Sapere che il Morrow ha una preferenza per le Anfetamine non lo sorprende. Lui stesso ne ha fatto e ne fa uso e abuso in momenti diversi: per aiutarsi nello studio quando il padre lo mette troppo sotto pressione, per restare concentrato, per sentirsi alla grande. Ha diminuito un pò solo quando sono arrivati gli effetti collaterali, quando si è reso conto che aveva bisogno di prenderne sempre di più perchè le mani gli tremavano troppo per eseguire un perfetto incantesimo di guarigione. Gioie e dolori delle sostanze che danno assuefazione. Per fortuna la Ketamina non è tra queste, non per l'uso che ne fa Max almeno.
“Io si. Ho provato più volte ed è stato fighissimo!” Ma subito il suo entusiasmo si smorza e sul volto del giovane francesino passa un'ombra più oscura:
“Un paio di quelle volte però ho rischiato grosso di non tornare indietro. Da allora da solo non ci ho più provato. Dovrei farlo con un gancio, qualcuno di fidato che abbia voglia di sperimentare assieme a me.” E non era una cosa che poteva chiedere ad Aiden o qualcun altro dei suoi amici, tutti contrari alle sue sperimentazioni alchemiche. Chissà se invece Morrow... Lo guardò, cercando una risposta scrutando il suo viso. Forse si, era abbastanza folle per farsi coinvolgere e da come guardava tutte quelle sostanze era chiaro che avrebbe voluto provarle tutte, come un goloso davanti a una scatola di cioccolatini di tutti i gusti: ma si poteva fidare di lui? Non è proprio perchè lo ritiene un tipo inaffidabile che lo detesta? Eppure in quel momento, quel giorno, tutti e due a scegliere come sballarsi chinati sul tavolo della cucina, sembrano tutto tranne due nemici. Sembrano in realtà quello che sono, due ragazzi con qualcosa in comune, due tossici per i quali lo sballo viene prima di tutto. Anche dell'odio.
“Dove le hai prese?” La domanda del Morrow lo lascia interdetto per un istante. Pensa che non dovrebbe dirglielo, che non è lì per fare conversazione e che gli ha detto fin troppe cose di sè. Ma pensa anche che il roscio adesso per lui è innocuo, che non può toccarlo più di quanto abbia già fatto. Solleva le spalle:
“Non dovrei dirtelo...” Esordisce.
“Ma immagino che andare a parlare in giro dei fatti miei non ti porterebbe alcun vantaggio se anche io poi andassi a parlare dei tuoi... quindi potremmo fare un patto tipo Las Vegas, n'est pas? Quello che succede a casa di Maxence resta a casa di Maxence.” Lo guarda, attendendo una sua conferma a quel patto che fa comodo ad entrambi, prima di proseguire.
“Per lo più le ho prese in ospedale. E' facile farsi una prescrizione fasulla o trovare altri modi per rimediare quello che vuoi.” Non gli spiega proprio tutto ma basta e avanza.
“Non avrei problemi a prenderle fuori, non mi mancano certo i soldi, ma non mi fido. Se proprio devo imbottirmi di veleno voglio essere sicuro che sia di quello davvero buono. Niente roba di seconda scelta, tu comprends...” O tagliata male o di dubbia provenienza. A questo punto ci manca che gli parli delle sue pene d'amore ed al roscio tanto biasimato ha detto davvero tutto, ma se ne frega. Patto di Las Vegas a parte a chi potrebbe mai andare a raccontarli i fatti suoi? Troverebbe cortese però, quanto meno, se anche l'altro fosse sincero allo stesso modo con lui, ma Morrow proprio non ce la fa a quanto pare...
“Io non mi drogo.” Sbuffa e ride a quella rivelazione.
“Mais oui. Chi dice il contrario? Ed io sono la reincarnazione di Marie Antoinette, non vedi? Ironizza prendendo da un cestino un paio di croissant confezionati e tirandoglieli appresso.
"Qu'ils mangent de la brioche!" Per rendere la presa per il culo ancora più realistica si mette anche il cestino ormai vuoto in testa a mo' di corona, ma il roscio non è un tipo scherzoso come lui.
"Grincheux." Mugugna a labbra strette prima di bere il suo caffè. L'ultima speranza per Max è che almeno si decida su cosa voglia farsi ed il suo umore da Grinch migliori, altrimenti quello sarebbe lo sballo più palloso della vita.
"Ullalà, Morphine." A quanto pare il Morrow ha fatto la sua scelta e Max sembra gradire.
"Ti piacerà." Anche se con quella roba c'era un alto rischio che gli piacesse fin troppo. Ma perchè fasciarsi la testa prima che sia rotta? Ritira indietro la lingua, niente pasticche ma non c'è problema, ha tutto l'occorrente per iniettare la morfina ad entrambi. Gira intorno all'isola della cucina per prenderlo ma il Morrow tiene ancora la fiala stretta in mano e sembra non voglia mollarla.
