puoi solo perdere

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    Continuavo a fissare i ciocchi di legno, quelli ormai tutti bruciati, diventati brace, come ipnotizzata, seduta davanti al camino.
    "qualsiasi tentativo di fuga verrà punito con tutte quelle spiacevoli attività che credeva le sarebbero state inflitte per il solo essere stata catturata. Non deve rivolgere parola alle guardie ne aggredirle in nessuna maniera."
    Era passato del tempo dal mio tentativo di fuga, quanto non ero stata a contarlo, avevo smesso di contare. Avevo infranto tutte le regole di casa Preud, aggiungendo anche uno smacco direttamente alla persona: sicuramente non ci aveva fatto lui stesso una bella figura con le guardie. Un po' mi dispiaceva per questo, ma sapevo bene che non potevo dispiacermi per il mio tentativo. Dovevo provarci, avevo fallito, e potevo solo aspettare le conseguenze, un po' con rassegnazione e un po' con timore.
    Rassegnazione era la nuova parola. Dopo quel tentativo si erano aperte nuove prospettive sul mio futuro: no, nemmeno quella con la migliore combinazione di eventi mi lasciava molta speranza. C'era poco da guadagnare da lì in avanti.
    Il tempo era scalfito dal brontolio del mio stomaco e dal calar del sole, che se per tutte le persone normali poteva coincidere con una bella dormita, per me non aveva molto valore in quel senso: potevo passare tutto il giorno a dormire così come potevo restare sveglia vicino al caminetto per tutta la notte. Nemmeno mi annoiavo più ormai, ero praticamente una larva.
    Quando si aprì la porta lo trovai strano: non brontolava la pancia, era già ora di mangiare?
    Voltai la testa distrattamente. Ok, eravamo arrivati al dunque allora. Mi alzai da terra, incrociai le braccia e attesi di conoscere la mia punizione. A meno che non avesse convenuto che l'errore, non era stato poi tanto mio, quanto suo. Ma era meglio non infieriere: niente da guadagnare, solo da perdere giusto? E speravo tanto non fossero i miei denti.
    Dai, spara.
    Fissai negli occhi Kostia, curiosa di sapere dopo tutto quel tempo a quale conclusione era arrivato.
     
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    October aveva infranto tutte le regole che Kostia le aveva sistemato davanti, e la logica ora lasciava presupporre che lui si dimenticasse di lei almeno per qualche tempo. Le aveva promesso delle punizioni severe in quel caso e invece, quanto oltre a infrangerle lei si era anche fatta beffe di lui, l'Ucraino aveva preferito prendersi il tempo che occorreva per inventarsi qualcosa di più creativo del legarla ad un palo e lasciarla a disposizione dei propri uomini.
    Con un cenno del capo indicò alla guardia che aveva lasciato a piantonare la porta di October di far scattare la serratura. Gli serviva qualcosa di più sottile per lei, che interessasse le guardie al punto da mantenere la presa su di loro e che al contempo non gli facesse perdere tutto il lavoro che aveva compiuto su di lei pur essendo senza dubbio una punizione - Buongiorno October - salutò educatamente una volta nella stanza, senza chiudersi la porta alle spalle. La guardia all'esterno li fissava con attenzione, pronta ad intervenire: nessuno si sarebbe fatto cogliere di sorpresa una seconda volta - Dormito bene? - le chiese, ignorando la sua richiesta. Tenerla un minimo sulle spine faceva parte della punizione.
    Un attimo dopo mosse una mano, gettando sul letto un fagotto di vestiti stirati e piegati, ben diversi da quelli femminili che aveva indossato fino a quel momento. Pantaloni e maglietta appartenevano a quella categoria di indumenti unisex che fuori da quella prigione chiunque poteva indossare quando aveva un lavoro da compiere, e gli stivali che li accompagnavano erano della stessa foggia in pelle di quelli delle guardie. lL comodità veniva anteposta all'austera eleganza che le aveva fatto indossare fino a quel momento - Cambiati per cortesia. Ti aspetto qui fuori - aggiunse, voltandole poi le spalle per uscire di nuovo nel corridoio. La porta sarebbe rimasta aperta mentre lei si cambiava, ma socchiusa per concederle quel tanto di intimità che le era necessaria.
    Una volta che l'avesse raggiunta, avrebbero iniziato a scendere.
     
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    Ritenevo che se qualcuno in quella situazione doveva essere arrabbiato, probabilmente era proprio lui. Invece, come al solito, quell'uomo sembrava semplicemente imperturbabile, fin troppo a dire il vero. Alcune volte era anche rassicurante, però quando era fuori luogo diventava abbastanza inquietante. A differenza della guardia che stava sulla porta che sembrava invece adorare quella sua maschera di ostilità. Sembravano il poliziotto buono e quello cattivo.
    Lo fissai scettica. Sul serio? Ero la cosa peggiore capitata tra quelle mura? O qui qualcuno stava esagerando oppure li aveva davvero raccolti da un prato, considerando che neppure ero riuscita a smuovermi da quel piano.
    Tornai a guardare Kostia e il pacchettino che teneva in mano.
    Quel che basta
    Qual'era il giochetto del giorno? Perchè non poteva semplicemente farla più semplice, più diretta? A che diavolo serviva che mi cambiassi?
    Beh, era il caso di conservare eventuali domande per dopo, quindi mi infilai pantaloni e stivali e bussai alla porta, rimasta aperta in realtà per poi mostrare i polsi congiunti:
    Pronta, servono anche le manette oggi?
    più pacifica di così, cos'altro potevano volere di più!
     
