Sarai la Prima #002

October

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    Quello sarebbe dipeso solamente da lei, ma Kostia era troppo confuso in quel momento per risponderle con la sicurezza di non lasciarsi scappare nulla che non avrebbe dovuto dirle. October, poi, aveva già avuto modo di provare sulla propria pelle come tutto quello che facesse avesse una conseguenza fra quelle mura, in una concatenazione di causa ed effetti che riconduceva sempre tutto alle sue azioni anche se, a volte, in maniera forse poco chiara. Kostia si limitò così a sorriderle, muovendo la mano a scacciare quella domanda come se fosse una sciocchezza. Ah, lascia stare sembrava dire quel gesto, effettuato poco prima che la ragazza si lasciasse cadere sul tappeto.
    - Io almeno mi reggo ancora...ancora in piedi - affermò ondeggiando verso il letto. Lo fissò per un attimo, come se cercasse di prendere le mira per cadere esattamente sul materasso e non sul pavimento. Sarebbe stato buffo. E, credeva, inutile: questa volta aveva davvero fatto un errore di calcolo. Bevo anche io si era detto così si fida. Cosa potrà mai accadermi? e adesso eccolo lì, ubriaco senza nemmeno dover fingere di esserlo. Appena appena più lucido di lei, ma solo perché sapeva qual'era il trucco.
    Sospirò, indietreggiando verso il folto tappeto su cui October arrancava - Vedi...? Io riesco a stare...a stare...cazzo! - sbottò, obbligato dalle sue stesse gambe ad allungare una mano contro il muro per reggersi. Nemmeno in piedi riusciva a stare. Porco Rasputin!
    Si voltò, appoggiandosi con le spalle al muro e lasciandosi scivolare, seduto in terra accanto a lei - Scegline un'altra, una qualsiasi! - commentò, allargando il braccio ad abbracciare tutta la prigione. Se quella non le piaceva gliene avrebbe data un'altra più bella. O più piccola. O più grande. O con le pareti rosa se così le piaceva - Solo...fra un po, ok? Credo di aver bisogno di...di fermarmi un po' qui. Mi piace qui. Quel letto è...è davvero enorme! -
     
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    Non sembrava proprio stare meglio di me, certo magari riusciva a stare in piedi, un'impresa piuttosto lodevole, ma alla fine anche lui, fu costretto ad arrendersi alla forza di gravità che quella sera pareva determinata a tirarci giù.
    Al mio commento sulla stanza mi disse di sceglierne un'altra, allargando le braccia fino a tirarmi una gomitata sullo zigomo che mi rintontì ancora di più.
    Ahio! Frena l'entusiasmo, ho capito che il tuo...
    come si chiamava? Quale era la parola? quella cosa lunga e stretta...
    Torre, la tua torre è immensa. Ma non demolirmi la faccia è l'unica cosa decente che ho.
    piagnucolai massaggiandomi la guancia. E no, decisamente non era il caso di mettersi a scegliere delle cose adesso, sopratutto se non erano su catalogo ma bisognava camminare! il giorno dopo però l'avrei fatto, avrei gironzolato un po' alla ricerca di un'altra stanza, giusto per vedere qualcosa in più e poi decidere di restare qua dentro molto probabilmente. Ma in quel momento solo l'idea di muovermi era inconcepibile. Anche solo di un metro.
    Quel lettone sfacciato, con il suo materasso che fluttuava a un metrozzo scarso dal pavimento, sembrava beffarsi delle nostre condizioni, come una torta messa davanti ad un diabetico: "so che mi vuoi, non mi avrai mai" sembrava dire.
    E' troppo lontano anche quello....servirebbe una catapulta...
    Tutto sommato mi sentii più sollevata quando disse che restava un po' lì: non mi piaceva l'idea di rimanere di nuovo da sola, ancora meno in quell'immensa stanza.
    Mi girava la testa da morire, così tanto che nemmeno ero capace di stare semplicemente appoggiata ad un muro con il sedere per terra. Pendevo come la torre di Pisa, fin quando la mia discesa non fu arrestata dalla spalla dell'ungheres...no...u...ukulele..no non ukulele...
    Non hai qualche trucco contro le sbornie da magomedi-memimado-mi-me-go...?
    MALEDETTE LETTERE! stupide parole!!
    ti ho mai detto che odio l'inglese?
    farfugliai accucciandomi contro di lui. Oi-oi ci vedevo troppo male perdindirindina, meglio chiudere gli occhi di nuovo.
    Deve essere bello avere tutto questo...: decidi una cosa e loro la fanno anche se non sono d'accordo con te. Puoi fare quello che vuoi. Un giorno mi dici come si fa ad arrivarci...
    sì, era proprio bello, non avrei mai pensato di essere di questa opinione ma un anno di latitanza me lo aveva insegnato: era decisamente snervante non contare nulla quando venivano prese decisioni importanti. E se non conti nulla vieni sbattuto da una corrente all'altra come un pezzo di legno, o peggio ancora manovrato da altri. Il che va anche bene quando si è pezzi di legno, vuoti e senza idee, senza valore.
    Comunque mi sa che ti ho contagiato: hai detto "cazzo" o sbaglio? Ti ho fatto diventare una cattiva ragazza uomo peluche...me la merito proprio la prigione.
     
