Cella 359714

Lisa Cuddy

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    La prima visita era uguale per tutti.
    Kostia lasciava ai suoi carcerieri l'onere delle perquisizioni, delle fotografie e della catalogazione dei prigionieri. Venivano scortati dall'ingresso fino ad una serie di stanze dove, in maniera rigorosamente fredda e professionale, venivano spogliati di tutti i loro averi, veniva loro consegnata la divisa della prigione - tela grezza e bianca. Le donne potevano perfino scegliere se chiedere una tunica unica o pantaloni e casacca come gli uomini - e poi venivano scortati fino alla loro nuova dimora. House sarebbe stato privato del bastone e del Vicodine, la Cuddy di tutto quello che poteva rappresentare un legame verso l'esterno. Niente lacci, niente cinture. Niente contatti, nemmeno visivi, fin dal loro ingresso attraverso il portone principale.
    La prima visita era uguale per tutti.
    Kostia andava da loro la prima sera della loro prigionia. Da tutti loro, come si confaceva ad un buon ospite. Arrivava scortato da due guardie, che si aggiungevano a quelle già presenti sul posto e che lo attendevano in corridoio, fuori dalla porta. Si faceva aprire la porta della cella ed entrava, lasciando che chiudessero la porta alle sua spalle. Non era così sprovveduto da non sapere tener testa ai suoi prigionieri, e sarebbe bastato appena una sillaba per far accorrere le guardie - Buonasera - diceva a tutti loro quando se li trovava davanti, e né House né la Cuddy facevano eccezione.
    La prima visita era uguale per tutti. Impersonale.
    - Il mio nome è Kostia Preud, e sono il proprietario d Azkaban - ormai riusciva a dirlo senza che l'orgoglio che provava gli si leggesse nella voce - Da questa sera, fino a data da destinarsi, lei è un mio ospite. Le regole del posto sono molto semplici. Qui può godere di un certo livello di comfort: vista la sua posizione mi sembrava corretto ospitarla in maniera adeguata. Non me ne dia motivo, e le cose resteranno così. Attacchi me od una delle guardie, cerchi di fuggire, tenti di ingannarci o semplicemente mi dia motivo per ricordarmi di lei e la sua situazione peggiorerà di volta in volta, e le assicuro che può diventare molto più brutta di quanto non le interessi scoprire - attimo di pausa - Le è tutto chiaro? Ha domande? -
    La prima visita era uguale per tutti.
     
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  2. ~Cuddy
     
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    Come avevo potuto farlo? Come potevo essere stata così stupida? Non ero mai stata mossa dalla disperazione prima di allora, non mi era mai successo di agire così irrazionalmente. Nel momento in cui ero intervenuta tra Westwood e House, l'unica cosa a cui avevo pensato era stato salvare il padre di mia figlia, o almeno provarci. Ho fallito. Non sono una donna d'azione, sono un medico. Ho tentato con tutte le mie forze. Adesso cosa ho ottenuto? Non hoaiutato Greg e sono stata arrestata anche io. Nostra figlia ora è sola, privata di entrambi i genitori ed è solo colpa mia. Avrei potuto dare retta a Westwood, cogliere la sua offerta di farmi da parte e rimanere con la bambina. Sono una madre orribile. Ho sempre detto di non essere tagliata per questo ruolo.
    Avevo preferito Gregory alla bambina che avevo portato dentro di me per nove mesi. Anche se effettivamente io non avevo fatto una scelta. Ero solo stata guidata dall'irrazionalità.
    Azkaban, un posto che avevo visto solo in foto.
    Non avevo paura. Mi sentivo solo furiosa, affranta e delusa da me stessa. Non era per timore se il mio sguardo era rivolto verso terra, ma per vergogna.
    La mia stanza - definirla cella mi sembrava assurdo - era piuttosto spoglia, ma aveva le cose di cui principalmente si ha bisogno, un letto e un bagno. Il letto lo puntai subito, sedendomi sul bordo e rimanendo così, a lungo. Non avevo idea di quanto tempo fosse passato quando la porta si aprì. Il giovane che mi aveva attaccata al San Mungo si palesò davanti a me. Provai istintivamente una rabbia intensa e mi ritrovai a serrare le labbra.
    Non me ne frega un cazzo di chi sei, sibilai stringendo i pugni.
    Non ero mai stata una donna particolarmente sboccata, ma in quel momento non riuscii a trattenermi.
    Non avete alcun diritto di tenerci qui! Voglio sapere dov'è Gregory e cosa gli avete fatto!
    Ero in piedi ora a fronteggiare il ragazzo dalla finta faccia d'angelo e a tenermi comunque a debita distanza.
    Voglio vederlo!
    E voglio vedere mia figlia.
     
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    Kostia non aveva fatto in tempo ad aprire la porta e fermarsi sulla soglia che la donna lo aveva investito con tutta la sua rabbia. In piedi al centro della sua cella lo fissava con odio palese, le dita serrate al punto da sospettarle capaci di trapassarsi i palmi da parte a parte. Una rabbia concreta, comprensibile, che pure non era di sicuro la mossa migliore con cui accogliere l'artefice del proprio destino.
    Immobile un passo oltre la porta Kostia si limitò a ricambiarne lo sguardo, fissandola per qualche istante, prima di voltarle le spalle e uscire nuovamente dalla cella, chiudendo la porta. Sospettava che, la maggior parte delle volte, le persone non cogliessero con esattezza quello che avrebbe portato loro le parole che pronunciavano. Strane bestie le parole, molto più rapide a mordere chi le pronunciava di chi le ascoltava. Si, decisamente erano delle strane bestie, le parole.