“Chi mi dice che non mi ritroverò fottuto quando sarà abbastanza fatto da non capire nulla?” Max senza troppi complimenti gliela sfila dalle dita.
"Ed io che pensavo di essere quello con maggiori problemi di fiducia. Tu mi batti Morrow." Gli mostrò allora le due siringhe prima di riempirle.
"Sarò fatto quanto te per allora. Cosa vuoi che ti possa fare?" Per fare lo spiritoso però si atteggia a lupo cattivo, altro scherzo che l'altro non sembra apprezzare.
"Mettiamola così, più fottuto di quanto già sei mi sembra difficile. Con questa..." Indica la siringa dalla quale fa uscire l'aria, pronta per essere iniettata.
"...le cose non potranno che andare meglio. Vedrai, fra qualche minuto tutta quest'ansia ti sarà passata." E si sarà dimenticato persino di chi sia Max perso in una nuvola di benessere. Non era per quello che lo faceva? Che lo facevano? Per sentirsi finalmente bene, anche se per poco, anche se una volta passata l'euforia sarebbe solo andata peggio.
"Alors? Si va?" Fa per porgere la siringa preparata al roscio ma il volto del ragazzo alla vista diventa più bianco di quanto non sia normalmente. Max scoppia a ridere.
"Non ci credo! Tirocinante all'ospedale con la fobia degli aghi?" E quello pieno di contraddizioni poi era lui!
"Non l'hai mai fatto prima, non è così?" Strano. Eppure sembra non sia il tipo da tirarsi indietro. Forse nessuno glielo ha mai proposto, forse Max è il primo con cui può condividere nuove esperienze.
"Eh bien, quelle chance! Fortunato che io sia bravo in questo. Ho anche la mano fermissima..." E di nuovo a perculare, muove quella che stringe la siringa a zig zag fino al Morrow.
"Il più delle volte." E scoppia a ridere. Assurdo come il ragazzo che odi di più sia anche quello con cui si stia divertendo come non gli capitava da tempo. I casi della vita riescono ancora a sorprenderlo dopo tutto.
"Dai vieni qui, non ti farò male. Je te le promets..." Sbatte la mano per un paio di volte sul panchetto del pianoforte facendolo sedere lì assieme a lui, ma prima che lo faccia gli si avvicina e, delicatamente, gli sfila la felpa che indossa. Nel farlo ne percepisce il profumo, che non è quello del roscio ma il proprio.
"Spero per te che non ci sia nessun tipo geloso nella tua vita, altrimenti non dovresti andare in giro con questa." Ironizza e lancia l'indumento verso il divano, su una pila di altri vestiti suoi. Intrisi dello stesso profumo del quale Max non fa certo economia. Quando alla fine si siede sul panchetto accanto a lui lo incita a stendere il braccio.
"Più morbido. Non è questo il momento di fare il duro no? E guarda dall'altra parte se preferisci, non te ne accorgerai nemmeno e dopo... te ne dimenticherai del tutto." Tiene il braccio pallido del Morrow con una mano ed osserva incantato la venatura dell'avambraccio cercando il punto esatto dove spingere l'ago. Il verde delle vene spicca su quel rosa acceso.
"Hai delle vene bellissime." Un complimento ambiguo ma Max ha dei gusti particolari, si sa.
Ci mette un attimo a fargli la siringa dopo aver trovato la vena perfetta, è sicuro che il roscio non abbia sentito nulla. Una piccola goccia di sangue sgorga dall'impercettibile foro di ago ed allora fa qualcosa di ancora più ambiguo leccandola con la lingua prima di rilasciare del tutto il braccio dell'altro.
"La senti già scorrere, n'est pas? Arriva presto così..." E visto che non vuole che il Morrow si diverta prima di lui si sbriga a fare la stessa operazione su sè stesso, mettendoci molto meno grazia, ma per lui non è la prima volta. Poi se ne resta lì, qualche secondo in attesa, seduto vicino al roscio a fissarlo, con sguardo ansioso, pregustando già le sensazioni paradisiache che sarebbero venute per entrambi. E poi niente, non ci pensa più, tutto diventa così tranquillo. La sente nella pancia, gli scuote i lombi prima di risalire e a quel punto niente ha più importanza, Morrow, lui, il mondo. Perde l'equilibrio e cade all'indietro dal panchetto del piano, per fortuna su un ammasso confuso di cuscini dei quali è piena tutta la casa. Ma non vuole cadere da solo e si porta dietro Morrow con sè. Gli afferra la mano, forse troppo forte ma il dolore non fa più parte del loro universo. Crede anche di aver sbattuto malamente la schiena nonostante i cuscini ma non sente nulla. Niente di niente, sta solo fottutamente bene. E il roscio?