazzi. Era davvero la prima cosa che aveva pensato? E in più continuava a fissarmi la pancia, un po' mi faceva sentire a disagio così, lo sapevo di essere "grossa" ma non serviva fissarmi in quel modo, no? Da quando mi aveva detto che ero in attesa, non mi aveva più vista...io non lo avevo più visto. Nè lui nè la Cuddy. La loro bambina mi era arrivata a casa come un pacco regalo e me ne ero presa cura meglio che avvo potuto finchè...beh, finchè non avevo fatto la stessa fine. Ma Fred se ne era sicuramente occupato, avevo detto a lui di farlo se ci fossero stati problemi.

    "Mi sono svegliata di soprassalto con dei forti dolori al ventre..." abbozzai abbassando lo sguardo, ma la stretta di House sulle braccia mi fece alzare di nuovo lo sguardo. No, non era quello che voleva sapere, i suoi occhi bramavano la conoscenza dell'esterno e di altri eventi. Lanciai un'occhiata alla guardia che silenziosa ci osservava appoggiata al muro, sembrava tranquilla ma sapevo che era pronta a reagire e che avrebbe ascoltato ogni nostra parola per poi riferirla a Preud, quindi dovevamo stare attenti.

    "A...Ares mi ha scoperta." mi limitai a rispondere senza tuttavia riuscire a sostenere lo sguardo del medimago, mi voltai a guardare la finestra sbarrata per nascondere la vergogna sotto uno spesso strato di tristezza.
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    Punto lo sguardo sul suo ventre.
    Giusto. E' per questo che sono qui, per occuparmi di lei, e sebbene una parte di mia ne sia entusiasta, felice finalmente di poter fare qualcosa di diverso e di utile, l'altra parte di me non può fare a meno di bramare di conoscere notizie.
    Per un attimo, la sua condizione fisica ammetto che passa in secondo piano.
    Ho bisogno di sapere notizie dal mondo esterno. Devo sapere di Lisa, e delle mie due figlie. Devo avere la sicurezza che stiano bene...
    Annuisco infine, facendole segno di adagiarsi ben ben sul lettino sul quale è già seduta.

    "Stenditi e sta tranquilla." le dico, cercando di rassicurarla.
    Oramai è quasi al termine della sua gravidanza, e dolori sono del tutto normali.
    Mi preparo a visitarla, ma finalmente lei mi dice qualcosa di più, ed io sgrano gli occhi ascoltando le poche parole che mi dice.
    Mi avvicino, dando le spalle alla guardia che ci osserva, e coprendo quindi Elis col mio corpo.
    La osservo.
    Essere scoperta, cosa le ha comportato?! Insomma, a parte l'essere arrestata in piena gravidanza, che è già grave di per sè.
    Oh sì. Perchè questo posto non sarà più la prigione degli orrori come era un tempo, ma la prigione non è certo il luogo adatto per una donna incinta.

    "Stai bene?" le chiedo, non sapendo che altro dire.
    Si... Nei rapporti umani sono sempre stato patetico.
    Chiederle come sta, è il modo più veloce e pratico che mi è saltato in mente per sapere se... beh, se c'è stato qualcosa di terribile che l'ha turbata.
    E' successo qualcosa fuori? Qualcosa che l'ha turbata profondamente, qualcosa che dovrei sapere?

    "Dimmi tutto ciò che..." comincio, fermandomi.
    Forse è eccessivamente egoistico chiederle altre notizie, da subito.
    "Tutto ciò che vuoi." aggiungo quindi infine, chiedendole poi si scoprire il ventre.
     
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    Annuii mettendomi comoda sul lettino, poggiai la testa sul piccolo cuscino all'estremità e lasciai vagare lo sguardo sul soffito spoglio e stranamente bianco. Quella stanza stonava con l'idea ed il ricordo che avevo di Azkaban. Tutto in quell'edificio ricostruito stonava con quella che era stata la prigione più inviolabile dei Ministeri della Magia. Di certo non faceva freddo, nella mia stanza almeno era così.