    24 ore dopo.

    Come tutti anche la dottoressa Cuddy aveva ricevuto i pasti che le spettavano. Cibo semplice, ma di buona qualità e piacevole da gustare. Erano pasti che le erano stati portati dalle guardie con l'ordine, com'era per House e com'era stato un tempo per October, di limitarsi a posare il vassoio sul tavolo e andarsene, tornando poi a riprendere le stoviglie dopo un'ora esatta. Forchette e piatti di legno, nulla di appuntito o tagliente. Nessun coltello.
    Nessuna parola.
    Nessuno le aveva detto nulla, ne aveva dato modo di ascoltarla. Come se non esistesse, come se la stanza fosse vuota. L'isolamento era un concetto che in troppi sottovalutavano finché non vi erano sottoposti. Nessuna voce umana, nessuno sguardo, nessuna carezza. Solo il rumore del vento in lontananza, e il gocciolio dell'umidità proveniente da qualche parte appena oltre le pareti.
    Plin.
    Silenzio.
    Plin.
    Silenzio.
    Plin.
    Silenzio.
    E quella figura che, elegante nel suo completo nero, torna ad apparire sulla porta, fissandola in silenzio come ventiquattro ore prima.
     
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  4. ~Cuddy
     
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    In tutta risposta il mio carceriere mi voltò le spalle, andandosene. Ero così fuori di me che mi lanciai contro la porta, iniziando a picchiarvi i pugni contro, rabbiosa come mai ero stata. Non erano da me tali atteggiamenti. Forse House si sarebbe comportato così, io ero quella diplomatica. House... stava bene? Il cuore saltò un battito mentre pensavo a lui, continuando a colpire la porta, urlando di lasciarmelo vedere.
    Kostia Preud non doveva aver gradito le mie maniere, ma dopotutto cosa pretendeva? Che gli sorridessi e prendessi un tè con lui?
    Ero lì dentro con l'unica colpa di aver cercato di proteggere la mia famiglia ed era terribilmente ingiusto. Non mi sarei potuta abbassare a far buon viso a cattivo gioco, non in quel momento almeno, non ne ero in grado.
    Quando riuscii a calmarmi, rimasi con la fronte poggiata alla porta, cercando di riprendere fiato. Poi mi voltai lentamente, guardando quella che sarebbe stata la mia cella per chissà quanto tempo.
    Sentivo il cuore gonfio di ansia e paura per quella che sarebbe stata la sorte di Ginny. Sapevo che sarebbe stata affidata ad Elis, come avevo scelto, ma lei se ne sarebbe voluta prendere cura? E la mia bambina avrebbe sentito la mia mancanza?
    A me mancava già. Mi sentivo soffocare al pensiero che forse non l'avrei più rivista. A quella consapevolezza, con la schiena poggiata alla porta, scivolai a terra e, raggomitolatami su me stessa, iniziai a versare lacrime silenziose.
    House mi aveva pregato di lasciar perdere. Ero ancora in tempo per far sì che la nostra bambina avesse ancora almeno un genitore.
    Dopo una decina di minuti di pianto silenzioso, mi tirai su per trascinarmi fino al letto e lì passai il resto del tempo, finché non crollai in un sonno senza sogni.

    Il giorno dopo, non avevo idea di che ore fossero esattamente, lui si ripresentò nella stanza.
    Avevo saltato tutti i pasti che mi erano stati offerti e non sapevo più come non sentire quello stillicidio continuo di una qualche goccia che cadeva da qualche parte nella stanza. Mi stava facendo impazzire. Tuttavia non diedi modo di far vedere al mio carceriere quanto fossi infastidita e quando mi guardò gli restituii lo stesso sguardo silenzioso. A quel punto mi alzai e andai a chiudermi in bagno, segno che non volevo affatto parlare con lui. Lui non aveva voluto rivolgermi la parola il giorno prima, ora toccava a me.
     
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    Un donna caparbia, testarda e stupida. Nel vederla alzarsi per dirigersi verso il bagno Kostia non poté che chiedersi se davvero credeva che una porta che non si chiudeva a chiave e un atteggiamento da prima donna come quello sarebbero bastati a proteggerla se qualcuno avesse voluto farle del male. Fissò la porta del bagno per qualche attimo, voltandosi poi verso le guardie che attendevano dall'ingresso della cella. Il piatto ancora pieno sul tavolo era il segno più lampante delle sue intenzioni e, tutto sommato, dovette ammirarne la forza di volontà.
    - Si rifiuta ancora di mangiare? - chiese ad una delle guardie. Lisa Cuddy avrebbe potuto sentire agevolmente tutto quello che veniva detto all'interno della sua stanza.
    - Si. Non ha toccato cibo dal momento del suo arresto - rispose la guardia.
    Kostia annuì - Vi faccio mandare su un infermiere con delle flebo. In caso si rifiuti ancora di mangiare legatela al letto e nutritela in questa maniera - attese un attimo - Non le deve essere fatto del male - aggiunse lasciando la cella.

    Il giorno dopo

    Come ogni giorno, alla stessa ora, Kostia si presentò alla porta della prigioniera, silenzioso. L'aprì, mettendosi ad osservarla, sarebbe stata d'umore migliore, quel giorno?
     
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4 replies since 4/4/2014, 06:39   107 views
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