puoi solo perdere

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    - No - le rispose, senza distogliere gli occhi dal suo viso. Affermare il contrario sarebbe stata una menzogna in cui non avrebbe creduto, e che era quindi inutile pronunciare - Non li avrei fermati se avessero vinto loro, esattamente come non ti ho fermato quando stavi colpendo: era una questione vostra - e in una maniera molto lineare Kostia era sincero. Quel combattimento era stata la sua punizione, e lei aveva dovuto affrontarla da sola: l'unica cosa che le aveva impedito di fare era di macchiarsi di un secondo omicidio, evitando che portasse il colpo di grazia anche al secondo avversario. Ai suoi occhi quel combattimento era già finito prima che lui intervenisse.
    - "Vincessimo"? - le domandò un attimo dopo, piegando le labbra appena un poco di più - Tu e chi? - domandò ancora, osservandola senza però attendere una risposta a quella domanda. Non voleva che lei rispondesse: voleva che lei sostituisse tutte le sue risposte con quelle che le stava dando lui - Puoi affermare con sicurezza che non fai parte della mia squadra, October, e posso anche crederci ma...non credo nemmeno che tu faccia parte di quella dei miei presunti rivali. Non più. Quindi cosa sei adesso? - lasciò aleggiare quella domanda per un attimo, fra di loro, prima di scuotere la testa - E mi fai un torto peggiore rispetto a qualsiasi cosa io abbia mai fatto a te se credi davvero che ti lascerei chiusa qui a morire di fame. Che motivo ne avrei? Perché dovrei farti soffrire tanto, quando un colpo al cuore sarebbe più rapido? Più umano? - e a quanto pareva quella era la giornata delle domande retoriche. Una pessima giornata, forse, per entrambi.
    Indietreggiò di un passo, guardandola nel suo insieme. Si sentiva piegata, October, si sentiva sottomessa al suo volere quando l'unica cosa che aveva fatto lui era stata metterla di fronte a delle scelte, solo l'ultima delle quali posta con meno gentilezza di quella che avrebbe usato un qualsiasi nobile con una propria ospite - Tu mi stai demonizzando October - le fece notare - Mentre io non ho usato su di te nessun giochetto e nessun trucco. Hai scelto tu. Di accettare le condizioni della tua prigionia per avere una vita più semplice, di bere con me, di DORMIRE con me...hai scelto tu di fuggire e di uccidere, invece che morire. Sempre tu - le sorrise, per poi chinare leggermente il capo - Ma forse hai ragione tu. Forse sono stato io a manipolarti, a sconvolgerti la testa e a obbligarti a muovere ogni singolo passo. Forse basta davvero che io dica una sola parola perché tu obbedisca, perché ceda al mio volere. Spogliati allora, dimostrami che sbaglio. Dimostrami che davvero ho questo potere su di te e spogliati, in modo che io possa guardarti qui, in questo corridoio. Che possa PRENDERTI in questo corridoio se mi va - e mosse la mano con il palmo verso l'alto, invitandola a proseguire. Era abbastanza lontano da lei per non correre rischi di fronte ad una sua improvvisa ribellione. Abbastanza, se lei avesse finito con lo spogliarsi davvero, per godersi almeno lo spettacolo - Dimostrami che sbaglio, e che non hai compiuto un solo gesto di tua spontanea volontà, da quando sei qui -
     
