Fame.

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  1. Estrie.
     
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    è così tanto che non caccio da sola. Per tutto l'ultimo secolo siamo rimasti solo io e lui, senza nessuno a dividerci, nessuna donna a recarci disturbo. Ma l'ho imparato nel tempo con lui, quella situazione tra noi due soli non dura mai, lui non è mai capace di accontentarsi di me, non capisce che io non ho bisogno d'altro, che è lui tutto il mio mondo.
    Fanno ancora male, anche se più che altro nella testa, i segni dei suoi morsi sul mio corpo, dei suoi graffi per cacciarmi via. Mi sento ancora i denti macchiati del suo sangue e i capelli intrisi dal suo profumo. Fa male, e più fa male più mi manca. Non passa mai, posso stare decenni interi lontana da lui eppure non passa mai, ci ho provato così tanto ormai che mi sono rassegnata. Me l'ha detto del resto: sua per sempre. Lui lo sapeva... sapeva che non avrei potuto vivere una vita completa senza di lui, o almeno qualcosa di simile a una vita completa, perchè una cosa del genere in realtà non l'avrò mai.
    Le orecchie si tendono, il corpo si irrigidisce mentre mi sporgo in avanti, il viso leggermente fuori dal cespuglio dietro al quale mi sono nascosta. Ho sentito dei passi, passi di una sola persona, passi leggeri, forse preoccupati? Deve essere una persona piuttosto sciocca per uscire di notte in questo villaggio. Si bhè, notte... ha appena fatto buio, non è ancora proprio notte, però sapendo la quantità di creature che da quel che ho capito ci vivono è un gesto davvero avventato trovarsi qua.
    Vedo solo la sua ombra praticamente, un accenno del volto nascosto dal cappuccio del mantello, non riesco nemmeno ad intravederne il sesso. Silenziosa mi sposto dal mio nascondiglio per avvicinarmi di più, per poterlo vedere meglio, per trovare un punto migliore da cui attaccarlo.
    I tetti in questa zona sono bassi, mi ci vuole un secondo ad arrampicarmici sopra, nascondermi dietro alla cappa di un camino perchè il leggero rumore della suola contro le mattonelle del tetto potrebbe aver attirato l'attenzione della figura incappucciata. Qualche secondo, poi quando i passi riprendono torno a sporgermi e avanzo fin quasi il bordo del tetto. Non alza lo sguardo, non penso mi abbia vista. Aspetto che sia sotto di me prima di spiccare un balzo verso di lui, verso di lei... Si insomma, salto per travolgere quella figura, perchè ho fame, così tanta fame che mangerei chiunque, persino uno di quei vecchi professori di musica che sanno di muffa. Fame. Il tempo di un balzo e sarà sotto le mie zanne.
     
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  2. Survivor.
     
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    La discrezione era sempre stata il suo punto forte. Da ragazzina aveva visto con i propri occhi e sentito sulla propria pelle i rischi di un lavoro poco silenzioso e disordinato, aveva imparato, e adesso non lasciava il campo se non era sicura di aver ripulito tutto, rimesso in ordine il necessario e rimosso ogni traccia del proprio passaggio.
    Trascinato quindi il cadavere sgozzato nella vasca da bagno, Marika aprì l'acqua bollente lasciando che il corpo si pulisse, che l'acqua fuoriuscisse dalla vasca e cancellasse così le impronte insanguinate di scarpe, mani e quant'altro sul pavimento. Dopo di che si arrampicò sulla finestra sgattaiolando lungo il cornicione esterno per raggiungere finalmente il terrazzo.
    Era fatta, avrebbe avuto di che vivere per almeno altre due settimane considerato il bottino del giorno. Era una somma più che soddisfacente, ma considerate tutte le armi che la donna possedeva e la loro manutenzione, le precauzioni per la fuga e tutte le bocche da tappare con qualche mazzetta, in fin dei conti la somma netta che le restava per mangiare era piuttosto misera.
    Si tirò sulla testa il cappuccio del mantello verde scuro e saltò agilmente a cavallo della scopa rubata poche ore prima ad un tossico al confine di Hogsmeade; a lui non sarebbe servita, se non a combinare qualche danno per via della guida imprudente, a lei invece sarebbe tornata molto utile per concludere il colpo del giorno.
    I tetti londinesi si susseguivano sotto di lei mentre Marika sfrecciava verso una meta ben precisa, con il borsone in spalla e lo sguardo assottigliato per resistere al vento fresco della sera ormai prossima.
    Non si preoccupava di eventuali occhi babbani indiscreti, si trovava nella più estrema periferia e seppure qualcuno avesse notato la sua presenza in aria non avrebbe comunque potuto causarle problemi: drogati, ubriaconi, mafiosi o prostitute... a chi importava la presenza di un corpo estraneo in volo sulle loro teste?
    Arrivò in prossimità di Spooky Village quando ormai il sole era tramontato, giusto in tempo per la cena. Lanciò la scopa oltre i cespugli, ridusse le dimensioni del borsone in modo da renderlo più maneggevole, e poi si strinse di più nel mantello procedendo verso il sentiero secondario che conduceva al suo rifugio.
    Era un rifugio ben fortificato, nascosto alla vista dei più con rami, foglie e incantesimi di protezione. Nonostante l'elevatissimo rischio di vita nel raggiungerlo, ogni volta, Marika era comunque ben convinta della sicurezza di quella tana. Il posto più sicuro in cui nascondersi è molto spesso il posto più pericoloso in assoluto: lì nessuno va mai a cercare alcunché.
    Tuttavia, a metà cammino venne distratta da un suono decisamente poco armonico con tutto il resto, era artificiale e anche pericolosamente vicino. La Freedman tese i muscoli, fermando all'istante il passo e trattenendo il respiro per qualche secondo in cerca di altri rumori. Niente, silenzio assoluto, a parte qualche volatile notturno.
    Restare lì ferma in attesa di un altro passo falso era poco furbo, se davvero ci fosse stato qualcuno in agguato a braccarla non sarebbe di certo riuscita a scovarlo in quel modo. Riprese perciò a camminare con la stessa andatura di prima, fingendo la stessa disinvoltura pur tenendo ora i muscoli e i nervi ben tesi, pronti a scattare al momento del bisogno. Una mano scivolò lentamente su una delle due pistole dietro alla schiena, si strinse all'impugnatura ma non la estrasse ancora.
    Ciò che avvenne dopo fu più rapido e improvviso di qualunque previsione.
    Le piombò sulle spalle un peso gelido e frusciante che sembrava essere letteralmente piovuto dal cielo. Marika non riuscì a mantenere l'equilibrio, venne scaraventata a terra e insieme all'essere ancora non identificato rotolò fino ad urtare contro il tronco di un albero; fu allora che la vide: una bambina, una bambina giovanissima con le zanne ben in mostra.
    “Che... diavolo sei tu?”
    Sibilò, mollando subito la pistola e tentando di raggiungere invece la bacchetta sulla cinta. Non aveva mai visto un vampiro di quell'età, non sapeva neanche che potesse essere possibile una simile mutazione.
    Era quasi sconvolta per quella vista, ma non esitò, puntò svelta le braccia contro il corpicino della ragazzina provando a scostarla da sé in qualche modo, sperando di riuscire ad allontanare quei canini dalla propria pelle. Era troppo vicina, e quelle zanne troppo acuminate per sottovalutare la situazione, ma soprattutto era stata troppo veloce, silenziosa e precisa per poter sperare di trattarla come una semplice bambina affamata.
     