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    - Scusa - ridacchiò, allungando una mano verso il suo volto. L'intenzione, sicuramente lodevole, era quella di carezzarle il viso là dove glielo aveva involontariamente colpito ma nel vedersi privato di ogni senso della prospettiva bloccò la mano a metà strada, ritirandola subito dopo. Ci mancava solo che mandasse tutto in vacca cavandole un occhio.
    Gettò un'occhiata clinica in direzione del letto, quasi ne stesse valutando attentamente distanza e dimensioni. Si, era decisamente lontano e in quel momento si chiese come avrebbe fatto a portare a termine il resto di quello che aveva in mente. Era una bella, bella domanda - Oh si, che ce l'ho - le confessò un attimo dopo. Una cura per la sbornia. Esistevano cure per qualsiasi cosa da quelle parti. Alzò la mano chiusa a pugno, prima di far svettare il dito indice verso il soffitto, come una freccia che trapanasse pietra e legno andando ad indicare con inconsapevole precisione il punto esatto in cui quella cura era conservata. Su - Nel mio appartamento...in cima a...alla mia enooooorme torre - annuì ancora. Averla lassù, in quel momento, equivaleva a non averla proprio. Kostia in quel momento sarebbe stato in grado di camminare per tutte le scale più di quanto avrebbe potuto arrivare fino a Londra camminando sulle mani.
    Si preoccupò invece, con estrema prudenza, di alzarsi il braccio sopra la testa e di calarlo poi intorno alle spalle di October. Se la strinse leggermente contro, assecondando il bisogno di contatto umano della ragazza. Era stato lui a lavorare perché in lei quel bisogno si facesse sempre più forte ad ogni giorno che passava, nella speranza che October finisse per affezionarsi all'unica figura umana che era rimasta nel suo orizzonte: lui - Domani inizio a spiegarti anche quello, promesso - biascicò, piegando appena la testa per posarle una guancia fra i capelli.
    Rimase un attimo così, prima che il suo ultimo commento gli strappasse una nuova risatina - ...Tu meriteresti di regnarci, in questa prigione... -
     
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    Era strano il fatto di starci bene accoccolata a qualcuno? Sì, poteva avere senso sopratutto quando mi ero felicemente abituata a essere abbracciata e coccolata tutti i giorni, così come mi ero abituata velocemente a dormire con qualcuno accanto e poi all'improvviso da un giorno all'altro ero stata messa in isolamento. Un isolamento che non comportava solo la claustrofobia, l'essere irritata o depressa, sentirsi sola, non ricordarsi nemmeno come è la propria voce perchè non puoi parlare con nessuno, non puoi vedere nessuno. Hai solo la tua orribile compagnia. Comportava anche non aver avuto niente di niente a livello fisico, nessun contatto di nessun tipo. Ne un abbraccio, se una pacca affettuosa, ne uno scapellotto niente di niente. E spesso ne avrei avuto davvero bisogno, proprio tanto.
    Per cui no, non era strano starci bene...era strano forse il fatto che quel qualcuno era la persona responsabile di quell'isolamento e di quella reclusione..... No...l'unica responsabile di tutto questo ero io. Sono io che mi sono fatta prendere, io che sono diventata una ricercata. Le mie scelte hanno portato a questo.
    Oh sì. Metterei un kit antisbornia in tutte le camere, celle e gabinetti. E farei vestire le guardie come pagetti stupidi: ho un eccellente cattivo gusto e senso dell'umorismo. La tua Azkabacca somiglierebbe a un ritrovo di drag queen. Tu compreso.
    farfugliai stropicciandomi gli occhi, convinta che avrebbe completato in maniera degna il regime oscuro, seguendo lo stile che i capi del governo avevano deciso di far andare di moda.
    Pensavo fossi più cicciotto sai? Sei quasi scomodo...
    decretai infine muovendo la testa per trovare un punto senza ossa sporgenti.
    Senti magico mago ma non hai una magica bacchetta per tirarla quaggiù la pozione? O per abbassare quel letto volante?
    forse a strisciare ci riuscivo ancora: in effetti a stare tutta storta in terra, appoggiata a un muro iniziava a essere scomodo, continuava a sembrarmi tutto in movimento e non trovavo una posizione realmente comoda per più di un paio di minuti.
    Sì che ce l'hai, avevi paura che ti tagliassi a coriandoli con delle forbici, non puoi non avercela.
     
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    Se Kostia avesse mai trovato un prigioniero o una guardia sbronzi li avrebbe fatti fustigare nel cortile del castello fino a far uscire dalla schiena del malcapitato ogni goccia di alcool che avesse mai osato assumere il che, a ben vedere, faceva di lui un bell'ipocrita. Anche se non l'aveva fatto per piacere personale ma per dovere: la testa di October sulla sua spalla era una missione, ne era dannatamente sicuro, anche se al momento gli sfuggiva quale. Sbuffò. A lui non sfuggiva mai niente, di solito - Odio il vino - decretò, scuotendo la testa. C'era un motivo se era lì con lei, un piano arguto che aveva preparato prima di iniziare a bere e...e...no, nulla. Non se lo ricordava.
    - Vorresti vedermi vestito da donna?! - le domandò inarcando un sopracciglio. Non sapeva perché, ma quello sembrava molto più importante di qualsiasi altra cosa. Lui. Vestito da donna - Con la parrucca e il trucco e tutto il...? - si mosse una mano intorno alla testa, indicando tutto l'ambaradan di costume che avrebbe dovuto indossare. E poi cosa? Avrebbe dovuto ballare per lei? Era offensiva come cosa ma lui, nonostante quello, non riusciva a tirare fuori una faccia offesa che fosse un minimo decente. Continuava a sembrargli tutto dannatamente buffo.
    - Non ho mai avuto paura che mi tagliassi a coriandoli! - esclamò un attimo dopo, tirando appena fuori il labbro inferiore, nell'abbozzo di un'espressione imbronciata. Quando se ne accorso lo ritrasse subito, sorpreso, ma ormai era tardi per passare davvero come una persona seria - Certo che ho la bacchetta ma non l'avrei usata. Non mi serve contro una forbice... - le fece notare, come se fosse ovvio. C'erano mille maniere in cui avrebbe potuto levarle quella forbice di mano prima che gli facesse un solo graffio e nessuno contemplava l'uso della bacchetta. Di un coltello forse, ma non di una bacchetta - E non serve nemmeno adesso! - aggiunse. No che non gli serviva: com'era possibile che lei lo pensasse? In fondo quel letto era solo...un letto, perdinci!
    Gli ci volle qualche minuto, ma puntellandosi contro il muro riuscì infine ad alzarsi in piedi. Barcollò un attimo, in piedi davanti a lei, prima di allargare il braccio che non lo sosteneva e sorriderle. Ta-dan! - Forza...tocca a te! - l'incitò. La mano tesa verso di lei era un invito a sostenersi su di lui per tirarsi in piedi, ed era indubbio che sarebbe riuscito a tirarla su: solo, una volta in piedi, non avrebbero potuto fare altro che cadere insieme sul materasso.
     
