Posts written by Castiel.

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    "Non è una risposta. "Mi è stato insegnato che me lo meritavo"? Non ti rendi conto da sola di quanto sia assurdo? Perché sei così carica di rabbia se non lo trovassi già ingiusto? Ti sei meritata tanto dolore solo perché sei nata? Sarebbe quello il motivo? "Mi è stato detto", "Mi è stato insegnato"...io ho chiesto cosa ne pensi tu, non cosa ti è stato detto."
    Anche Castiel era cresciuto in una famiglia cattolica, ma nessuno gli aveva mai recato del male, la sua famiglia lo aveva amato, lui per anni aveva servito il Signore nel modo giusto, era un ragazzo come chiunque altro che credeva in Dio e nella sua parola...eppure...eppure perché gli era stato portato tutto via? C'era un vero motivo? No. Per cui era più che lecita la sua furia.
    Nessuno gli avrebbe ridato Gabriel, nessuno gli avrebbe restituito l'amore che Helena era in grado di trasmettergli.
    "Mh...il senso di colpa."
    Quello c'era. Se si fermava il giusto tempo per scendere nella profondità nella sua anima poteva scorgere una briciola di umanità, quell'umanità che se avesse preso improvvisamente il sopravvento lo avrebbe condannato a morte certa prima del tempo, prima di aver compiuto ciò che andava fatto.
    Perché era quello il punto, aveva accumulato così tanto dolore e senso di colpa che l'unica alternativa era il suicidio, ma come poteva realmente Castiel Westwood suicidarsi? Non era contemplato.
    "Ho controllo su di lui. Non ha le forze per contrastarmi..."
    Non stava esattamente parlando del senso di colpa, era come se, guardando al di la delle spalle di Cassandra, stesse osservano se stesso, quel se stesso che nonostante la perdita di ogni amore credeva ancora nel buono di questo mondo. Stupido illuso, sapeva che solo inducendo il suicidio avrebbe potuto fermare questa follia.
    Debole, non ne aveva affatto le forze e nessuno era in grado di raggiungerlo...anche se il rischio in passato c'era stato.
    Un punto debole che nessuno conosceva, non più...
    Tornò di scatto a guardare la ragazza, prendendo di nuovo la parola.
    "Se scegli di subire e basta, prima o poi non avrei alcun controllo, perché la mente umana cede al bisogno di rivalsa. Capiterà che perderai ogni freno nel momento peggiore di tutti."
    Lei si poneva troppe domande...ma d'altronde come poteva biasimarla? Lui stesso aveva dovuto patire anni di prigionia in quell'ospedale psichiatrico facendosi quasi gli stessi quesiti. Lui non aveva avuto scelta però, non era stato per niente semplice fuggire, così il tempo si era dilatato e la sua mente aveva divagato in ogni possibile riflessione inducendolo a una follia impossibile da monitorare.
    "Io non ho mai detto che quello che faccio non mi abbia reso un mostro. Certo che lo sono...certo che lo sei. Oh...si lo so, sono pazzo...me lo dicono tutti. Ciò che faccio è folle... il caos che smuovo lo è, ma mai...MAI...ho dichiarato di non essere un mostro. Sono un assassino, un torturatore. E' ovvio che non sono una brava persona...cosa credevi che ti dicessi? O si subisce il dolore o lo si provoca. O si combatte per la propria rivalsa o ci si lascia sconfiggere dalla Sua sudditanza. Ciò che devi decidere tu è questo."


    Edited by Castiel. - 16/8/2022, 15:25
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    Tutti riuscivano ad avere qualcosa, nessun essere umano nasceva con l'assoluto niente. Pure nelle situazioni più tragiche un individuo poteva reclamare di avere qualcosa, ma quando quel qualcosa veniva strappato via senza alcune ragione o colpa come era giusto reagire? Accettare l'inevitabile e andare avanti sperando di riottenere di nuovo qualcosa? Sopportare il dolore e costruire qualcosa di nuovo?
    No, per Castiel la perdita di ciò che aveva di più chiaro senza avere nessuna colpa lo aveva portato inevitabilmente a reagire nel modo peggiore possibile in assoluto. Non avrebbe mai accettato a testa bassa un torto simile.
    Cosa aveva fatto per perdere sua moglie e suo figlio? NULLA.
    Non era stata una punizione meritata, non aveva subito un castigo dettato da come aveva scelto di condurre la sua vita fino a quel momento, lui era stato un uomo devoto e buono...eppure, Dio aveva voluto così e allora lui aveva reagito di conseguenza rendendosi ora meritevole delle peggiori punizioni.
    Lui ora era il mostro che andava ucciso, l'uomo che andava punito. Adesso si che si meritava il dolore che provava, ora aveva un cazzo di senso.
    "E come stai scegliendo di reagire a questo? Ti è stato strappato via per colpa tua? Tu hai fatto effettivamente qualcosa per meritare questo dolore? Quante volte hai potuto osservare situazioni in cui una persona soffre e gli viene ingiustamente strappato qualcosa solo perchè "doveva succedere e basta"? Non è qualcosa di tremendo?"
    Lui ora contribuiva a tutto questo, lui aveva ucciso e fatto soffrire persone innocenti, ne era assolutamente consapevole, ma Castiel era il prodotto di un'ingiustizia divina, un male che era stato generato per via di un'insofferenza ingiustificata, talmente tanto senza senso da farlo impazzire.
