Posts written by × Oliver ×

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    Forse ci aveva creduto alla storia della Starnutaria, visto che apparentemente non ebbe nulla da obiettare. Il che era molto positivo, visto che era la persona più importante da convincere, in quel momento.
    – Ah tesoro… non saprei. Potrebbero non voler competizione in ambito sentimentale… – ridacchiò, passandosi una mano in faccia. L’aveva buttata giù come una battuta, ma sapeva che anche quella avesse probabilmente un fondo di verità. Come quasi tutte quelle che faceva, dopotutto.
    – Spiegamelo, allora… sono tutto orecchie. – mosse quelle da gatto. Che idiota. Era vero… forse non conosceva a pieno il significato di quella parola… forse credeva solo di farlo. Non si era mai preoccupato di definire termini come “amicizia” o “amore”, che lo mettevano anche un tantinello a disagio. Portavano con sé un mucchio di implicazioni scomode, come “aprire sé stessi” ed essere sempre disponibili. Cose impegnative quanto sconosciute.
    – Beh… siamo lo specchio della nostra famiglia. Il risultato della nostra storia, che crea la nostra realtà. La mia è la realtà di uno a cui certe cose appaiono spesso finte, sicuramente forzate. Mio padre non è mai stato un tipo molto social; si è sempre vantato di non aver mai bisogno di nessuno, e io concordo su questa sua presa di posizione nei confronti del mondo… senza dubbio la più sicura, non credi? Allo stesso modo mia madre… generalmente più interessata alle cose che alle persone. I suoi figli sono l’eccezione… io, in particolare. Ma a casa Barnes si è sempre preferito dar la precedenza a certi valori rispetto che ad altri. Almeno, al contrario dei miei genitori, io amo stare in mezzo alle persone. Non donarmi agli altri non significa automaticamente che mi piaccia star solo. – concluse grattandosi il dorso del naso, per poi infilare le mani nelle tasche dei pantaloni, dondolandosi, pentendosi forse subito di essersi aperto a quel modo. Eppure, lo sapeva, l’empatia funzionava così: dovevi mettere le basi per una migliore comprensione dell’individuo. Era essenziale. Magari, arrivare a comprendere un briciolo del mostro che appariva ai suoi occhi, lo avrebbe reso più umano. Non che avesse detto nulla di trascendentale; condivideva solo i dettagli più superficiali della propria vita e del proprio passato.
    – In ogni caso, non è molto carino supporlo a voce alta e farlo notare. Non credi? – un po’ si stupiva della mancanza di filtri di quella ragazza; i Tassorosso dovrebbero essere quelli gentili, dotati di gran tatto ed empatia, no? Praticamente il suo opposto. Ma forse era solo una sua sciocca idea.
    – Daisy, guardami bene nelle palle degli occhi… secondo te indosserei mai una roba simile? – una proboscide per l’arnese…e addirittura gli occhi? Che razza di depravati stramboidi giravano per il castello, usando il suo nome al posto del proprio? Cose da pazzi… se la ragazza avesse risposto di sì, si sarebbe offeso non poco. Era chiaramente più virile di così, e che cazzo. Non che ci volesse molto. Reputava strambi e depravati i gay, ma dubitava che persino loro li avrebbero usati.