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    Mi ero mai sentita più persa di così? Persa, era la parola giusta, perchè non trovavo un singolo punto di riferimento. Io non ero più un punto di riferimento, il passato non lo era, il futuro? Il futuro era pieno di troppe incognite. E allo stesso tempo mi sentivo in trappola, come se il mondo ne fosse pieno, agire in un modo rispetto ad un'altro avrebbe fatto scattare solo una trappola diversa. E anche stare fermi era inutile,perchè sarei rimasta là, bloccata nel...nel niente.
    Cosa ero io? Io non ero niente. Non riuscivo a rispondere, odiavo ogni parola che gli sentivo uscire dalla bocca, un odio che non serviva a niente, non era quello dei primi giorni quello utile, che faceva tirare fuori le unghie, che urlava "spaccagli la faccia, difenditi". Era lì come me, buttato là in mezzo inutile. Lo odiavo perchè ogni parola che diceva mi faceva stare peggio, ancora più smarrita..
    Avrei voluto che bastasse chiudere gli occhi per sparire, ma non si fuggiva da Azkaban neppure in quel modo.
    Non pensavo di demonizzarlo, anzi pensavo che lo avevo capito finalmente, avevo capito ogni sua singola azione a cosa mirava, a manipolarmi sì, a farmi fare quello che voleva lui. Era vero, avevo sempre avuto una scelta, ma alla fine che scelta era? Non erano scelte che potevo accettare, perchè le opzioni erano accettare le sue proposte o finire al buio, in una cella di un metro, ad avere fame, freddo, ad essere torturata. Era una scelta certo, come oggi era stata una scelta reagire oppure arrendersi a morire dopo essere stata il "divertimento" di quelle bestie. Ma mettere una persona davanti a scelte così, non era manipolarla?
    Lo aveva detto in un modo che non mi piaceva, in un elenco che si riduceva solo ai dati di fatto, sì, sembrava che avessi fatto una bella vita, come se il vantaggio fosse solo mio, come se non mi avesse spinto verso le scelte comode, addirittura come se fossi ingiusta come se lo avessi usato . Forse anche il mio tentativo di fuga era stato messo in conto, per farmi sentire ancora più in trappola, per farmi vedere che non si usciva, per farmi sentire in colpa anche. Eppure ogni cosa che diceva bruciava.
    Sentivo il sangue pulsare nella testa, non più solo dove avevo picchiato, quando lanciò..quella sfida? Era una sfida? Un'altra manipolazione?
    Era un colpo allo stomaco, l'ennesimo di quella giornata, la seconda volta che mi chiedeva di scegliere, entrambe per dimostrargli qualcosa. Non farlo avrebbe risparmiato il mio orgoglio, avrebbe potuto tenere la testa alta e avrebbe voluto dire...non lo sapevo. Farlo invece avrebbe ucciso per sempre quella punta di orgoglio che era rimasta, avrei ammesso che ero una marionetta nelle sue mani.
    Mi sorpresi ancora più infastidita nel ritrovarmi con un pensiero in testa, in che modo la mia reazione avrebbe modificato quel che pensava di me, come se temessi di ridurmi ad essere etichettata o come un'orgogliosa o come una debole che si sottomette. Perchè doveva importarmene di quello che pensava di me? Il solo fatto che importasse mi infastidì talmente tanto da riscuotermi dall'immobilità in cui ero piombata.
    Sai cosa Kostia? Fottiti.
    Mi tolsi uno stivale, e poi l'altro tirandoglieli contro. Non lo avrebbe fatto, ero sicura, voleva soltanto vedere la mia reazione, non mi avrebbe nemmeno toccato, lo aveva detto solo per aumentare l'umiliazione nel caso avessi voluto dimostrare che era colpa sua.
    Fai quel cazzo che ti pare, mi sono rotta dei tuoi bivi di merda! Hai ragione, non me ne frega più un cazzo di chi vince e di chi perde perchè per me non cambia niente!
    gettai la maglietta a terra, con stizza, con rabbia
    Non mi importa NIENTE di chi sta fuori, sono un ammasso di egoismo, qualsiasi cosa avessi scelto sarei finita così.
    Quella faccia di...merda! gli tirai anche i pantaloni, rimpiangendo che non fossero fatti di ferro. Ogni scelta mi si legava attorno al collo, in un cappio sempre più stretto. Tutte quante, anche quelle che sembravano più invitanti erano solo travestite meglio, era inevitabile che cambiassi.
    Che fosse una parte di me quella, che era sempre esistita o che si era creata non importava.
    Hai voluto essere l'unica persona con cui potevo parlare, per far sì che tutto ruotasse intorno a te, per addestrarmi come un cagnolino: puoi sederti bestiolina oppure ti bastono. Ora è così ok? Ci sei riuscito, sei il punto di riferimento. Quindi sì,probabilmente ho fatto tutto da sola ma il merito è tuo. Il cagnolino è ammaestrato.
     
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    Sai cosa Kostia? Fottiti.



    Qualcosa pareva essersi rotto, finalmente, e per un attimo Kostia credette di essere riuscito a portarla fino ad un punto di rottura. Qualche che fosse la scelta che avrebbe fatto, in questo aveva ragione, per lei non sarebbe cambiato poi molto: era pronto ad entrambe le eventualità. Che lei il proprio orgoglio lo dimostrasse cedendogli o contrastandolo importava molto poco, perché in un modo o nell'altro avrebbe trovato la maniera di utilizzarla. Si scostò appena per evitare di essere colpito dai suoi stivali, lasciando invece che il resto degli indumenti gli cadesse addosso prima di scivolare in terra, ignorati come la rabbia che lei gli stava rivolgendo. Che potesse compiere entrambe le scelte al tempo stesso Kostia non se lo aspettava, eppure era una cosa che lo lasciava piacevolmente sorpreso: c'era più forza di quanto avesse creduto in lei. Se chinare il capo all'abuso significava che l'aveva spezzata e la resistenza che era andato troppo oltre, quello che aveva di fonte era ben altro: era la fredda determinazione a resistere, nonostante tutto quello che lui le avrebbe fatto.
    - Girati allora - le disse quando anche l'eco dell'ultima parola si fu spento nel corridoio - Faccia contro quel muro, e appoggia le mani alla pietra. Bene in alto - ordinò ancora, attendendo che lei si voltasse prima di muoversi lentamente nella sua direzione. Si concesse un lungo sguardo a quel corpo nudo, forse troppo magro ma sicuramente ammirevole. Le ricordava davvero Ruthie, con la massa di capelli rossi che scendeva lungo la schiena e le vertebre visibili sotto la pelle magra. Bella era bella, ed era sicuro che in molti avrebbero ucciso per essere al suo posto.
    Allungò un piede, sfiorandole una caviglia e spingendo leggermente verso l'esterno - Apri le gambe - le sussurrò, mentre infine le posava la punta di un dito sulla pelle nuda. Le percorse tutta la schiena in quella maniera, scendendo lentamente verso il fianco e seguendo la rotondità di una delle natiche fino a sfiorarle l'interno coscia. Solo allora si allungò leggermente verso di lei - Non prendo mai nulla che tu non sia disposta a darmi, October. Ricordatelo - le sussurrò all'orecchio, prima di indietreggiare ancora e allontanarsi da lei. Si diresse verso i suoi vestiti, raccogliendoli rapidamente e lanciandoli nuovamente nella sua direzione - Vestiti, ti accompagno in camera tua - le ordinò - Abbiamo un sacco di lavoro da fare e poco tempo, io e te -
     