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  3. Estrie.
     
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    è una ragazza. Prima ancora di vederla in viso è il suo profumo a penetrarmi i sensi, stordirmi per un istante come fanno sempre i profumi da donna, mi ricordano lui, i suoi tentativi disperati di convincermi di aver bisogno di quel profumo, di un profumo come quello che mi faccia sentire a casa. è una donna, lo sento dalla forza con cui cerca di ribellarsi, non è una ragazzina sprovveduta, incapace di difendersi. è una cacciatrice, porta ancora addosso l'odore del sangue, un odore diverso dal sangue delizioso che le scorre nelle vene.
    Prima tutto questo, poi il suo viso.
    Le mie piccole mani si serrano con forza sulle sue spalle, spingendole contro il terreno, mettendo il mio intero, minuscolo corpo a tenerla a terra, a fermare le sue proteste. Si muove, cerca qualcosa, ma prima che la raggiunga io trovo il suo sguardo, i miei occhi catturano i suoi, potrei pensare di sottomettere la sua mente, di costringerla a concedermisi di sua spontanea volontà, ma non c'è gusto, non è la stessa cosa. Non mi piace usare la mente quando posso divertirmi di più usando la forza, quando posso dimostrare di valere qualcosa, di non essere solo una bambina con qualche secolo di troppo che ancora, dopo tutto questo tempo, ha bisogno di una mamma.
    Rido alla sua domanda, perchè non mi chiede Chi sono, ma COSA. Quando capiscono con chi hanno a che fare restano sempre così stupiti. Non ho mai incontrato nessuno come me in tutta la mia Non vita, nessuno che portasse il peso del mio stesso destino. Mi chiedo se esista qualcun altro come me, perchè mai nessuno è riuscito a nascondere il disgusto e lo stupore misti sul viso nel trovarsi di fronte a una bambina con la possibilità di distruggere un uomo formato solo stringendo il suo collo tra le dita.
    Estrie. Ecco cosa sono. Se conosce la mitologia, le credenze ebraiche in particolare, basterà a capire quanto io sia desiderosa di attaccarla, quanto il mio spirito senta la necessità di farla mia, altrimenti, se deciderò di lasciarla viva, il mio nome le sarà di monito. Estrie. Unica e sola per sempre.
    Prova ancora a ribellarsi, non si arrende e in tutta risposta avvicino il mio viso al suo collo, lasciando che il profumo misto al sangue della sua vittima mi inebri per qualche istante, le sfioro la pelle coi canini senza ancora accennare davvero a nutrirmene. Non si gioca con il cibo Estrie! Eppure lui lo fa sempre, soprattutto con le donne.
    Tu sei come me. Sollevo un istante il viso per sorriderle, un sorriso sadico sul mio volto da bambola di porcellana, gli occhi iniettati di sangue e desiderio, li chiudo per un istante, leccandomi le labbra a pochi centimetri dal suo viso prima di non darle più modo di ribellarmisi affondando i denti la dove sento il sangue pulsare, caldo, puro, giovane. Sangue, come buono come non ne assaggio da settimane. Impossibile da mettere a confronto col sangue animale, una sottospecie così disgustosa da sembrare quasi uno di quei cosi che i babbani chiamano medicinali e prendono con volti schifati.
    Sangue che scorre tra le mie labbra scaldandomi la gola, invadendomi i sensi, lasciandomi così serena da allentare la presa sulle sue spalle. Se continui la ucciderai. Lui non è qua, eppure sento la sua voce dentro la mia testa, come se non mi avesse mai abbandonata, mai. Alzo il capo, guardando il vuoto per un istante. Ne voglio ancora... Sussurro come i bambini babbani davanti a una coppa di gelato quasi finita. Ne voglio ancora, potrei non saziarmene mai.
     
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  4. Survivor.
     
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    Evidentemente la vita aveva deciso di farle conoscere tutti gli angoli più nascosti dell'inferno senza risparmiarle alcun dettaglio. Non erano bastate le torture, l'abbandono, la fame e il vagabondaggio, il destino voleva deriderla ancora una volta gettandola fra le braccia di un piccolo demonietto dai denti aguzzi e lo sguardo più feroce di quello di un lupo. C'era una scintilla di brama in quegli occhietti rossi che fece rabbrividire Marika, era la stessa scintilla folle che aveva animato i suoi, di occhi, nel momento in cui aveva deciso di fuggire senza fermarsi davanti ad alcun ostacolo: era la scintilla che ha negli occhi chi non ha molto da perdere e si cura solo delle proprie esigenze.
    Estrie. La mente della Freedman corse indietro, arrivando alle lezioni del professor Sighior e ricordando quasi alla perfezione il riassunto del capitolo del libro: indomabili e aggressive, creature vampiresche pericolosamente assetate di sangue. Era solo un mito, nient'altro che una leggenda, ma in quel momento Marika trovò l'immagine nella sua memoria particolarmente analoga al visino inquietante della ragazzina.
    “Tu sei come me.” sembrava più un pensiero ad alta voce che una frase rivolta effettivamente a lei, ma Marika non riuscì a non provare una lieve e pungente stretta allo stomaco. Era come lei? Cacciava, si sporcava le mani del sangue altrui, qualche volta aveva anche mangiato carne cruda pur di sopravvivere trovando il sapore del sangue quasi piacevole dopo giorni di astinenza. Ma l'idea di essere paragonata ad una creatura così bestiale era difficile da tollerare.
    “Non ti avvicinare.”
    Ringhiò quelle due parole tentando ancora di scrollarsi di dosso il corpicino alla vista così esile e fragile, ma in realtà spaventosamente forte e resistente. Era una minaccia, non una supplica, dal momento che Marika non stava provando alcuna paura, ma solo più che altro un fastidio strisciante nelle viscere. Non voleva morire adesso, non dopo tutto quello che aveva passato per sopravvivere, era da stupidi lasciarsi uccidere in quel modo.
    Quando i canini le affondarono nella carne emise solo un soffocato lamento, digrignando i denti e stringendo gli occhi per cercare di non perdere il controllo sul proprio corpo. Faceva malissimo, sentiva i fiotti di sangue lasciare il suo corpo e le vertigini presero presto ad appannarle la mente.
    Serrò quindi la mascella inspirando a fondo e portando la mente altrove, come si era abituata a fare in prigione per non soccombere al dolore fisico, e riaprì poi gli occhi solo quando sentì gli aghi lasciarle la pelle.
    Incrociò lo sguardo dell'infante trasmettendole tutto l'odio che provava in quel momento, mentre con respiro affannato e le gote pallide allungava lentamente un braccio sul lato, sfiorando i fili d'erba e cercando più con la speranza che con il tatto una soluzione per uscire da quella situazione.
    “Sarai cento volte più vecchia di me... non è il caso di smetterla con... i capricci?”
    I polpastrelli sfiorarono qualcosa, qualcosa che in quel momento parve essere l'unica speranza a cui la donna poteva aggrapparsi. Marika deglutì e strinse le dita attorno alla roccia coperta di muschio intercettata con la mano, e subito dopo con un unico gesto sollevò il braccio indirizzando un colpo alla testa della piccola, che fosse sulla tempia, sulla nuca o in faccia non le importava, purché riuscisse in qualche modo a distrarla, a farle abbassare la guardia.
    Il sangue perso cominciava ad intorpidirle le membra per la debolezza, non le restava molto tempo per reagire prima di perdere totalmente il controllo sui propri muscoli: doveva provare, doveva combattere, doveva sopravvivere.
     
