Curiose coincidenze.

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    "Non sembra quasi più una prigione se sai che parti evitare. Bravo."
    Castiel era stato ad Azkaban solo nella parte "brutta". Brutta se paragonato al resto, perchè a quanto pareva l'arredamento generale era migliorato parecchio anche per i prigionieri. C'era stato quando aveva portato la Murray e Cordelia per poi ritornaci solo per loro e non rimanerci mai abbastanza, era comunque una prigione e come tale non suscitava di certo gioia e tranquillità, ma quella volta fu diverso. Allontanarsi così da Londra, da tutto e restare un po' qui non era male. Fare una specie di tour, in fondo Westwood era stato sempre curioso di poter osservare la ristrutturazione che Kostia aveva dato e finalmente poteva ammirare.
    "Ci stai parecchio qui ormai o sbaglio?"
    Kostia era l'unico suo collega col quale non c'era solo ed esclusivamente un rapporto di lavoro. Tralasciando che ultimamente di rapporti di lavoro nemmeno con gli altri lo aveva, si sentiva sempre più emarginato ogni mese che passava.
    Così Kostia non poteva davvero credere che Castiel fosse venuto fino ad Azkaban solo per una visita di cortesia o un tour. Erano anche questi i motivi, ma c'era dell'altro.
    Nel mese di novembre Westwood aveva dovuto passare parecchio tempo al San Mungo per via dell'incidente ad Hogwarts. Ricordava perfettamente il sollievo che provò di non aver visto nessun suo nipote ferito gravemente, ma una cosa l'aveva notata. Non perchè seguisse Kostia come se non avesse di meglio da fare, ma per pura coincidenza la curiosità di Castiel verso Tallulah era duplicata dopo che notò quanto Kostia andasse spesso nella camera dove lei aveva soggiornato per parecchi giorni.
    Era curioso, sempre curioso e dato che quella ragazza aveva causato non pochi problemi a sua sorella e alla sua famiglia, voleva saperne di più. Kostia magari ne sapeva di più.
    "Va beh, non mi piace perdere tempo. So che non sei un ragazzo stupido. Il tour mi è piaciuto, ma c'è anche una cosa che mi premeva chiederti."
    Castiel si sedette su una sedia guardando Kostia per cercare di studiare una sua possibile reazione, ma tanto già sapeva quanto Preud fosse abile a nascondere qualsiasi cosa.
    "So che non sono propriamente fatti miei... ma ho potuto notare quanto spesso tu abbia visitato il San Mungo in un certo periodo. Non me ne volere l'ho notato per una curiosa coincidenza."
    Non volle dire altro per il momento, perchè sperava di suscitare anche in lui un po' di curiosità.
     