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    Pensavo che sarebbe finita là, più o meno, che avrebbe detto qualcosa e poi mi avrebbe restituito i vestiti, che come umiliazione fosse abbastanza. Per cui quando mi ordinò di girarmi mi sentii veramente morire dentro. Merda! Deglutii con fatica, come se avessi un sasso in gola, ma obbedii. Chiusi gli occhi desiderando di sparire, in un modo o nell'altro volevo svanire, che finisse tutto. Ero stanca delle sfide, stanca di dover prendere delle decisioni, stanca di tutto. Ero finita là dentro per un motivo così stupido...e per qualche stupido motivo continuavo a lottare contro..contro cosa? Contro me stessa? Contro di lui? Non ce l'avrei fatta comunque. Non potevo credere di averlo fatto, perchè mi stavo facendo umiliare così? Perchè non mi ammazzava e basta, senza chiedermi niente? scostai il piede di poco, continuando a lottare contro l'impulso che mi diceva di ritrarmi, volevo scomparire, volevo che arrivasse qualcuno a tagliarli quella mano, volevo poter uscire dalla mia pelle. No, non potevo restare lì in quel modo, non l'avevo fatto prima, perchè dovevo farlo adesso? Non ci riuscivo...e proprio quando stavo per reagire, si allontanò, con l'ennesima frase che non capivo e che sinceramente in quel momento non mi importava davvero di comprendere.
    Tirai un sospiro di sollievo tremando forse più di quando ero uscita da quella sala. Mi rivestii senza dire una parola, senza guardarlo e una volta arrivati in camera mi diressi verso il bagno richiudendo la porta alle mie spalle. Non poteva vedermi nessuno là dentro e ringraziai che non ci fosse uno specchio, probabilmente non sarei nemmeno riuscita a guardarmi in quel momento. Cosa stavo facendo? Quello che vuole lui, perchè tanto finirai a farlo comunque.
    Mi coprii la faccia con le mani, la schiena appoggiata alla porta, provando a respirare profondamente. Funzionò, il groviglio di muscoli contratti si rilassò quel tanto che bastava per costringermi a correre sul water per vomitare. Potevo non voler affrontare la situazione ma il mio corpo aveva accusato in ogni caso.
    Mi lavai le mani, il viso, mi sciaquai la bocca. Dovevo smetterla di tremare, ero ancora lì, non era successo niente, avevo affrontato una punizione ed ero ancora viva, ero ancora lì. E quel bastardo no che non doveva vedermi in quel modo. Mi asciugai la faccia e uscii. Ancora non ci riuscivo a guardarlo però ero lì ed ero in piedi e dovevo farmelo bastare.
    Perchè abbiamo poco tempo?
    così, per dire qualcosa. La vera domanda era: poco tempo per cosa?
     
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    - Sai October, dicono che per i veri fedeli il solo pensiero della dannazione sia peggio della morte - Kostia sedeva in un angolo dello stesso dove poche sere prima si era addormentato con lei. Erano saliti fino alla sua stanza, in silenzio, e non appena erano entrati l'Ucraino l'aveva lasciata libera di chiudersi in bagno e di prendersi tutto il tempo che le serviva per riprendere il controllo di se stessa. Dalla sua posizione l'aveva sentita vomitare eppure aveva preferito attendere che lei si ricomponesse da sola piuttosto che andare a vedere come stava: le serviva una guerriera, non un'infante cui fare da balia - Che il fuoco terreno sia sempre preferibile a quello infernale e che per quanto male possano fare il legno e il fuoco non siano nemmeno lontanamente paragonabili ai morsi demoniaci che attendono l'eternità di chi infrange i comandamenti - le spiegò con calma, facendole cenno di accomodarsi dove più preferiva all'interno della stanza. Ogni gesto che la ragazza compiva era una sua libera scelta, seppure limitata fra quelle che lui le metteva di fronte, ed ognuno di essi aiutava Kostia a conoscerla meglio. Si sarebbe seduta o sarebbe rimasta in piedi? E dove, se avesse scelto di sedersi, si sarebbe accomodata? Sul letto accanto a lui o seduta alla tavola? L'Ucraino adorava quel genere di cose - Un'allegoria, ovviamente, eppure straordinariamente efficace. Il messaggio è chiaro: è sempre preferibile restare fedeli ai propri ideali, anche di fronte alla morte - e lei non era stata fedele agli ideali in cui era scontato che credesse, questo era chiaro. Aveva sempre scelto a favore di se stessa, e non del prossimo. Perfino quando l'unica alternativa possibile era l'umiliazione, la nudità...adorava quella ragazza. L'adorava davvero - Credi quello che vuoi, ma i miei ordini erano di catturarti, torturarti e ucciderti. Potevo farlo, ma non l'ho fatto, esattamente come tu avresti potuto decidere di restare fedele ai tuoi compagni fino alle estreme conseguenze - si strinse nelle spalle, sorridendole - Non ti ho ammaestrato. Non ti ho insegnato a darmi la zampa o a scodinzolare a comando: io ti ho mostrato quello che sei davvero. Una persona molto più forte di quella che eri sotto il comando di Carter e della Gordon, capace di uccidere e di difendersi. Di resistere, come loro non ti hanno mai dato motivo di fare -
    Si alzò in piedi lentamente, senza toglierle un attimo gli occhi di dosso - Mi piacerebbe che lavorassi per me, October -
     