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  5. Estrie.
     
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    Le mie dita fredde si serrano attorno alla sua gola, la tengo stretta, senza però impedirle di respirare. L'arteria pulsa ancora, nonostante il sangue di cui l'ho privata, il suo cuore dal battito accellerato inizia a rallentare per non far sgorgare troppo sangue dalla piccola ferita. Mi chiedo in quanto tempo si dissanguerebbe se invece che cibarmi del suo sangue recidessi semplicemente l'arteria con un colpo netto, un graffio deciso. Avvicino di nuovo il viso, ringhiandole contro alla sua obbiezione sulla mia età, i denti di nuovo così vicini al sangue pulsante che la fame prende il sopravvento, o quasi, perchè appena prima che i miei canini affondino, ponendo fine a qualsiasi fantasticheria su come lasciarla dissanguare in maniera alternativa, un colpo secco mi arriva alla testa, forte, facendomi barcollare per un attimo.
    Chiudo gli occhi, scuoto la testa, porto la mano la dove mi ha colpita e allento la presa lasciandole la possibilità di muoversi, senza però sollevarmi, senza lasciarla scappare via. Questo non dovevi farlo. Riapro gli occhi, li fisso nei suoi e le sorrido. No, non doveva proprio farlo, perchè il cibo prova sempre a scappare? I loro cibi non scappano, se li ritrovano pronti e fumanti in tavola, non dovrebbero fare lo stesso favore anche a noi? Farsi trovare pronti e perfetti?
    Mi avvicino tanto da posare la mia fronte alla sua, marmo gelido contro accogliente seta. Non dovevi farlo... Ripeto, mentre la voce del mio creatore ancora una volta mi ripete quelle parole così famigliari: Non si gioca col cibo, Estrie. Ma è il cibo che vuole giocare, il cibo che vuole far di tutto per non farmi contenta, perchè non divertirmi un po' allora?
    Un balzo all'indietro e mi sollevo, allontanandomi dal suo corpo, lasciandola libera, anzi, alla fine decido anche di porgerle la mano per aiutarla a rialzarsi, che l'accetti o no. Voglio giocare! Le dico con un sorriso sadico in volto. Si, e il mio giocattolo è lei. Sai giocare a nascondino, vero? Le do le spalle, con i sensi allertati nel caso provi di nuovo ad attaccarmi, le orecchie tese a captare i suoi passi, ogni suo movimento. Scappa, scappa bambolina. Al dieci vengo a cercarti! Annuso l'aria, cercando di capire se ha scelto di scappare o rimanere a combattere. Uno... Due... Scapperà, scappano sempre tutti. Tre... Quattro... Sto per arrivaaare...
     
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  6. Survivor.
     
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    Non si era illusa di poter ottenere lo stesso risultato che avrebbe avuto l'urto di un sasso contro la testa di un umano, ma almeno l'intento di destabilizzare momentaneamente la creatura riuscì.
    La piccola sembrò riscuotersi dal trance in cui era caduta da quando l'aveva morsa, e per quanto disinvolta apparisse rispetto al colpo ricevuto, a Marika piacque pensare che era riusciva a ritardare di qualche minuto ancora la propria morte.
    Non poteva fare altro in quel momento, se non prendere tempo. Era in una posizione di svantaggio, contro una creatura che – per quanto alta un terzo della sua statura – possedeva almeno il doppio della sua forza fisica, per non parlare della velocità e della sete di sangue.
    Lasciò ricadere il braccio a terra, abbandonato sull'erba, mentre la pietra rotolava via dal palmo della Freedman. Avrebbe dovuto fare di meglio, avrebbe potuto fare di meglio se solo avesse avuto ancora tutto il sangue nelle vene.
    Ansimò debolmente quando il peso del piccolo corpo le si scostò dallo sterno. Istintivamente Marika si trascinò su un fianco, crucciandosi nel sentire il fastidiosissimo bruciore della ferita sul collo.
    Doveva incombere una sorta di maledizione sulla sua testa, non c'erano altre soluzioni: la sua pelle doveva sempre essere macchiata da una qualche ferita, in un modo o nell'altro.
    “Sai giocare a nascondino, vero?” non era sicura di aver afferrato correttamente il significato di quelle parole. Sollevò uno sguardo confuso e offuscato sulla figura della piccola, notando che oltre ad un sorriso sghembo le stava anche porgendo una manina per rialzarsi.
    La afferrò, senza abbassare la guardia e impiegando più tempo di quanto avrebbe voluto per ritrovare l'equilibrio. Si portò quindi una mano al collo constatando che la ferita stava ancora sanguinando, ma ancora una volta la bambina si guadagnò tutta la sua attenzione.
    Voleva giocare a nascondino, e dall'espressione del suo viso Marika capì che ogni alternativa contrastante alla sua volontà avrebbe suscitato un pericoloso malcontento.
    “Uno... Due...” è voltata, Estrie, conta con la stessa spensieratezza che utilizzerebbe qualunque bambina mortale della sua età. Se non fosse stato per la sfumatura di sadismo nella sua vocina Marika avrebbe potuto considerarla un'innocua e tenerissima infante.
    Si tastò i pantaloni in cerca della bacchetta, la estrasse fissando attentamente la schiena dell'altra e immaginando tutti i possibili attacchi a sua disposizione. No, non servivano attacchi magici in quel momento, doveva agire d'astuzia.
    Si voltò, dunque, e prese a correre verso il folto della foresta utilizzando tutta l'energia che non credeva neanche di possedere. Inciampò un paio di volte, e quando la voce della ragazzina le parve abbastanza lontana si fermò contro una grossa quercia nodosa. Si arrampicò non senza fatica lungo il tronco, scorticandosi un po' le ginocchia e rischiando di cadere ben tre volte, ma alla fine riuscì a raggiungere un ramo discretamente alto da garantirle il giusto vantaggio.
    Si sedette a cavalcioni sul legno ruvido e tentò di riprendere fiato prima dell'arrivo della ragazzina, mentre puntava la bacchetta sul ramo dell'albero subito prossimo alla quercia.
    “Bombarda Maxima!”
    Avrebbe gridato una volta sicura di avere la vampira entro lo spazio di terra colpibile dai pezzi di ramo troncati e fatti esplodere.
    Non aveva voglia di giocare almeno quanto non aveva voglia di morire, c'era solo da trovare un modo per togliersi di torno quella sanguisuga.
     