    "Sì...per quanto si possa stare bene qui" soffiai sottovoce prima di riprendere perchè avevo l'impressione che House volesse sapere qualcos'altro. "Non mi ha fatto del male, o almeno non come avrebbe voluto realmente..." mi accarezzai il ventre dopo aver sbottonato un po' la casacca per permettere al medimago di visitarmi. Ares non era riuscito a farmi del male grazie a loro, l'idea che potessero essere suoi gli aveva impedito di sottopormi a qualsiasi tortura la sua mente fosse stata in grado di immaginare, questo gli aveva però lasciato molto spazio per giocare con la mia mente.

    "Sta bene, sai? La tua bambina. E' cresciuta parecchio e non è per niente musona come te...ma ti somiglia" mi morsi il labbro interrompendomi, almeno l'ultima volta che l'avevo vista, poi, speravo che Ania o Fred se ne fossero presi cura, avevo dato a loro il compito se mi fosse accaduto qualcosa. Avevo promesso a Lisa che mi sarei presa cura della loro figlia e invece...me ne sentivo in colpa, se le fosse accaduto qualcosa, non me lo sarei perdonato.

    "House" abbassai la voce, sperando che la guardia non sentisse, e distolsi lo sguardo da quello dell'uomo, per paura di quello che avrebbe potuto esprimere di lì a poco. "c'è...c'è un modo per sapere chi è il padre?"
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    "Sì, nessun posto è come casa propria. Ma pensa che poteva andarci anche peggio..."
    Essere ottimista non è da me, ma cosa ci rimane?!
    Qui soli, lontani dai nostri cari o ci si lascia abbattere dai negativi pensieri che non tardano comunque ad arrivare, o tanto vale essere ottimisti sulle poche cose che ancora abbiamo.
    Storco il muso poi, sentendola parlare di De Sade.
    Non le ha fatto del male, e questo è una gran cosa, ma incinta di tre gemelli l'ha fatta rinchiudere in una prigione. Non basterà certo l'averla tenuta in vita a fargli conquistare il titolo di "l'uomo più altruista dell'anno".
    Mi avvicino, tastandole il ventre gonfio mentre comincio la nostra visita, ma quando mi parla di nuovo, non posso fare a meno di fermarmi. Non la guardo, nè oso tirar su lo sguardo.
    Inutile nasconderlo: sentirla parlare di Ginny mi fa male.
    Mi fa male l'idea di essermi perso momenti importanti della sua vita, e di poterne perdere altri. Le avevo promesso che sarei stato con lei per sempre, e che avrei tentato di essere un bravo padre.
    Ma che padre posso essere se neanche so com'è fatta adesso?! Quando l'ho lasciata aveva appena sei mesi... Deglutisco, decidendomi a riprendere la visita e ad annuire semplicemente alle sue parole.

    "Dimmi se senti dolore." le dico, tastando il suo ventre alla ricerca di un punto dolente.
    Se non ci sono problemi, non dovrebbe sentir dolore e allora sarà tutto okay. I dolori che l'hanno fatta balzare dal letto saranno stati causati da semplici e normali contrazioni.
    Tiro di nuovo su lo sguardo su Elisa quando chiama il mio nome, e quando mi pone quella domanda sono ancora più convinto di aver bisogno di una sedia per non finire al pavimento.

    "Cosa?!" le chiedo quasi scioccato e guardandola contrariato.
    Ma mi rendo conto che non sono affari miei e che comunque, ne sta già patendo abbastanza restando qui.

    "Puoi effettuare un test di paternità." mi decido quindi a risponderle, prima di aggiungere: "Ma sai, io ti direi di aspettare di essere fuori di qui per farlo... Giuro per non restare qui per sempre in caso le notizie non piacciano ai piani alti."
     
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    Non importava se House non mi aveva risposto riguardo sua figlia, non volevo realmente che lo facesse, ma sapevo che gli avrebbe fatto piacere sapere che stava bene, che nonostante la sua assenza era cresciuta, e che qualcuno si era preso cura di lei finchè aveva potuto. Io avrei voluto che qualcuno facesse altrettanto.
    Presi un respiro profondo e cercai di rilassarmi lasciando che House mi visitasse, annuii ma non percepii alcun dolore, solamente qualche calcio contrariato che mi fece sobbalzare sul lettino.

    "E' tutto a posto, solo...non gli piace quando premi" abbozzai un sorriso cercando di scherzare un poco con il medimago. "Manca poco..." già, mancava davvero poco alla scadenza dei nove mesi. Cosa sarebbe accaduto per allora? Sarei stata ancora lì? I miei bambini sarebbero nati ad Azkaban? Come...?

