Posts written by Zara-

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    L'atmosfera sembrò alleggerirsi non di poco quando i vestiti tornarono a coprire la nudità dell'uomo, facendo tirare a Zara un sospiro di sollievo. Della sua famiglia, a ben vedere, era sempre stata quella ad aver maggior problemi con la nudità. Saul, i gemelli e persino Maria erano del tutto indifferenti a certi dettagli, probabilmente più ferini di quanto lei non sarebbe mai riuscita ad essere ed in qualche modo meno vincolati alla civiltà. Ricordava di aver provato imbarazzo fin dai tempi del branco davanti alla nudità di cui i componenti facevano sfoggio senza alcun problema. No, Zara era sempre stata quella diversa, quella sbagliata. Gli occhi troppo seri per la sua effettiva età si sentirono finalmente liberi di osservare meglio la figura che aveva davanti. Sì, decisamente l'uomo era di parecchi anni più grande di lei e, nonostante l'impegno per identificare quei lineamenti tanto particolari, la giovane lupa non riuscì in alcun modo ad attribuire loro una connotazione geografica. L'accento poteva forse parlare della lontana America, ma quegli occhi tanto affusolati rimanevano un mistero su cui la Servantes, nonostante tutto, non avvertiva certo l'impellente bisogno di indagare. Immobile lo osservò scivolare lungo il nodoso tronco dell'albero di fianco a quello su cui aveva da poco rimesso la sostanziosa cena della nottata. A Zara era sembrato di scorgere di sfuggita le ossa di qualche piccola preda, forse un coniglio. Che avesse davanti l'unico licantropo al mondo vegetariano e combattuto tra i propri primordiali istinti e le sue ideologie? Il branco avrebbe certo riso di lui, Saul lo avrebbe probabilmente ucciso per sbarazzarsi di un figlio della luna tanto indegno... e per quanto Zara avesse cercato di allontanarsi il più possibile dalle ideologie del branco, quell'idea arrivò a stirare persino le sue labbra in un sorriso macchiato di compassione, forse derisione.
    Non sarai vegetariano o simili, vero?
    Sarebbe di certo stato un caso più unico che raro. Il sorriso sparì in fretta, mentre altri pensieri si facevano spazio nella mente della giovane. Lei, principessa di un temibile branco di licantropi, era scappata da quella stessa famiglia nel pieno della notte e con tra le braccia solo i tre fratelli minori. La maggior parte dei licantropi parlava di lei come di una pazza... e quindi con quale diritto avrebbe potuto giudicare qualsiasi fosse la scelta dell'uomo che aveva davanti? Come se fossero bastati quei pensieri a stancarla, persino più dell'intensa notte di caccia appena passata, finì con lo strofinare il dorso della mano contro i grandi occhi dall'aria costantemente seria. Fu osservando lo sconosciuto tra le dita che accolse il suo avvertimento con una punta di fastidio alla base dello stomaco. Solo un totale sprovveduto avrebbe potuto credere che un luogo simile potesse rivelarsi anche solo minimamente pericoloso per una Servantes. Che Saul fosse ormai in prigione da anni faceva poca differenza, sarebbe bastato il prestigio portatole dal suo sangue per uscire da quel bosco anche bendata, senza correre in ben che minimo pericolo. Nessuno avrebbe mai attaccato apertamente qualcuno appartenente al branco da cui era fuggita e che nonostante tutto, da lontano, ancora rimaneva a proteggerla. Istintivamente il giovane corpo sembrò alzarsi nel massimo della statura concessa, mentre lo sguardo affilato tornava ad incontrare questa volta apertamente quello dell'uomo.
    Grazie per l'avvertimento, ma ti assicuro che sono del tutto al sicuro nella zona di caccia... la stessa cosa, però, non può essere detta di te.
    Una rabbia difficile da spiegare la investì, rimasuglio di quell'orgoglio per la licantropia nella quale era stata cresciuta e che nonostante tutto non aveva mai del tutto sradicato da lei le proprie, profonde radici.
    Ci sono licantropi che vanno piuttosto fieri delle proprie condizioni, sai? Immagina cosa ne farebbero di un licantropo che si sente male e vomita per aver mangiato... cos'era, un coniglio? Forse per la tua stessa sicurezza, sarebbe meglio che tu chiedessi al ministero una stanza nella quale poterti rinchiudere per la notte ed aspettare che tutto passi. Mi sorprende che tu sia ancora vivo, a dire il vero.