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  7. Estrie.
     
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    Seeeeei, seeette… Oh, quanto mi piace, la sento correre, sento l’odore della sua paura, meno di quella di un normale essere umano, non è terrore puro, non ha quel profumo piacevole che inebria completamente i sensi, è più allerta, sa come muoversi. Dieci! Che sei pronta o no arrivo a prenderti!
    Mi giro, mi lecco le labbra sentendo ancora gli ultimi rimasugli del suo sapore e annuso l’aria attorno a me, seguendo le lievi impronte lasciate dalla ragazza sulla via polverosa, visibili solo molto vaghe e a tratti. Mi abbasso per guardarle bene, le studio seguendone la scia e corro verso i primi alberi sul contorno della cittadina. Dieci secondi, ha avuto solo dieci secondi e un umano può fare ben poco in così poco tempo, in un paio di secondi invece io sono all’altezza del primo albero e in un attimo partono schegge ovunque, precedute solo un istante prima dalla voce della ragazza, appena il tempo di piegarmi su me stessa per evitare che qualche scheggia mi colpisca il volto.
    Lo sapevo che non eri come tutti gli altri. Cerco di capire da dov’è arrivato il colpo, non conosco quella cosa babbana, la fisica, abbastanza bene da saper parlare di traiettorie o simili, ma la sua voce è arrivata dall’alto, questo è sufficiente per capire almeno di prendere al volo il primo ramo che ho a portata di salto e salire fin sul ramo più alto per vedere gli alberi attorno cercando un movimento insolito. Eeeehi, so che sei li… Io posso stare qui anche tutta la notte, sai? Prendo la spinta e salto sull’albero vicino, continuando a guardarmi attorno alla ricerca della bionda, non dovrebbe essere poi tanto difficile scorgere i suoi capelli tra tutto quel verde!
    è inutile che ti nascondi bambolina, sento il profumo del tuo sangue! Di solito non è così facile, di solito non ho già morso le mie prede, non sento il loro profumo riconoscendolo tra mille altre, ma il suo sapore è ancora ben impresso tra le mie labbra, ancora così chiaro che sembra quasi io me ne stia ancora cibando! Sento un rumore dal lato opposto al mio e mi giro di scatto, un ringhio viene soffiato dalle mie labbra prima che me ne renda conto e salto sull’altro ramo. Non puoi scappareee… Rido e mi avvicino, lo so, mi sto avvicinando, sento il suo respire spezzarsi, calmarsi cercando di trattenersi, cercando di non fare rumore per scapparmi.
    Faccio il giro del tronco, è vicina, così vicina che è quasi un dispiacere trovarla e smetterla subito di giocarci. No, posso fare di meglio, prima posso divertirmi un po’! Del resto l’ho detto: lei è come me. Dimmi, di chi è il sangue che hai addosso?
     
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  8. Survivor.
     
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    Non che avesse sperato di cavarsela con qualche ramo spezzato, ma osservare con quanta disinvoltura quel mostriciattolo aveva affrontato la pioggia di legnetti rotti mozzò il fiato nella gola di Marika.
    La Freedman osservò tutto dall'alto, a cavalcioni di quel ramo che per il momento – e certamente non troppo a lungo – costituiva il suo vantaggio. La piccola si scrollò semplicemente di dosso i frammenti di legno come fossero stati coriandoli, e con la stessa eccitazione che animava il suo sguardo dall'inizio del loro incontro riprese la ricerca.
    Il solo pensiero che quell'esserino disseminasse inquietudine e panico da secoli le faceva venire la nausea, pensando poi a quanto appariva graziosa nelle vesti di bimba, tutta la situazione si faceva ancor più surreale.
    Presto la vampira sparì dalla sua visuale, che attraverso le foglie e l'oscurità non era poi delle migliori, rimase solo la sua vocina tintinnante a guidarne gli spostamenti.
    Marika poggiò la schiena contro il tronco dell'albero su cui si era arrampicata, chiudendo gli occhi per un attimo e respirando lentamente, cercando di limitare il più possibile tutti i rumori prodotti dal suo corpo. Era inutile, con un segugio affamato alle calcagna un essere umano non poteva niente.
    Riaprì gli occhi solo quando la sentì muoversi abbastanza vicino alla sua posizione, e tese istintivamente i muscoli quando vide il visino sadico spuntarle davanti: tana.
    Era così stupido morire in quel modo, annientata da una sanguisuga infante ai margini del niente, in una putrida foresta buia, senza essere riuscita neanche minimamente a portare a termine i piani.
    “Dell'uomo che ormai non ne ha più bisogno.”
    Staccò la nuca dal tronco, fronteggiando almeno con lo sguardo tutta l'audacia che la creatura mostrava. Si sentiva pericolosamente debole, probabilmente le sarebbe riuscito difficile anche solo scendere da quell'albero, ma forse per sopravvivere non serviva la forza fisica, forse per una volta doveva ascoltarla la voce di Amanda nella sua testa.
    “Era grasso, i suoi capelli erano unti, le sue braccia flaccide, il suo alito irrespirabile... Gli ho tagliato la gola.”
    Prendere tempo poteva essere un buon inizio. Sua madre le avrebbe suggerito di abbindolare un avversario più forte fisicamente, di stenderlo con le parole, di annientarlo con il potere della mente.
    Marika cercò lo sguardo di Estrie, quindi, provando a mettere da parte il rancore e ricercando una neutralità che non era affatto facile da rintracciare.
    “Anche io so uccidere usando i denti... sai? E tu, sai uccidere senza le tue zanne?”
    Inarcò debolmente le sopracciglia, come fosse davvero curiosa di conoscere la risposta. E forse lo era, forse in quella risposta poteva essere rintracciata la chiave per uscire da quell'inseguimento mortale, per creare una stradina secondaria tramite cui eventualmente salvarsi.
    “Hai mai avvelenato qualcuno? Hai mai azzerato tutte le funzioni vitali di un essere umano utilizzando solo la pressione di due dita?”
    La disperazione porta spesso all'illuminazione suprema, c'era solo da sperare che Estrie non travisasse le sue parole e non si facesse venire in mente di sperimentare su di lei.
     