    "Penso che ogni essere vivente, divino o meno, possa provare pentimento. Il pentimento lo si prova quando non si ottiene quello che si sperava di ottenere, indipendentemente dal come. Se una persona ottiene gioia, soddisfazione o compiacimento uccidendo qualcuno sicuramente il pentimento non ci sarà. Se uccidendo invece non si ottiene nulla, puff ecco il pentimento e solo perché si è fallito non per via di qualche ridicola ragione morale."
    Fece una smorfia Castiel, ben consapevole dell'animo umano, dell'egoismo dell'essere umano di fronte alle proprie azioni, di come ogni scelta era condita da cosa si poteva ottenere emotivamente.
    Era strano comunque che si interessasse tanto a conversare con lei, ma erano rare le persone che andavano oltre la sua apparente follia, spesso nessuno cercava di capire cosa lo muovesse, lui era solo pazzo, distrutto dal dolore era solo impazzito.
    Invece c'era di più e questa ragazza stava indagando, nettare per l'ego di Westwood.
    Infatti le domande continuavano, domande che servivano a se stessa per l'appunto, ma domande più che lecite. Non così immediate le risposte tra l'altro.
    Si concesse del tempo, cercando di capire come avrebbe potuto risponderle. La libertà era un concetto troppo soggettivo, non si sentiva esattamente libero, ma consapevole.
    "Ogni ferita che infliggo, giustifica la mia disperazione. Quando riverso il mio odio sto meglio si...io sono condannato all'inferno e ne sono pienamente consapevole. Sono libero nel senso in cui Lui non può più farmi alcun male. L'unico dolore che sento è quello auto inflitto e quello lo decido IO. Io decido per me stesso e accolgo gli strumenti che mi permettono di rendere giustificato ciò che provo e faccio."
    Non era facile da comprendere, non con il quadro completo della sua vita, nemmeno era un uomo che era in grado di farsi pienamente comprendere tra l'altro. Senza contare che poteva persino contraddirsi da solo nella stessa conversazione. La follia c'era eccome in lui d'altronde.
    "Ti senti schiava di un dolore ingiustificato? Quel veleno che origine ha?"
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    Era come osservare se stessi. Un se stesso più giovane, che dopo la morte dell'amore della sua vita e del suo amato figlio si era trovato chiuso in un ospedale psichiatrico a farsi le stesse domande che ora si stava facendo lei. Era tutto legittimo quello che si chiedeva, quello che diceva, Castiel non si sentiva offeso o provocato dalla ragazza, anzi, tutt'altro.
    Finalmente c'era qualcuno che si stava facendo le domande giuste, che capiva che per vivere in questo mondo era necessaria la paura di qualcosa di più grande di loro. Ma questa paura non doveva lenire la propria libertà, non doveva farli sentire come schiavi.
    Lui aveva avuto molto più tempo, rinchiuso in una stanza il tempo scorreva senza che se ne rendeva conto, le voci nella sua testa aumentavano, il diavolo gli aveva parlato mentre cercava di capire perché Dio gli avesse provocato tutto quel dolore.
    Dio non aveva risposto alle sue preghiere, non gli aveva dato alcun segno, niente di niente.
    Il Principe delle tenebre invece si era palesato, l'oscurità lo aveva accolto. Aveva paura dell'inferno? Certo che ne aveva paura, ne era terrorizzato.
    Ma per via di questo motivo doveva forse sottomettersi a un Dio tanto terribile? Un Dio che nonostante la sua devozione lo aveva torturato in quel modo? Assolutamente no.
    Lo temo ogni giorno.
    "E tu non vorresti avere più potere su questo timore? La paura non deve essere il tuo aguzzino."
    Dunque ora Westwood voleva cercare, come aveva fatto il Diavolo per lui anni addietro, instillare in lei il seme del dubbio, farle pensare a quella prospettiva che lui aveva potuto covare per diverso tempo.
    Lei sembrava non aver udito nessun sussurro, lei cercava quei sussurri? Magari il Signore oscuro lo stava usando come strumento verso quella ragazza.
    "Nonostante io lo pregassi, lui mi ha tolto comunque tutto. Quindi ora per cosa dovrei pregarlo? Lui ha già provato a toglierti qualcosa vero? Lo ha già fatto...ma...forse non ancora tutto."
    Il fatto forse era questo, lei magari aveva ancora qualcosa da perdere e aveva troppo timore di ribellarsi. Quindi cosa fare? Continuare a pregare per la sua clemenza fino alla morte? Non se lo meritava.
    "Che senso ha pregare un Dio che toglie soltanto. Oppure...ti ha dato forse qualcosa? O quello che hai te lo sei preso da sola?"
    Aveva attirato l'attenzione di quella ragazza, lo poteva vedere nel suo sguardo che ora c'era un luccichio, un qualcosa su cui il mangiamorte poteva attaccarsi. Sorrise prima di risponderle, un sorriso che in realtà non aveva alcun vero significato.
    "Non ho mai detto di non averne paura, ma quella paura non mi rende schiavo di Dio. Abbracciando un'altra via mi sono rialzato. La guerra che conduco contro di lui non mi paralizza. Il Diavolo mi ha dato gli strumenti, quella magia arcana e pericolosa che tanto viene resa proibita...eppure, perché esiste? Continuando a pregare la sua clemenza avrai per sempre delle catene legate ai polsi."
