Posts written by Mr.Baggins

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    La franchezza di Jack era una dote da non sottovalutare. Per quanto ostico potesse essere avere a che fare con qualcuno che non aveva remore a tirar fuori tutto ciò che pensava, Merry non potette fare a meno di apprezzare quel comportamento. Era utile, soprattutto in quel contesto. La verità era l’unica cosa a cui aveva sempre ambito, e sapere di avere dinanzi qualcuno incapace di mentire o comunque non propenso a farlo, era rassicurante. Lo sarebbe stato nel corso del tempo.
    “Non so. Le sparizioni improvvise non sono mai ben accette. Nascondono verità a cui forse dovremmo prestare attenzione. Ma non è questo il motivo per cui ti ho chiesto di venire.” Diede la sua opinione circa la sparizione del professor White, una situazione assurda a cui non aveva saputo trovare spiegazione. In quei casi erano poche le soluzioni a cui arrivava, nessuna delle quali rassicuranti. Glissò tuttavia sull’argomento. Non lo aveva fatto arrivare fin lì per fare del gossip su persone di poco conto. C’era ben altro di cui discutere. “Tranquillo. Non ti avrei fatto venire fin qui per una ramanzina, nè oserei mai per il rispetto che nutro nei tuoi riguardi e per gli anni di onorevole carriera.” Gli disse nel tentativo di tranquillizzarlo, dopo aver esordito in una risata divertita. Sorseggiò il suo thè, prima di posare la tazza all’aria. Essa librò solitaria verso la scrivania prima di sparire. “Il motivo della mia domanda è un altro. Cosa ne penseresti di restare un altro anno tra le mura di Hogwarts?” Una domanda a cui rispondere non era poi così facile. Indugiò qualche secondo prendendosi qualche attimo prima di continuare. Non era facile esporsi a quel modo, ma doveva farlo. “La preside Rei ha deciso di allontanarsi dal mondo accademico e dopo tutti gli anni che ha dedicato alla scuola, non possiamo far altro che accettare sebbene con rammarico.” Una perdita che non potevano far altro che accettare. Tirarsi su le maniche e fare del loro meglio per riprendere le redini della scuola, era tutto ciò che potevano fare per tentare di risanare le ferite che quell’anno scolastico aveva scavato nel cuore di molti. “Rivestire il ruolo di preside è qualcosa a cui non ero preparato e credo di aver bisogno di qualcuno su cui fare affidamento. Una spalla.” Puntò il proprio sguardo in quello dell’altro, aspettando una sua reazione. “Per questo sei qui. Te la sentiresti di ricoprire il ruolo di vice?”



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    martin-freeman
    Aveva preso un impegno e tirarsi indietro non sarebbe stato da lui. Non lo avrebbe fatto in nessun caso. Dopo aver assistito in prima persona ai problemi che assillavano Hogwarts ed i suoi abitanti, reclinare l’offerta proposta sarebbe stata per lui impossibile. Non avrebbe lasciato il suo ruolo di vice-ministro, il senso del dovere glielo impediva, ma al contempo avrebbe accettato il ruolo di Preside della scuola di magia e stregoneria più famosa di tutto il mondo magico. Non era per prestigio che lo faceva, nè per pavoneggiarsi - con chi poi? - ma semplicemente per la voce nella sua testa che gli imponeva di non abbandonare gli studenti che avevano bisogno di qualcuno che potesse guidarli ed imparare a non perdersi. Era per quel motivo che aveva cercato un valido collaboratore per quel compito. Lo aveva invitato a raggiungerlo lì nel suo ufficio al ministero, senza dirgli molto riguardo il motivo di quell’incontro. “Auror McCormac.” Esordì quando lo invitò ad entrare nel suo ufficio. Si tirò in piedi per offrirgli la mano, prima di aggirare la scrivania e invitare con un cenno di bacchetta, la teiera ad avvicinarsi all’ospite. “Posso offrirle un thè? Biscotti?” Un’offerta che non poteva mai mancare da parte sua. Ne approfittò per riempirsi una tazza di thè fumante, prima di accomodarsi sulla poltrona di fianco a quella dell’auror. “La ringrazio per avermi raggiunto fin qui. Avevo urgenza di parlarle di alcuni inconvenienti che assillano il nostro mondo di recente.” Non perse tempo in chiacchiere. Cercò invece di arrivare velocemente al punto della questione. Certe dinamiche richiedevano celerità. “Oramai l’anno scolastico è quasi giunto al termine. Dopo l’improvvisa sparizione del suo collega, com’è stato procedere?” Gli chiese, cercando di tastare il terreno e capire quanto e se il lavoro a scuola l’avesse provato. “Si è ricreduto sul suo impegno a scuola?”