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    Sì la parrucca, le tette finte, le calze a rete. Tutto quanto. Anche la R moscia.
    La mia immaginazione galoppante non galoppava nemmeno più così tanto. Riuscivo solo a malapena ad immaginarmi la scena quando in condizioni normali sarei stata capace di visualizzare nitidamente tutti i dettagli. Adesso invece vedevo solo un paio di labbra rosso fuoco, sporgenti come negli autoscatti delle ragazzine, e una voce a checca spaventosa.
    Ce l'avevi eccome! eri terrorizzato da quella punta arrotondata!
    replicai con forza,sbattendogli una mano su quello che trovai, un ginocchio, come se stessimo parlando di un letale fucile , ancora più letale di quello con cui ero andata a caccia con Dell, le cui potenzialità erano state messe in discussione! Purtroppo non potevo vedere l'espressione infantile dispiaciuta sulla sua faccia, come lui non potè vedere la mia quando si alzò lasciandomi senza altro appoggio che non fosse il pavimento.
    ti odio...
    borbottai, provando a rialzarmi. Oh non era facile, non era proprio facile, ma avevo sbattuto la testa cadendo come una pera cotta quindi la mia simpatia per quel tappeto era scesa improvvisamente. Era una sensazione tremenda, provavo a mettermi seduta ma mi sembrava di cadere. Mai più alcol nella mia vita. Giuro anche su questo tappetino. Mai.più.
    Fissai la sua mano, poi il letto, poi di nuovo il tappeto. Ricordavo vagamente un risveglio di qualche capodanno fa, infondo alle scale di casa mia, proprio davanti al salotto. Non ricordavo di preciso quale era stato il problema ma solo che era stato un risveglio molto fastidioso.
    Quindi mi feci forza e coraggio e con entrambe le mani afferrai la sua e provai ad alzarmi. Ooooh no di nuovo mi sembrava di cadere. Anche una volta perfettamente in piedi mi sembrava di cadere. Impressione che si fece sempre più reale...perchè stavo cadendo sul serio! D: LE MIE POVERE CHIAPPE NOOOOO!!!!
    Ero già pronta all'impatto contro la spietata roccia, con gli occhi chiusi e la testa chiusa nelle spalle ma invece le mie chiappe atterrarono sul morbido! Non posso dire però che tutto l'atterraggio fosse morbido, perchè avevo pur sempre un uomo dell'est si non si sa bene quanti chili addosso. Ma era incredibile: avevamo scalato quel metro da terra e adesso era tutto morbido!!
    Abbiamo dei superpoteri. E' un miracolo.
    Poi però iniziò, quel peso allo stomaco, che pensavo di aver lasciato nell'altra camera, quella sensazione spiacevole, che mi aveva ritrovato sul tappeto e adesso era riuscita anche lei a salire sul materasso. No, non era Kostia il peso. Era come un sasso nello stomaco.
    Era nostalgia di casa. Avevo voglia di casa. Volevo il lettone di casa mia, volevo Ioan che mi abbracciava dopo avermi preso in giro per la sbornia, volevo andare a dormire in quel modo, distrutta con lui che mi abbracciava. Era come un sasso nello stomaco, ma a quello mi ci ero quasi abituata in questi mesi. La sensazione nuova era un'altra, era un senso di mancanza, di vuoto, letteralmente di vuoto in mezzo al petto.
    Mi bruciavano gli occhi, quindi li chiusi di nuovo. No, non andava via, forse si sentiva di più. Non volevo piangere, non mi andava non avevo più forza per piangere volevo dormire, spengermi. Istintivamente avvolsi le braccia intorno a Kostia, per nascondere i lucciconi tra la spalla e il collo. "Mi manchi" mi rimbombava in testa, strinsi ancora più forte...Probabilmente lo dissi anche ad alta voce, senza rendermi conto che i pensieri avevano iniziato a parlare.
    Mi servì qualche minuto per ricacciare indietro le lacrime e calmarmi un po'.
    Puoi restare qui per favore?
     
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    Abbiamo dei superpoteri. E' un miracolo.