    Si toccò d'istinto i polsi facendo una smorfia, come se effettivamente delle reali catene per tanto tempo fossero state attaccate alla sua carne, lascando dei segni indelebili, un dolore indimenticabile.
    "L'inferno sarà la mia casa, è ormai inevitabile. Io il perdono di un mostro ipocrita non lo vorrò mai."
    Lui non avrebbe mai dato spazio alla ragione nella sua mente, se la lucidità fosse ritornata a regnare sulla sua mente, si sarebbe suicidato. Perché solo la morte poteva fermare la follia di Castiel e la morte che poteva ancora propagare.
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    Perché.. ti sembro controllata?
    Lo sguardo che le restituì Castiel fu di sorpresa, davvero non si rendeva conto di quanto controllo c'era nel suo atteggiamento? Di come sembrava che si trattenesse? Di come il suo corpo fosse rigido, scosso da un'energia che lei non permetteva di scatenare, se non solo in parte venendo qui a rissare con quattro omuncoli.
    Per Westwood che faceva del caos la sua ragione di vita il comportamento della ragazza era ovviamente controllato.
    "Fin troppo controllata. Quella magia involontaria che ha esploso quelle lanterne...è un chiaro segno. C'è così tanto che non lasci fuoriuscire, tanto che il tuo corpo ti sta urlando a gran voce di sfogare...lo sai meglio di me eppure...eppure perché ti trattieni?"
    Lo faceva sempre il mago oscuro, se trovava una persona palesemente controllata, che voleva evitare di essere quello che in realtà era, allora lui si sentiva il dovere di intervenire, come se spezzare vie umane nello spirito potesse essere l'ennesimo torto a Dio.
    Beh, in un certo senso lo era.
    Forse cerco di evitare le pene più atroci dell'Inferno.
    Non c'era ironia nelle sue parole, non sentì schernimento in quello che diceva... Westwood non era abituato ad affrontare questo tipo di discorsi con persone che effettivamente ci credeva, che intelligentemente ci credevano.
    Non rispose stavolta, perché questa paura lui poteva capirla, lui già sapeva che l'inferno aveva un posto prenotato per lui, per questo lottava con tutto se stesso per rimanere in vita, voleva tardare il possibile il momento in cui avrebbe sofferto per l'eternità.
    Tu assecondi la tua natura. Non temi le conseguenze?
    Mosse il collo Castiel, come a volerlo scrocchiare prima di rispondere a questa domanda, una domanda che richiedeva una lucidità che non gli apparteneva...ma che poteva venire in soccorso per una risposta almeno un po' vaga...
    In lui viveva ancora della lucidità, ma era limpida quanto poteva essere la nebbia.
    "A volte...credo? Dipende di quali conseguenze stiamo parlando. Tu non temi la possibilità di esplodere nel momento sbagliato...e con la persona sbagliata?"
    Lui non aveva il lusso di temere le conseguenze, la sua instabilità, la follia che conviveva nella sua mente non gli dava possibilità di decidere le conseguenze, di temerle a tal punto di frenarsi. Non poteva frenarsi, il suo controllo era tanto flebile quanto la sua lucidità.
    Esisteva, ma era debole...volutamente debole.
    Alzò le mani velocemente verso l'alto quando la ragazza si ribellò al suo tocco, lo comprese e forse in segno di un rispetto dato dal fatto che lei si stesse dimostrando più intelligente di tante altre persone abbassò il capo in segno di scuse.
    "Hai ragione. Ti chiedo scusa."
    Cosa assai rara, nemmeno ricordava l'ultima volta che aveva chiesto scusa a qualcuno, eppure la giovane fu in grado di scatenare questo in lui, fu proprio spontaneo scusarsi.
    Poi fu lo sgomento ad attraversare il viso di lei, un terrore che poteva comprendere perfettamente, una paura che lui stesso aveva, ma che non poteva assecondare.
    Le sue parole erano giuste, tutto quello che stava dicendo aveva perfettamente senso, non rispose però di istinto, non si lasciò nuovamente prendere dall'aggressività e l'impulso...
    Per poi persino fare una smorfia di dolore quando sentì quelle sue ultime parole... quelle si che erano maledettamente false.
    "E' proprio perché conosco il dolore più profondo e dilaniante che ho perso fiducia in Dio. Il dolore più immenso me l'ha procurato Lui. LUI, LUI MI HA TOLTO TUTTO."
    Indietreggiò, il suo petto si alzò di parecchio a causa di un respiro più profondo degli altri, ma non esplose nuovamente, perché finalmente aveva davanti qualcuno che poteva realmente capirlo, non poteva farla andare via. Non voleva farla andare via.
    "Perché si prega Dio? Perché, paradossalmente si dice "Grazie a Dio"?...Perchè ci si aspetta qualcosa da Lui no? Chi crede in Lui, è convinto che possa essere di conforto, di supporto, che possa intervenire in qualche modo quando le situazioni sono tremendamente tragiche...e invece? Ha mai fatto qualcosa? Niente. Lui non fa mai niente. Che cosa lo prego a fare? Che cosa lo ringrazio a fare? Perché dovrei celebrare delle messe in Suo nome e in nome di Suo figlio?...Per assurdo...l'ipocrisia del Demonio è più cristallina delle intenzioni di Dio."
  5. .
    Solo una strega che ha imparato molto da Roeim.