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    Quel genere di coraggio da ultim'ora non era raro in chi si accingeva ad affrontare una punizione che credeva essere molto dolorosa. Generalmente i condannati alla tortura si dividevano in due categorie: che October non fosse il genere di persona che si gettava in ginocchio per implorare lo aveva già capito da tempo, quindi era logico che fosse una di coloro che raccoglievano tutto il coraggio di cui erano capaci nel tentativo di affrontare la cosa con dignità. Serviva poco abitualmente. Di solito era un buon proposito che svaniva al primo urlo.
    - No, niente manette - il sorriso che gli piegò le labbra aveva una sfumatura divertita, come se avesse appena sentito qualcosa di profondamente ridicolo. Manette! - Perché se muovi un solo passo senza il mio permesso mi toccherà tagliartele quelle mani, prima di lasciare il tuo destino al volere dei dissennatori - butto lì, e quella era la prima volta che emetteva una minaccia specifica, con tutta l'intenzione di mantenerla. Le seconde possibilità non abbondavano all'interno di quella prigione, ma le terze...Kostia era disposto a scommettere che non se ne fosse mai vista una. Di sicuro non da quando aveva preso lui la gestione dell'isola.
    - Prima le signore - le fece cenno, galante, aprendo una porta che dava su una scala a chiocciala. Ripida e ampia avrebbe consentito il passaggio di due persone alla volta mentre scendeva precipitosa verso il buio. Pochi piani e avrebbero imboccato un nuovo corridoio, in una zona meno ampia e ariosa di quelle che aveva visto lei fino a quel momento - Mi hai messo in una situazione piuttosto particolare, October: in un mondo in cui il destino migliore cui possano aspirare le persone nella tua situazione è quella di passare anni rinchiusi in una cella di tre metri per due senza alcuna comodità ha suscitato molta curiosità il motivo del tuo trattamento - le spiegò, sicuro che quelle fossero domande che avevano già preso forma nella sua testa. Perché? - La realtà è che semplicemente tu mi piaci. Non in senso biblico, non fraintendere, ma ho visto in te delle qualità che penso potranno essere molto utili in futuro. Purtroppo, però, hai deciso di forzarmi la mano e tutti si aspettano ora che tu subisca una punizione esemplare - si voltò un attimo, osservando le guardie che li seguivano discretamente - Qualcosa tipo fustigarti personalmente in mezzo al cortile, immagino, o gettarti in uno degli scantinati e lasciarti lì finché qualcuno non si dimentichi di portarti del cibo - tutta roba di poco interesse, ai suoi occhi, almeno per quanto riguardava l'effettiva funzione di quelle punizioni. Gli piaceva pensare al carcere più a come del tempo passato a rieducare una persona, che a punirla.
    Si fermò nei pressi di una porta più ampia di quelle davanti a cui erano passati davanti fino a quel momento, e attraverso cui si sentiva arrivare un vociare abbastanza animato. Parecchie persone si trovavano là dietro, intente a parlare le une con le altre - Oltrepassata questa porto posso farti male, October, e intendo male davvero oppure...beh, c'è un oppure, se sei interessata a riguadagnarti un po' di fiducia - in ogni caso avrebbero varcato quella porta. Cambiava solo lo spirito con cui lo avrebbero fatto.
     