    Oh si, era decisamente un miracolo. Ma non per l'essere caduti sul morbido invece che sulla dura roccia, a quello era stato abbastanza attento, no. Per l'essere ancora vivi in quella situazione. Per aver avuto una sbronza allegra seguita da una triste e senza nessun accenno di rabbia omicida o sete di sangue. Quello era un miracolo. Perché per quanto potesse rifiutarsi di ammetterlo ad alata voce, almeno con se stesso doveva farlo: quella situazione gli era decisamente sfuggita di mano. Mai più alcool durante una missione. Mai. Più.
    Rotolò sulla schiena, lasciando che lei gli cadesse accanto. Steso a pancia in su il mondo sembrava decisamente più leggero e, a giudicare da come si agitava il soffitto sopra di lui, anche molto più instabile. Gli girava la testa, e l'unica cosa che poté fare fu chiudere gli occhi, cercando di scacciare quel malessere. Era concentrato al punto che quando lei gli si strinse contro non pensò nemmeno a cosa fare, circondandole le spalle con un braccio e tenendola premuta contro di sé.
    Era un gesto famigliare per una situazione che gli capitava di vivere spesso.
    Nella sua mente, più confusa di quanto gli sarebbe stato possibile ammettere con chiunque altro, la chioma rossa di October si stava confondendo con quella più accesa di Ruthie e con il suo istintivo cercarlo nelle notti che passavano insieme: non era mai stato il tipo di uomo che restava sveglio a tranquillizzare le donne con cui era appena stato, ma lei lo aveva cambiato almeno in quello. Con Ruthie restava sempre, almeno un po' - Non me ne vado - sussurrò fra le palpebre socchiuse, voltandosi appena su un fianco e cingendola anche con l'altro braccio - Ssssh - disse ancora. Ruthie aveva sempre quei momenti in cui lo cercava e lo abbracciava, attimi in cui vacillava e aveva bisogno di sentirlo presente, fra una lacrima e l'altra. Piegò appena la testa, posando sulle labbra di October un bacio fugace, rapido e tenero come quello che si potevano scambiare due amanti - ...sono qui... - sussurrò ancora, cullandola appena.
     
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    Sì, mi stavo calmando, il senso di vuoto non spariva, ma si sentiva sicuramente meno, come se qualcuno avesse abbassato il volume. Bastava non pensarci, non pensare a cosa era successo l'ultima volta che l'avevo visto, non pensare a lui e basta. Solo spengere quella televisione in testa e restare ferma. Ma non era così facile, avevo perso il telecomando, ero ubriaca non riuscivo a controllare quello a cui pensavo, era già una grande conquista che non fossi già andata nel mondo dei sogni senza sogni, la dormita da sbronza. Avrebbe dovuto farmi star meglio che mi abbracciasse, che mi dicesse quelle cose, in realtà era un'arma a doppio taglio, se da una parte stavo meglio dall'altra mi rendevo conto che cosa mi ero persa uscendo di casa quel giorno. E quando mi baciò fu lo stesso, perchè anche se mi serviva mi ricordava perfettamente quel che succedeva mesi fa ed era un ricordo bello, vivido e dolce ma straziante allo stesso tempo. Gli appoggiai la mano sulla guancia, non so neppure se in una sorta di ringraziamento o per fermarlo nel caso l'avesse rifatto, perchè è l'ultima cosa che ricordo

    Fame. Ecco cosa fu a svegliarmi: una fame mostruosa. Aprii gli occhi aspettandomi di trovare la solita cella e il nuovo scenario che mi si presentò mi frastornò non poco. Dove ero?
    Rimasi immobile qualche secondo, con gli occhi spalancati e il cuore che batteva all'impazzata e lentamente iniziai a collegare:
    era la camera nuova, avevo bevuto troppo ero ubriaca, avevo mangiato con Kostia...mi aveva portato qui..c'era qualcosa che mi toccava la schiena, in mezzo alle scapole.
    qualcuno stava respirando! mi voltai cauta....
    Oh porca troia...
    sussurrai coprendomi le mani con la faccia. No October calma, calma e sangue freddo! ero vestita? Sì...si più o meno. Mancavano le scarpe, mancava il vestito. Perchè mancava il vestito? Ricordavo ricordavo chiaramente che ero vestita. Cazzo no no no! Mal di testa, fame, stupido stomaco stai zitto sta dormendo...
    Sta dormendo. Quella fu la lampadina, o forse la scintilla della follia. Non me ne importava più niente di cosa poteva o non poteva essere successo. Tolsi le mani dagli occhi per guardarlo: sembrava dormirsela e dormirsela proprio soda. Alzai la coperta, sì era vestito anche lui vagamente, niente ambaradan in libertà. I vestiti..dove erano?
    Sul letto niente solo una scarpa, spostai lo sguardo sul tappeto eccoli. Un'ultimo controllo al sonno dell'ucraino e con tutta l'attenzione del mondo provai a uscire dal letto senza far rumore o movimenti bruschi.
    mi rivestii e poi vidi la sua giacca. Aveva detto che aveva una bacchetta e l'adrenalina iniziò a pompare a mille. Con le mani che tremavano iniziai a frugare nelle tasche interne...le forbici..no non servono, l'altra tasca...eccola.
    Ce l'avevo. Avevo una bacchetta e non sapevo cosa fare. Ce l'avrei fatta? Potevo riuscire ad andarmene? Mi alzai lentamente stringendola tra le mani come se potesse cadermi da un momento all'altro. Dovevo bloccare l'ucraino? Ma c'erano le guardie...tante...ed era un labirinto. Forse dovevo fargli un Imperio e uscire così...ma non avevo mai fatto un Imperio, meno che mai con una bacchetta non mia.
    Dovevo trovare un posto dove buttarmi in acqua, avrei attutito la caduta, avrei nuotato finchè la barriera antismaterializzazione non finiva e sarei tornata a casa. L'idea che poteva veramente finire tutto mi spaventava da morire, potevo farcela....cazzo dovevo fare tutto bene.
    Non potevo legarlo, avevo paura si svegliasse,e di perdere tempo a inventarmi qualcosa, c'era un solo pensiero: vai, scappa adesso.
    Mi allontanai, ancora scalza per non fare rumore e pensando che comunque in acqua sarebbe stato solo un'ostacolo.
    Glisseo...
    un sussurro e il pavimento alle mie spalle avrebbe dovuto diventare estremamente liscio e scivoloso, ma non c'era tempo di controllare. Aprii la porta pronta a correre e schiantare ogni guardia che incontravo. Ero una cazzo di auror, ero brava, ero brava sì, autoconvincimento. Ce la facevo. Anche a costo di ammazzarli tutti
     