    Roeim aveva apprendisti? Oppure lei era speciale? A quel "solo una strega" Castiel non ci credette neanche per un secondo, c'era dell'altro, c'era per forza. Se già così giovane passeggiava in quei ricordi ci doveva essere altro che poteva stuzzicare la curiosità di un mangiamorte che si divertiva con poco.
    Alle volte lo si poteva immaginare come un bambino attratto dalle cose nuove, ora quella ragazza era "una novità", qualcosa che era intrigante da scoprire, da sviscerare, e per quale motivo Westwood lo voleva fare? Nessun motivo realmente concreto in realtà, come per i bimbi per l'appunto, perché si interessavano a qualcosa? Perché era nuovo, perché l'idea del non sapere era fastidiosa.
    Quindi ora Castiel voleva sapere, e basta.
    "Solo una strega? Veramente? Sai spesso e volentieri ho a che fare con personalità che non si limiterebbero mai a descriversi in maniera così poco approfondita. La teatralità è famosa tra questi ambienti...hai chiaro cosa intendo? Non ti preoccupare, non devi esserlo anche tu, è persino stucchevole come cosa...però...se decidi di dire così poco poi io mi sento provocato. Incuriosito."
    Sorrise, spostagli gli occhi lungo tutta la figura della ragazza, notando che si era sporcata e ferita, non gli importava che perdesse sangue dalla mano, affari suoi se si metteva a farsi esplodere vetri addosso.
    "E chi ha parlato di controllo? Il controllo è sottovalutato, eppure tu in qualche modo ti controlli, no? Se no non staresti così ora, di cosa hai paura? Si...si...logora. E' vero...logora così in profondità da farti soffocare.."
    Disse quelle ultime parole come se stesse soffocando per davvero, ma non era recita la sua, lo conosceva fin troppo bene quel logoramento, lui era corrotto e deteriorato ormai da decenni. Ma perchè doveva essere solo lui quello logorato?
    "Ma perché devi essere solo tu quella logorata? Perché ciò che provi devi subirlo solo tu? E' da qui...da qui che deriva un controllo di cui non ti rendi pienamente conto."
    Perchè doveva soffrire solo lui? Tutti dovevano, tutti in un modo o nell'altro lo meritavano, per questo spalancò gli occhi e rimarcò anche con il tono della voce queste domande, perché se c'era qualcun altro che aveva il disperato bisogno di sfogarsi, perché covava dentro rabbia ingiusta....allora era più che lecito liberarla, darle gli strumenti per unirsi alla guerra.
    Ma poi ci furono parole che Castiel non seppe prevedere, quel Lui, pronunciato in quel modo, accese in Westwood un allarme in grado di pietrificarlo sul posto per qualche istante.
    LUI non deve più scegliere PER NESSUNO.
    La rabbia improvvisa nel suo sguardo non era rivolta a lei, neppure quando sembrò che lo stesse provocando dicendogli che Dio lo aveva punito.
    No, nessuna punizione, Dio si era divertito, Dio era annoiato, Dio aveva voluto recare dolore ai sudditi come a cercare i più fedeli nonostante il dolore.
    "LUI, NON DEVE PIù SCEGLIERE. Non glielo devi permettere, NO. NO. NO!"
    Appoggiò con forza le mani sulle spalle della giovane stringendo anche più forte di quello che avrebbe dovuto, la strinse scuotendola improvvisamente come se quelle parole avessero fatto scattare in lui chissà che cosa.
    "Per quanto ancora gli devi dare tutto questo potere? Lui non mi punisce più, lui subisce ciò che faccio. Io stermino i suoi sudditi, io mi sono schiarato con il Demonio, io sono un suo Nemico. Lui non deve più osare. Quanto ancora ti deve distruggere per fare in modo che tu reagisca? Ti limiti a picchiare quattro delinquenti quando vieni nelle prigioni? E che gusto c'è? Sono spazzatura, come colpire una lattina vuota su un marciapiede...che soddisfazione mai ti potrà dare?"
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    Era come se qualcosa all'improvviso lo avesse risvegliato dal torpore in cui era crollato. Come se un'onda pregna di una pesante sofferenza lo avesse risvegliato e guidato. Erano solo sensazioni? Era quel posto? Erano le persone che vivevano e morivano a Sobaki?
    Sapeva solo che quella prigione era un inferno in terra, come se fosse una sorta di anteprima per quelli come lui, solo che lui in quelle celle non ci era mai finito e nemmeno c'era ragione che succedesse.
    Vagava tra quelle pietre di tanto in tanto, sia per diletto, che per nessuna ragione, che per via di Roeim che ogni tanto gli chiedeva qualche favore.
    Andava e veniva, si ubriacava di oscurità e ritornava nel mondo per riversala su chiunque gli capitasse a tiro e ora la fonte di quell'ubriacatura poteva essere una ragazzina mai vista prima che carica di ira fece esplodere alcune lanterne forse senza neanche rendersene conto.
    Camminava come se esistesse solo lei, come se tutto il peso del mondo fosse su quelle magroline spalle. Sfacciata, gli era passata davanti senza nemmeno accorgersene, mostrare così apertamente il dolore non era così vantaggioso.
    Parlava lui che sul dolore ci aveva basata la sua follia, ma poco importava adesso, adesso nei pensieri del mangiamorte c'era quella ragazza, l'oscurità che sperava di lasciare dentro le mura della prigione avevano inevitabilmente attirato Westwood, facendolo sgusciare da quella parete per sbucare da nulla davanti a lei a pochi centimetri dalla sua faccia sorridendole come se avesse appena trovato un nuovo giocattolo.