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    Lo ascoltai, camminandoo lentamente, mentre snocciolava non so se qualche citazione biblica o che altro.
    ...sì, affascinante...
    commentai senza troppa convinzione incrociando le braccia. Per fortuna aveva almeno il pregio di spiegare in termini a me più comprensibili il succo di ciò che mi diceva. Ero ancora un po' provata da tutto quello che era successo quel giorno, ma non avevo intenzione di darglielo a vedere ulteriormente, probabilmente già aveva sentito, quindi decisi di sedermi anch'io sul letto, a debita distanza.
    Sembrava mi stesse in qualche modo offendendo, in realtà probabilmente non era quello il suo intento.
    Oppure potrei essere fedele a qualcosa di diverso.
    Non pensavo di aver tradito nessuno con le mie azioni. Dal momento in cui mi avevano catturata ero stata divisa tra la preoccupazione per la mia incolumità e quella di poter tradire i miei compagni, probabilmente era come aveva detto lui: sarei stata zitta sotto tortura, perchè il pensiero di vivere con il peso di averli fatti uccidere non sarebbe stato sopportabile. Perchè IO non avrei potuto vivere con quel peso addosso.
    Li stavo tradendo secondo lui, decidendo che io ero più importante. Alcune persone diventavano auror per dei veri ideali, io non lo avevo fatto per quel motivo. Non era per assicurare i cattivi alla giustizia, perchè credevo che qualcuno dovesse punirli....se una persona non mi faceva niente di male aveva la mia fiducia fino a prova contraria. Contava come le persone si comportavano con me e con le persone a cui volevo bene, quindi no, non avevo mai sentito l'impellente bisogno di portare la giustizia nel mondo. Anche in quel caso lo avevo fatto per me stessa, per essere una persona diversa, meno ingenua, più forte. Forse per diventare quella persona che stava descrivendo lui.
    Perchè non hai eseguito gli ordini allora? Non credo che tu abbia visto niente di più di una ragazza stupida e disperata che si è gettata da sola nella bocca del lupo quando mi hai catturato. Forse anche tu non sei completamente fedele a Moon.
    perchè era così che si era presentato, parlando con disprezzo del mio disinteressamente per il Ministro Gordon, mettendolo a confronto con la sua fiducia per Moon.
    Non c'era mai stato bisogno di essere così....
    replicai con un filo di voce, come per provare a difendermi. Eppure non sembrava accusarmi, ero io stessa a farlo, perchè se da un lato il pensiero di aver ucciso una persona mi scioccava, dall'altro c'era una parte di me che si era sentita....forte. Avevo passato tutta la vita a sentirmi debole, sotto molti punti di vista, e quella sensazione era nuova.
    Voleva che ammettessi che ero davvero io quella? Era ovvio che fossi io, non poteva creare qualcosa che non c'era, poteva solo cercare di far crescere una parte che era solo abbozzata. Solo non sapevo se mi piaceva essere me. Non capivo quale fosse il punto, finchè non disse quella frase.
    Non risposi subito, mi aveva spiazzata completamente. Avrei dovuto capirlo forse, ma avevo sempre pensato che tirasse acqua al suo mulino solo per sminuirmi ulteriormente, solo per dirmi che sbagliavo, senza nessun fine.
    Definisci lavorare per te.
    Avevo le orecchie ben tese, così come i muscoli. Ne avevo abbastanza di quella prigione.....avrei ascoltato ogni alternativa.
     