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    I ricordi di quella notte erano vaghi e confusi. Kostia sapeva di essersi addormentato mentre lei gli accarezzava il viso, anche se il fatto che fosse stata October a farlo non gli era sembrato poi così chiaro, mentre le sue dita gli scorrevano sulla guancia. Si era svegliato almeno una volta, nel corso delle ore passate insieme, quando lei si era voltata dandogli la schiena, e mentre October indietreggiava appena aderendo meglio al suo corpo a Kostia era parso di ricordare qualcosa, qualcosa che avrebbe dovuto fare con lei finché era lì, incosciente. Il pensiero gli aveva galleggiato per qualche attimo di fronte agli occhi prima di svanire nei fumi dell'alcool mentre le passava un braccio intorno alla vita, cingendola. Ci avrebbe pensato più tardi. Stava troppo bene in quel momento.
    Troppo bene...

    Kostia non era abituato a commettere errori, ma quando uno spillo di consapevolezza gli si piantò dietro le palpebre, quel mattino, si rese conto di averne fatto uno molto grosso. Aveva sempre avuto il sonno leggero e in una situazione normale October non sarebbe mai riuscita ad alzarsi senza svegliarlo, cosa che invece non era accaduta in quel momento. Ebbe la certezza di essere solo su quel letto ancor prima di aprire gli occhi: era stato quello a svegliarlo.
    Si alzò a sedere di scatto, facendo appena in tempo a vederla scivolare oltre la porta socchiusa. Un attimo dopo il tonfo famigliare di due corpi che cadevano in terra gli raggiunse le orecchie. Dannazione! Balzò giù dal letto, a piedi nudi, solo per ritrovarsi a picchiare dolorosamente un ginocchio sul freddo pavimento di pietra. Scosse la testa, cercando di riprendere il controllo di se stesso: sarebbe stato troppo sperare che non cercasse di liberarsi di lui in qualche maniera.
    Scivolò in avanti fino a raggiungere un punto del pavimento ancora ruvido prima di alzarsi in piedi e correre verso la porta. October non sarebbe riuscita a scappare comunque, lo sapeva, eppure un dubbio aveva iniziato a scavargli il cervello. Un dubbio. Tanto bastava a preoccuparlo. Raggiunse uno dei corpi delle guardie stesi in terra, senza nemmeno preoccuparsi di controllare che respirasse ancora prima di sfilargli la bacchetta dalle dita. Due contro uno ed era riuscita a svicolare.
    - Patronus - evocò, e la figura tremolò per qualche attimo prima di prendere l'abituale forma del falco - Un tentativo di evasione nella torre principale - il messaggio mandato tramite il falco avrebbe raggiunto tutti i posti di guardai principale, e la prigione sarebbe stata blindata di lì a meno di un minuto. Le guardie avrebbero chiuso tutti i cancelli che univano le varie zone della fortezza, sigillandoli. I dissennatori sarebbert stati libero di vagare per le zone inferiori mentre ad October sarebbe bastato gettare una sola occhiata da una delle finestre per vedere che le statue che puntellavano le torri, draghi, gargoyle o guerrieri che fossero, si erano animati e avevano iniziato a saltare e volare, pronti a calare su chiunque avesse messo il naso fuori da uno degli ingressi. Blindata, per Kostia, significava esattamente quello. Blindata.

    Kostia iniziò a scendere le scale rapidamente, incurante dello stato poco dignitoso in cui si trovava. Senza giacca e senza cravatta, scalzo, aveva un aspetto più disordinato di quello che aveva mai avuto in quella prigione da quando ne aveva preso possesso.
    Azkaban era un labirinto, progettata come i più antichi castelli per poter confondere i nemici durante un assalto, e non dubitava che presto o tardi October si sarebbe imbattuta in una delle pattuglie di uomini che la stavano cercando. Il problema era cosa avrebbe fatto una volta che li avesse incontrati - Che nessuno giri da solo o in coppia. Tutti a gruppi di tre! - tuonò verso alcune guardie che pattugliavano un corridoio - E che nessuno si azzardi a torcerle un solo capello -
     