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    - Perché mi piace pensare che non sia solo quello - si limitò a commentare, con una leggerezza che Castiel era l'unico a meritarsi ai suoi occhi. Non c'era crudeltà gratuita in nessuno dei luoghi che gli aveva mostrato esattamente come non ve n'era nella persona che li aveva progettati: tutto era studiato perché i suoi ospiti potessero godere esattamente del trattamento che si meritavano, premiando la buona condotta e punendo chi non era in grado di accettare la sua nuova condizione. Tutto sommato poteva essere un posto piacevole dove passare qualche tempo, se si teneva la testa basta e si evitava di causare problemi - E' una fortezza. Nel senso più medievale del termine - aggiunse, sedendosi su una delle sedie.
    Si trovavano nella stessa stanza in cui aveva cenato l'ultima volta con October, la sera prima del suo tentativo di fuga, sistemata a metà altezza in una delle torri. Continuando a salire lungo quella scala si sarebbe arrivati alle celle "di riguardo" e poi ai vari appartamenti per gli ospiti. All'ultimo piano, le sue stanze - Ci vivo, Castiel. E' casa mia - commentò scrollandosi nelle spalle, come se quella fosse l'unica risposta logica a quella osservazione - Se non dormo da Ruthie o non ho del lavoro sul campo da fare, sono qui. E' più silenzioso del Ministero, e la vista dal mio ufficio qui è decisamente migliore da quella che ho dal mio ufficio là - e, ultimo ma non ultimo, lì nessuno cercava di ucciderlo di tanto in tanto. Era convinto che Ares e Abel non avessero ancora rinunciato del tutto.
    I commento successivi, però, lo gelarono sul posto. Non tanto perché lui si fosse accorto della sua presenza - Castiel sapeva fare il suo mestiere - quanto per il fatto che lui non si era accorto che lui poteva essersi reso conto della stranezza della sua presenza. Anche lui avrebbe dovuto saper fare il suo lavoro eppure Castiel seduto lì, a fissarlo, era la prova vivente che avesse commesso una leggerezza. Che, per una volta, non si fosse reso conto di TUTTO - Immagino non mi crederesti se ti dicessi che è stato Micheal a chiedermelo. Non saresti qui se non avessi già scartato quella possibilità - rispose, aggirando per qualche attimo la domanda - Non esistono le coincidenze, e lo sai bene quanto lo so io. Dove ho sbagliato? - gli domandò, e quella domanda sulle sue labbra era strana come un "quanto mi ami?" o un "dovrei mettermi i leggins o la gonna?". Era un'ammissione di errore, rivolta senza alcuna accusa, ad una persona di cui si fidava al punto da farsi correggere.
     
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    Fu interessate il cambio di espressione che Kostia ebbe quando dal parlare del più e del meno si passò a conversare di qualcosa di più minuzioso ed intrigante. Non che a Castiel non interessasse la sua fortezza, anzi...se Kostia non ne era contrario, quasi quasi ci avrebbe passato anche più tempo di solo qualche rara visita. Era stata ristrutturata in maniera eccellente ed evitando accurati punti non dava, per niente, quella sensazione di prigione che Westwood tanto odiava. Era un luogo silenzioso, appartato, niente a che vedere col via vai che c'era per il ministero.
    Ma bando alle ciance, Castiel attese la risposta di Kostia curioso, chiedendosi se quelle visite a Tallulah Burton fossero semplicemente un ordine dovuto da qualcuno o una questione personale. Da come si era zittito però, Westwood scartò quasi subito l'opzione dell'ordine.
    - Immagino non mi crederesti se ti dicessi che è stato Micheal a chiedermelo. Non saresti qui se non avessi già scartato quella possibilità. Non esistono le coincidenze, e lo sai bene quanto lo so io. Dove ho sbagliato? -
    Si meravigliò il mago di come ammise la sua colpa nonostante avesse, chiaramente, detto che tutto ciò era, quasi sicuramente, dovuto ad una curiosa coincidenza. In fondo come mai poteva Kostia sapere il legame sottilissimo che passava tra lui e la Burton? Un legame che a mala pena esisteva. Castiel, aveva notato Kostia, perchè in realtà sperava di trovare suo cognato alle porte della tassorosso.
    "L'errore è stato, forse, di non tener conto che i miei turni erano raddoppiati al San Mungo per via dell'incidente ad Hogwarts."
    Ci aveva passato parecchio tempo in quel periodo, controllando che ogni purosangue fosse stato curato come priorità, assicurandosi che non ci fossero i suoi nipoti feriti e star dietro a più dipendenti possibili.
    "Ma...ciò che ti ha tratto in inganno non è stato quello. E' che l'ospite che andavi a trovare, non è una sconosciuta ai miei occhi."
     