    – Ti hanno fatto uno scherzo, palesemente. Fatti una domanda sul perché incrociò le braccia gonfie al petto, riproponendo la battuta irritante della bionda.
    – Andiamo, non scandalizzarti per così poco, bellina… tutti collezioniamo qualcosa. Chi francobolli del cazzo, chi vestiti che non indosserà mai, chi traumi… e chi dice che la mia collezione sia peggiore della tua? Qual è? Sentiamo. – la guardò dall’alto al basso, in attesa. Svettava visibilmente sopra di lei. Ridacchiò al pensiero della sua possibile espressione se mai le avesse citato il suo album di figurine personale… se i suoi coetanei di sesso maschile erano soliti invidiargliela, lei lo avrebbe trovato sicuramente inquietante. Ragion per cui se lo tenne per sé.
    – Ah, non le rubo di certo. Sono come le monetine lanciata alla fontana di Trevi: io sono la fontana. – le fece un occhiolino compiaciuto, da gran farfallone qual era.
    – Io? – aggrottò la fronte. – Non saprei neanche come usarle. E poi non voglio rivenderle, maledizione. Sono tue, porco Merlino. Non sottintende nessun ricambio di alcun tipo. A casa mia i regali si accettano sempre…ne rimarrei molto offeso. – un labbruccio carnoso e due occhi enormi, mentre muoveva teneramente un orecchio da gatto, stavano a mostrare tutto il suo dispiacere.
    – E poi, tanto, continuerei a mandartene un paio dopo l’altro finché non lo accetti. Vuoi davvero che la tua casella di posta venga sommersa da pacchi dorati? Che esibizionista… penseranno che tu sia piena di spasimanti. Vabbè che probabilmente lo pensano già – ridacchiò. Non c’era nulla di lecchino in quella sentenza: solo una constatazione banale. Era sinceramente una bellissima ragazza. Era abbastanza scontato. – E non vogliono nemmeno farti cambiare idea. Quello spetta alle mie azioni future. Anche se mi credi un bugiardo – cosa assolutamente azzeccata.
    – Troppo delicata per queste cose, eh? O solo troppo gentile? Ok che mi hai già spaccato il naso… – sorrise, con la sua faccia da culo, vedendo che quella non alzava un muscolo per colpirlo. Fosse stato in lei, avrebbe accolto volentieri quell’occasione per vendicarsi pacificamente.
    – Che hai da fare? – alzò le sopracciglia, preso dall’improvvisa curiosità, sentendo un frusciare d’ali proveniente dall’interno della serra. – Cosa tieni lì dentro? Un animaletto? Non ti basto io? – ironizzò, mentre cercava di guardare attraverso il vetro, alle spalle della bionda.
    – È così, eh? – essendo molto più imponente di lei, non si fece problemi ad allungare una mano per spalancare la serra e sgusciare all’interno, afferrando subito il pacco e scuotendolo leggermente vicino all’orecchio, per decifrarne il rumore.
    – Quindi i pacchi altrui li accetti… li aspetti… e il mio no. Sono mortalmente offeso. Cosa ci sarà di tanto interessante? – con un gesto tirò il nodo e iniziò a scartarlo con non chalance, guardando la bionda di sottecchi. La curiosità a quel punto era troppa. Forse ora lo avrebbe effettivamente picchiato.