    "N-non guardarmi così" mi sporsi poi verso di lui, allarmata gli afferrai il braccio con la mano trovando il coraggio di incrociare il suo sguardo che non nascondeva la disapprovazione. Mi strinsi nelle spalle, probabilmente sarebbe bastata una sua parola per farmi scoppiare a piangere, ma quell'incognita, non sapere chi era realmente il padre dei gemelli, mi faceva davvero star male. Non riuscirei a spiegare e descrivere l'ansia e la frustrazione, l'amarezza e la paura di quel momento. Il profondo desiderio di avere la conferma che non fossero di DeSade.

    "E come si fa?" annuii, ma non dissi che probabilmente Ares sarebbe stato il primo a voler venire ad accertarlo una volta che fossero nati.
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    "Bene" comincio, smettendo di tastarle il ventre gonfio.
    Non c'è nulla di strano. I bambini rispondono agli stimoli e quindi la sua gravidanza procede. Non c'è nulla che non vada in lei o nei suoi bambini.

    "Forse è stato solo un evento isolato. Eri agitata per qualcosa magari. O per qualcuno." le espongo le mie teorie, tutte valide e plausibili secondo il mio punto di vista.
    Insomma, immagino quanto debba essere stressante per una donna nelle sue condizioni essere lontano da casa ed in particolar modo ritrovarsi ad Azkaban.
    Sospiro quando mi chiede di non guardarla a questo modo.
    Beh ma come potrei non farlo?! Insomma... capisco il fascino del cattivo, ma andarci a letto è stupidità! A meno che le cose non siano più complicate di quelle che sembrano, e a quel punto forse potrei persino cambiare idea.
    Ma mi costringo a rimettere su un'espressione neutrale. Dopotutto non sono affari miei, e sì anche se giudicare gli altri mi viene piuttosto bene, sono quasi certo che non è quello che le serve in questo momento.

    "Un semplice prelievo di sangue e dopo un paio di giorni in laboratorio, riceverai le tue risposte." rispondo alla sua domanda.
    Il procedimento non è difficile e potrei stare qui a spiegarle come funziona nel dettaglio, ma non servirebbe certo a tranquillizzarla come si opera in laboratorio. Sono certo che abbia bisogno di rassicurazioni, ed io che non sono poi così ferrato in questo campo, mi trovo in difficoltà.
    Quando si rimette a sedere, stanco, mi siedo accanto a lei. Sono pur sempre uno zoppo, ed in mancanza del vicodin che mi aiuti a sopportare il dolore, mi stanco prima. Sono decisamente meno resistente, sì.
    Sospiro passandomi una mano sul volto, prima di passarle- dopo vari e buffi tentativi non riusciti- un braccio intorno alle spalle. E' così che di solito si rassicurano le persone, no? Si parte con il contatto fisico. Con un abbraccio.
    Beh, questo è il meglio che posso offrirle per ora.

    "Vedrai che andrà tutto bene." Sì, frasi di circostanza. Ci credo poco anche io in effetti, ma è la prassi in situazioni del genere e quindi mi adeguo.
    "Devi evitare di stressarti con questi pensieri, okay?" le dico, stringendola un po' a me, per farle sentire il calore di un altro corpo amico.
    "Lo stress li rende irrequieti, e questo vi fa stare male. Per quanto possibile, cerca di stare calma."
    E lo so perfettamente che può risultare complicato e forse addirittura impossibile ma è per i suoi figli che deve farlo.
     
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    E così accadde, bastarono un paio di parole di House per farmi scoppiare infine a piangere: dapprima singhiozzai silenziosamente ma non riuscii a trattenermi per molto, le lacrime mi rigarono le guance ben presto, offuscandomi la vista.

    "Scusa...io, non..." non volevo piangere, già. Ma non riuscii nemmeno a finire la frase che fui di nuovo preda di un attacco di singhiozzi, non importava se nella stanza oltre a noi c'era anche una delle guardie, che vedesse pure, che ascoltasse, che riferisse a Preud quello che stava accadendo, non importava.
    L'abbraccio di House fu inaspettato, il mago si sedette di fianco a me cingendomi le spalle con il suo braccio e cercando di stringermi, di farmi sentire un po' di...affetto? Alzai il viso verso il suo, faceva sul serio? House che mi abbracciava? Me?