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    L'errore, si rese conto mentre Castiel parlava, era stato quello di fidarsi di lui. Nel suo campo visivo l'amico, perché ormai tale Kostia lo considerava, non brillava più come una potenziale minaccia e non aveva proprio ragionato sul fatto che Castiel avesse comunque occhi e orecchie. Che potesse notare quante volte si erano incrociati per quei corridoi e quanti rapidi saluti si erano scambiati.
    Si alzò in piedi, muovendo qualche passo per la stanza, pensieroso. In quel momento si stava chiedendo in quanti altri avessero potuto notare una cosa simile e se, per caso, mantenere un segreto come quello giustificasse l'assassinio di un amico. Se l'avesse notato solo Castiel...se lui fosse sparito...
    - Ci ha fatto caso qualcun altro? - gli domandò, scacciando come ridicoli quei pensieri. Non avrebbe ucciso Castiel per una cosa simile, ma nemmeno per affari ben più seri di quello. Solo temeva che qualcuno se ne approfittasse. Doveva sbrigarsi con October.
    Mosse ancora qualche passo, prima di poggiarsi ad uno dei tavoli, rivolto verso l'amico - Tallulah Barton? - gli domandò - Come mai la conosci? - e nonostante il tono pacato, sentì un brivido scendergli rapido lungo la schiena, veloce come la domanda che gli stava lampeggiando davanti agli occhi.
    Lo avrebbe saputo se qualcuno avesse chiesto a Castiel di ucciderla?
     
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    -Ci ha fatto caso qualcun altro? -
    "Non credo, sei stato discreto."
    Gli aveva detto che ciò era stato dipeso dal fatto che Tallulah Burton per lui non era una sconosciuta, ma Kostia sembrava esserne piuttosto preoccupato. Ciò alimentavano ancora di più la curiosità e l'interesse di Castiel in tutta storia. Ormai non era solo basata sul fatto che era Tallulah, ma sul fatto che non aveva mai visto Kostia in una situazione simile. Non che stesse facendo chissà che scenata, ma comunque la sua solita indifferenza e pacatezza erano vagamente spariti e Westwood si trovò ad ascoltare l'amico attendendo che il discorso proseguisse.
    Non si alzò, rimase seduto osservandolo.
    - Tallulah Barton? Come mai la conosci? -
    Ovviamente non poteva tirarsi indietro a quella domanda, aprirsi per primi a volte poteva rivelarsi saggio se dall'altra parte si otteneva risposta, così Castiel trovò corretto rivelare ciò che lui sapeva e condividere questo particolare della sua famiglia col giovane mangiamorte.
    "E' la figlia illegittima del marito di una delle mie sorelle."
    Incrociò le braccia al petto, cercando di notare in Kostia una qualsiasi reazione a questa notizia. Che fosse scottante o meno, quella Tallulah poteva significare la crisi del matrimonio di Cressida e questo a Castiel non andava particolarmente giù.
    "Ho sperato che il marito di mia sorella si facesse vivo, volevo...." fargli male. "parlargli...e invece ho visto più te che lui."
    Si, forse il primo istinto era quello di fargli male, ma probabilmente se l'avesse fatto Cressida non gliel'avrebbe mai perdonato, ma minacciare velatamente o semplicemente "avvertire" non sarebbe stato male.
     
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    Kostia annuì, soddisfatto almeno di quello. Forse poteva fidarsi di Castiel e forse no, ma di sicuro sarebbero stati in molti scagliarsi come rapaci su Tallulah se si fosse scoperto dei suoi legami con lui e, fra tutti, forse la più pericolosa non sarebbe stata nemmeno Ruthie - Una sorta di nipote... - commentò dopo qualche istante di riflessione, pur sapendo che non poteva essere così. Una figlia illegittima, anche se non figlia di un tradimento, poteva avere molti significati nell'equilibrio di una famiglia e pochi di essi erano positivi. Come aveva reagito la sorella di Castiel nel trovarsi di fronte Tallulah? Quanto a fondo si era sentita ferita, dalla sua esistenza, e quanto di quel dolore Castiel desiderava di poter affogare nel sangue dell'uomo che stava aspettando? - E a quanto pare sono stato tanto stolto da cadere in una trappola tesa per un altra preda - e che Castiel non l'avesse fatta scattare su di lui contava poco. Era stato imprudente.
    - Posso contare sulla tua discrezione, Castiel? - gli domandò poi. Non c'erano minacce, in quella domanda, né esplicite né velate. Non più di quante ne sottintendesse per sua natura una qualsiasi richiesta di fiducia, almeno.
     