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    Ahi, l'avevo fatta davvero grossa, c'erano bei tempi in cui minacce di quel tipo venivano liquidate con un "oh ma non lo farei mai". Ormai però gli avevo fatto fare davvero una brutta figura, una cosa che ritenevo a uno calcolatore come lui, non fosse mai successa. Caro Preud, adesso sai come si sente una donna dopo una sbronza, benvenuto nel mio mondo! Gli risposi col suo stesso tono:
    E dove vuoi che vada? Piede sinistro o piede destro avanti?
    non lo dissi con l'intera intenzione di canzonarlo, ci tenevo sul serio alle mie mani, e volevo farlo giusto quel passo famoso.
    Ah ecco, era qua una porta....ad averlo saputo prima eh?
    AGH! ad averlo saputo prima giusto l'adrenalina pompata a mille mi avrebbe permesso di correre giù per quelle dannate scale ripide e buie. Sì perchè se c'erano due cose che non ero mai riuscita a farmi passare del tutto erano il fastidio per le altezze e la paura del buio. Mi infastidiva oltremodo non vedere dove stavo andando.
    Mi uscì un versaccio infastidito mentre mi appoggiavo al muro stando ben attenta a mettere i piedi sulla parte larga dello scalino per lasciare al mio accompagnatore quella larga meno di metà della sua scarpa. Era proprio il colmo, avevo sperato che dopo tutto queste fobie idiote passassero in secondo piano...
    Ascoltai quello che aveva da dire, ritrovandomi ad annuire ogni tre parole. Inutile dire che fosse una sorpresa.
    Sì immagino, che tu ci creda o no mi dispiace che ci fossi tu e non un'altra persona. Però dovevo approfittarne, non me ne avete lasciate molte di occasioni.
    magari a quell'ipotetica altra persona a cui sarei potuta scappare da sotto il naso perchè dormiva...beh non dispiaceva affatto che fossi scappata a lui. Probabilmente ci avrebbero gettati tutti e due in una specie di arena con delle mazze ferrate e chi vinceva poteva uscirne.
    Non avevo idea di cosa fosse il senso bliblico, ma riecco tirar fuori la sua seconda giustificazione preferita. Gli piacevo. Non avevo mai capito perchè lo diceva francamente. Come non capivo a quali interessanti qualità si riferisse ne a cosa mai potevo servirgli. Mi sembrava che avessimo chiarito che la mia utilità era pari a zero.
    Ecco appunto, fustigazioni pubbliche. Perfetto, mi aspettava una sequela infinta di Cruciatus. Senza rendermene conto iniziai a scenderle più lentamente quelle scale: non avevo mai provato la maledizione sulla mia pelle, così come non l'avevo mai praticato quell'incantesimo. Non riuscivo ad immaginarmelo proprio il dolore che veniva descritto nei libri, o dalle persone. Non ero certo entusiasta di provarlo, sopratutto perchè non sapevo quanto sarebbe durato. Oppure buttarmi in un cubicolo e arrivederci...che ormai aveva iniziato a delinearsi come futuro prossimo. Solo che speravo non così prossimo.
    Ci fermammo. C'erano delle persone, riuscivo a sentire quel rumore ovattato....che avesse costruito anche un piccolo colossero là dentro?
    Improvvisamente divenne tutto molto reale, non si poteva rimandare, nemmeno con il pensiero: da lì a poco probabilmente avrei rimpianto di essere nata. Avevo la gola chiusa, sentivo le mani e le gambe formicolare e quando abbassai lo sguardo pensai che neppure durante i M.A.G.O la mia mano aveva tremato così. Strinsi i pugni, provando a dissimulare.
    E poi riecco uno dei suoi giochetti: c'era un'oppure. Un modo per riguadagnare la fiducia ed evitare la grande incognita oltre quella porta.
    Non voglio dirti dove sono
    risposi con la voce strozzata, perchè era l'unica cosa che mi era venuta in mente. E se era quello il modo per riguadagnare la fiducia..beh era una bella bastardata, perchè era un'informazione che avrebbe potuto prendersi in almeno 10 modi diversi.
     
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    - Andiamo October, in questa maniera offendi entrambi - perché se quello che avesse voluto era sapere quello che lei poteva dirle sui suoi compagni lo avrebbe preteso mesi prima a suon di acciaio e frustate - Sono convinto che i tuoi colleghi abbiano preso le dovute precauzioni e che, in caso tu ne fossi il custode segreto, abbiano provveduto a cambiare nascondiglio la sera stessa della tua scomparsa. Se invece non lo eri... - si strinse nelle spalle. C'erano limiti che nemmeno la più sottile delle torture poteva superare.
    - Da come la vedo io quella che ti sto dando è un'ulteriore possibilità - riprese, posando la mano sulla maniglia della porta - O almeno lo è nelle mie intenzioni - specificò - Puoi seguirmi lì dentro e affrontare quello che ti aspetta o puoi entrare lì dentro e lasciarti uccidere. Potrebbe perfino essere una cosa veloce... - le concesse. Di sicuro non lo sarebbe stata se avesse deciso di tentare una fuga.
    Abbassò la maniglia,spingendo la porta e mostrando l'ambiente che vi si trovava oltre. La sala era grande, spezzata qui e la dalla presenza di alcuni grossi tavolo dove le guardie mangiavano e passavano il tempo. Qualcuno chiacchierava con il vicino,qualcuno giocava a dadi e qualcun altro consumava il proprio pasto ma tutti, nessuno escluso, si bloccarono nel vederli entrare. Non erano molte le guardie di Azkaban, e tutti avevano avuto modo di vedere October in un'occasione o nell'altra - Per quel che vale sono convinto che ce la farai - sussurrò Kostia, attendendo che lei entrasse prima di fare lo stesso.
    Le guardie li stavano fissando in silenzio, incerte su come comportarsi. Non capitava spesso che il loro capo si facesse vedere laggiù - Buonasera a tutti - esordì l'Ucraino, gettando uno sguardo a tutti i presenti - Sono venuto a portarvi un regalo per il vostro servizio. O, almeno, a quelli di voi che hanno avuto alcune difficoltà negli ultimi giorni - li fissò per un attimo, prima di indicare due uomini scelti apparentemente a caso. Uno dei due era quello su cui la rossa aveva eseguito il suo sectusempra - Lei è October - indicò poi l'auror - Ed è il vostro regalo. Prendetela e sarà vostra questa notte: potrete poi ucciderla comodamente all'alba. Senza magia -
    Bisognava pur saper motivare i propri uomini.
    Tutti e tre.