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  9. Estrie.
     
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    Davvero disgustoso! Arriccio il naso come se riuscissi a sentire esattamente qui e ora l'odore dell'uomo che ha ucciso, anzi, forse... forse un po' è vero, deve essere quel retrogusto acido che sento sulla sua pelle, quell'odore così forte anche se secondario da dare il voltastomaco se mi ci concentro sopra. No, non devo pensarci, l'odore della ragazza è meglio e il suo sangue ha un ottimo sapore, è sangue fresco, vivo, di una persona allenata, direi che ha un sapore dolce, se immagino il sapore del cioccolato lo immagino più o meno così... Oh, si, la bionda davanti ai miei occhi deve sapere esattamente di cioccolato! Potrei lasciarla libera a condizione che si faccia trovare da me quando ho fame, quando ho un qualche capriccio. Il cioccolato serve a calmare i capricci dei bambini, no? Potrebbe essere il mio cioccolatino personale. Lui non approverebbe, Non si gioca col cibo, Estrie, ma del resto Lui non mi vuole più.
    Piego la testa di lato, incuriosita dal suo discorso. Di solito le persone non parlano con me, non si aprono così tanto e non cercano di invitarmi a fare cose nuove, non cercano di suggerirmi modi diversi per ucciderle, la ragazza davanti ai miei occhi deve essere masochista oltre che bellissima. Perchè non la posso trasformare? Se per una volta potessi scegliermela io la mia mamma magari riuscirei a trovare una donna interessante e con qualcosa di interessante da insegnarmi. Lei sembra conoscere cose divertenti.
    A cosa dovrebbe servirmi? Sgrano gli occhi stupita da quella domanda. Non posso bere il sangue di un morto, è velenoso! Sarebbe uno spreco ucciderli così! Annuisco convinta, consapevole di averle confessato una delle debolezze della mia razza, ma del resto se ho imparato una cosa negli anni è che i Maghi ci conoscono, ci conoscono così bene che alcuni vampiri si sono infiltrati tra di loro, camminando a testa alta nel loro governo. Loro ci studiano, hanno libri e libri su di noi, probabilmente la ragazza conosce già tutti i miei punti deboli, e allora sa che ho ancora tutta la notte davanti prima di dovermene tornare al riparo, prima di essere costretta a segnare la sua fine con il morso fatale.
    Sollevo la mano accarezzandole la guancia, spostandole i capelli ce nella corsa le sono scivolati davanti agli occhi, mi piacciono i visi puliti, senza capelli sciolti ad infastidire la mia vista. La carezza si sposta leggera e fredda sul collo, la dove due rivoli di sangue ancora scorrono lungo la sua gola scivolandole sulla spalla. Però potrei spezzarti il collo a mani nude, sono piuttosto forte, sai? Gli occhi che brillano da quella consapevolezza mentre mi porto le dita sporche del suo sangue alle labbra. Delizioso, potrei non stancarmene mai. Così è più divertente, non trovi? Le cose semplici sono... Decisamente noiose!
     
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  10. Survivor.
     
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    Come un letale boomerang, ogni tentativo di distogliere l'attenzione della ragazzina dal suo sangue riportava Marika al punto di partenza, nel momento in cui la vampira trovava spietatamente affascinante l'idea di ucciderla lì, sul momento, dopo averle disidratato le vene, come fosse la più divertente attrazione su cui puntare l'andamento della serata.
    Che poi, in effetti, era proprio quello che Estrie stava facendo: Marika era il suo giocattolino in quel momento, gliela si leggeva negli occhi tutta l'eccitazione che doveva provare all'idea di averla in pugno, di poterla schiacciare senza fatica al momento per lei più opportuno.
    Eppure Marika ci stava provando, dannazione, ce la stava mettendo tutta innanzitutto per non perdere i sensi, a seguire per non perdere la calma e poi ancora per non perdere l'attenzione sui punti più sensibili di Estrie.
    Era un vampiro, sì, ma pur sempre una bambina. Conviveva con il corpo di un infante da chissà quanti anni, forse secoli, la sua mente non poteva essere poi tanto avanzata rispetto all'età biologica in cui il corpo aveva smesso di crescere, no? E cos'è che i bambini amano tanto? Cos'è che potrebbe tenerli impegnati per ore senza altri pensieri per la testa?
    “È divertente... è divertente osservarli morire in modi diversi. Puoi giocare con loro dopo esserti nutrita.”
    Cercò di esibire la più totale disinvoltura mentre si riferiva a “loro” escludendo spudoratamente se stessa dalla cerchia. Doveva puntare ad essere complice, non vittima.
    Aveva superato ormai il limite del buon senso, si stava affidando solo alla più disperata voglia di sopravvivere a quella serata. Non c'era niente di divertente nel veder morire qualcuno, né tanto meno a scegliere il tipo di morte da imporre al poveretto, ma se c'era anche la più minima possibilità di distrarre Estrie dal suo collo, Marika avrebbe sacrificato anche tutta l'umanità!
    La ferita sul collo le pulsava ritmicamente scandendo il dolore che ormai la donna riusciva quasi ad ignorare. Non era quello a preoccuparla, quanto più la debolezza dei muscoli, che per la copiosa perdita di sangue cominciavano ad indebolirsi sempre di più.
    “N-no! Quello non sarebbe divertente... te lo garantisco.”
    Biascicò quelle parole con tutta la lucidità che riuscì a trovare in mezzo alla disperazione, e con non poca fatica riuscì anche a proporre alla piccola un sorriso dolce, quasi affettuoso, mentre con la punta delle dita le sfiorava il pizzo del vestitino candido, già brutalmente macchiato di sangue e terra.
    “Voglio giocare anch'io con te... ti va? Tu fiuti una preda, io la attiro, tu la mangi, io la uccido.”
    Con un mugugno di dolore Marika drizzò un po' la schiena, ignorando tutta la spossatezza ed auto-convincendosi che era davvero in grado di mettere in pratica quella follia.
    “Non ti piacerebbe avere una compagna di giochi, Estrie?”
    Le prese gentilmente la manina, cercando di non soffermarsi su quanto fredda e... morta fosse al solo tatto. Tenne bene a mente che stava interagendo con una bambina, immortale, vecchia, imprevedibile e letale, certo, ma pur sempre una bambina. Doveva essere dolce e accondiscendente, ma soprattutto doveva convincerla che Marika era un giocattolo più interessante da viva che da morta.
     