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    - Una sorta di nipote... -
    "No."
    Ci tenne Castiel, lapidario, a sottolineare che..no, Tallulah non era neanche una sorta di nipote. Non era sangue del suo sangue. Sicuramente aveva un certo ruolo, quella ragazza innocente, si era ritrovata in mezzo ad una faida tra adulti e Castiel non poteva di certo dargliele una colpa, semplicemente era stata sfortunata.
    Era vero, Westwood poteva andare benissimo a casa del marito di sua sorella invece di trarlo in inganno altrove, ma andarlo proprio a prendere era alquanto stupido, soprattutto per cosa avrebbe potuto pensare Cressida nel fare una mossa del genere. Incontrarlo per pura coincidenza invece era decisamente diverso.
    Kostia ci teneva particolarmente che questa storia rimanesse un segreto. Castiel ovviamente non aveva alcun motivo di divulgare tale informazione, non ne avrebbe tratto nulla in primis, e poi Kostia era l'unica persona dentro quel Ministero a dargli un minimo di considerazione. Ci teneva al loro rapporto.
    "Avrai la mia discrezione."
    Tamburellò le dita sul tavolo, continuando a guardare l'amico in attesa che approfondisse il discorso, ma probabilmente Kostia preferiva rispondere a domande dirette che farci su una specie di discorso. Anche perchè il suo silenzio non poteva di certo esserci solo sulla base di una richiesta.
    "Chi è per te Tallulah?"
    In fondo era meglio andare dritto al sodo che star li a fare domande noiose che non avrebbero portato a nulla se non un'altra serie di domande, non aveva voglia di girare intorno al nocciolo della questione, era seriamente interessato e curioso.
     
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    Una risposta piuttosto lapidaria quella di Castiel, che Kostia poté accogliere solo con una scrollata di spalle. Che non la ritenesse sua nipote aveva tanti lati positivi quanto negativi, e il fatto che non l'avrebbe preso a pugni per averci legato poteva significare che, in un secondo momento, se la sarebbe presa con lei per colpa di suo padre. Non era una situazione che gli piaceva e, come ogni volta che si metteva in mezzo Tallulah, i contorni delle cose migliori da fare si facevano all'improvviso sfocati.
    Quella ragazza era la sua dannazione, e non esisteva un altro modo di porre la questione.
    - Immagino si possa dire che è il mio castigo - rispose prudente dopo qualche attimo di silenzio. L'espressione quasi annoiata del viso indicava a chi lo conosceva bene che l'ucraino aveva solo spostato ad un livello più profondo i propri ragionamenti, portandoli in un luogo dove essi non avrebbero potuto increspare i muscoli del suo viso - La mia penitenza e la mia prova di fedeltà - aggiunse, elencando tutti i significati mistici che aveva dato alla presenza di Tallulah nella sua vita. Un angelo di qualche divinità lontana giunto a lui per posargli sulle spalle il peso di tutta la sua crudeltà.
    - Sai che genere di persona io sia, e immagino che tu lo sappia meglio di chiunque altro - prese a racontare dopo qualche altro minuto di riflessione - Tallulah era solo una ragazza. Una cameriera che ho conosciuto una sera poco dopo il mio arrivo in Gran Bretagna, e con cui ho...ho... - lasciò in sospeso la frase, volutamente. In fondo era di una sua quasi-forse-non-nipote che stavano parlando - Una storia che doveva iniziare e finire lì, come tutte. Come quasi tutte - si corresse. Ruthie. Anche lei era stata un'eccezione.
    E lui non aveva idea di come continuare quella storia. Cos'era Tallulah? Cos'era davvero per lui? - E' successo una volta sola, solo che...è questa la parte che non so Castiel. Che non so spiegarti. Io sono io, con il mio lavoro, con Azkaban, con la mia fedeltà a Moon e tutto quello che tutte queste cose comportano. Sono io, e sono sempre stato così. Sempre. Tranne quando c'è lei. Quando c'è Tallulah in giro io divento... - scosse la testa - ...debole. Ansioso. Preoccupato -
     