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    - Fedele a qualcosa di diverso - ripeté, arrotolando quelle sillabe con la lingua come avrebbe fatto con un boccone particolarmente gustoso. Degustandole quasi - E a cosa sei fedele, allora? - le domandò, sinceramente curioso. Come tutti coloro impegnati in una guerra anche Kostia aveva la tendenza a scordarsi che non esistevano solo due fazioni in campo, o tre o quattro che fossero, ma che poteva esserci sempre una qualche variabile anche in quello. Variabili. Adorava il suono di quella parola.
    - Perché quando ti ho catturata ho visto molto più di una ragazza stupida e disperata che si è gettata da sola nella bocca del lupo - le rispose, riprendo alla lettera le sue parole. In lei Kostia aveva visto molto più di quello - E' questa è un'altra delle ingiustizie che continui a farmi: non mi ascolti o, peggio ancora, non mi credi - continuò, voltandosi verso di lei. Non poteva affermare con onestà di non averle mai mentito, ma nel complesso lo aveva fatto piuttosto raramente - E gli ordini per me sono qualcosa di piuttosto vago...non sono un Auror, October. Prendo ordini esclusivamente da una persona, e per quanto Micheal mi abbia chiesto di collaborare con Ares questo non significa che debba obbedirgli ciecamente. Un cavillo che tuttavia mi lascia un certo margine di manovra per... -esitò un attimo, come per cercare a mente la parola più adatta per esprimere un concetto che gli sfuggiva - ...per te, a dire il vero - terminò un attimo dopo, annuendo. Piegò appena la testa di lato, accennando un sorriso. Un gesto sincero, più simile a quelli della loro unica serata di spensieratezza che a quelli che le rivolgeva abitualmente - Mi serviva qualcuno ed è vero, se non fossi stata tu sarebbe stato qualcun altro. Però sei tu, e lo sei perché è in te ho visto qualcosa che mi è piaciuto - e non era la prima volta che ribadiva quel concetto. Assurdo proprio come fossero le più lampanti verità ad assomigliare a delle crudeli bugie.
    - Non come donna delle pulizie, questo è palese - le fece notare, osservandola dalla sua parte del letto - Ma credo che tu possa aiutarmi a porre fine a questa guerra, ed è quello che desidero da te. Il termine delle ostilità e della violenza. Moon è qui e non se ne andrà, October, ma finché ci saranno possibilità di rivolte sarà impossibile per tutti ricominciare una vita normale e, di conseguenza, liberarsi dei rami più pericolosi e incontrollabili del nostro albero -
     
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    Mi strinsi nelle spalle, scuotendo la testa. Riusciva a sembrare davvero molto curioso, come se davvero non avesse capito cosa mi importava oppure no. Eppure ero certa di averglielo detto dal principio.
    Ci avete attaccato sul personale, probabilmente se fosse stato solo un problema di politica o di ideali avrei mandato tutto al diavolo dopo un anno, scegliendo di vivere decentemente cambiando lavoro e godendomi il mio privilegiato status di purosangue. Arrivaci da solo a cosa sono fedele.
    non sapevo neppure se era completamente vero, se stavo esagerando oppure se l'effetto di Azkaban si faceva sentire, spazzando via quei pochi pensieri bonisti che mi erano rimasti prima della cattura, lasciando solo un senso pratico o di sopravvivenza. Avrei dovuto disprezzarmi da sola, e il tono brusco delle mie parole forse era un residuo di quello che avrei fatto, che mi sarei aspettata di fare. Perchè a dirla tutta....così tanto schifo non mi facevo. La selezione naturale non dice che i più forti sopravvivono, sopravvive chi riesce ad adattarsi al meglio ai cambiamenti. E io mi stavo adattando per non finire la mia vita chiusa là dentro: sarei diventata pazza, era solo qualche mese, mi sembrava di esserci da una vita e il mio destino mi sembrava completamente indipendente da ciò che succedeva in quelle mura.
    Viva i cavilli dunque.
    ora mi sarebbe pure toccato essergli grata sul serio per non aver eseguito gli ordini che tanto si vantava di seguire alla lettera. Sì aveva detto così, lui eseguiva solo gli ordini, sarebbe stato il Wizengamont a decidere di me, Moon in persona o chi per lui. E adesso invece mi diceva che l'ordine era di catturarmi, torturarmi e uccidermi. Mi venne quasi da ridere, come facevo a fidarmi? come poteva dire che non faceva giochetti?
    Credo che tu mi attribuisca fin troppo potere Kostia. Se avessi potuto fare qualcosa per far finire tutto questo almeno ci avrei provato. Inoltre non penso che ti basterebbe un mio "sì", saresti stupido a fidarti di me e basta no?
    Un pugno e una tentata fuga da sotto il naso. No, decisamente dire sì non sarebbe bastato.
    Purtroppo aveva centrato il punto: non ne potevo più di questa guerra. Ero al limite di sopportazione. Indietreggiai sul letto, incrociando le gambe e posandoci i gomiti.
    Devi essere più chiaro di così. Se quel che vuoi propormi fosse semplice lo avresti fatto prima. Inoltre ne tu ne io ci fidiamo totalmente l'uno dell'altra, ognuno per i suoi motivi e credo che per accordi di questo tipo serva proprio la fiducia. Dimmi le cose come stanno, non omettere particolari o "cavilli", sia che pensi che non mi piaceranno, che ne avrò paura, che penserò che sei uno stronzo e la tua "vendita" si rovinerà. Magari imparo pure qualcosa...