    "Ehi..."
    Interruppe bruscamente la sua camminata fermandosi davanti a lei cercando di scrutarla. Lo sentiva nelle ossa, emanava un'energia che Castiel adorava.
    "Solo le persone speciali possono entrare e uscire liberamente da questo posto. Chi sei. Non ti ho mai visto. Strano."
    Non era strano per niente in realtà, la sua frequenza era altalenante e incostante, poteva anche essere che non si erano mai incrociati fino a quel momento semplicemente.
    "Solitamente si cerca di uscire da questo posto lasciandosi alle spalle più rabbia possibile, un bel posto per sfogarsi no? Eppure sbaglio o con te non sta funzionando affatto? Mi sa che devi cambiare approccio. "
    Lui parlava come se ne sapesse qualcosa, ma cosa poteva mai sapere un folle come lui? Si stava solo basando su quello che riusciva a percepire da lei solo guardandola e in quello sguardo così rigido e tagliente non c'era niente di noiosamente normale.
    "Tutta quella rabbia, se non sfogata adeguatamente, logora solo te stessa."
  7. .
    Non era davvero il suo intento quello di creare caos dove il caos di spazio ne avrebbe avuto troppo poco, ma era comunque un'alternativa migliore allo stare ad ascoltare parole al vento. Era da troppo tempo che ascoltava parole al vento, chiunque si trovasse sul suo cammino, da quando il periodo oscuro era finito, si era rivelato o inutile o debole o un traditore.
    Dylan in qualche di queste categorie voleva entrare? Perché la fiducia nelle parole altrui Westwood l'aveva persa ormai da troppo tempo, per questo ormai lui agiava e basta, per soddisfare quei bisogni folli che solo il disordine poteva compiere.
    Con disappunto levò il braccio dalla presa di Dylan, costretto ad ascoltare le sue parole per cercare di capire dove volesse andare a parare, che poi bastava dirlo, se preferiva godersi il lusso e la ricchezza soltanto andava più che bene, semplicemente Castiel avrebbe percorso un altro sentiero ben lontano dalla bambagia.
    Dovette sgranare gli occhi quando gli venne detto che il caos non era la soluzione. Lui ERA CAOS, lui lo serviva, creare confusione, disordine, scompiglio, catastrofe era come lui agiva e sopravviveva in questo mondo.
    Quindi, non poteva assolutamente dirgli una cosa del genere.
    Prima che potessi dirgli qualsiasi piano avesse in mente Castiel ci tenne ad afferrarlo per il colletto della sua giacca firmata e lussuosa e trascinarlo a pochi millimetri dalla sua faccia.
    Doveva e sentiva chiaramente la necessità, di rimarcare i suoi bisogni.
    "Il caos è LA MIA SOLUZIONE, ciò che cerco è qualcuno che mi permetta di scatenarlo quel caos. Usa la testa mi dici? Io sono pazzo, quale testa vuoi che abbia?"
    E lo lasciò andare, ridendo delle sue stesse parole come se avesse fatto la battuta più divertente del mondo, quando in realtà di divertente non c'era proprio niente.
    "Ma andiamo, sentiamo il grande piano."
    Così indietreggiò di un paio di passi e ascoltò ciò che aveva da dirgli... voleva andare dai ragazzini. Certo, loro non avrebbero vissuto per sempre, ma aveva capito quanto gli adolescenti fossero...frustranti anche solo da ascoltare.
    Ma era divertito dall'idea che lui fosse dentro al castello, tanto ormai non c'era più nessuno a cui teneva chiuso in quelle mura, i figli di sua sorella erano altrove, sua figlia chissà dove. Che facesse ciò che doveva.
    "Allora portameli, portami giovani menti. Poi ne riparleremo... lo sai dove ti stai cacciando vero? Un ex auror è preside di quel luogo, figli di auror sono la dentro... poi sono io il pazzo."
  8. .
    "Amico mio". Erano parole abbastanza prive di significato per Castiel, ignaro di come potesse nascere amicizia in un contesto come il loro. Era stato amico di Kostia Preud e com'era andata a finire?
    Westwood non era quel tipo di persona che aveva "amici". Instaurava rapporti non definiti, profondi e distorti, malsani anche. I rapporti che riusciva a costruire erano disfunzionali, pregni di oscurità e caos. Non c'era alcuna certezza attorno a queste relazioni...potevano rompersi da un momento all'altro.
    Ciò che era importante era l'utilità di quella persona, ciò che poteva offrire in ogni ambito. Che fosse sessuale, culturale, combattimento, magia, risorse...ogni persona poteva offrire qualcosa, ma quel qualcosa quanto serviva a Castiel?
    Dylan cosa poteva realmente offrirgli?
    Anche Dylan aveva quel classico portamento affabile e teatrale che evidentemente prendeva piede tra uomini del genere. Sempre col sorriso pronto, con un carisma che prendeva poco sull'animo incostante di Westwood.
    L'eccentricità dei mangiamorte e maghi oscuri era un mistero per lui, ma la cosa nemmeno gli importava poi così tanto.
    Dylan gli sputò parole al vento... certo si era reso conto anche lui della situazione, del fatto che non c'era una guida, un gruppo compatto. Il rendersene conto però non era sufficiente, per quel che stava osservando poteva dedurre che Dylan si era semplicemente rintanato come un codardo a godere del lusso e della sfarzosità e basta.