    I due uomini si guardarono intorno increduli, incerti sul vero significato di quella prova. Poi, addestrati all'obbedienza, si alzarono in piedi lasciando le bacchette ai loro vicini, prendendo ad aggirare i tavoli per dirigersi prudentemente verso October da due direzioni diverse.
    Quegli uomini potevano essere tante cose, ma non degli incompetenti.
    E October era il premio migliore che fosse stato offerto loro da molto, molto tempo.
     
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    Stavo aspettando che mi dicesse che cosa voleva esattamente. Non mi sembrava che mi stesse dando opzioni.....non opzioni reali, quindi continuai quindi a fissarlo con aria interrogativa, probabilmente con una faccia da bestiola spaventata.
    Che vuol dire? Che scelta è?
    O muori o affronti quello che ti aspetta. e cioè? Non mi aspettava di crepare comunque? O mi lasciavo picchiare di brutto o mi ammazzavano?
    La paura era risalita in superfice così tanto che neppure avevo le forze per odiarlo. Lo seguii pensando che me lo avrebbe detto dentro: il dentro era una specie di sala ricreazione, con guardie...tutti uomini, per quale motivo avevano solo uomini?? che mangiavano, chiaccheravano...che stavano fermi come stoccafissi, me compresa, abbastanza confusi, come lo ero io. L'unica differenza tra me e loro era che sembravano più interessati di me a scoprire cosa aveva in mente Preud.O meglio curiosa lo ero anche io, ma se avessi potuto rimandare l'annuncio di un po' sicuramente lo avrei fatto. Il suo incoraggiamento mi aveva spinto ancora più vicino alla zona di panico.
    Forse ero davvero una specie di gladiatore....magari c'era un kraken da cui farmi mangiare, una botola gigante con degli squali al centro della sala...
    "ti prego un colpo in testa veloce"
    mi ritrovai a pensare questo, che se proprio dovevo morire era meglio che lo facessero veloce, uno schiocco di dita e addio. Sarebbe finita la paura, sarebbe finita la reclusione, sarebbe finito il tempo. Fine.
    Indicò due guardie, riuscivo a riconoscerne una: mi sentii molto stupida ad aver sperato di non averlo ucciso con quell'incantesimo. Avrebbe avuto modo di vendircarsi dunque, a te l'onore mia piccola amputazione fallita.
    Ma venivo venduta come intrattenimento prima. Mi ritrovai incredibilmente sorpresa alle sue parole, tanto da distogliere l'attenzione dalle guardie per fissarlo. Non saprei dire il motivo ma non avrei mai pensato che avrebbe deciso una cosa simile.
    Avevo pensato a un possibile combattimento prima per le scale, ma non senza magia, non sapendo di dover finire...no...non così. A mani nude, contro due uomini insieme. Non potevo farcela, ero..ero troppo magra, non avevo abbastanza forza nelle braccia non sapevo come colpire.
    Mi guardai intorno, ora si che sembravo un coniglio buttato nella tana della volpe. A pochi passi da me c'era qualcuno che stava mangiando....mi avvicinai e afferrai il coltello e la brocca dell'acqua. No, il coltello non era affilatissimo, ma almeno era appuntito..non sapevo neppure se me li avrebbero fatti prendere, ma a mani nude non aveva nemmeno molto senso provarci. Provarci a fare cosa October?
    Uno alla volta almeno?
    a restare viva tanto per cominciare.
    Presi un respiro profondo, uno da destra e uno da sinistra....come cavolo facevo? No, no October non iniziando a piangere dannazione! O forse sì....erano uomini infondo...mio padre non era mai riuscito a capire quando facevo i capricci o quando c'era realmente un problema....questi qua erano pronti a stuprare e uccidere, evidentemente di donne non avevano esperienza, cosa potevano mai capirci??
    Ok, sì. Potevo piangere, potevo raggomitolarmi a terra, quasi in ginocchio, posare la brocca di coccio lì, perchè sembrava che mi stessi arrendendo...ma sopratutto perchè dovevo cambiare mano: avevo più forza nella destra, l'avrei tenuta meglio, potevo colpire meglio. Testa magari, o anche una rotula....
    E se avevo fatto una stupidaggine? E se messa così a terra, con una mano vuota mi ero veramente e praticamente arresa? guardai bene i miei stivali...quando potevano essere resistenti? Non sembrava pelle di drago....no meglio non puntare al piede, coltello nella coscia, o nel polpaccio, o in un braccio...nella prima parte morbida a tiro.
    Erano vicini, tre passi... "aspetta" due passi "aspetta, scuoti la testa, fa sembrare che hai paura"...ma io avevo paura... un passo "non andare nel panico, non puoi morire così, aspetta, aspetta che sia vicino.......ora!"
    Strinsi bene il coltello, con la punta verso il basso, lanciandomi con tutto il peso sulla guardia di sinistra mentre nella mia mente una piccola October impartiva ordini.
    "Spacca quella brocca contro l'altro, prendilo in quasiasi posto e alzati!"
     