     
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    Mosse una mano, sottolineando quel concetto nell'esatto momento in cui lei lo pronunciava - Proprio per questo - e sebbene fosse convinto che attaccare sul personale potesse essere utile sotto molti frangenti, in quel momento era stato gestito decisamente male - Non ero ancora in Inghilterra quando i miei colleghi hanno attaccato Azkaban e preso il potere: hanno colpito ciecamente, senza porre in atto le dovute valutazioni e distinzioni - e fra tutti proprio lei avrebbe dovuto ormai avere ben chiaro davanti agli occhi quanto Kostia disprezzasse le azioni compiute senza un'attenta pianificazione. Tutto doveva essere previsto, perfino un certo margine per gli imprevisti - Cosa che io ho fatto in maniera.... - si interruppe, cercando di decidere se fosse il caso di esporle davvero tutti i ragionamenti per cui era arrivata proprio lei a trovarsi seduta lì con lui e non un'altra. Scosse la testa - Permettimi di spiegartelo nei dettagli un'altra volta - chiese gentilmente, per poi continuare - In maniera da scegliere te, comunque - perché nonostante tutto Kostia non l'aveva scelta a caso, e neppure lo aveva fatto per il suo fascino o la sua bellezza. Certo, l'armonia delle sue forme rendeva siuramente più piacevole il lavoro di cui si era fatto carico, ma non ne era la sicuramente la causa scatenante.
    - Vero, non basterebbe un tuo "si" a farti guadagnare la mia fiducia - acconsentì, voltandosi completamente verso di lei - Eppure ti do il potere che meriti di avere. Pensi di potermi concedere il beneficio del dubbio almeno su quello? Di smetterla di trattarmi come uno stolto o un macchinatore solo perché ho apprezzato alcune delle tue qualità? - le domandò ancora, e davvero Kostia non capiva dove stesse il problema in lei. Quanta poca fiducia dovevano aver risposto in quella ragazza, nel corso degli anni, perché lei vedesse se stessa come qualcuno che non avesse più utilità di un pedone su una scacchiera?
    Un attimo dopo, però, abbassò lo sguardo, picchiettando pensieroso le dita sulla coperta tesa. Quello era sempre stato un problema per lui. Spiegare quello che stava costruendosi nella mente non era facile, quasi che l'edificio di piani e progetti esistesse contemporaneamente in un numero tale di dimensioni da non avere, fisicamente, la capacità di traslarle in parole - Giochi a scacchi, October? - le domandò dopo qualche istante di riflessione, tornando a fissarla in viso.
    Era il modo più semplice che gli veniva di spiegarsi.
     
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    Non è che non sapessi bene di non avere il coltello dalla parte del manico. Quello ce lo aveva lui, perchè io decidessi quello che volevo, alla fine avevo solo da perdere a differenza sua. Ma non riuscivo a togliermi di dosso quella paura....la paura di accettare qualcosa che non volevo fare, di trovarmi costretta a fare qualcosa che non avrei voluto. Costretta dalle mie scelte, non da lui. Forse era questa la parte peggiore, non mi lanciava un Imperio dicendomi cosa fare, mi spingeva. Forse davvero in qualche modo era riuscito a vedere qualcosa....non sapevo se ero sicura di volerlo sapere, ma probabilmente era quella l'unica chiave per uscire viva di lì ed era l'unico motivo per cui ero ancora viva. Per quanto potesse essere tremenda quell'October che aveva visto, le dovevo qualcosa.
    Mi impegnerò a farlo...
    annuii, rendendomi poi conto che probabilmente limitarsi a "impegnarsi" equivaleva a dire "ci provo" che equivaleva a non farlo davvero, quindi mi corressi.
    Sì,hai il beneficio del dubbio, la prendo per buona.
    Aspettai che iniziasse a spiegarsi, come aveva detto che avrebbe fatto. Di spiegarmi nei dettagli...lo guardai a mia volta aspettando pazientemente...no..non era possibile...quanto era esasperante quest'uomo! Portai la mano vicino alla faccia, con le dita tese, per poi richiuderle e fare un respiro profondo..non poteva dirlo e basta? Possibile che fosse così tanto difficile per lui comunicare qualsiasi cosa senza soppesare ogni parola? Non sapevo dove fosse stato prima di venire qua in Inghilterra ma probabilmente la signorina Rottermaier di Heidi era zucchero in confronto.
    Ti preferivo ubriaco
    e quando parlò speravo davvero che stesse per spiegarsi sul serio. Invece mi chiese se sapevo giocare a scacchi.
    Non per tirarmela ma ti sembro una che ha passato l'adolescenza a giocare a scacchi? No, non gioco a scacchi....senti, iniziamo da una domanda facile: credo di aver capito che posso rifiutarmi di fare determinate cose, se mi rifiuto torno al punto in cui sono ora? La seconda è: lavorare per te, significherebbe uscire da qui?
    Erano le due domande di base, se così vogliamo chiamarle, ci tenevo che si spiegasse il più possibile, ma alla fine era questo quello che mi premeva di più....
     