    "Come? Come posso non pensare a quello che è successo? A quello che ho fatto?
    " Mi feci vicina a lui lasciando che il calore mi riscaldasse per quanto poteva, cercai di asciugarmi inutilmente gli occhi prima di riprendere a parlare.

    "Qui c'è così silenzio...non riesco a non pensarci, a non pensare a Paul, a ciò che ne sarà dei bambini. Non voglio che nascano qui House! Loro sono innocenti, non meritano di nascere in un posto come questo, di crescerci..." Non riuscivo a stare calma, proprio non ci riuscivo.

    "Paul mi odia, l'ho visto nei suoi occhi, non ho alcuna speranza che mi perdoni...e loro, se non dovessero essere suoi...io volevo solamente proteggerlo" ma mi era scivolato tutto dalle mani, non mi ero resa conto di come mi fossi lasciata travolgere dagli eventi. Mi coprii il viso con le mani per la vergogna continuando a piangere come se nulla avesse potuto consolarmi, e forse, in effetti, era proprio così.
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    Proprio non so cosa fare.
    Mi sento un completo idiota a restarle accanto senza sapere esattamente come fare, per fare in modo che smetta di frignare.
    Insomma, in questo genere di cose non sono mai stato un genio. Non me la cavo per niente. Quindi credo che... sì, credo che almeno per ora la lascerò sfogarsi. Chissà, magari addirittura le farà bene.
    Ma sono uno stupido, perchè sono convinto di potermela cavare semplicemente restandole accanto in silenzio a sentirla piangere.
    Sì. Sono assolutamente un coglione, perchè lei comincia a farmi domande assurde a cui non so rispondere.
    Come può non farsi pesare la cosa? Come può non pensarci?
    Davvero, che domande sono?! E perchè io dovrei avere una risposta a questo.
    Mi gratto nervosamente la nuca.
    Per fortuna, va avanti con il suo sfogo. Ma forse tanto fortunato non sono... perchè le cose di certo non migliorano. Sospiro.
    Vorrei dirle che andrà tutto bene, ma davvero non ne sono sicuro. Probabilmente i suoi figli nasceranno qui e nella migliore delle ipotesi resteranno con Elis fino a quando non saranno abbastanza grandi da poter essere sottratti alla propria madre.
    Due dita vanno a stringere la base del naso, mentre Elis esplode in un'altra crisi di pianto ed io penso a qualcosa di intelligente, eppure non troppo dura da dire. Con l'altra mano, le carezzo distrattamente la schiena.
    Aspetto che i singhiozzi vadano a scemare, prima di decidermi a parlare.

    "Non c'è rimedio a quello che è stato fatto." Si. Quello che è stato è stato.
    E' inutile stare a tormentarsi. E' deleterio pensare ai se e ai ma. Non c'è modo di tornare indietro e cambiare gli eventi. Deve solo andare avanti, qualunque cosa le riservi il futuro.

    "Io avevo promesso a Lisa che non avrei fatto casini. Che l'avrei protetta e che sarei stato con mia figlia, con Gin, contrariamente a quanto è accaduto con Sif. Ed invece guardami. Sono stato sbattuto qui, con Lisa e non vedo Ginny da così tanto tempo che comincio a temere di dimenticare il suo volto. Credi che non mi penta di ognuna di queste cose?" Mi tormenta ognuno di questi pensieri dal primo giorno che sono finito qui. Ma purtroppo non posso cambiare il passato.
    "Ma ciò che mi permette di non cadere nella disperazione più pura, è il pensiero che una volta fuori di qui, perchè puoi contarci che uscirò, troverò il modo di porre rimedio ad ognuno dei miei errori. Farò di tutto perchè Lisa possa tornare a fidarsi di me, e farò di tutto affinchè Gin capisca di avere un padre che le vuole bene."
    Finisco, serrando un attimo la mascella e rimandando indietro la rabbia e la frustrazione della prigionia.

    "E' questo che ti deve spingere ad andare avanti. Non il pensiero di ciò che non puoi più cambiare." Sarebbe del tutto inutile affliggersi con un pensiero del genere.
    "E' ciò che puoi ancora fare per cambiare le cose, che deve spingerti a tenere duro. Per te e per i tuoi figli."
     
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