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    "Rispetto i tentativi del professore ma non credo, come lei mi conferma, siano stati utili." Una risposta netta e decisa. Apprezzava l'impegno del personale docente, ma per quel genere di problemi era necessario un personale qualificato e soprattutto qualcuno che conoscesse a fondo le dinamiche di quelle problematiche e soprattutto il motivo per cui atti del genere accadevano a ragazzi apparentemente comuni. Baggins aveva studiato a fondo quella problematica ed il motivo principale per cui aveva accettato il posto vacante all'interno della scuola era quello. Era ben cosciente del fatto che i turbamenti accaduti nella stanza del tempo avessero una qualche correlazione con fenomeni di magia accidentale ed era conscio di dover badare a quei ragazzi e alle loro abilità se avesse voluto scoprire qualcosa in più su come dare ordine a quel mondo che sembrava impazzire. "Immagini il nostro mondo così, come una bilancia che si tiene in equilibrio tra lo zero assoluto ed un infinito eccesso." Cominciò, portando un esempio che sperava potesse aiutare la ragazza a comprendere. "Ci sono stati avvenimenti negli ultimi dieci anni che hanno portato questi due piatti a traballare." Mimò con le mani l'equilibrio tra i piatti di quell'ipotetica bilancia di cui le narrava. Il mondo era sempre stato in equilibrio tra la pace ed il caos. Era la tensione a tenerlo vivo. "In particolare negli ultimi tre, mantenere l'equilibrio nel nostro mondo è risultato essere difficile. A volte apparentemente impossibile." Annuì mestamente, lasciando intuire quanto difficoltoso fosse stato cercare di mantenere la stasi richiesta. Non la pace eterna, ma la serenità di una vita che con il suo piccolo disordinato caos potesse andare avanti. "Questo ha condotto a degli squilibri certo, ma anche alla nascita di doti particolari in soggetti più propensi di altri a cogliere i più piccoli movimenti di questi due piatti." La Lloyd apparteneva senz'altro a quella categoria. L'aveva studiata a fondo prima di arrivare a quella considerazione. "Io immagino lei abbia una straordinaria propensione ad adattarsi all'equilibrio di questo mondo e a seguirne le correnti. Questo l'ha condotta ad avere una capacità innata ed un'affinità particolare verso uno dei quattro elementi. Il fuoco. Alcuni la chiamano magia accidentale, e lo è. E non glielo nega fin quando manterrà questa sua caratteristica." Sperava di non turbarla. Solitamente non era così facile parlare ai ragazzi, soprattutto se già colmi di disagi e traumi. Il suo obiettivo però era solo quello di aiutarla. Tenderle la mano. "Ecco perchè voglio aiutarla. Voglio proteggerla. Rendere la sua magia non più accidentale ma governabile da se stessa."

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    "Questo non fatico ad immaginarlo, signorina Cavanaugh." Commentò sorridendo. Erapiù che convinto non fosse facile sedare un animo irrequieto come la grifondoro, nè comunque si sarebbe sognato di farlo. Credeva nella libera espressione di ognuno, nel rispetto chiaramente del prossimo. Fintanto che la ragazza non dava fuoco ad ale intere del castello, le si poteva perdonare qualcosa. O circa. "Ovunque si faccia un buon tè, è il mio posto preferito." Le confidò in risposta alla sua rivelazione di poco prima. Sorrise poi quando la ragazza gli pose la domanda circa la sua discendenza. Presupponeva una buona conoscenza, cosa che Baggins ammirava ma anche una fervida immaginazione.
    "Forse. Può indagare personalmente se la notizia accende la sua curiosità." Le commisionò allora quella ricerca, sperando di tenerla impegnata così in qualcosa di meno complicato e decisamente meno esplosivo.
    "Così come adesso." Annuì al suo quesito. Sebbene fossero passati anni da quando era lui a vestire i panni di uno studente, le cose non erano poi così diverse. Drammi e litigi erano sempre stati all'ordine del giorno, forse solo per motivi diversi. "Con pazienza e dialogo." Aggiunse poco dopo, piegando il capo mentre ripensava a quei momenti ed elaborava quel che aveva da dirle. "E se proprio non funzionava, allora si passava ad una gara di velocità con la scopa ad esempio, o una sfida a scacchi magici." Tutto era finalizzato ad una sfida, alla dimostrazione dell'essere il più forte. Questo richiamava a sè l'attenzione dei compagni, di una compagnia che poteva allontanare il costante senso di solitudine. Perchè era quello il problema, lo era sempre stato in ogni epoca. "So che i tormenti che vive adesso le sembreranno irrisolvibili, ma le posso assicurare che nessuno tra queste mura è realmente cattivo." Le spiegò quindi ammorbidendo la propria espressione mentre la guardava. "Hanno solo bisogno di sentirsi meno soli."