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    Fu alquanto strano ascoltare quelle parole dalla bocca di Kostia. Nemmeno di Ruthie gli aveva mai parlato in quel modo. Tallulah sembrava essere, nel mondo di Preud, ad un livello decisamente diverso, magari non superiore, semplicemente diverso, un mondo a parte. Castiel poteva, quasi, rispecchiarsi in quelle stessa parole se pensava ad Helena. In sua presenza, l'ombra dell'uomo che Castiel era una volta prendeva forma, non era semplicemente un ricordo lontano e quasi non suo, diventava consistenza. Davanti ad Helena era tutto diverso, appunto...un mondo a parte.
    Doveva ben capire cosa intendesse Kostia per castigo e prova di fedeltà, che agli occhi di Tallulah si sentisse colpevole di determinati atti? Atti che di fronte invece a Moon osannava? Questo era semplicemente ciò che Castiel sentiva agli occhi di Helena e le sue sorelle, non poteva dire che era anche lo stesso per Preud, chissà.
    Aspettò quindi che Kostia terminò il discorso, lasciando al silenzio di prendere spazio giusto per qualche secondo prima di portare una mano sotto al mento.
    "Ti rende umano Kostia. Fastidioso eh?"
    Westwood fece un mezzo sorriso e si premurò poi di fargli altre domande, curioso di notare questo lato di Kostia, determinato a scavare più a fondo in questa faccenda e non perchè desiderava essere un ficcanaso, ma il pensiero che lui non fosse l'unico a sentire un peso oscuro nel cuore avrebbe potuto confortarlo.
    "Davanti ai suoi occhi ti senti colpevole?"
    Castiel temeva, da un lato, a dire determinate cose e quindi rivelare certi suoi pensieri. Il perchè..beh, perchè Castiel temeva i suoi dubbi e come se fosse stato al cospetto di Dio. Dubitare della sua adorazione, era peccato. Quindi dubitare del signore oscuro...a cosa avrebbe portato?
     
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    Io SONO umano fece per obiettare l'ucraino ma ebbe solo il tempo di aprire le labbra prima di rendersi conto di quanto, per Castiel, quella sarebbe stata una menzogna. A livello squisitamente fisico Kostia era un essere umano a tutti gli effetti, un esemplare in salute e totalmente privo di tutte quelle piccole stranezze che avrebbero potuto spingerlo fuori da quella categoria fino al gruppo, forse meglio frequentato, di mostri e anormalità varie. Il problema era che non stavano parlando di medicina, né di scienza delle specie: stavano parlando di persone e Kostia poteva supporre che Castiel, ormai, avesse capito da tempo quanto fosse la sua anima a renderlo inumano agli occhi di più. Westwood non ragionava come lui, in termini puramente razionali.
    - Mi rende fallibile - annuì un attimo dopo, invece. Si, lo rendeva umano e si, era fastidioso. Si, si e ancora si: che altro avrebbe potuto ammettere più di quello?
    Strinse le labbra, incrociando le braccia al petto. Di nuovo si scivolava nell'astratto e nei sentimenti e, di nuovo, lui non sapeva come rispondergli - Cosa significa "colpevole"? - gli domandò, guardandolo in viso - Sono sempre stato colpevole, secondo tutti i sistemi legali in vigore nei posti in cui ho vissuto. Non ho mai mentito a me stesso: la mia vita è un insieme unico di illegalità e quindi si, sono colpevole. L'ho sempre saputo e non mi è mai importato. E poi... - alzò un dito, a sua unica difesa - ...e poi adesso nessuno di noi è colpevole. Siamo tutti dalla parte della legge, ora, e quindi penalmente innocenti - ma quella, ancora una volta, era questione di fatti e dati razionali.
    E non era di quello che stava parlando Castiel.
    Esitò solo un attimo, prima di aggiungere - Davanti ai suoi occhi sento il bisogno di essere diverso. Di meritarmela -
     