  2. .


    Sembrava un coniglietto spaurito. Un’immagine tenera, se vogliamo. In quel momento si chiese come aveva potuto reagire a quel modo. Insomma, okay i drink di troppo… ma aveva un’aria così delicata… debole… che per sovrastarla dovevi essere proprio un vero stronzo. E lui lo era, evidentemente. In quel momento fu lieto di non averla veramente toccata, di non averle veramente fatto quelle cose… che fosse solo una scopa. Sarebbe stato un pensiero fastidioso, altrimenti.
    Un sopracciglio saettò verso l’alto mentre la tassorosso afferrava un vaso con tanto di abitante.
    – Sai, credo che a qualsiasi cosa ci sia dentro quel vaso non farebbe piacere essere scaraventato contro la mia brutta faccia – ironizzò il serpeverde, con i sensi all’erta per eventuali cannonate.
    – Cos’ho in faccia…?! – se la tastò in vari punti, senza capire. Poi si toccò le orecchie. – Ah, dici queste? Devi avere un problema con le misure… – le mosse in maniera buffa, – Puoi toccarle se vuoi… oh…uhm…magari no, lascia perdere – ormai tutto suonava come una possibile molestia. Dannazione. Il serpeverde si scompigliò i capelli animatamente, cercando di sopprimere il disagio. Se ora avesse cambiato anche colore, avrebbe potuto spaventarla ancora di più…
    – Della Starnutaria –, rispose con sicurezza inconfutabile, – Ne ho trovato delle radici tra gli effetti personali di uno dei miei compagni di stanza. Avrà fatto qualche intruglio da rifilarmi alla festa… il motivo non saprei dirlo con certezza, se me lo chiedi. L’unica cosa che posso supporre, è che qualcuno, o chi per lui, abbia cercato di farmi fuori appena rimesso piede al castello. Devo essere una persona scomoda. – alzò le spalle a quella prospettiva, di certo non distante dalla realtà. Quella scusa se l’era preparata bene, in ogni minimo particolare. Il modo in cui parlava era tranquillo e rilassato, senza pause di riflessione. Senza mostrare alcuna incertezza.
    “E perchè se sono tuoi amici avrebbero dovuto farlo?”
    Un sorriso ironico gli increspò le labbra piene, dirigendo lo sguardo altrove, verso gli alberi, incrociando le mani dietro la testa. – Dipende da cosa intendi per amici, tassina. – fece una breve pausa. – Di amici di bevute ne ho quanti ne vuoi. Anche di chi si direbbe “amico”. Ma se intendi qualcuno che ti copra le spalle per puro affetto o bontà del proprio cuore, senza pretendere nulla in cambio… un amichetto del cuore con cui improvvisare un pigiama party mentre ci facciamo una pedicure e ci apriamo sui nostri più profondi segreti… non ne ho alcuno. E diffido da chi possa presentarsi come tale – affermò con noncuranza, prendendo una grossa boccata d'aria estiva attraverso le narici. Si soffocò con la sua stessa aria, però, alla frase successiva.
    – Di che cazzo stai parlando, Locke? Mutande? Proboscide? – la sua espressione mostrava la confusione più totale. – Cosa staresti insinuando…? Ti ho mandato solo quelle cazzo di cuffie… e non sono solito restituire le mutandine. Ma puoi star certa che non invio le mie per posta. – non si fece problemi nel fare quell’affermazione, tutti sapevano che fosse un donnaiolo… nulla di strano. Tuttavia si guardò bene dal fare battute sul mostrare o meno una certa proboscide, nonostante fu dura, avendola servita lì su un piatto d’argento. Ma la Locke non doveva vederlo come un pervertito… doveva spingerla a fidarsi, in qualche modo.
    – Non sta bene restituire i regali, sai… specie dopo tanto impegno nel reperirlo – era la verità… ci aveva dedicato un pomeriggio intero. Un prezioso. Pomeriggio. Intero.
    – Volevo solo fare un gesto carino… va bene? Non pretendo nulla. Sono davvero dispiaciuto per l’accaduto… dammi un modo per rimediare. Questo lo abbassiamo, okay? Sta facendo versi strani… – approfittò dell’abbassarsi di quell’arma, di quel coso che non sapeva cosa fosse, e cercò di spostare delicatamente il suo braccio verso terra.
    – Se vuoi colpirmi… puoi farlo a mani nude. È più soddisfacente, te lo garantisco – si impostò davanti a lei, con le braccia conserte sulla schiena e gambe leggermente divaricate.
    – Vai… scatenati. Non risponderò. Me lo merito. – chiuse gli occhi, in attesa del contatto.

  3. .