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  11. Estrie.
     
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    Ho settecento anni, sai? Sorrido, inclino la testa mostrandole quello che dovrebbe essere uno sguardo secolare, ricco di tutte le esperienze ce ho fatto, quelle esperienze tuttavia che come bambina ho rimosso fin troppo in fretta perchè ritenute futili o noiose, sostituite presto da qualcosa di apparentemente più interessante. Nessun rimpianto in 700 anni, la bellezza di poter vedere tutto con gli occhi di un bambino.
    Credi davvero di sapere qualcosa in più di me? Certo, divertente è divertente, esaltante in un certo senso, vedere la vita lasciare gli occhi della persona che hai davanti senza darle la minima possibilità di riprendersi, porre fine a una vita così giovane rispetto a quella che ho ancora davanti.
    Però voglio giocare, non riesco nemmeno a stare ferma qui, insomma, questa sera non ho voglia di una caccia noiosa, una di quelle in cui aspetti e basta, è così tanto che non caccio che correrei per tutto lo stato fino ad esaurire completamente le forze o veder sorgere il primo sole della mattina! Attorciglio le gambe attorno al ramo e mi lascio scivolare a testa in giù come un pipistrello, non ho paura dell'altezza, non ho paura di cadere. So che è un po' da sprovveduta, insomma, lei potrebbe benissimo rompere il ramo e sperare che cadendo io mi spezzi l'osso del collo, ma sono fiduciosa nelle mie capacità, nei miei riflessi e nel fatto che lei sia abbastanza stanca e spossata da aver capito che non le conviene.
    Non si gioca col cibo! Faccio eco alla voce nei miei pensieri esprimendo per la prima volta quel pensiero ad alta voce, come ad ammonire la donna nello stesso modo in cui Lui ha sempre ammonito me. No, non si gioca col cibo, se lo si porta solo a letto, vero? E se non sono abbastanza grande per farlo cosa dovrei fare? Limitarmi a giocare con le bambole per tutta l'eternità? No, non è divertente se no.
    Ho deciso! Annuncio fiera rimettendomi dritta sul tronco rapidamente, le gambe ancora strette attorno ad esso, le mani ben ancorate al legno, sporta in avanti verso di lei. Se riesci ad insegnarmi una trappola che ancora non conosco forse non ti ucciderò. In fin dei conti lei ci sta provando, ci spera di avere una via d'uscita e magari potrebbe davvero essere interessante, una ragazza che si arrampica su un albero dopo che l'ho svuotata della metà del sangue che ha in corpo. Ci stai? Le porgo la mano leccandomi le labbra. Ho fame.
     
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  12. Survivor.
     
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    Settecento anni... Settecento anni... Con solo un leggero fremito al sopracciglio per la sorpresa, Marika rimase letteralmente allibita per quella rivelazione buttata lì quasi non avesse poi troppo rilievo. Non erano mica pochi settecento anni, e andavano ben oltre i secoli che lei aveva immaginato potesse avere quella ragazzina.
    Non riuscì a non sentirsi incredibilmente vulnerabile ed insignificante a quel punto, lei che dal basso dei suoi ventinove anni cercava di sopravvivere al confronto con una creatura secolare.
    Il rimprovero pronunciato dalla piccola subito dopo le penetrò a fondo nelle ossa quasi come riuscivano a fare i rimproveri dei genitori da bambina. Non poteva essere altrimenti, quando Marika comprendeva di avere di fronte un avversario con maggiore potenzialità si privava all'istante di tutta l'autostima che l'aveva sempre aiutata a sopravvivere. Le bastava considerare l'altro uno stupido, un ignorante, un folle, un nano, una donnicciola, le bastava avere dalla propria parte un solo vantaggio per accettare la sfida di buon grado; ma quando si trovava a scontrarsi con avversari alla pari – o peggio ancora più potenti – tutto veniva azzerato, e Marika si sentiva incollata al terreno, intrappolata nell'impotenza.
    Sarebbe morta così, pensò, per mano – anzi per bocca – di una bambina di settecento anni dai riccioli d'oro ed il vestitino candido. Una morte originale, senza dubbio.
    Con la schiena attaccata al tronco e le membra tristemente intorpidite, la Freedman continuava ad osservare cautamente la vampira a testa in giù mentre un nuovo sentimento le si insinuava nelle viscere: rassegnazione. Non l'aveva mai conosciuta così da vicino, eppure in quel momento...
    “Ho deciso!” inarcò le sopracciglia, più scettica che incuriosita, ormai era talmente stanca che anche solo il pensare ad un moto di speranza non sembrava essere allettante. Fu allettante però sentire il calore di una fiammella in fondo allo stomaco, quella fiammella che raramente le si spegneva e che costituiva l'anima della sua caparbietà. Aveva una possibilità, una sola, non poteva rifiutarla.
    “Ci sto.”
    Si umettò le labbra sospirando. Non aveva idea di dove potesse prendere le forze necessarie ad una caccia all'uomo, ma aveva forse alternative? Strinse la piccola manina per suggellare il patto e anche per far leva e staccarsi così dal tronco. Strappò un pezzo di mantello e se lo annodò al collo: fermare l'emorragia poteva essere un buon inizio per evitare l'immediato collasso. Avrebbe potuto usare un Ferula, certo, ma doveva risparmiare energie per gli incantesimi che avrebbero reso quella caccia avvincente, affascinante e con un po' di fortuna anche divertente per Estrie.
    Si lasciò scivolare quindi lungo il tronco aggrappandosi solo debolmente con mani e piedi, e una volta a terra si convinse che poteva farcela, la forza della disperazione è sempre notevole, no?
    “Non siamo lontane dai confini della foresta, dobbiamo avvicinarci alla strada.”
    Commentò dando un'occhiata alle luci in lontananza. Erano altresì ben lontane dalla zona di caccia, perciò qualche ingenuo umano spaesato poteva essere facilmente rintracciabile.
    Con un cenno indicò la strada alla ragazzina, procedendo a passo misurato e il più possibile composto seppur le gambe la reggessero in equilibrio solo a stento. Si fermò solo quando fu sicura di aver raggiunto un posto tranquillo e abbastanza vicino ad eventuali passeggianti.
    “Sta' indietro... Defodio.”
    Mormorò, per poi estrarre la bacchetta e puntarla sul terreno disegnando col braccio un movimento circolare. Sentì chiaramente la magia uscirle a fatica dal corpo, dopo il prossimo incantesimo che aveva in mente di attuare probabilmente sarebbe collassata del tutto. Comunque per il momento tutto filò liscio, il lungo canale si aprì circolarmente attorno a loro, lasciando libero solo un passaggio dal centro al resto del terreno. Sarebbe servito ad Estrie... e alla sua cena per l'entrata trionfale.
    “Tocca a te... scegli chi più ti piace, attiralo qui come pensi sia meglio e fai in modo che raggiunga il centro del cerchio. Nel frattempo io nasconderò il fossato per evitare sospetti. Vai.”
    Le si era accovacciata di fianco parlandole a voce bassissima, non solo per non far rumore ma anche perché le risultava pesantissimo emettere tanto fiato dai polmoni.
    Una volta che la vampira si fosse allontanata, Marika avrebbe provveduto a spostare qualche ramo o fogliame per nascondere al meglio quei modesti dirupi.
    Ovviamente aveva preso non poco in considerazione l'idea della fuga nel momento di guardia abbassata, ma non era abbastanza in forze da smaterializzarsi, e la ragazzina era smisuratamente veloce per sperare di sfuggirle con la corsa. Doveva restare, attendere l'arrivo del protagonista e mettere in scena lo spettacolo per il quale stava approntando la scenografia.
     