    Il mento sfuggente si alzò con aria quasi di sfida. Che la gente continuasse a sottovalutarla, era una cosa che a Zara iniziava ad andare incredibilmente stretta.
    Cerca di tornare e darti una ripulita... fai pena.
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    Mira, Josue!
    Sul bagnasciuga, i gemelli avevano ormai la pelle colorata di un dolce color caramello ed i capelli attaccati al cranio dalla salsedine. Erano belli nei loro pochi anni di vita, pieni di energie ed entusiasmo per quella giornata fuori dall'ordinario. Era dagli anni della Spagna che Zara non portava loro e la sorellina minore, Maria, al mare, ma quella mattina tutti e quattro avevano preso il treno diretto verso la spiaggia ed i due combina guai avevano passato tutto il tempo del viaggio ad agitarsi sui sedili, impazienti di arrivare a destinazione. Quando la sorella maggiore aveva concesso loro di portare un gioco a testa nessuno dei due aveva avuto dubbi, fiondandosi immediatamente sul pallone arancione in plastica dura che era stato prontamente infilato nella borsa insieme agli spuntini e le creme solari. Arrivati ormai quasi alla fine di quella giornata da sogno avevano deciso quindi di passare le ultime ore a loro disposizione palleggiando senza sosta lì dove le onde arrivavano pigramente a lambire le caviglie sottili di entrambi. Solo l'apparizione di un uomo ai loro occhi enorme e di certo degno di attenzione era riuscito a distrarli da quell'infinito gioco. Il ragazzo, forse coetaneo della sorella (e per questo ai loro giovani occhi, decisamente adulto), era letteralmente coperto di tatuaggi, tanto da lasciare entrambi a bocca aperta, ammirati da quella distesa di inchiostro tanto intricata. Forse a colpa dell'età quell'estraneo risultava ai loro occhi irresistibile, andandosi a scontrare inevitabilmente con le ferree regole di Esme che vietavano di parlare agli sconosciuti, soprattutto per porre loro domande inopportune. Entrambi rivolsero istintivamente lo sguardo verso la loro carceriera, comodamente sdraiata sul proprio telo da mare ed intenta a leggere un vecchio libro dalla copertina arricciata dalla salsedine, mentre Maria sonnecchiava placidamente al suo fianco. Sarebbero riusciti ad avvicinarsi al moro senza che lei se ne accorgesse? Cameron rivolse al gemello uno sguardo colmo di indecisione, prima di agitare il capo con fare sconfitto. Impossibile, Zara sembrava avere occhi anche dietro la testa e sarebbe riuscita a vederli ancor prima che fossero riusciti a giungere alla loro meta. Meglio riprendere con i palleggi. Condividendo quella frustrazione, ripresero a calciare la palla e schiamazzare, strappando ai vicini di ombrellone qualche occhiata infastidita che tuttavia erano stati autorizzati dal grande capo ad ignorare bellamente, concessione straordinaria e circoscritta a quel giorno di ferie. Per diversi minuti riuscirono addirittura a dimenticarsi di quella curiosa presenza posizionata a qualche metro da loro... almeno fino a quando Josue non lisciò clamorosamente la parata di tacco, lasciando rotolare la palla proprio nella sua direzione. Beh, doveva ovviamente trattarsi di un qualche segno del destino, non poteva essere altrimenti. Cameron raggiunse in fretta il gemello, piantando il gomito ossuto nel fianco dell'altro che prontamente rispose al colpo subito con un pizzico sul braccio.
    Aia! Mi fai male, cretino.
    Se solo quelle parole fossero arrivate alle orecchie della giovane, sarebbero di certo bastate per trascinare entrambi per le orecchie fino all'ombrellone, ma per fortuna di tutti, troppo presa dalla lettura, rimase momentaneamente ignara delle intenzioni dei due, mentre già quelli avanzavano a passo sostenuto verso il moro.
    Scusa per la palla!
    Josue allungò le esili braccia per recuperare il pallone mentre Cameron, decisamente più indiscreto, rimaneva a fissare con insistenza i tatuaggi dell'uomo che aveva davanti. Si decise ad aprire bocca solo dopo lunghi secondi di contemplazione.
    Che bei tatuaggi... in che pacchetto di patatine li hai trovati?