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    Per le prime due guardie era stato semplice: di sicuro non si aspettavano che fossi io ad uscire, di sicuro non con una bacchetta in mano, e come biasimarli? Ancora non mi capacitavo dell'immenso colpo di fortuna, ma ero decisa a sfruttarlo al massimo. Una volta schiantate iniziai a correre come non avevo mai corso in vita mia, non c'era un criterio preciso, prendevo strade a caso, svolte casuali: avrei potuto stare vicino alle finestre ma era un labirinto, quindi una strada valeva l'altra, nessuna connessione logica. Giuro davvero nessuna. Ogni corridoio era uguale agli altri, era tutto dannatamente uguale. Forse dovevo scendere..sì era meglio scendere, erano camere migliori, la sua aveva detto che era ancora più in alto quindi io di solito dormivo a qualche piano inferiore..o forse in un'altra torre....mi fermai un secondo, stavo per avere un attacco di panico, me la stavo letteralmente facendo sotto. Poi sentii dei passi, alle mie spalle e mi voltai immediatamente: ancora non c'era nessuno, ma sarebbero usciti da dietro quella curva. Mi attaccai al muro, accucciata in terra: si punta sempre ad altezza d'uomo, nessuno mira alle gambe, sempre nella parte superiore. I passi si facevano più vicini....non appena vidi qualcosa lo attaccai lanciando il terzo schiantesimo, meno uno ne restavano....due??
    nonono! Non altri due merda!! Non potevo proteggermi solo con un incantesimo scudo, mi impediva di contrattaccare.
    Accio guardia!
    il corpo privo di sensi sfrecciò nella mia direzione scudo umano, per almeno un paio di incantesimi, mentre ne lanciavo altri a casaccio nella speranza di fargli abbastanza male da fermarli per qualche secondo.
    Pietrificus totalus.
    la mia guardia scudo era diventata una statua umana, una statua che scagliai contro le altre due, senza nemmeno aspettare che le colpisse mirai ai piedi di uno "scandivicus" e fu interamente ricoperto di rampicanti, e colpito assieme all'altro dal loro compagno. Li disarmai recuperando le bacchette. Oh oh merda, porca troia, altri tre sistemati... e non sapevo nemmeno come c'ero riuscita. Quanti potevo ancora incontrarne? Non ce la potevo fare con tutti, non potevo farcela nemmeno con altri tre...merda! Dovevo cambiare tattica, non potevo più vagare a caso.
    Puntai la bacchetta alla gola della guardia disarmata, quella che non era ne di pietra, ne avvolta dai rampicanti, ma solo rintronata dalla botta.
    Dov'è uno sbocco all'esterno? Dimmelo o giuro su dio che resti senza braccia e gambe
    Avevo paura, sì, di fallire miseramente per cui sentivo il cuore rimbombarmi nelle orecchie, le gambe molli ma ero seria. L'istinto di sopravvivenza era uscito fuori, come se non riuscire equivalesse a morire, e questo voleva dire, che avrei tentato il tutto per tutto.
    Parla figlio di puttana, come esco da qui??
     
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    Parla figlio di puttana, come esco da qui??

    L'uomo era troppo confuso per rispondere prontamente alle sue domande, e gli ci volle qualche momento perché la minaccia uscita dalle labbra di October facesse presa nella sua mente annebbiata. Immobile teneva la testa alta, porgendo la gola alla minaccia della bacchetta, e nonostante quello le labbra presero una piega divertita nell'udirsi rivolgere quel genere di inviti. Non era molto che lavorava ad Azkaban, ma era sicuramente abbastanza - ...uccidimi... - la invitò, alzando ancora di più il viso verso il soffitto del corridoio - ...Non mi farai mai niente di peggio di quello...di quello che mi farebbe Lui se ti aiutassi... - all'uomo scappò una risatina, che si spezzò ben presto in un attacco di tosse. Kostia era un padrone generoso con chi si atteneva alle sue regole, ma aveva già dimostrato quanto poco amasse gli errori. Non voleva nemmeno immaginare cosa sarebbe spettato ad un traditore - ...uccidimi se vuoi, ma non ti aiuterò - mormorò, fissandola negli occhi. Almeno sarebbe stata una cosa veloce.


    - Bloccate le uscite - ribadì Kostia. Non erano molte le strade che poteva aver preso, con i cancelli che si chiudevano man mano intorno a lei, e presto sarebbe stata bloccata da qualche parte. Bisognava solo capire dove. Esitò un attimo ad uno degli incroci, voltandosi prima a destra e poi a sinistra. Lì avrebbero dovuto esserci delle guardie.
    - Gli uomini che dovevano essere qui...da dove dovevano arrivare? - domandò ad uno degli uomini che lo seguiva. Questi esitò un attimo, prima di indicare verso destra. Kostia si voltò verso quella direzione, camminando con passo tranquillo verso il punto in cui sperava di trovarla. Avrebbe voluto correre, ma non sarebbe stato in grado di vedere degli attacchi o delle trappole, se lei avesse voluto colpirlo. October lo stava già sorprendendo fin troppo, quel giorno...
     