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    Kostia non avrebbe potuto negare una certa curiosità se non mentendo apertamente e in maniera piuttosto sfacciata. Nonostante lo svantaggio avrebbe comunque scommesso con October, ma quello che gli premeva di capire era come la donna - perché ragazza era ormai un termine riduttivo - avrebbe affrontato la prova cui la stava sottoponendo. Con un certo timore, quello gli fu chiaro dal primo sguardo che gettò nella sua direzione, ma anche con...cosa? Determinazione? Quello che seppe con certezza fu che October non pensò nemmeno per un attimo di cedere, per quanta paura avesse di fallire. Gli piaceva quella cosa. Arrendersi era raramente la scelta migliore.
    Incrociò le braccia al petto, indietreggiando di un passo per fare ai contendenti più spazio possibile. Senza magia aveva detto, ma non senza armi, e quella sottigliezza avrebbe potuto fare la differenza in quel contesto: October aveva approfittato subito della prima occasione per cercare di limitare lo svantaggio che la separava dai due contendenti e, mentre la brocca pareva essere solo una distrazione, il coltello le rimase ben piantato in mano. Astuta, commentò mentalmente, chiedendosi come mai si fosse chinata. Il movimento con cui aveva cambiato di mano la lama era stato così bene seguito che a stento se ne era accorto, ma a quanto pareva la regola del "assicurati che siano inermi prima di avvicinarti" non sembrava essere stata recepita da quelli che a stento avrebbe definito in pubblico come i suoi uomini: i due, vedendola a terra, si stavano gettando su di lei forti di un'eccessiva sicurezza. La brocca...la brocca era il colpo di classe. Sistemata in quella maniera sembrava dichiarare una brillante e luminosa resa. Come si poteva essere tanto scemi da seguire la brocca e ignorare il coltello?
    Di sicuro il più basso dei due uomini non si sarebbe mai dimenticato del coltello. Mai più. La lama lo trafisse al ventre, rubandogli un grido a metà fra il sorpreso e il dolorante, mentre indietreggiava di un passo portandosi con sé il coltello. October però era già pronta e, senza fermarsi a guardare il risultato della sua opera si era già girata, aveva afferrato la brocca e l'aveva portata con forza verso la testa del secondo uomo. Il colpo fu tanto forte da spaccare la brocca in una miriade di schegge, lacerando la faccia della guardia e facendolo barcollare. Nessuno dei due uomini era ancora caduto e se quello che si era preso la brocca in faccia era riverso su uno dei tavoli, metà gettato sul legno e metà intento a cercare a sua volta un'arma, la ferita del primo doveva essere meno grave di quanto sembrasse o la sua rabbia più intensa di quanto October non avesse creduto. In fondo quella era la donna che gli aveva lacerato prima un braccio e poi il costato e, sebbene non si potesse ancora capire quanto gravi fossero le sue ferite, si era già lanciato verso di lei a testa bassa, urlando, ben deciso a travolgerla con il proprio peso.
     
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    Avevo sentito che il coltello era affondato dentro qualcosa, e lo avevo lasciato lì, più preoccupata dell'altra guardia che non di tenermi l'arma. Gli spaccai la brocca in testa, chiudendo gli occhi durante l'impatto, augurandomi di avergli fatto più male di quanto me ne ero fatta io. Quando gli riaprii stava barcollando appoggiato ad un tavolo, non vidi molto di più perchè l'urlo alle mie spalle mi costrinse a voltarmi per trovarlo che caricava nella mia direzione. Ma non moriva mai quell'uomo????
    Provai a girarmi e correre verso il tavolo, ma non fui così veloce e mi schiacciò proprio lì, sul legno, a due dita dalla cena di qualcuno, e proprio sopra a qualcosa di particolarmente spigoloso. Sperai di non essermi spaccata la testa, perchè faceva male, ma proprio tanto, e non restai lì ferma solo perchè mi aveva afferrato i capelli, forse pronto a sbattermi di nuovo la testa sul tavolo. Nononono col cavolo bastardo! Osservai la sua faccia furiosa, la stessa faccia che qualche giorno prima se la faceva sotto solo a pensare di trasgredire gli ordini.
    E per gli stessi ordini mi avrebbe uccisa...sì, non credevo si sarebbe perso in troppe cerimonie, era bello incazzato e mi fece abbastanza paura da riscuotermi dal dolore. Iniziai a scalciare, ma le gambe erano bloccate, non riuscivo a muoverle se non di pochi centimetri.
    La mia mano inziò a cercare alla cieca, correndo sul tavolo, qualcosa, una cosa qualsiasi...cosa era? era metallo, era freddo, forse era una forchetta. La afferrai e iniziai a colpire alla faccia della guardia, più volte, con tutta la forza che avevo, al collo agli occhi, alle tempie, ovunque. Avrei dovuto veramente ucciderlo come mi aveva suggerito....l'impresa adesso mi sembrava impossibile.
     