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    Vero, erano tutti civilmente colpevoli, ognuno di loro aveva commesso dei peccati e la vecchia legge li avrebbe classificati come criminali, assassini, ladri e qualsiasi altra cosa. Castiel ne era consapevole, Castiel era anche andato contro a ciò che Dio predicava, aveva tradito la sua fede, aveva smesso di credere nel suo grande potere iniziando ad avere seri contrasti sul fatto che potesse esistere o meno il diavolo. Per cui le sue colpe erano giudicate anche moralmente. Se ne fregava di cosa prima od ora la legge diceva, erano gli occhi di chi amava quelli di cui aveva più il timore di essere giudicato. Un timore che aveva creduto fosse scomparso quei dieci anni chiuso in quell'ospedale, questi ultimi due anni e mezzo, unendosi, ai mangiamorte, pensava di poter continuare con la sua nuova visione della vita, invece la sua famiglia e la donna che amava sembravano essere più forti di lui.
    Faticava ad esprimere questi concetti con persone al di fuori della famiglia, erano talmente tanti dubbi e contraddizioni da essere difficilmente compresi.
    "Civilmente colpevole. E moralmente? Come sei arrivato a distinguerti dalla massa? Ad essere un uomo che non prova sensi di colpa di fronte a determinati atti? A trovarti tranquillo di fronte a quello che fai?"
    Erano tante domande, magari Kostia nemmeno avrebbe risposto, ma era il passato, soprattutto, a segnare una persona e dare un'identità, Castiel non riusciva a comprendere come un uomo potesse fare determinate cosa solo perchè ne aveva semplicemente voglia o non aveva altro di meglio da fare. Il luogo e il contesto in cui si era nati e cresciuti determinava parecchio il proprio essere, insieme ad eventi traumatici e tragici che potevano invece modificare la propria anima.
    Ora che ascoltava Kostia, sembrava che anche lui, solo in minima parte, iniziasse ad avere qualche incertezza.
    Tallulah Burton doveva averlo destabilizzato parecchio.
    - Davanti ai suoi occhi sento il bisogno di essere diverso. Di meritarmela -
    "E come credi che sia il suo metro di giudizio? Quali meriti dovresti avere per essere accettato da lei?"
    Westwood pensava già di sapere la risposta, ma era ciò che avrebbe detto Preud che gli interessava più maggiormente. Doveva capire che cosa per lui voleva dire essere diverso, voleva forse trovare in quel mondo oscuro da loro creato, qualcuno che non vedesse completamente nero.
     
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    - Perché prima ero un ragazzo che non provava sensi di colpa - gli rispose senza alcuna esitazione - E prima ancora un bambino che si trovava tranquillo di fronte a tutto quello che faceva - ed erano parole diverse, quelle, con cui stava esprimendo lo stesso concetto che aveva già espresso ad Olympia: sono quello che sono sempre stato.
    - Non provo orrore ma nemmeno piacere - riprese dopo qualche istante di silenzio, come se all'improvviso quel dettaglio fosse diventato tremendamente importante. Che non c'era nessun sentimento a muovere le sue mani quando colpiva qualcuno, o la sua mente quando progettava trappole o prigionie, fosse esso di colpa o di orgoglio. Kostia faceva quello che doveva fare per raggiungere il suo scopo, senza pietà o esitazioni di sorta - Faccio quello che devo fare, Castiel. E quello che devo fare è tenere al sicuro Michael e il suo Regno - punto. Quel concetto era inciso nella pietra del suo essere, nel punto più profondo del suo animo.
    Era la sua chiave di volta.
    - Non essere così, immagino - tentennò un attimo dopo. Tallulah lo voleva, eppure lo aveva lasciato l'estate prima, su quella panchina. Lo aveva lasciato per il marchio che portava sul braccio e per la sua fedeltà ad un Ministero in cui non si riconosceva - Non fare il mio lavoro -
     