    Fece una smorfia, si era "ritirato". Inutile.
    "Quindi confermi le mie parole. Non stai facendo niente di utile."
    Inferiorità numerica. Eppure perché da solo riusciva comunque a infliggere colpi non indifferenti? Bastava agire e basta, non serviva organizzazione e premeditazione. Il caos doveva essere alimentato e il caos generava la disperazione necessaria a rendere confusi e disorganizzati i loro nemici.
    Lui aveva sempre addosso il ministero, ma era ancora qui, davanti a lui, con le braccia conserte a fissarlo con rigidità e giudizio.
    "E' sufficiente che uno dei tuoi ospiti indugi qualche secondo su di me per riconoscermi e chiamare le autorità. Facciamo una prova? Sarebbe divertente no?"
    La sua rigidità andò a perdersi in quell'istante, i suoi occhi sgranarono e un sorriso sinistro comparve sul suo volto, intenzionato davvero a "ravvivare" quella festa, a rovinare quell'inutile sfarzo.
    "Sempre che a te non importi più dei tuoi affari e del tuo lusso. Ti lamenti della nostra decisione, ma non stai facendo niente."
    Finita questa frase, avanzò davvero di qualche passo, per uscire un po' da quell'angolo semi nascosto in cui si era rifugiato... certo, gli ospiti di Dylan non erano dei santi, chiamare gli auror per loro non sarebbe stato esattamente la cosa più saggia, ma di fronte alla paura e al bisogno di sopravvivenza si correva il rischio.
  9. .
    Non riusciva a capire Castiel se fosse anche la disperazione a guidarlo. Dopo la rottura con Coco errava alla ricerca di ogni individuo che aveva anche solo brevemente fatto parte della sua vita per avere un quadro più completo della malora a cui sembravano essere finiti. Non riusciva a essere soddisfatto, si sentiva frustrato, confuso, iracondo... lui ci aveva creduto seriamente nei Mangiamorte, aveva sempre guardato quel suo marchio sul braccio con devozione e sudditanza persino, eppure negli anni, più volte, si era trovato smentito e senza niente. Contraddizioni, azioni senza alcun senso, guerre totalmente casuali solo per? Per glorificarsi? Per avere un po' di attenzione? Per quale motivo i mangiamorte avevano perso i loro ideali? Perché non c'era più alcuna vera guerra?
    Che fine avevano fatto tutti?
    Questo era uno dei motivi per cui ora si trovava in quell'immensa villa, per niente abituato a tutto questo sfarzo, a questo lusso e snobismo. Anche se durante il periodo oscuro i soldi non erano stati un problema, lui mai aveva sentito il bisogno di goderseli riempiendosi di lusso e vizi, non erano quelli i suoi interessi e mai lo sarebbero stati.
    Era sufficiente che riuscisse a campare e avesse le comodità necessarie, dunque di certo non era a quell'asta per il semplice gusto di far vedere quanto aveva grosso il portafoglio a gente di cui non gliene fregava assolutamente nulla.
    Gente che gli faceva venire voglia di uccidere anche solo aprendo bocca, ma non era ne il caso, ne il luogo adatto, anche un folle sapeva riconoscere i propri limiti e se fosse impazzito del tutto non ne sarebbe uscito vivo in quel contesto.
    Per tutta la prima parte dell'asta Westwood rimase in silenzio, era un osservatore silenzioso, in attesa del momento in cui avrebbe rivelato le sue intenzione, ma d'altronde si stava limitando ad attendere il protagonista di quell'illustre serata.
    Nel suo silenzio però era conscio che si sarebbe fatto notare comunque, in quell'ambiente non era una figura sconosciuta, ma non era intenzionato a intavolare nessuna conversazione se non con Dylan White.
    Non ci volle quindi molto per Dylan di notarlo e infatti una volta congedati altri ospiti si avvicinò a lui con quel modo di fare affabile da intrattenitore di feste.
    Non sorrise Castiel, si limitò a osservare senza però evitare in malo modo quel contatto fisico.
    "Sono qui solo per te."
    Sicuramente alcune delle cose che vendeva potevano anche risultare utili oltre che sfarzose, dipendeva dall'oggetto e dalla creatura, ma ora non aveva bisogno nulla di tutto ciò, voleva sapere di lui.
    "Ti stai dilettando solo a raccogliere più soldi possibile oppure agisci anche invece di godertela e basta? Sono demotivato Dylan, ci sarà un motivo se sono sparito. E' denigrante questa situazione e sarebbe bello sapere cosa ne pensi. Se sei come tutti gli altri."
    Assottigliò lo sguardo il mago oscuro, irritato ma al contempo curioso, non era li per perdere tempo in convenevoli, meglio andare dritto al sodo e capire subito con che genere di persona stava parlando.
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    Mmmh Castiel non poteva fidarsi esclusivamente sulla parola di qualcuno, viveva in un mondo in cui il lusso della fiducia era più unico che raro, ma se Kurt sarebbe stato in grado, davvero, di portargli degli effettivi fatti? Se in un futuro lo avesse visto al seguito di altri ben volenterosi e non perditempo? Cosa avrebbe fatto in quel caso? Davanti al fatto compiuto la reazione sarebbe stata estremamente diversa, ma intanto Westwood di questo aveva bisogno, di avere i fatti successivi alle sue "belle" parole, un qualcosa che poteva farlo ritornare a credere in qualcuno o in qualcosa di diverso dalla sola sua personale battaglia.