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    Non si poteva dire che October avesse uno stile di combattimento molto elegante, ma fino a quel momento si era rivelato straordinariamente efficace. Le due guardie l'avevano sottovalutata e adesso ne pagavano entrambe il prezzo, e quello sarebbe forse stato il meno se non avessero continuato a sottovalutarla. L'idea di caricarla a testa bassa avrebbe potuto essere buona se dopo il primo colpo l'uomo si fosse staccato e avesse approfittato della posizione di controllo invece di ignorare la mano di October che scivolava sul tavolo di legno, alla ricerca di qualcosa. L'ucraino mosse la testa, segnalando ad uno degli uomini posti da parte di non intervenire: il ragazzo aveva notato come lui la forchetta attorno a cui la rossa stava per chiudere le dita e aveva avuto intenzione di toglierla dalla sua portata per aiutare l'amico. Kostia non aveva invece certi scrupoli. Se October l'avesse usata davvero per colpire senza badare troppo ai danni che avrebbe fatto lui avrebbe vinto.
    Vinto con lei e vinto su di lei.
    Un attimo dopo il volto dell'uomo divenne una maschera di sangue mentre la forchetta entrava e usciva a ripetizione, colpendogli la faccia e il collo in egual misura. Che fosse ancora vivo mentre le crollava addosso, scivolando poi sul pavimento, aveva davvero poca importanza. October aveva mirato a uccidere e questo bastava. Bastava sempre su tutto.
    Il secondo uomo nel frattempo aveva afferrato un grosso vassoio di metallo e si era girato verso di lei, con la testa coperta di sangue. Fece per scagliarsi verso la ragazza, ma trovarla ancora in salute accanto al corpo disteso del suo compagno lo fece esitare. L'oggetto che aveva voluto usare come arma contundente venne posto a difesa del torace mentre si guardava intorno, alla ricerca di un supporto che nessuno aveva intenzione di porgergli.
    - Credo che tu non abbia più nessuno con cui dividere il premio stanotte. Congratulazioni - commentò Kostia quando intercettò lo sguardo dell'uomo, invitandolo a continuare. Da solo. Adesso sarebbe stato più attento e l'Ucraino voleva vedere cosa sarebbe successo.
     
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    Continuai a colpire finchè non vidi abbastanza sangue sopra di me da spaventarmi: non sapevo di preciso cosa avevo fatto, ma aveva funzionato, perchè una volta finito di inforchettarlo mi trovai con la sua faccia insanguinata troppo vicina alla mia. Non riuscivo a respirare, dovevo toglierlo subito, come se fosse un ragno,qualcosa di orribile che era intollerabile avere così vicino. Era qualcosa che avevo fatto io.... lo spinsi via, prima che si rialzasse, se mai poteva rialzarsi, dovevo allontarlo subito, era....era un morto forse! Non lo volevo un morto addosso, lo spinsi, scalciando e provando a scivolare di lato finchè non cadde a terra. Ma continuai ad allontanarmi, volevo tenermi il più lontano possibile, scendendo dal lato apposto del tavolo.
    Alzarsi non era stata una mossa geniale, dovetti appoggiarmi ad un angolo per fronteggiare il vuoto e la vista annebbiata che vennero subito dopo. Non era il momento migliore per aver voglia di vomitare.
    Perchè non era ancora finita, c'era ancora l'altro. Lo guardai con aria rassegnata per un po', mentre aspettavo di riprendermi, sentivo lo zigomo e la tempia che bruciavano e pulsavano, ma non era quello il problema: era una stupida forchetta, che continuavo a stringere in mano, ricoperta di sangue...al diavolo, avevo dovuto difendermi.. E dovevo difendermi anche ora.
    Infilai la forchetta in tasca, lanciando uno dei miei sguardi peggiori a Preud. La cosa migliore sarebbe stata puntare un coltello alla sua gola, magari avrebbe smesso persino di parlare, e vedere quanto ci teneva la sua bella guardia alla sua pellaccia, ma anche se fosse andata a buon fine, evenienza assai improbabile, probabilmente avrei dovuto pagare anche quell'azione. No, non potevo deciderle io le regole.
    Alzati. ALZATI!!
    mi rivolsi ad una delle guardie lì vicino, afferrando la spalliera della sedia e iniziando a tirarla per farlo scendere. E una volta guadagnata la trascinai davanti al mio avversario, nascosto dietro ad un vassoio che sembrava abbastanza pesante. Lo fissai per qualche secondo, restando immobile: se avessi avuto qualcuno con una sedia davanti a me, mi sarei aspettata che colpisse in alto, all'altezza delle spalle o peggio dall'alto. Mi sarei aspettata di parare al petto o alla testa, oppure a scansarmi e impedirgli di rialzarla. Ok, era deciso allora, meglio attaccare per primi no?
    Urlai più per farmi coraggio che non per intimidirlo mentre lo colpivo, puntando alle gambe:le mie si sarebbero probabilmente smontate, le sue non sembravano così insulse purtroppo...ma forse riuscivo a trascinarla di nuovo dalla mia parte e colpirlo una seconda volta. Non era l'arma più furba che potessi trovare, non avevo abbastanza forza fisica per gestire un imprevisto, se riusciva ad afferrare un'estremità mi conveniva prepararmi a prenderle di santa ragione con la mia stessa....beh sedia.
     