    Era passata circa una settimana dal party incriminato, settimana nel quale Oliver si chiuse totalmente in sé stesso, prendendo le distanze dalla sue solite compagnie, la quale lealtà ora era quasi sicuramente a rischio. Si era mostrato seccato nei loro confronti, dichiarando apertamente che fossero state delle teste di cazzo ad aver strafatto a quel modo, deviando dalle sue direttive così chiare, e dandogli la colpa del casino successo, ignorando bellamente ogni replica. Tuttavia Oliver sapeva bene che la direzione decisiva di quella serata l’aveva causata con le sue stesse mani, portando a un epilogo pericoloso per l’intera casata, ma soprattutto per la sua permanenza in quella scuola e il nome dei suoi genitori. Rick aveva ragione… quel casino andava sistemato il prima possibile; aveva preso le giuste precauzioni nei confronti dei propri compagni, occupandosi di far trovare a tempo debito, qualora fosse stato necessario, le prove sotto le zampe dei malcapitati. Tuttavia il guaio sarebbe stato evitabile nel caso in cui Daisy non si fosse dichiarata vittima di quella sera, puntando i riflettori su tutti loro… su di lui. Quindi pensò di agire, e provare a tamponare la situazione come meglio poteva. L’aveva notata, nell’ultima settimana, andare spesso in giro con uno strano aggeggio babbano… dal quale fuoriusciva musica, a quanto pare. Curioso. Si era informato in merito, e aveva scoperto che quelle cose nelle orecchie servivano a “sparare” la musica, come possedute; tuttavia le cuffie della ragazza non dovevano avere un grande isolamento, perché si sentiva in lontananza se le passavi vicino. Così gli venne l’idea: le avrebbe regalato delle “cuffie da musica” in segno di scuse. Sì, avrebbe trovato le migliori. E così fu: un paio di cuffione gialle che circondavano la testa, non ancora in commercio, completamente isolanti. Possibilmente avrebbe apprezzato quel regalo così costoso, sembravano fatte praticamente d’oro… forse lo erano? Non le aveva osservate molto, le aveva fatte incartare e basta, spinto da un esperto nel campo babbano. Ci aveva aggiunto anche un piccolo fiore raccolto per caso attorno al castello, preso da chissà quale sciocchezza per la testa. Però non ci aveva scritto niente, per paura che buttasse il pacchetto senza neanche aprirlo. Senza neanche dargli quella chance.
    Qualche giorno dopo, la beccò nei dintorni delle serre. Si avvicinò quatto quatto, osservandola da dietro un albero. Poi, come ulteriore sintomo di sciocchezza, si fece spuntare due orecchie da gatto e miagolò da dietro il tronco. L’entrata in scena meno terrificante che potesse fare, quantomeno. Sapeva di dover tastare il terreno con calma misurata, per non far sì che scappasse come una gazzella impaurita. In quel momento si sentiva davvero un dannato predatore della savana… ma sperava che le orecchie morbidose gli dessero un’aria meno “pericolosa”; di solito con le ragazze funzionavano.
    Fece capolino da dietro l’albero, sbilanciandosi con la testa piegata verso destra e il piede alzato verso sinistra, cercando di darsi un’aria minimamente impacciata.
    – Buongiorno, Locke… non voglio spaventarti –, sottolineò alzando le mani accanto al viso.
    – Vengo in pace… nessuna bacchetta, nessuna cattiva intenzione – non era una bugia: quella mattina l’aveva scordata sul comodino. E chi se la faceva più tutta quella strada?
    – Volevo solo… – fece un respiro profondissimo, rilasciandolo lentamente insieme alle parole successive: – … scusarmi, ecco. Per quella sera. Io… sono stato un mostro. Ma, vedi… mi hanno messo qualcosa nel drink… a mia insaputa – portò avanti la sua versione, che comunque, per quanto ne sapeva, poteva anche essere la realtà. – Non mi sarei mai comportato così, altrimenti. – Evitò di avanzare, ma appoggiò la schiena all’albero, mordendosi le labbra mentre cercava la cosa giusta da dire. – Ti è…piaciuto il regalo?...Le cuffie. – precisò, con una mano al collo, temendo la sua reazione.

  4. .
    Un gufo reale lasciò cadere un pacchetto dorato indirizzato a Daisy Locke.
    Dentro vi erano un paio di cuffie gialle di ultima generazione, non ancora in commercio.
    Non vi era l'ombra di messaggio, ma una margherita era impigliata in un nastro bianco.
  5. .
    CITAZIONE (~Selene; @ 24/6/2022, 12:31) 
    gTA8eefutoPURm

    La foto in canottiera mi spacca :asd: thanks alot :riot:
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    Spero che questa bestia pennuta faccia il suo dovere.

    In ogni caso non rompetemi i coglioni.


    – O.



    Edited by × Oliver × - 24/6/2022, 02:51
6 replies since 23/6/2022
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