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    La nobile arte del rispondere senza davvero rispondere era dono di pochi. Qualcosa che solo determinate persone potevano, sul serio, riuscire ad imparare ed usufruirne al meglio per scrollarsi di dosso domande scomode. E, a detta di Castiel, Kostia sembrava proprio essere abilissimo in quest'arte usandola a suo piacere con lui. Questa volta, però, Westwood non avrebbe lasciato perdere, erano in mezzo ad una conversazione interessante, forse scomoda, ma profonda e intrigante, tanto da spingere il mago a cercare di approfondire e mettere Preud alle strette cercando di strappargli qualche risposta di senso compiuto.
    Aveva semplicemente confermato le sue domande, senza spiegare la radice, da dove proveniva questo suo essere apatico e in pace con l'anima per quello che faceva. Per Castiel era inconcepibile l'apatia. Fingeva apatia, ma mai l'aveva provata davvero.
    "Non usare con me quel metodo difensivo Kostia. Non sono una minaccia. Che fine ha fatto la tua famiglia?"
    Glielo disse tranquillo, senza smettere il contatto visivo con lui come se provasse a fare un legilimens. Come se solo con lo sguardo potesse leggergli la mente e capire chi era Kostia Preud.
    In fondo, se diceva di essere tranquillo di fronte a quello che faceva, perchè sentiva il bisogno di sentirsi diverso davanti a Tallulah? Perdeva ogni tranquillità?
    "Ti senti tranquillo nel tuo lavoro, ma non se pensi al suo giudizio."
    Castiel capiva perfettamente questo suo stato d'animo. Con la sua famiglia era lo stesso e viverci era particolarmente difficile.
    Si Westwood stava azzardando a fare quelle domande e quelle supposizioni, chiedendo prima della famiglia, buttandogli addosso una verità che anche lui aveva colto, ma ora Castiel non poteva fare a meno di provare ad insistere, curioso di cosa o di chi aveva formato Kostia.
    "Ruthie sembra niente in confronto a Tallulah."
    Questo il mangiamorte non lo pensava sul serio, era solo curioso della reazione che avrebbe avuto Kostia a questa considerazione.
     