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    “Oh beh, mi faccia strada allora.”Acconsentì alla sua proposta, seguendolo lungo i corridoi per controllare la zona del castello di cui parlava. Annuì alle sue parole, perdendosi per un attimo a fissare il luogo in cui erano. Hogwarts era davvero il posto migliore in cui chiunque potesse sperare di mettere piede. Ciò che quella scuola era in grado di donare, andava oltre la comprensione umana. Era magia unica e pura. Fu la sua domanda ad interromperlo. Lo guardò senza riuscire a nascondere il suo stupore, inarcando un sopracciglio mentre lo seguiva. “Dove ne ha sentito parlare di preciso?” Gli chiese, puntando poi lo sguardo dinanzi a sé. Quella domanda non veniva mai fatta a casa, ne era cosciente. Se il McCormac chiedeva delucidazioni in merito, era perchè da qualche parte ne aveva sentito parlare e questo non era affatto una buona cosa. “Sono maghi che lavorano al ministero presso l'Ufficio Misteri. Spiegò sommariamente, posizionando le braccia dietro la schiena mentre camminava tra i corridoi. “Lo so. E' una definizione che non definisce un bel niente.” Piegò il capo esordendo in un sorrisino che rivolse al grifondoro, prima di tornare a guardare avanti a sé. “Il mondo sarebbe un bel po' scontato se fosse soltanto nel modo in cui lo vediamo, non crede?” Gli chiese con fare quasi retorico. Erano molte le cose che maghi e babbani non conoscevano, agli indicibili spettava il compito di assistere e regolare cose ed eventi che avrebbero potuto incidere pesantemente ed in modo negativo sulla vita di tutti. Salvavano quotidianamente il mondo da minacce invisibili, e nessuno avrebbe mai dato loro meriti per questo. “Gli indicibili si occupano di tutto ciò che solitamente ignoriamo. L'amore, il tempo, la morte.” Aggiunse poco dopo. “Quello che fanno esattamente, nessuno lo sa. E per il bene di ognuno, nessuno dovrebbe saperlo.” Concluse, fermandosi poi per indirizzare il proprio sguardo in quello dell'altro.
    “La sua domanda non è casuale.”

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    “Ma accade in particolari momenti, giusto?” Le chiese, cercando di indagare sulle emozioni alla base dei suoi picchi e al contempo agendo in modo da farle capire che lui sapeva e che non la giudicava. Il problema maggiore tra i ragazzi vittima di quegli attacchi, era il disagio. La consapevolezza inaccettabile di essere i soli e sbagliati. Non erano né soli, né sbagliati. Avevano solo un modo differente di esprimersi, di rilasciare il loro potere. Avrebbero soltanto dovuto lavorare un po' di più per vivere all'interno di una società che avrebbe sempre ricercato nel diverso, il capro espiatorio ad ogni proprio male. “Ad esempio quando prova sentimenti troppo forti.” Aggiunse poco dopo, scrutando a fondo la serpeverde.
    Sospirò mettendo la schiena dritta, prendendosi qualche attimo prima di continuare. Era mesi che recitava lo stesso copione. Vedere gli studenti con quelle problematiche aumentare anziché diminuire, rendeva il problema un'emergenza a livello nazionale. “Io posso solo immaginare come possa sentirsi a riguardo. Non avere controllo, fa paura.” Cominciò, annuendo piano. Si tirò in piedi, allontanandosi e sparendo per qualche attimo dietro alcuni scaffali. Trafficò con oggetti vari mentre era lì dietro, provocando un gran frastuono. “Però non è sola. Ci sono altri ragazzi come lei, proprio in questa scuola.” Disse una volta riapparso con in mano un vaso con del terriccio. Non un fiore o una piantina. Solo un vaso. Tornò a sedersi, poggiando quel vaso dinanzi alla ragazza, come se le stesse offrendo un dono. “E così come con loro, io vorrei offrirle il mio aiuto. Darle la possibilità di imparare a controllare questi eccessi. Esserne padrona e non più vittima.”