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    Il colpo di October raggiunse l'uomo alle gambe, facendolo cadere con un ginocchio per terra. Visto da fuori quel combattimento sembrava quasi la parodia di un pestaggio, con October che incalzava e la guardia che cercava di tenersi al sicuro, incapace di reagire in qualsiasi maniera. Erano quelli gli uomini che aveva scelto per proteggere casa sua? Le labbra si piegarono in una smorfia, mentre nella sua mente iniziava già a programmare quello che sarebbe stato il loro addestramento a partire dall'indomani. Non voleva delle sagome di cartone buone solo a pestare prigionieri inermi: dovevano trasformarsi in un vero esercito, a costo di ammazzarne la metà per preparare gli altri.
    Idea che, a ben vedere, poteva avere anche un suo senso.
    - Basta così - decretò dopo qualche attimo ancora, in un ordine rivolto tanto alla guardia quanto ad October. Nella stanza calò un silenzio pesante, rotto solo dal respiro affannoso dei due contendenti. Sui volti di tutti coloro che avevano assistito iniziava ad apparire la comprensione di quello che avevano appena visto. Non un regalo, ma una lezione. Dura e pesante come tutte quelle che l'Ucraino si disturbava ad impartire.
    Kostia si mosse dal suo angolino, avvicinandosi alla guardia che October aveva accoltellato con la sua forchetta. Si piegò sulle ginocchia, osservandola da vicino prima di scuotere la testa: importava poco; avrebbe già dovuto essere morto giorni prima - Alcuni di voi si sono chiesti il perché. Perché sia viva, perché non sia stata punita, perché non sia stata lasciata al vostro divertimento - riprese sollevandosi e guardandosi intorno. Raccolse un tovagliolo pulito dalla tavola, allungandolo in direzione di October perché si pulisse: non aveva mai ucciso un uomo, lo sapeva per certo, e sperava che non crollasse proprio in quel momento davanti a tutti. Era l'apice del suo progetto, quello, e gli seccava che fosse apparso di fronte all'intera prigione. Indicò gli uomini stesi a terra - Questa è la vostra risposta - concluse, indicando i due uomini con cui October aveva combattuto. Li guardò un'ultima volta prima di voltarsi e uscire nel corridoio, lasciando l'ex Auror libera di raggiungerlo o di fermarsi lì con loro.
    October aveva scelto che la vita di quegli uomini non valeva quanto la sua, ed era il primo passo. Verso dove, non avrebbe saputo dirlo.
     
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    Il "combattimento" doveva sembrare, visto da tutti gli altri la cosa più grottesca mai avvenuta tra quelle mura. Ma io non sapevo come ci si difendeva senza la bacchetta, ed era un gran traguardo aver messo in ginocchio anche la seconda guardia senza tutto sommato essermi fatta troppo male, ed era un vantaggio quello che non volevo perdere. Ero già pronta a colpirlo di nuovo quando nel silenzio risuonò quella parola che speravo di sentire dall'inizio. Basta. Basta? Avrebbe detto basta anche se al posto di quella guardia ci fossi stata io? Tuttavia obbedii, con troppe domande che si accavallavano in testa, così tante che alla fine era come non averne nessuna. Il vuoto, il silenzio. Lo osservai mentre si avvicinava al corpo della guardia che avevo inforchettato, provando un misto di vergogna e orgoglio per quello che ero riuscita a fare senza l'unica forza che potevo mai avere avuto. Non riuscii nemmeno a assimilare il suo gesto, capivo cosa voleva dire, era morto, ma forse per l'adrenalina o per un qualche istinto di conservazione, non provai niente di più. Avevo già lo stomaco chiuso, avevo già la nausea, respirare sembrava uno sforzo immenso, come se l'aria fosse densa, pesante, le gambe che sembravano aver pedalato in salita per chilometri e il cuore che batteva un ritmo fin troppo veloce. Stavo lì ferma ad ascoltare quello che diceva: sì non se lo erano chiesti solo loro il perchè di tutto questo. Perchè mi aveva dato la possibilità di difendermi?
    Quando mi porse il tovagliolo mi ricordai di avere le mani sporche, mi ricordai di avere ancora l'arma del delitto in tasca e la buttai a terra. Dovevo pulirmi. Era importante? Sì, dovevo pulirmi perchè se le guardavo mi dava fastidio.
    Intanto Preud stava fornendo la risposta alla domanda. Risposta che come al solito, non capii. E poi se ne andò, senza aggiungere nulla di più, nessun ordine ne per me ne per i suoi. Non ci volle molto a capire che era meglio non rimanere lì da "sola". Mi serviva un posto vuoto, libero, senza nessuno in effetti. Restare realmente da sola.
    Mi voltai e seguii Kostia: quindi era finita lì? Che senso aveva avuto? In quale modo malato lavorava quel suo dannato cervello? Tornavo in cella come se niente fosse o mi buttavano in un buco e arrivederci? Potevo abbassare la guardia? Volevo abbassarla e affrontare quel che era successo là dentro davanti a qualcuno? La risposta era ovviamente no. Non volevo che vedesse la mia reazione, poteva immaginarsela ma se stringevo i denti non l'avrebbe vista. Non era quello il momento, dovevo rimandare ogni pensiero al riguardo.
    Non ho capito quale è la risposta.
    Mi ci era voluto uno sforzo incredibile per farmi uscire quella frase traballante.
    Cosa..cosa era quello? Perchè mi hai detto di difendermi?
    perchè me lo aveva detto.... vero?
     