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    Non posso dire di non aver mai avuto paura di Kostia, in realtà ancora non riuscivo a capire se fosse una persona di cui era ragionevole averne oppure no. Quella risposta l'avevo immaginata soltanto come una tra le tante possibilità, ma non pensavo di trovarmi realmente davanti un'uomo che preferiva morire che essere punito. Lo fissai confusa per qualche secondo, cercando di riconoscere nelle sue parole la persona che con me, che ero una prigioniera, non aveva mai mostrato nessuna inclinazione che potesse farmi avere una reazione simile.
    Ci stavamo riferendo entrambi allo stesso "lui" davvero? Sapeva fare così paura?
    beh, doveva importamente poco in quel momento: non avrebbe parlato. E se non parlava era inutile. Anche se avrebbe dovuto farmi pena, anche se avrei dovuto capirlo...
    Silencio...
    avrebbe dovuto parlare, avrebbe dovuto aiutarmi.
    Avresti dovuto pensarci prima.
    di accettare questo lavoro. Di mettersi con gente del genere. Se tutti mi rispondevano così non potevo farcela ad uscire, e la disperazione si aggrappò alla crudeltà, all'indifferenza più profonda, a quel briciolo di rabbia distruttiva che era rimasta.
    Sectumsempra
    il braccio dell'uomo si aprì in due, aprendo velocemente una pozzanghera di sangue, mentre correvo via di nuovo, ignorando la scena, ignorando quello che avevo appena fatto. Non mi importava niente di loro. Qualcuno si sarebbe fermato a soccorrerlo, sarebbe stata comunque una persona di meno. Continuai a correre finchè non mi trovai il percorso sbarrato.
    Dannazione....dannazione...
    Non avrei voluto lanciare incantesimi alle pareti, avevo il timore che fossero incantate come quelle della Gringott, come mi aveva detto quello spezza incantesimi, ma non avevo altra scelta: se era bloccato qui prima o poi sarebbe stato bloccato anche qualcos'altro. E poi avrei fatto rumore...troppo rumore....mi allontanai di qualche passo, anche se non sapevo bene quale fosse la distanza di sicurezza migliore.
    Bombarda Maxima
    Mi riparai occhi e orecchie dall'incantesimo, inciampai e caddi a terra per l'onda d'urto e quando li riaprii non ci fu nemmeno il tempo di controllare se si era aperto un varco: era freddissimo. Un freddo diverso da quello con cui ero cresicuta: non era il freddo dell'esterno, del vento. Era un freddo interiore, spietato. Che si riconosce subito.
    Ricordo felice October, veloce, pensa a un ricordo felice.....avevo appena affettato il braccio ad un'uomo, cercavo di scappare da una prigione non avevo ricordi felici, avevo solo paura di non farcela....volevo andare via. Non mi avrebbero fermato dei dissennatori del cazzo!
    "andare a casa, uscire di qui" era quello il mio pensiero felice.
    Expecto Patronum!
    La mia volpe non sembrava minimamente risentire del mio impanicamento totale, era efficiente come lo sarebbe stata di solito. Ma quando il nero dei dissennatori sparì in fondo al corridoio c'erano i piedi nudi di Kostia e mi si gelò il sangue nelle vene. Quella guardia doveva avermi passato i suoi timori. Mi rialzai più velocemente che potevo, come se avessero sparso dell'acido sul pavimento.
    Perchè i patroni non potevo attaccare dannazione??? Un pensiero iniziava a farsi sempre più pesante: fine October, non ce l'hai fatta.
    Potevo solo combattere oppure scappare, e optai per la seconda, senza nemmeno prendere in considerazione la prima.
    Protego
    mi voltai sperando sinceramente che quel bombarda fosse servito a qualcosa e di non ritrovarmi bloccata di nuovo.
     
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    Azkaban era già stata distrutta una volta sotto gli incantesimi dei suoi assalitori, e Kostia aveva imparato molto da quello che era successo quando i suoi colleghi l'avevano praticamente demolita nell'assaltarla. Una prigione, specialmente una di quella fattura, doveva essere fatta per dividere nettamente ciò che si trovava dentro da quello che si trovava fuori, in modo che le due realtà non si mischiassero in nessuna maniera: se una volta qualcuno aveva creduto che l'isolamento fisico di quella fortezza sarebbe bastato, Kostia aveva invece optato per trasformare la prigione nel luogo più sicuro di tutto il mondo magico. L'incantesimo di October si infranse contro le pareti di pietra, riempiendo l'intero corridoio con il suono della sua esplosione ma nel momento in cui la polvere cadde, le pietre che avevano formato la parete si trovavano ancora al loro posto. Non aveva senso creare un labirinto se si poteva ovviare a quel problema semplicemente abbattendo i muri.
    L'Ucraino aveva trovato le guardi stese in terra appena oltre la curva del corridoio, compiaciuto suo malgrado da quello che stava vedendo. Il taglio sul braccio dell'unica guardia ancora cosciente era netto e pulito, e agli occhi esperti del mangiamorte apparve subito chiaro quale fosse l'incantesimo che l'aveva causato. Sectusempra. Magia Oscura. Fissò i propri occhi in quelli dell'uomo, cercando di capire cosa fare di lui - Portatelo in infermeria - decretò rialzandosi, apparentemente soddisfatto da quello che aveva visto. La prima vittima di October gli sarebbe stato sicuramente più utile da vivo, come testimonianza. Avrebbe potuto ucciderlo più avanti, con calma, se fosse stato necessario.
    Riprese a muoversi nella direzione da cui aveva sentito provenire l'esplosione, accelerando appena il passo. Il pavimento era gelido sotto i suoi piedi nudi, ma questo non sembrava turbare in nessuna maniera la sua avanzata: se era stato uno dei suoi ad attaccarla con un incanto del genere lo avrebbe scuoiato con le sue stesse mani. La voleva viva, e il braccio aperto della guardia gli aveva solo fatto capire che con lei non aveva ancora finito. Anzi.
    La ragazza lanciò un Protego nel vederlo arrivare, come se temesse davvero che lui potesse farle del male. Ridicolo - October, davvero. Preferirei che ti fermassi prima di fare male a qualcuno... - parlò, e la voce ingigantita dal Sonorus che si era gettato sulla gola la seguì lungo la sua via di fuga, rimbalzando di parete in parete verso di lei. E non era l'unica cosa che prese ad inseguirla. La bacchetta che Kostia aveva raccolto gli dava una sensazione strana fra le dita, ma minuto dopo minuto gli diventava sempre più famigliare, al punto che quando l'agitò verso il pavimento il Maledictus apparve molto più in fretta di quanto non avesse fatto il Patronus. L'Anaconda d'Ombra si snodò lunga e temibile dalla punta della bacchetta, fiondandosi all'inseguimento di October nella stessa sinuosa maniera in cui avrebbe agito un vero serpente: lunga diversi metri si sarebbe mosse veloce, fino a raggiungerla e a circondarla con il proprio corpo e l'effetto del proprio incantesimo. Gelo e tristezza. Come un dissennatore.
    Non esisteva luogo migliore in cui eseguire quell'incanto.
     