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    In effetti no, October non sembrava una persona che avesse passato l'adolescenza a giocare a scacchi - Non saresti la prima persona a sorprendermi - si limitò a commentare. La spiegazione che seguiva sarebbe stata davvero più semplice se lei avesse avuto un'infarinatura di quel gioco.
    - Quello che ho fatto con te, October, è stato prendere un pezzo che i miei avversari consideravano senza alcun valore e insegnarli ad averlo - cercò di esprimere. Rischiave di essere frustrante quel fatto che lei riducesse tutto a poche, semplici parole. Nemmeno si era resa conto di tutto il lavoro che entrambi avevano dovuto fare perché si trovassero a quel punto - Non sei la persona che eri quando sei arrivata qui, e prima te ne accorgi e meglio starai anche tu - incalzò un poco, tornando ai suoi modi pacati.
    Tacque per un istante, prima di piegare le labbra in un sorriso - Anche tu eri meglio da ubriaca - le disse. Di sicuro più gentile e, anche se era stata fuori da qualsiasi piano aveva desiderato di poter mettere in atto, quella serata gli era piaciuta molto più di quanto fosse disposto ad ammettere.
    - Tu ti sei già guadagnata il diritto di uscire di qui, October - le fece notare, dicendo esplicitamente per la prima volta qualcosa che gli ronzava a lungo nella testa - Quello che non posso rischiare è che tu esca da questa prigione solo per alzare le mani contro di me, tornando a partecipare alla guerra schierandoti accanto ai tuoi vecchi compagni. A ben vedere, quindi, si tratta ormai di un "quando" e non di un "se". Se accetti uscirai per dare una mano a me e se rifiuti... - si strinse nelle spalle - ...si tratta solo di aspettare che la situazione là fuori venga...come dire...pacificata. Qualche mese, forse un anno, e potrai uscire. Soluzione che, se devo essere sincero, ti consiglio vivamente di preferire alla prima se hai intenzione di tradire la mia fiducia -
     
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    Dovremmo diventare alcolizzati allora.
    e magari lo diventavo davvero. Probabilmente era troppo presto per capire in che modo ero cambiata, però sì, forse non c'era neppure bisogno che me lo dicesse lui, me ne ero accorta.
    Mi ero quasi rassegnata all'idea che non sarei mai riuscita ad uscire da quel posto, credendo che quella fosse l'ultima possibilità, collaborare per uscire. L'unico modo per uscire. Avrei potuto riuscire a dormire la notte con un contesto del genere.
    Invece Kostia aveva sempre due scelte. Due scelte molto semplici, eppure molto diverse. Sarei uscita comunque. Era un regalo, ma in realtà era una bastardata dal mio punto di vista. Potevo uscire adesso ma avrei dovuto collaborare, oppure aspettare che finisse la "guerra", che ancora probabilmente neppure era iniziata, senza tradire niente e nessuno e senza dover fare cose che avrebbero potuto non piacermi affatto.
    Abbassai la testa, torturandomi le unghie infiammate e rotte, senza fare davvero caso a quello che facevo.
    Rimasi in silenzio, cercando di pensare, di elaborare razionalmente ma l'unica cosa che risuonava era...
    Non voglio restare qua dentro un giorno di più.
    Non ero fatta per questo, mi logorava in ogni senso. Non potevo restare ancora là dentro se c'era modo di uscire. E se non avessero vinto loro? Chi mi diceva che non avrebbero realmente sigillato Azkaban con me dentro? No...no...non un minuto di più.
    L'accordo è con te, non è con il Ministero ne con i Mangiamorte. Non farò qualcosa che mi chiedono loro...
    sempre che si fidassero così tanto di lui da permettergli certe libertà?
    Puoi farlo?
     
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    - Di sicuro sarebbe più semplice stare nella stessa stanza. E più piacevole - commentò, con una leggerezza che non gli era abituale. In effetti era stato piacevole prendersi qualche ora di libertà intellettuale, e lo sarebbe stato ancora di più se October non ne avesse approfittato subito per cercare la fuga. In effetti il fatto che la serata fosse stata così piacevole aveva contribuito non poco alla leggerezza della punizione di quel giorno.
    La colpa, in quel caso, era stata più sua che della prigioniera. Per qualche momento aveva colpevolmente dimenticato di rispettivi ruoli e lei aveva solo colto l'occasione. Evidentemente, rifletté sorridendole, non le aveva ancora fatto abbastanza paura - Benissimo - convenne un attimo dopo - Dovrai rispondere esclusivamente a me - aggiunse, chiarendo in maniera esplicita. Questo poteva dire molte cose, compreso che lui poteva farsi portavoce degli ordini del Ministero, ma anche che nessuno avrebbe potuto chiederle nulla senza il suo espresso consenso. Conveniva tanto a lui quanto a lei.
    - Ci vorrà qualche giorno ancora, però - disse, nella speranza che lei non si illudesse di poter uscire quella sera stesa o l'indomani mattina. Pochi giorni, in fondo, sarebbero stati meglio che una vita intera passata fra quelle mura. Si alzò in piedi, allontanandosi di qualche passo dal letto - Nel frattempo mi piacerebbe che tu usassi questi giorni per allenarti un po'. Riprendere fiato e tono, e farti dare qualche insegnamento sul corpo a corpo dalle guardie. Sei stata brava oggi ma avresti bisogno di...come dire...affinare un po' la tecnica. Mi piacerebbe che facessi questo nei prossimi giorni. Che ti addestrassi un po' - alzò una mano, bloccando subito l'obiezione più ovvia fra quelle che avrebbe potuto fare - Non si vendicheranno di te, tranquilla. Saranno forse un po' rudi, ma sono convinto che tu abbia fatto loro abbastanza paura...approfittane. Sii più dura di loro -
     