    Non era un qualcosa di cui aveva bisogno per forza, lui aveva i suoi ideali e i suoi scopi...ma dentro di sé sapeva troppo bene quanto l'unione e la condivisione fossero tratti di cui sentiva però l'esigenza.
    Non era un uomo fatto per restare solo, ma era anche fin troppo consapevole del fatto che erano ben poche le persone in grado di rimanere al suo fianco in battaglie ai più incomprensibili.
    "Restare completamente da soli porta a follie ben distinte da quelle che già viviamo. Follie che pochi sono in grado di gestire."
    Con queste parole provò a dargli ragione, era vero...meglio che in solitaria, ma dipendeva anche da che tipo di compagnia Kurt avrebbe deciso di circondarsi.
    "Io posso aspettare. Saranno i fatti a parlare per te Kurt. Tu sei libero di costruire qualsiasi cosa tu voglia... l'oscurità permette proprio questo, un'anarchia invidiabile, ma non tutti sono capaci di vivere in quell'anarchia. Ti osserverò Kurt, attenderò il giorno in cui queste tue parole saranno tangibili e quando la battaglia sarà degna di essere affrontata, allora sarò al tuo fianco."
    Questa era l'unica certezza che poteva concedergli, attendere non era un problema, non era qualcosa che si poteva costruire dall'oggi al domani, ma non poteva aiutarlo a costruirlo, aveva altro a cui dedicarsi ora, ma lui era convinto, lui stava riunendo delle persone? Lo stava già facendo? Aveva un piano?
    Perfetto. Avrebbe atteso quel giorno con ansia, senza alcuna vera aspettativa, ma speranzoso di un successo.
  11. .
    Gabrielle,
    non risulta semplice trovare un modo per attirare Cavanaugh allo scoperto, forse è necessaria un'azione più azzardata.
    Quella runa la toglieremo.
    Ci sono però altre novità interessanti.
    Kristopher è ricorso alle minacce, desideroso di farmi allontanare da te. Crede che io sia il tuo padrone. Esattamente cosa pensa che io ti abbia fatto? L'oscurità ci appartiene ben prima che ci incontrassimo, o sbaglio?

    Dato che non ho l'intenzione di allontanarmi, ha voluto incontrarmi. Mi piacciono le persone avventate.
    Dubito sarà solo comunque, Uhura mi coprirà le spalle. Ho voluto informarti.

    A presto.

    Castiel.
  12. .
    L'atteggiamento di Coco cambiò, Castiel rimase fisso nei suoi occhi senza osare abbassare la bacchetta in attesa che lei capisse, che lei comprendesse quanto poco fosse realistico e accettabile che lei cedesse ulteriormente a un'esistenza del genere. Illusoria e carica di pretese e aspettative che loro non avevano alcun diritto di avanzare e che lei non aveva alcun diritto di eseguire. Il sangue sulle sue mani...la follia nei suoi occhi che aveva colto già dal loro primo incontro...erano questi gli elementi che li attiravano, ma se avrebbe abbandonato il motore che li mandava avanti che cosa sarebbe rimasto?
    Infatti poi lei si trovò ad abbassare la bacchetta, forse in segno di resa? Forse era disposta al dialogo? Forse aveva capito?
    Solo il tempo avrebbe dato risposta a queste domande, perché era facile, presi dal momento, agire in un certo modo o dire determinate cose, Westwood ora avrebbe pazientemente atteso.
    Dunque fu lieto di sentirle dire quelle parole, perché comunque davanti a sé non aveva un santo o un paladino, ma un uomo bramoso di caos e di vendicare la sofferenza subita, quindi non apprezzava avere ostacoli davanti a sé.
    Poteva non andare a cercarseli, ma se fossero stati loro a venire da lui, non aveva la minima intenzione di tirarsi indietro.
    Abbassò definitivamente la bacchetta anche Castiel e portò la mano libera verso la runa che Gabrielle gli mostrò sfiorandola con le dita. Purtroppo non era un esperto conoscitore, ma sicuramente avere tra le mani il responsabile poteva dar loro modo di avere più chance di liberarsene.
    "Attireremo nuovamente il colpevole. Lo costringeremo a togliertela. Perché questa tua confusione sta diventando solo deleteria per entrambi e sono riusciti a farmi parecchio incazzare con questa storia."
    Volle essere chiaro, era incazzato in generale, perché per lui era inammissibile che Coco stesse cambiando in questo modo, se era davvero solo tutta colpa di quella runa era un conto, ma se c'era dell'altro, quell'altro doveva uscire fuori e le cose sarebbero state due.
    Avrebbe sradicato questo "altro" o sarebbe stato ciò che li avrebbe allontanati definitivamente?
    Le lasciò infine un bacio sulle labbra, prima di indietreggiare per lasciarle finalmente libertà di movimento.
    "Ora che so...si, un po' sono deluso."
    Rispose quindi infine alla domanda che gli era stata posta in passato, ma alla quale non sapeva rispondere. Ora le cose erano un po' diverse.
    "Dipenderà tutto da cosa succederà da oggi in avanti."
  13. .
    Come è stato semplice sapere chi sono, sarà per te semplice trovarmi.