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    E come temevo.....l'unico effetto del mio incantesimo era stato quello di fare un rumore terrificante. Stavo correndo ma lo vedevo bene che era inutile, era un fondo cieco, la porta era ancora chiusa, non si era smossa con il bombarda, non si sarebbe smossa con i miei pugni e nemmeno con le imprecazioni. Prima che qualcuno si faccia male. Non mi chiesi nemmeno di chi parlava, se di me o degli altri, riuscivo a pensare solo che ero in trappola, e non mi capacitavo che fosse vero, non volevo accettarlo.
    Cambio di programma, girarsi e attaccare.
    Mi voltai in realtà solo per non dare le spalle all'avversario, ben lontana dal riuscire realmente ad attaccare: cosa diavolo era quella roba???? Neppure il tempo per chiedermelo e il serpente aveva iniziato ad avvolgersi attorno alle mie gambe, gelido, come un dissennatore.....sapevo cosa era ma non ricordavo cosa andava fatto.
    "Non uscirò mai più di qui, resterò qui da sola"
    Provai a spingerlo via con le mani ma era inutile, completamente inutile, riuscii solo a cadere.
    "Non interessa a nessuno se sono qua dentro, non interesserà mai a nessuno di me."
    Il panico e la tristezza iniziavano a mozzarmi il respiro, potevo solo coprirmi la testa, sperando che andasse via, che non riuscisse a farmi ricordare quelle cose
    "Dai October finiscila qui, un po' di coraggio e finisce tutto..."
    Era come concentrare tutto il soggiorno ad Azkaban in pochi secondi.
    "se quell'uomo muore è colpa mia."
    Basta per favore..
    L'immagine di Ivan al san mungo, quell'odore orribile, la morte di grethe, lo scontro nella foresta con i mangiamorte, l'ardemonio.
    Basta, basta...doveva finire e basta. Mi dovevo arrendere. Lasciai la bacchetta, la spinsi via. Mi arrendo, mi dispiace, non lo faccio più ma...
    Fallo smettere....
     
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    Il maledictus era uno degli incantesimi più d'impatto che Kostia avesse avuto modo di imparare, soprattutto da usare in un luogo che abbondava di cattivi sentimenti e paura come Azkaban. L'Ucraino non sarebbe mai stato abbastanza grato a Micheal di averglielo insegnato perché consentiva di guidare quelle sensazioni com'era impossibile fare con un dissennatore e, soprattutto, senza rischiare di ferire davvero la vittima prescelta. Quando raggiunse October, trovandola piegata sul pavimento, ebbe soltanto una nuova conferma dell'utilità di quell'incantesimo, capace di colpire senza ferire: un incanto che poteva educare molto più di qualsiasi tortura. Lasciò che l'anaconda agisse ancora per qualche secondo, strisciandole sulla pelle e scostandole il vestito, muovendo la bacchetta per interrompere l'incantesimo solo quando fu pienamente sicuro di che lei avrebbe ceduto senza attaccarlo di nuovo. Solo allora gettò in terra la bacchetta che aveva raccolto per andare a recuperare la sua. Molto meglio.
    Fissò la ragazza dall'alto, tentato di aggiungere altro dolore per far si che quella particolare lezione le restasse particolarmente impressa. Non lo seccava tanto che lei avesse tentato la fuga, quanto il fatto che per farlo avesse approfittato così spudoratamente di un suo momento di debolezza: se avesse dato retta a se stesso, in quel momento l'avrebbe cruciata lì dove di trovava, lasciandola poi alle guardie perché si divertissero con lei in una maniera che lui era troppo educato per apprezzare. October avrebbe avuto molti modi per ingraziarselo e invece aveva deciso di sputare sulla sua offerta di aiuto, e fu solo la consapevolezza che avrebbe gettato via mesi di lavoro ad impedirgli di compiere mosse avventate. Se escludeva la parte emotiva e la seccatura per l'errore che lui stesso aveva commesso il comportamento della ragazza avrebbe dovuto tranquillizzarlo sul suo stato di salute: c'era ancora molto su cui lavorare, con lei.
    - Avrei preferito non doverlo fare - e, considerando che non era nei suoi piani, diceva assolutamente la verità. Si piegò su di lei, avvolgendola con un braccio per aiutarla delicatamente a risollevarsi. Era quella la cosa peggiore che avrebbe potuto fare per lei, evitando di aizzarle contro la sua rabbia e senza darle un solo motivo per ribellarsi ancora. Talvolta la gentilezza era più destabilizzante della violenza - Vieni, torniamo in camera tua - le sussurrò ancora, avviandosi lungo il corridoio. Si, decisamente c'era ancora molto che si potesse fare con quella ragazza.
     
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