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    Annuii. Sì,era meglio così. Non capivo ancora il perchè ma preferivo dover trattare con lui, che almeno una scelta te la dava sempre, che non con il Ministero, che nemmeno ti dava il tempo di pensarci alla scelta.
    Pochi giorni...annuii di nuovo. Lo stomaco fu di nuovo stropicciato dall'ennesima emozione del giorno. Troppe decisamente. Ma non ero morta e non sarei rimasta lì ancora a lungo. Certo probabilmente sapere che sarei uscita tra poco avrebbe dilatato il tempo di non poco, ma a quanto pareva aveva pensato anche a un modo per distrarmi. Merda...ecco che c'era una fregatura. Mi voleva morta....con le guardie...quelli mi spezzavano il collo con una mano in mezzo secondo! Probabilmente quei due che aveva scelto oggi erano delle cavolo di checche...
    Sappi che qualsiasi incidente capiti non sarà un incidente....
    se mi trovavano schiacciata da un bilancere o simili tipo. Ops incidente. No, garantivo io. Non mi ci sarei mai avvicinata ad un bilancere.
    Più che affinarla devo crearla la tecnica....
    commentai tra me e me. Uscivo da lì.....senza processi, senza condanne secolari o peggio. Avevo ucciso una persona nemmeno un'ora fa, rischiato di fare la stessa fine, e avevo il timore che mi si chiedesse di farlo di nuovo ma in quel momento erano solo dati di fatto, ammucchiati in un angolo. Riusciva a rimuovere il peso di tutto il resto,a bloccare ogni altra riflessione. Mi coprii la faccia con le mani senza riuscire a bloccare un sorriso, liberatorio.
    In quel momento non importava davvero cosa avrei dovuto fare per guadagnarmela quell'uscita, avrei fatto come Rossella O'Hara, ci avrei pensato domani. Avevo speso ogni energia in mio possesso per cercare di uscire, a scappare, a chiedergli compromessi..e ora così quando mi ero completamente arresa ci ero riuscita.
    Per qualche assurdo motivo, totalmente irrazionale e totalmente in disaccordo con quanto era successo fin'ora mi avvicinai all'ucraino per abbracciarlo
    Grazie
     
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    Gli sfuggì una risata a quel piccolo appunto, lasciato cadere lì come se lui non lo sapesse. Le guardie l'avevano vista uccidere uno dei loro e malmenarne un altro: era ovvio che avrebbero fatto tutto quanto in loro potere per fargliela pagare. La paura che avevano di lui, però, avrebbe fatto si che lei avesse un po' di tempo prima che qualcuno trovasse davvero il coraggio di farlo, e in quel tempo lei avrebbe dovuto farsi valere. Esattamente come aveva fatto quel pomeriggio - Sono convinto che saprai tenerli in riga - le disse. ne era convinto davvero, per via di quello che aveva visto in lei nel corridoio. Poteva farsi piegare, forse, ma non si sarebbe mai spezzata davvero - E far avere ad un paio di loro incidenti analoghi, se occorre - le suggerì. Un paio di cadaveri in più non avrebbero fatto poi questa gran differenza, da quelle parti.
    Non se non avevano i capelli rossi.
    Quello che avvenne un attimo dopo lo sorprese però, al punto che ci mise un attimo di troppo a reagire. Vide October che gli si lanciava contro, ma prima che potesse afferrarla per il collo e ruotare per lanciarla contro il muro si trovò le sue braccia avvolte intorno al torace, a stringerlo - ...di nulla - le sussurrò fra i capelli, avvolgendola a sua volta e restando per un attimo così, tenendola stretta a sé. Era sempre più convinto di aver fatto la scelta migliore decidendo di puntare su di lei - Punta al collo - aggiunse dopo qualche momento, allentando un po' la stretta - Quando combatti. Non farti distrarre da tutte le finte e limitati ad aspettare il momento buono per colpirli al collo - mosse una mano, sfiorandola sotto il mento con la punta di un dito. Le percorse lievemente il lato della gola, tracciando una linea leggere sulla sua pelle - Qui - le spiegò - Con forza -
     
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