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    “Crede voglia drogarla?” Rise, divertito all'idea. Non si sarebbe mai sognato di agire in tal modo nei riguardi di una studentessa, a sua insaputa. Sarebbe stato immorale e forse anche illegale. Tuttavia, constatando quanto irrequieta e suscettibile al riscaldamento fosse l'animo della Cavanugh, farle dono di un po' di pozione della pace, pensò non le avrebbe fatto poi così male. “Le prometto signorina Cavanaugh, che il suo coniglio potrà vivere una vita serena all'interno del castello.” Annuì con aria solenne. Per quanto assurda potesse sembrare tutta quella storia agli occhi degli adulti, era perfettamente cosciente dell'importanza di un simile cruccio. La Cavanaugh aveva la responsabilità della vita del coniglio sulle sue spalle, ed era chiaro facesse il possibile per salvaguardarla. La sua dedizione era ammirabile. Pochi ragazzi mostravano così tanta responsabilità verso il prossimo alla sua età.
    “Il signor Evans non torcerà un pelo al suo animale, soprattutto dopo le raccomandazioni del professor White. E d'altro canto, mi assicurerò personalmente che ogni animale in questa scuola, possa vivere la sua vita con serenità.” Aggiunse poco dopo, cercando di rassicurarla al meglio delle sue capacità. Non sarebbe stato così facile. “E' finita. Può stare tranquilla. Ora comincia il momento più difficile, quello della convivenza. Crede di poter essere in grado di riuscirci?” La guardò, aspettando un suo responso. Avrebbe ovviamente tenuto d'occhio i due ragazzi, ma accettare l'idea di non essere più in pericolo e quindi abbassare l'ascia di guerra, era un passo che aspettava alla grifondoro fare. Sarebbe stata pronta a quel passo in avanti? Le concesse qualche attimo, estraendo dal cassetto della scrivania intanto un sacchetto di mielandia. “Voglio farle un regalo, ma non deve dirlo a nessuno.” Glielo porse, avvicinando il busto alla scrivania e portando il dito alle labbra, come se le stesse consegnando qualcosa di estremamente prezioso e segreto. “Sono caramelle mou ripiene di pozione della pace. Quando si sentirà agitata, le consiglio di mangiarne una e chissà, magari può persino offrirne una al signor Evans. Aiuterà entrambi a distendere i nervi e a vedere la situazione con un occhio differente.” Ovviamente, nulla di tutto quello era vero. Sperava però l'effetto placebo potesse placarla e chissà che una caramella, data come segno di pace, non avrebbe sedato gli animi tra i due.

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    “No. Assolutamente. Non solo almeno.” Cercò di tranquillizzare la ragazza che sembrava essere piuttosto suscettibile sull'argomento. Non che non ne avesse le ragioni. Doveva essere terribile vivere un trauma simile alla sua età. L'adolescenza era già di per sé un periodo travagliato dell'esistenza umana, aggiungere un lutto di simile portata, complicava di gran lunga ogni cosa.
    Si concesse un attimo per capire come agire. Ogni cosa detta a quel punto sarebbe potuta essere potenzialmente quella sbagliata. Sentiva fosse più facile giocare una partita agli scacchi dei maghi piuttosto che dialogare con una studentessa così provata. Sperò di essere capace di mostrarle una sensibilità adeguata a quel contesto. “Lei ha ragione. Ha bisogno di trovare da sé, il modo per guarire da questa ferita.” Annuì, guardandola. Evitò di sfiorarla, ma se avesse potuto le avrebbe fatto dono di una pacca consolatoria sulla spalla.
    Non fu stupito di sentire che gli eventi di cui era vittima, erano incontrollabili. Era una condizione comune. “Lo immagino.” Entrare in azione gli permetteva non solo di evitare che il mondo esterno patisse per eventi così estremi, ma soprattutto che la sua magia incontrollabile la consumasse. Non era insolito infatti che ragazzi con abilità simili, soccombessero alla potenza che non erano in grado di contenere. Gli Obscurus erano l'esempio più lampante. “Ci hanno provato? Posso chiederle come?” Piegò il capo, impegnandosi ad ascoltarla.
    “Lo sa, lei non è la sola a vivere una situazione simile e non c'è nulla di sbagliato in capacità come le vostre. Le sue.” Provò a spiegarle, cercando di chiarire la sua visione dei fatti. Non voleva cambiarla, né in definitiva esisteva un modo eterno per curare la sua condizione, che avrebbe significato ovviamente reprimerla. Quel che voleva, era insegnarle la moderazione. Soppesare le sue abilità. “Io non voglio aggiustarla. Vorrei però proporle di lavorare insieme per definire al meglio le sue qualità. Per poterle poi gestire. Non cambiare.” Annuì, sorridendole appena, sperando di poter far breccia nella mente della grifondoro e soprattutto di poter ottenere la sua fiducia. “Se la natura le ha dato questo dono, chi siamo noi uomini per distruggerlo? Non crede?”