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  13. Estrie.
     
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    La sua mano stringe la mia e i miei occhi si illuminano, sia per l'accordo che sentendo lo stato in cui è ormai la ragazza: la mano è fredda, non quanto la mia, certo, ma tipica di quando il sangue è scarso, inizia a concentrarsi più sulle zone vitali lasciando perdere a poco a poco la periferia. Non morirà, non per quei due buchini e come tutti i buoni umani tra non molto le si riformerà, serbatoi perfetti e infiniti gli umani.
    So dove siamo. Taglia corto, sei noiosa, preferisco l'azione. Non sempre, insomma, la preferisco ora! Quando ho fame e non vedo l'ora di avere il mio giocattolino sotto i denti. Le guardo la gola, quel poco che ha di scoperto lascia a mala pena intravedere un rivolo di sangue ormai secco, ma riesco comunque a sentire ancora il suo sapore tra i miei denti. Sorrido, chiudo gli occhi e prendo una boccata d'aria profonda inspirando il suo odore e una promessa di non dimenticarla mai, se sopravviverà.
    La seguo, i suoi passi stanchi fanno decisamente troppo rumore, almeno per come la vedo io, un vampiro la scoprirebbe subito. I miei sono così leggeri che quasi sembra non mi posi nemmeno a terra, Lui mi ha sempre fatto i complimenti per la facilità con cui mi riesce diventare come invisibile alle orecchie altrui. Immagino che alle orecchie degli umani però non sembri poi così tanto un elefante la ragazza, deve avere anche una certa grazia sotto sotto, quando ha tutto il suo sangue a scorrerle nelle vene.
    Questo non è valido. Annuncio appena estrae la bacchetta con una certa irritazione nella voce, incrocio le braccia e inizio a picchiettare nervosamente le unghie della mano destra contro l'altro braccio e mi mordo il labbro per non urlarle contro. Quell'incantesimo non posso farlo. Non posso fare nessun incantesimo, non esiste una bacchetta che mi risponda e ricordarmelo non è una mossa astuta da parte della ragazza, accidentalmente l'avrebbe persino potuta colpire un fulmine, chissà. Per sua fortuna ho imparato a controllare la mia rabbia di tanto in tanto e non succede niente mentre lei procede e resto comunque a guardarla curiosa, ha già perso punti però.
    Questo è facile! sarò qui in un attimo! Sorrido, trotterello qualche passo più avanti e poi mi giro per controllare il suo operato. E non provare a scappare. Arriccio il nasino e le sorrido. Ti sento! Sempre, non appena si allontanerà troppo lo sentirò, dovesse anche cospargersi il corpo di cacca di troll!!
    Continuo a saltellare fino a che non fiuto un'altra presenza, è un profumo di donna e poco dopo la trovo, a pochi passi da me, distratta a cercare qualcosa per terra. Ghigno soddisfatta prima di scompigliarmi un po' i capelli, infilare i guanti e mettere su un musino triste da oscar, poi mi ci avvicino. Signora... Le tiro il vestito e tiro su col naso come se stessi piangendo, lei si gira, ma non mi guarda negli occhi, guarda ovunque ed è spaventata, forse preoccupata per il mio aspetto, il vestito è parecchio sporco in effetti ormai e pieno di strappi, mannaggia.
    Signora, la mia mamma è stata male... Cerco il suo sguardo, la catturo col mio porgendole la mano. Vieni con me signora. E già sorrido perchè non deve essere una strega potente, glielo leggo negli occhi che non sa resistermi. Annuso l'aria, cerco l'odore della ragazza, non si è allontanata, ma è circondata da un odore forte di fiori e piante, si è nascosta. La donna prende la mia mano e io la trascino verso il punto dove la ragazza mi ha indicato, vedo le foglie e i rami a coprire la buca e mi chiedo perchè gli umani siano così stupidi da non accorgersene, comunque individuo la stradina e arrivo con la donna al centro del cerchio.
    Lei... era qui... è ferita... Continuo a mantenere la mia farsa senza disperarmi particolarmente, mi basta tenere lo sguardo nel suo e continuerà ad essere succube del mio volere, ad essere mia. Poi toccherà alla ragazza.
     
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  14. Survivor.
     