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    - Loro si - fu la prima cosa che le disse quando infine lei decise di raggiungerlo. Era sicuro che agli occhi di tutte le guardie il messaggio non era passato inosservato ma, se anche si fosse rivelato più enigmatico di quanto credeva, avrebbe avuto altri modi di approfondire in seguito la questione. Per ora gli bastava far si che ciascuno di quegli uomini ricordasse chi era e dove di trovasse. Occupavano una posizione che donava loro prestigio, e dovevano rendersene degni.
    Si fermò, voltandosi verso di lei. Non sapeva che ruolo avesse avuto nella squadra Auror, ne quale fosse l'opinione che avevano di lei i suoi superiori e i suoi compagni - di October Fhest aveva letto solo il fascicolo e i commenti allegati - eppure bastava una sola occhiata per rendersi conto che non si trattava della stessa donna che era entrata lì dentro, e il cambiamento non era stato verso il basso. Non si era imbruttita o abbattuta, resa barbara o rabbiosa dalle privazioni, ma Kostia la vedeva invece cresciuta, notando in quello sguardo una vena pericolosa che non c'era stata fino a qualche mese prima. Era quella che ricercava, ed era quella che voleva coltivare - Perché ti voglio viva e in salute - le rispose, come se fosse ovvio - E non avevo altro modo di aiutarti senza schierarmi apertamente al tuo fianco, cosa che avrebbe messo in pericolo entrambi - continuò. Lei era come un allieva ai suoi occhi, in quel momento, una creatura cui stava cercando di insegnare qualcosa.
    - Tu lo sai - affermò dopo qualche momento - Tu sai che non faccio questo solamente per bontà d'animo, eppure hai scelto di non morire, là dentro. Tu sai che, se anche non ti utilizzerò per colpire direttamente i tuoi vecchi compagni, sei viva perché io credo che tu possa essere utile, perché un giorno potresti fare la differenza. Quindi perché, October? Perché fra uccidere e morire hai scelto di uccidere? -
     
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    Non me ne importava molto che le guardie avessero capito, ne del linguaggio che usavano tra di loro. A dire la verità in quel momento non poteva importarmene di meno di quelle guardie, mi importava solo di me.
    Odiavo quando rispondeva in quel modo, così come odiavo le sue risposte politicamente corrette, che non si sbilanciavano in nessun modo. Era un atteggiamento che probabilmente si addiceva ai tempi che correvano, forse era anche l'atteggiamento giusto da tenere, ciò non toglieva che avevo l'esigenza di organizzare le persone in comparti, e lui non se ne stava da nessuna parte, non riuscivo a catalogarlo con precisione e mi dava sui nervi. Anche stavolta mi rispose come se fosse ovvio. E mi stava mentendo. Non era vero che temeva per la sua sicurezza, lo avevo visto che erano terrorizzati da lui, perchè sapevano più cose di me sul suo conto, e sapevano meglio di me che conosceva quel posto abbastanza bene da non rimanerci fregato dentro. Non si sarebbe fatto assolutamente niente e avrebbe trovato il modo di metterli in riga. Non era normale che una persona esercitasse così tanta influenza. Da che girone dell'Inferno lo avevano sputato fuori?
    Mi avvicinai di più guardandolo negli occhi.
    Quindi li avresti fermati?
    Era una domanda sincera dopotutto, purtroppo non sapevo che risposta aspettarmi, perchè entrambe avevano la stessa probabilità di essere vere. E alla sua domanda c'erano talmente tante risposte che avrei potuto dare, così tante....
    "Non ti azzardare a morire."
    "vuoi andare a suicidarti? Vai mi sono rotto il cazzo di avere sempre e solo un unico destino attorno a me, cadaveri"
    me le ricordavo, queste parole, perchè erano come una promessa non detta che avevo fatto, e quando mi era sembrata l'unica soluzione possibile ci avevo ripensato, a quello che li aveva portati a dirlo, a non fare questo a chi stava fuori.
    Ma oggi non lo avevo fatto per loro.
    Tu lo sai perchè.
    avrebbe potuto essere l'unica risposta che si meritava, una risposta che diceva abbastanza.
    Dovrò stare qui per tutta la mia vita, perchè se anche vincessimo tu farai sigillare la prigione, scapperai e io resterò qua dentro a morire di fame prima di qualsiasi altra cosa: il problema non era morire e lo sai.
    Non avevo idea da dove venisse tutta questa decisione, forse era il canto del cigno prima di crollare definitivamente. Perchè era inutile sfidarlo, cercare di resistere....era come quando da piccoli giocavi con le onde, alla fine potevi provare a tagliarle quanto volevi, a combatterle, a volerle scavalcare.... ti ritrovavi comunque sbattuto a riva, stanco morto.Riabbassai lo sguardo, fissai le mani. Non mi dispiaceva nemmeno...
    Io tanto finisco sempre per fare quello che vuoi tu. Quindi a cosa serve combattere i tuoi giochetti? Non ce la faccio più a cercare di evitarli, ci casco comunque.
     
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