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    Prima di mettersi a letto indossando la sua camicia da notte, usava spesso addentrarsi tra i corridoi del castello al fine di accertarsi che tutto fosse tranquillo. I tempi che vivevano erano stabili e sereni e nessuna anomalia aveva spinto il Baggins a pensare al peggio, ma aveva abbastanza esperienza alle spalle da capire che non fosse saggio abbassare la guardia. Presto o tardi, il peggio sarebbe tornato ad abbattersi sulle loro teste ignare, ed essere attenti era il minimo che potessero fare per proteggersi. Fu durante la sua inaspettata ronda che si ritrovò illuminato dalla luce di una bacchetta, faccia a faccia con un ragazzo di grifondoro. Riconobbe subito i tratti del caposcuola, nonostante la fioca luce. Lo guardò per un attimo confuso per il modo irruento con cui gli si rivolse, sorridendo poi poco dopo. “Oh buonasera a lei signor McCormac.” Replicò a quella entrata di scena, scuotendo poi il capo divertito dalla sua affermazione. “Uno studente? Io? Sta forse provando a lusingarmi?” Che fosse vero o meno, poco importava. Non era lì per rimbeccare nessuno, né tanto meno per punire un ragazzo troppo precipitoso nel voler essere ligio al dovere.
    “Non è un male. Ognuno ha un proprio ruolo in questo mondo.” Accolse la sua spiegazione circa il poltergeist. Esseri fastidiosi, conveniva con il ragazzo, ma a volte, in modo del tutto inaspettato, estremamente utili.
    Indicò con un dito la sua divisa nel punto in cui avrebbe dovuto esserci la spilla indicante il suo ruolo. “Dovrebbe indossare la sua spilla.” Indossarla avrebbe evitato inutili disguidi. Baggins ricordava alla perfezione gran parte dei volti degli studenti in quella scuola, essendosi impegnato a riconoscerli, ma non poteva essere lo stesso per gli altri. “Via via, per questa notte la sua ronda termina qui. La riaccompagno verso la sua sala comune, le va?” Poggiò una mano sulla sua spalla, invitandolo a proseguire. “A meno che non abbia qualcosa da fare in giro.”