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    Dire che era esausta sarebbe stato tremendamente riduttivo. Marika sentiva di poter collassare da un momento all'altro, si stava imponendo di tenere gli occhi aperti solo perché sapeva che chiuderti avrebbe voluto dire arrendersi a morte certa.
    La ferita sul collo aveva smesso di sanguinare, ma non di bruciare. E il sangue nelle vene sembrava faticare a rigenerarsi considerato il pallore ancora vivo sulle sue guance. Ecco perché non si era mai offerta come donatrice di sangue, il suo organismo era troppo lento a produrne di nuovo, maledizione!
    Sentì il cuore balzarle in petto non appena avvertì lo scetticismo della ragazzina riguardo all'incantesimo appena usato. Era meno sciocca di quanto la sua apparente età avrebbe suggerito, ma per fortuna Marika possedeva ancora un briciolo di lucidità sufficiente a tirarla fuori da quella sua stessa trappola.
    “Hai ragione, ma puoi sempre asservire un mago che lo faccia al tuo posto, non è vero? Userà lui la bacchetta al tuo posto.”
    Puntò sull'orgoglio della piccola, sperando di innalzare -se possibile- ancor di più il suo ego e la sua smisurata superbia. Era triste ma vero, dopo tutto, Estrie aveva seriamente quel potere stretto nelle sue piccole manine, avrebbe potuto circondarsi di un esercito di schiavetti semplicemente sbattendo quelle adorabili ciglia lunghe.
    Si rialzò in piedi a fatica dopo aver ricevuto la sua conferma riguardo alla pesca della preda. Dovette sorreggersi subito con una mano sulla corteccia di un albero per permettere alla propria vista di schiarirsi, e non perse tempo per approfittare di quel momento di pace per riprendere fiato.
    Era come avere una bomba ad orologeria perennemente piantata addosso, il solo camminare in compagnia di quella creaturina le aveva fatto accapponare la pelle dall'angoscia. Adesso poteva rilassarsi, seppur minimamente, almeno per una manciata di secondi.
    “Non scappo... non scappo...”
    Biascicò stancamente poggiando la nuca contro l'albero e socchiudendo gli occhi per quasi un minuto. Si riscosse giusto in tempo per frenare quell'adorabile sonno che tentava di attirarla fra le braccia; si staccò dal tronco con un colpo di reni e si affrettò a sistemare il fossato scavato nel terreno in modo da renderlo invisibile.
    Estrie tornò, i suoi passi erano praticamente assenti all'udito, ma quelli della Cena erano fastidiosamente pesanti. Marika sgattaiolò all'ombra di un pino puntando gli occhi sul bersaglio e sopprimendo a fatica il moto di ribrezzo nello stomaco che le stava facendo venire la nausea. Che stava facendo? Sacrificare gratuitamente vite umane pur di salvare la propria: davvero miserabile.
    Attese che la donna raggiungesse il centro della trappola e poi avanzò verso di lei, barcollante ed ansimante con la ferita sul collo in bella vista.
    “Oh, piccola, hai fatto in fretta... Dismundo.”
    Non appena la donna fece per avvicinarlesi, sconvolta per il sangue visibile sulla pelle della bionda, l'incantesimo di quest'ultima la raggiunse in pieno viso provocandole all'istante le peggiori allucinazioni che la mente di Marika potesse formulare.
    La reazione fu immediata, tremante ed urlante la sconosciuta prese a correre scoordinatamente qua e là in fuga dalle visioni che a lei dovevano sembrare piuttosto reali. Infine arrivò il pezzo forte, la caduta nel fosso e la consapevolezza di essere diventata nient'altro che un topolino ingenuo pronto per essere mangiato dal gatto... o dal vampiro.
    Un'occhiata ad Estrie, un solo cenno per invitarla a procedere con il pasto.
    “Buon appetito.”
    Allargò le braccia, fissando uno sguardo impassibile sulla poveretta ormai in preda alle convulsioni.
    Prima o poi sarebbe riuscita a perdonarsi, si disse, prima o poi avrebbe smesso di essere così indifferente di fronte alla morte, e magari sarebbe anche riuscita a provare pietà per quella sfortunata vittima dei capricci di una bambina vecchia quasi quanto il mondo.
     
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  15. Estrie.
     
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    Buon appetito. Come volevasi dimostrare la stupidità degli umani vince sempre su tutto, che schifo, come fanno a non avere davvero nemmeno un briciolo di logica? Ci si è impegnata, non c'è che dire, ma questo non c'entra, non ha capito niente, non ha capito che la mia non era fame, lei mi ha detto che mi avrebbe insegnato un modo per uccidere divertente che non conosco ancora, invece mi ha solo mostrato una trappola, niente che sia realmente nuova. Almeno ci ha provato, con quel poco sangue che le è rimasto nelle vene è ammirevole, mi chiedo se lasciandola andare riuscirà a tornarsene a casa o crollerà a terra sulla strada. Intanto ho una donna sconvolta davanti a me, completamente terrorizzata e in risposta faccio cenno alla bionda di avvicinarsi.
    Voglio che guardi. Sorrido sadica e aspetto che sia abbastanza vicina al baratro per gettarmici dentro, sulle spalle della donna per la precisione, con le gambe attorcigliate attorno alla sua vita e le braccia attorno al suo collo. Ha paura, continua a dimenarsi, ma la mia stretta è più forte, è già tanto che resista in piedi.
    Alzo lo sguardo, controllo che la ragazza abbia gli occhi puntati su di me, poi poso entrambe le mani sul volto della donna e con uno strattone deciso le faccio ruotare il collo con così tanta veemenza che non solo pongo fine alla sua inutile esistenza, ma faccio in modo che la carne si stacchi dal resto del corpo. Sento la cartillagine tra le sue vertebre torcersi in maniera innaturale fino a spezzarsi, le arterie si spezzano schizzando sangue ovunque, il mio vestito bianco è ormai completamente ricoperto di sangue e il corpo cade a terra appena un istante dopo che con una spinta mi stacco da lui e torno al mio posto al centro della trappola, la testa trionfante tra le dita. Dovrebbe essere la tua. Guardo la testa, la faccio dondolare un paio di volte e poi gliela lancio contro, con forza, diretta al suo petto.
    Sbuffo, salto dall'altro lato della buca che ha tracciato con la bacchetta avvicinandomi a lei senza fretta, apparentemente persino senza l'intenzione di attaccarla per quanto la tentazione sia tanta. Sorrido, piego la testa di lato ripulendomi un po' di sangue dal volto e leccandomi le dita. Non è buono come il suo, questa signora malnutrita e raggrinzita dalla stanchezza non è il pasto migliore in cui avrei potuto sperare, ecco perchè nemmeno ho provato a mangiarla, non ho bisogno di altro sangue, la verità è che la mia è solo gola, solo una irrefrenabile voglia di giocare. Potrei lasciarti andare... anche se devi ammettere di aver fallito completamente il tuo obbiettivo. E per di più mi ha mandata su tutte le furie il fatto che per questo tentativo di sorprendermi ha usato ben due incantesimi che io non posso replicare, questa cosa mi manda davvero in bestia, odio questi stupidi maghi e le loro asticelle, in questi momenti odio persino Lui per non aver aspettato almeno gli undici anni, almeno che una bacchetta mi rispondesse. A patto che torni da me un'altra volta, questa volta con qualcosa da insegnarmi davvero. Avrà persino le energie necessarie a combattermi, ne sono consapevole, ma la mia superbia mi spinge a convincermi che se anche si fosse accorta prima di me l'esito sarebbe stato comunque questo, al massimo con qualche graffio in più su di me, ma niente di grave. Superba, presuntuosa e arrogante, lo so.
    La notte di Halloween, è abbastanza suggestiva per te? Le porgo persino la mano, come si fa tra persone civili. La sua vita per un altro incontro, non le sto chiedendo molto. Non credo ci sia bisogno di sottolineare che se non dovessi presentarti la tua testa diventerà il mio principale obbiettivo.
     
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15 replies since 10/4/2014, 21:44   225 views
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