    Io non muoverò un dito, sei tu padrone del tuo destino, se è il caos che cerchi, sarò lieto di condividerlo.
    Ma di certo non sei tu a decidere cosa è mio.

    Ti aspetto.

    C.W.
  14. .
    Essere un passeggero nei fili intricati della mente donava un determinato potere che Castiel amava avere. Non era un potere dettato da violenza, forza o semplicemente politico. Era un potere di tutt'altro genere, che era in grado di arrivare in luoghi dove nessun galeone o forza fisica poteva arrivare.
    Il viaggio che stava ora percorrendo era si guidato, ma l'arte della legilmanzia non era così semplice da aver solo bisogno del permesso, bisognava anche essere in grado di leggere tra quei filamenti e cercare e vedere dove le cose venivano celate ad occhi esterni.
    Così Westwood giunse finalmente nel fulcro delle sue risposte, in quel preciso istante in cui la donna aveva scelto di esitare, di cambiare la rotta dei suoi obbiettivi, vittima della voce di una bambina che le aveva impedito di compiere ciò che andava fatto.
    Il legame che si era costruito tra le due era più pericoloso di quanto aveva previsto, la ragazzina aveva potere su di lei in un modo che il mangiamorte poteva si comprendere, ma che poteva risultare dannoso se non gestito.
    Un'azione mancata e del dolore autoinflitto... c'erano tante cose che Coco doveva spiegare, ma lei voleva farlo? Cosa voleva lei esattamente?
    Così venne brutalmente cacciato fuori da quel viaggio e Castiel non fece resistenza, avendo ormai ottenuto abbastanza. Si trovarono entrambi con la bacchetta in mano puntata l'uno contro l'altra. Situazione inevitabile, avevano anche iniziato così.
    Doveva lascarli stare...sono qui per lei?
    "Io posso anche farlo, ma dipende da te. La vita che loro vogliono per te è diversa da quella che hai percorso finora. Ti propongono un'esistenza che non ti appartiene, che ormai tu potresti solo insozzare."
    Lui poteva anche lasciarli stare, ma se poi si sarebbero impegnati a mettere Gabrielle contro di lui? Quella era una situazione che non poteva ignorare e basta.
    "Ti stai allontanando da me... non voglio."
    Non aveva mai voluto affrontare le sue guerre da solo, in tutti questi anni che fossero i mangiamorte o anime affini alle sue, Castiel aveva sempre cercato la condivisione, di alimentare la sua oscurità con quella degli altri.
    In Gabrielle credeva di aver trovato questo...si era forse sbagliato?
    "Se loro cercheranno di metterti contro di me. Se mi cercheranno... non posso semplicemente lasciarglielo fare, lo capisci?"
  15. .
    Non doveva essere ostile? Beh lei gli aveva dato tutti i motivi per esserlo in realtà. Fin dall'inizio Castiel si era reso conto di dover tenere bene alzata la guardia con lei e anche adesso le cose in realtà non erano del tutto cambiate. Certo l'intento che li spingeva l'uno verso l'altro era differente, ma abbassare la guardia non era consentito nemmeno ora, anzi forse soprattutto ora.
    "Dipende da quali sono. Se cambiano gli obbiettivi può cambiare tutto."
    Se rischiavano di non essere più sulla stessa lunghezza d'onda le cose potevano diventare pericolose, se non perseguivano lo stesso percorso risultava oltremodo complicato anche solo interagire. Westwood seguiva quella strada oscura da anni e seppur ci fossero stati brevi ostacoli, non l'aveva abbandonata e non era intenzionato a farlo.
    Ma lei?
    Beh lei gli aveva appena concesso ciò che più bramava ora come ora, poter entrare nella sua mente era qualcosa che gli avrebbe finalmente dato le risposte che andava cercando o quanto meno diradare la nebbia che lei si portava appresso.
    Dunque fissati gli occhi nei suoi, con la bacchetta puntata sulla sua tempia ora Castiel si era tuffato nei suoi ricordi, vagava come uno spirito errante in frammenti di vita celati, ricordi semplici, ma vitali, in grado di mutare un'anima.
    E con Gabrielle sembrava essere successo proprio questo, mutamenti nell'anima per colpa dell'interazione di due individui che non percorrevano quella strada oscura.
    In quei ricordi non molto lontani esistevano anche dettagli di un passato ignoto, era come se Coco si fosse trovata a mettere in dubbio il proprio vissuto, ricordi che seppur Castiel li stesse vivendo come mero spettatore comunque non poteva capire appieno.
    Questo viaggio era solo l'inizio, per questo, ancora detto la mente di Gabrielle, Castiel insistette per scendere ancor più in profondità, usando la propria voce come una guida al pari di Virgilio con Dante.
    "Guidami nelle risposte che sto cercando... c'è confusione, salti da una parte all'altra. Perché questi ricordi? Perché questi mutamenti dell'anima? Basta così poco per dirottarti? Sono loro la tua debolezza?"
    Il tono era autoritario e deciso, ottenuto l'accesso senza aver dovuto forzare Castiel si sentiva libero di insistere e approfondire, ormai in quel mondo in cui lui amava viaggiare si sentiva un privilegiato.
    "Cosa dovrei farne di loro?"
    La provocazione era uno strumento interessante, avrebbe potuto scatenare l'effetto opposto e quindi venir sbalzato fuori, ma anche questa opposizione sarebbe stata una risposta esaustiva.
422 replies since 7/4/2012
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