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    “Signorina Cavanaugh.” Tutti avevano imparato quel nome all'interno della scuola. Lui di sicuro lo aveva fatto. Una grifondoro tutta piperina la Cavanaugh, che aveva di sovente dato grattacapi, molti dei quali passati in sordina, o quasi. Il motivo che l'aveva condotta nell'ufficio del vicepreside però era ben diverso dalla solita ramanzina post pasticcio. Anzi, a ricevere una ramanzina quel giorno fu proprio lui, e dalla Cavanaugh in persona che, una volta messo piede all'interno del suo ufficio, non perse tempo a riversargli addosso senza premure, un turbinio di parole infuocate. La prima reazione dell'uomo, fu spingere una tazza fumante di una bevanda rilassante contro l'altra.
    “Tisana?” Ne aveva decisamente bisogno. “Vorrei prendesse un bel respiro adesso, così da affrontare la situazione con più lucidità.” Si grattò un sopracciglio, prendendosi un attimo per riflettere sulla mole di informazioni ricevute. Avere a che fare con i ragazzi non era per niente facile. Assolutamente. “Innanzitutto, ha la mia comprensione. È del tutto plausibile la sua preoccupazione per il suo amico saltellante. E la sua dedizione verso la natura, è ammirevole.” Provò quindi a rassicurarla quanto meno, a mostrarle il suo appoggio. Gli sembrava aver capito la studentessa fosse poco ben disposta nei riguardi di uno studente e soprattutto di un professore ed il minimo che Baggins potesse fare, era provare a rassicurarla. Farle ritrovare un po' della fiducia persa. “E' però certa di quel che sta dicendo? Perchè la sua è un'accusa molto grave. Ed il professor White, le assicuro, sa usare la giusta severità anche con gli studenti della sua casata.” Voleva però fosse del tutto certa di quelle accuse perchè pesanti. Non perse tempo comunque. Afferrato un foglio di pergamena, appunto con la sua piuma imbevuta di inchiostro, parole dirette al professore citato, chiedendo a lui delucidazioni in merito alla punizione spettata allo studente di serpeverde implicato nel pri pro quo con la Cavanaugh. “Al professor Dylan White, prego.” Consegnò la propria missiva alla civetta appolaiata sul mestolo, prima di tornare alla ragazza a cui sorrise. “Ho scritto una lettera al professore di Difesa, chiedendo a lui delucidazioni. Aspetteremo la sua risposta. Le assicuro che in questa scuola, la giustizia è sempre seguita.” Annuì, sperando potesse in qualche modo rassicurarsi. Presto avrebbe avuto la risposta di cui necessitava. “Vuole intanto spiegarmi i motivi reali del vostro litigio?”



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    Appuntò un nuovo nome sulla sua agenda che si apprestò poi a nascondere con un tocco di bacchetta. Una lista che andava man mano allungandosi e a cui invece avrebbe volentieri posto la parola fine. Erano tanti, troppi, i ragazzi che continuavano a mostrare squilibri nella capacità di contenere i propri poteri. Questo finiva con l'influire sul loro equilibrio e quello del mondo magico. Baggins provava a ricercarli per porre rimedio ai loro dissidi prima che potesse essere tardi. L'idea però di non poter essere capace di aiutarli tutti, a volte lo incupiva. Quel giorno sarebbe spettata ad una grifondoro raggiungerla all'interno del suo ufficio. Aveva provveduto ad inviarle un richiamo, un atto che, era ben conscio, avrebbe suscitato ansia che avrebbe provato a dissipare. “Buonasera signorina Lloyd.” Accolse la sua ospite, rivolgendo alla grifondoro un sorriso. La invitò ad accomodarsi. Dinanzi a lei, sulla scrivania, era già posta una tazza di una profumata e calda tisana ed un piattino ricolmo di squisiti cioccolatini.
    “Sono davvero desolato di averla fatta disturbare a quest'ora.” Provò a scusarsi e ad instaurare fin da subito un rapporto pacato. Non voleva certo si sentisse messa sotto accusa. Lei era lì perchè Meriadoc avrebbe voluto aiutarla, null'altro. Corrugò la fronte alle sue parole, confuso. Forse in definitiva lo era anche lei. “Tutti gli alberi sono importanti se ci tiene a respirare. Io ci tengo particolarmente almeno. Lei?” Le chiese turbato, salvo poi scuotere il capo scherzoso. Il suo umorismo era poco comprensibile, se ne rendeva conto.
    Si concesse un sorso della propria tisana, lasciando che il silenzio calasse tra loro. Soltanto quando si fu riscaldato, e calmato, tornò a guardare la propria interlocutrice. Il suo sguardo a quel punto si fece serio. Forse anche un po' cupo. “Volevo porle le mie condoglianze. So che ha perso una persona cara di recente.” Dire parole simili, non era mai semplice. Ogni forma sembrava essere quella sbagliata. Immaginava lo fosse anche la propria. Sperava però potesse arrivare realmente il suo dispiacere. Perdere una madre quando si era così giovane, doveva essere tremendo.
    “La scuola è qui ad assisterla. Sempre. Potrà fare affidamento su chiunque all'interno di queste mura qualora sentisse la necessità di affidarsi a qualcuno per qualsivoglia problema.” Era chiaro sarebbe stato così. E lui in definitiva era lì per quello. Era il motivo per cui l'aveva richiamata. “Ritiene di averne di recente?” Aggiunse poco dopo, piegando il capo di lato. “Insomma, quanto frequentemente accadono quegli incidenti come con l'albero?”