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    Potevano gli occhi di un uomo dare l'impressione di assottigliarsi non per orizzontale ma in verticale, assumendo l'aspetto di un felino o di un rettile? Potevano restare fissi al punto da perdere ogni umanità, senza battiti di ciglia o impercettibili vibrazioni a dare un senso di vita? Poteva un uomo fissare un suo simile come un animale da preda fissi la propria cena, incurante della vita che ancora lo animava?
    Kostia, immobile contro il tavolo cui era appoggiato, dava più che mai l'impressione di essere mutato in una statua, nello spirito incarnato di una condanna sovrumana, gelida e impersonale come la lama che mozzava il capo di un condannato. Non il boia ma il suo strumento, lucido e affilato.
    Dischiuse le labbra, come a voler pronunciare una condanna a morte, solo per richiuderle un istante dopo.
    Castiel lo aveva messo in un angolo in cui non avrebbe mai voluto trovarsi, e il suo primo istinto per uscirne era lo stesso che avrebbe avuto un animale accerchiato dai nemici: mordere e graffiare. Scattare verso di lui, felino, e puntare alla sua gola, squarciando e uccidendo per salvare se stesso. Perché alla fine, sotto i complessi strati della sua razionalità, Kostia non era altro che quello: l'evoluzione massima del predatore.
    - Ruthie - quel nome Kostia lo pronunciò come qualcosa di prezioso, con l'impressione di avvolgersi intorno a lei per proteggerla, per tenerla al sicuro perfino da Castiel. Quella parte di lui che predava, uccideva e colpiva aveva trovato nella rossa un suo simile, la propria compagna ideale. Ruthie aveva denti e artigli, e cacciava come cacciava lui. Michael aveva avuto ragione a definirli complementari e definirla "niente" era offensivo in una maniera che Kostia non avrebbe nemmeno saputo definire. Lo urtava, stuzzicando la parte più atavica del suo cervello.
    Ruthie era come lui, quasi appartenessero ad una specie diversa, da proteggere e preservare. Tallulah invece...Tallulah lo rendeva un essere umano. Completo, e per questo comune. Gli donava anima e civiltà, privandolo dei suoi istinti e delle sue armi. Tallulah era il modo in cui l'universo cercava di correggere l'errore che Kostia rappresentava.
    - Non capisco perché tutti siate così interessati alla mia famiglia - disse infine, scivolando di lato e muovendo per la stanza, cercando di sfogare in quel modo il desiderio che aveva di immergere le mani nelle viscere di qualcuno. Solo un tremito nella voce pacata raccontava di quello che gli succedeva nella testa - Non ho notizie di loro da anni, né mi interessa averle - anche se non era esatto. Qualcosa di loro aveva saputo, l'anno prima. Yelena - Ho visto mia sorella l'anno scorso. E' rimasta un po' e poi è tornata a Berlino, tutto qui. Non ho nulla a che spartire con loro Castiel. QUESTA è l'unica famiglia che mi interessa avere -
     
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    Quanti tasti dolenti che Castiel stava riuscendo a colpire in una semplice conversazione. Infierire non era cortese, ma questa era la prima volta che si trovava, seriamente, a capire un po' Kostia Preud. Forse non a comprenderlo del tutto, ma almeno a mettere delle basi che dissolvessero un po' la nebbia che lo circondava.
    Non riuscì nemmeno a dir qualcosa su Ruthie, era bastato il suo sguardo e il modo in cui tratteneva ogni suo impulso animale per far capire a Castiel chissà quale battaglia interiore Kostia stava affrontando. Dove da una parte aveva forse la donna perfetta che poteva amarlo ed accettarlo così com'era, senza chiedersi nulla, senza pretendere chissà quali sforzi da parte sua, una via così facile ed inebriante da non lasciarsela scappare...ma Tallulah, chissà che magia aveva fatto a Kostia per fargli iniziare questo suo duello inconscio.
    Non volle più tornare sull'argomento, aveva abbastanza informazioni per farsi un'idea e in caso Preud avesse avuto bisogno di consigli o quant'altro non glieli avrebbe negati, anche se sapeva che l'amico non era il tipo da chiedere conferme o consigli, agiva solo secondo ciò che il suo cervello produceva.
    Per un attimo Westwood credette, sul serio, che Kostia potesse aggredirlo in qualche modo, anzi, rimase sorpreso dal suo autocontrollo ed abbassò la mano che stava per prendere la bacchetta tornando di nuovo rilassato.
    - Non capisco perché tutti siate così interessati alla mia famiglia -
    "A quanto pare susciti interesse Kostia. La famiglia, solitamente, è la radice che forma il proprio essere."
    Castiel aveva un profondo interesse per la sua famiglia, aveva un attaccamento quasi morboso ed ossessivo, ragione che lo aveva portato alla follia. Perdere la sua famiglia per lui era insostenibile, la sua mente non era in grado di accettarlo e il suo essere era mutato particolarmente.
    Così trovò piuttosto doloroso come Kostia non volesse avere notizie della sua famiglia, come non se ne preoccupava poi molto, per Castiel era strano e difficile da comprendere avendo avuto esperienze diverse.
    "Questa è la tua famiglia."
    Rifletté su queste parole, non concordando ovviamente.
    "Io la considero più un'agenzia di lavoro. Colei che mi permette di vivere. O sopravvivere."
     
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