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    Osservò attentamente la reazione della ragazza. Non sarebbe stato facile avere subito un riscontro dal ministero francese, Baggins ne era consapevole, eppure gli bastò uno sguardo per capire che l'auror che aveva dinanzi, avrebbe fatto di tutto per far sì che quel caso, diventasse anche il loro. La scintilla nello sguardo della donna, quel fuoco che divampava nella sua anima, era la stessa che anni prima – ed in definitiva anche adesso seppur in maniera più pacata – aveva scosso la sua vita. Era stato grazie al calore e alla tenacia del voler raggiungere l'obiettivo di essere indicibile che effettivamente lo era diventato e poi col tempo viceministro. Allo stesso modo la ragazza avrebbe fatto sì di portare a casa un risultato, Meriadoc ne era certo.
    “E' quello che spero. In momenti come questi, solo tendere la mano può salvarci.” Le confidò, rivolgendole un appena accennato sorriso. Baggins non era una sprovveduto, sebbene potesse sembrarlo per la sua apparente calma. Era ben conscio di quanto difficile potessero essere i rapporti, soprattutto quelli tra stati, mossi da ragioni che esulavano da meri sentimenti di giustizia e reciprocità. In situazioni simili però, dove il bene comune veniva compromesso, ogni divergenza finiva con l'essere appianata. Sperava potesse essere anche quello il caso.
    “Mi affido alla sua discrezione.” Annuì alla volta della ragazza, sollevato all'idea di avere dinanzi personale coscienzioso e non solo dedito al lavoro. Era quella l'impressione avuta. La ragazza non voleva soltanto aggiungere una spilla da fissare sul suo petto. Non era solo l'ambizione che ricercava, ma persone desiderose di conoscere la verità. Il suo sesto senso gli diceva di averla trovata. “Anche subito.” Le disse poco dopo, rilasciandole del tutto i documenti e tornando poi alla sua tazza lasciata poco prima. Si godette un sorso, soppesando la donna per un secondo. “Si prenda qualche giorno per ambientarsi. Sarà ricontattata quando le troverò un partner da affiancarle.” Avrebbe cercato qualcuno in grado di aiutarla ad inserire, o comunque qualcuno che avrebbe considerato per lei essere un buon partner. “E per qualunque cosa, la prego di non esitare a scrivermi.”


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    “Oh, è una strana invenzione babbana. Un edificio in cui è possibile osservare immagini in movimento.” Rispose al quesito del ragazzo con pazienza. Ammetteva le sue lacune in babbanologia ma anche la sua profonda ammirazione verso un genere che era riuscito ad inventare grandi cose pur senza l'ausilio di magia. Tornò ad osservare il diorama, facendo scivolare poi il suo sguardo sul ragazzo. “Esattamente, Dubois.” Annuì mentre con un colpo di bacchetta faceva comparire una tazza di thè fumante tra le sue mani che prese a sorseggiare come se fosse normale. Per lui lo era. Si prese qualche attimo, prima di volgersi all'altro.
    “Fu un periodo particolarmente buio della popolazione magica e non. E, come in ogni guerra dichiarata o meno, furono gli innocenti a pagarne le conseguenze. I babbani.” Annunciò con tono mesto. Era una parentesi della loro storia che narrava sempre con rammarico. Un monito a cui fare sempre riferimento per evitare simili scempi nel futuro.
    “Tuttavia anche molti bambini maghi persero la vita durante quel periodo perchè incapaci di proteggersi dalle fiamme a cui venivano costretti dopo essere stati rapiti. Una tragedia immane se ci pensa che condusse a conseguenze sanguinose.” Le rappresaglie che ne seguirono furono crudeli ed indicibili, scatenando un circolo inestinguibile di violenze che condusse ad una vera e propria guerra. “Fu per questo motivo che le famiglie di maghi cominciarono a prediligere posti remoti e ben nascosti in cui vivere. E questo, può immaginare a cosa condusse. Ancora oggi, dopotutto la nostra realtà resta celata ai babbani.” Annuì, guardandolo infine. “Sa dirmi qualcosa dello statuto internazionale di segretezza? Se non sa rispondere, non si preoccupi. Siamo qui per imparare.”

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    Prendeva seriamente il suo ruolo all'interno della scuola. Per quel motivo quando la preside gli aveva chiesto di accettare quelle mansioni mentre lei si occupava di cose troppo burocratiche in cui Baggins preferiva non metter mano, si era entusiasmato. Lo aveva fatto non solo perchè così avrebbe potuto rispolverare alcune vecchie nozioni che era sempre bene tenere a mente, ma anche perchè interagire con i ragazzi rendeva la sua mente attiva ed il suo ruolo all'interno di quelle mura, più utile. Un forte trambusto come di una grossa pila di oggetti che cadevano arrivò in risposta alle parole del serpeverde fuori dalla porta che restò chiusa. “La prego di aspettare un attimo.” Urlò il vicepreside, chiaramente indaffarato a fare chissà cosa. Un nuovo frastuono, riecheggiò nella sua stanza, seguito da un'imprecazione troppo delicata per poter essere definita realmente tale. “Solo un altro attimo Dubois.” Soltanto un paio di minuti dopo, la porta si aprì finalmente. Sistemò la giacca ed i capelli in disordine, invitando il Dubois a fare finalmente il suo ingresso in quell'ufficio. “Benvenuto.” Lo accolse con un sorriso, invitandolo a seguirlo con un grosso sorriso. Se avesse avuto sembianze canine, non sarebbe stato così impossibile vederlo saltellare. “Le piace?” Indicò infine il grosso, quasi immenso, modellino in movimento che occupava gran parte della stanza. Aveva faticato per rifinire gli ultimi dettagli dopo aver commissionato quel gioiellino ad un amico di vecchia data. Attese una sua risposta prima di proseguire. “Si chiama diorama. È incantato. Le darà modo di osservare gli eventi. Sarà come essere al cinematografo.” Mostrò quella che riteneva essere un'ampia conoscenza del mondo babbano. Conoscenza attempata di sicuro. “Per voi giovani è importante stimolare la mente e gli occhi, quindi sono certo questo potrà aiutarlo.” Gli palesò la propria idea, osservando il modellino con un grosso sorriso divertito. “Guardi il diorama.” Invitò anche il serpeverde a fare lo stesso mentre Baggins puntava il dito verso una piazza da cui si innalzava un fumo. Lì, su di un rogo, vi era un pupazzetto dalle sembianze di donna legato ad un palo. Ai suoi piedi della paglia stava cominciando ad ardere. Intorno a lei una folla di omini, alzavano al cielo bastoncini dalle sembianze di tridenti o falci. “Che cosa le evocano le immagini? Secondo lei, cosa sta accadendo?”

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    Corrugò la fronte dinanzi alle sue risposte. “Cosa?” Si mostrò sorpreso, confuso, quasi non avesse capito ciò che stava dicendo. Scosse poi il capo, con un sorriso rassicurante sul volte ed anche una breve risata. “No, no, no. Ma cosa va a pensare.” Non c'era niente per cui essere divertiti. Un'ala del castello era praticamente saltata in aria a causa di un inspiegabile incidente, ma Merry non era solito far pesare sugli altri azioni di cui non avevano il controllo. Quel che era successo, non era una mancanza di disciplina, né un atto vandalico propriamente detto: era una richiesta d'aiuto. Voltare il capo dall'altra parte, non sarebbe servito a nulla. “Certo il suo intervento ha creato un bel danno in guferia ma niente che un po' di olio di gomito non possa porre rimedio.” Le spiegò ora più serio, cercando quasi di minimizzare il danno. La magia per fortuna era dalla loro parte e non sarebbe stato così oneroso riparare il tutto. Un paio di giorni e la guferia sarebbe tornata come prima. “Immagino lei sarà più che ben disposta a dare una mano con le pulizie, no?” Aggiunse poco dopo, guardandola di sottecchi. Era giusto, comunque, desse una mano a ripulire per il trambusto combinato. Tenere impegnata mente e corpo, non avrebbe potuto che farle bene.
    Si prese qualche attimo, assaporando uno di quei biscotti al burro che gli piacevano tanto. Si perse un attimo nel loro gusto, prima di tornare a parlare. Si ripulì la bocca dalle briciole con un fazzoletto di stoffa, prima di poggiare le braccia sulla scrivania e sporgersi appena in avanti, quasi fosse pronto a raccontarle un segreto. “Il motivo per cui l'ho richiamata è un altro.” Si spinse ancor più in avanti, puntando il proprio sguardo in quello della studentessa. “Le va di parlarmi di questi suoi... momenti?”

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