    La pausa di lungo silenzio che susseguì alla sua ultima domanda venne presto interrotta dall'altrettanto silenzioso avvicinamento di una giovane ragazza dal volto affatto sereno. Zara, libro alla mano, si avvicinò alle spalle dei due ignari bambini, lasciando poi scattare il libro a colpire la nuca di Cameron ed afferrando contemporaneamente Josue per l'orecchio sinistro, senza eccessiva forza. Ancor prima che le labbra carnose avessero tempo di schiudersi, entrambi si accavallarono per riuscire a scusarsi per primi con lo sconosciuto ed ottenere così, forse, la grazia della sorella maggiore.
    Ti stavano infastidendo?
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    Di parecchi centimetri più alto di lei, l'uomo che le dava le spalle sembrava tuttavia più gracile di lei in quel momento di straziante debolezza. Chino su se stesso e tremante, dava l'idea di un bambino sperduto nel bosco, abbandonato dalla propria famiglia e da ogni sua conoscenza. Gli occhi da bambina osservarono i muscoli nervosi, rubando da essi sprazzi di realtà che le potessero fornire un qualche indizio sullo sconosciuto che aveva davanti agli occhi. Senza poterne osservare il volto, poteva tuttavia affermare che fosse senza ombra di dubbio più grande di lei di diversi anni, un uomo ormai fatto e finito. Questo certo non significava che non fosse ancora un cucciolo di lupo. Non tutti erano nati nel branco come lei ed anzi, la maggior parte dei licantropi finiva con il diventare tale in età adulta, così da ritrovarsi a dover combattere con una natura sconosciuta e feroce, pronta a renderli nient'altro che ingestibili predatori del tutto impreparati ad ogni imprevisto. Poteva dare alla testa, quella sensazione di non essere più padroni della propria vita. Poggiò la mano destra contro la rugosa superficie della corteccia d'albero, sporgendo appena il capo oltre quel momentaneo riparo per poter osservare l'altro.
    Una delle prime trasformazioni?
    Tornando appena indietro con la memoria, Zara poteva ripescare tra i ricordi quelli delle sue prime lune piene, terribili e strazianti nella propria bellezza. Alle sue spalle il branco appariva sempre presente, fin dalla prima trasformazione. A chiudere gli occhi, il rumore prodotto dalle possenti zampate di Saul contro il terreno umido alle sue spalle tornavano chiaramente alla mente, insieme al suo odore familiare ed il possente ululato del futuro capobranco. Gli altri lupi correvano ai suoi fianchi, facendola sentire parte di qualcosa di grande ed invincibile tra le torride terre spagnole di cui lei era la principessa indiscussa. Erano passati diversi anni da quei momenti, eppure non era difficile per lei immaginare quanto diverse avrebbero potuto essere le sue sensazioni se fosse stata totalmente sola in quei primi momenti di rinascita. Provava pena per l'uomo che le era davanti. Silenziosa come un fantasma avanzò da un albero all'altro, fino a raggiungere i propri vestiti per poter coprire velocemente il corpo longilineo. Solo una volta indossati i corti shorts in jeans e la canottiera dalle sottili bretelle si avvicinò allo sconosciuto, arrivando guardinga alle sue spalle. La nudità dell'altro continuava certo a metterla in imbarazzo, costringendo le labbra in una smorfia dai tratti duri e nervosi, ma le dita che arrivarono a sfiorare la pelle imperlata di sudore della schiena ricurva erano tuttavia gentili come quelle di una sorella maggiore.
    Tieni, quando ho la nausea fa miracoli.
    Tenendo lo sguardo fisso contro il tronco a cui l'uomo si era poggiato allungò nella sua direzione qualche quadratino di cioccolato ripescato dalla tasca dei jeans, parzialmente squagliato e nuovamente solidificato in una forma poco aggraziata ed appetitosa. In altre circostanze sarebbe di certo scappata via, silenziosa ed indifferente al malessere di un perfetto sconosciuto... eppure, quanto tempo poteva mancare prima che anche ai gemelli toccasse la stessa sorte? Zara sperava di essere in grado di accompagnare i due fratelli minori in quella delicata transizione, senza dar loro per un solo attimo la sensazione di essere soli in quella realtà. Le situazioni si sovrapponevano nella sua mente, rendendole impossibile semplicemente abbandonare al suo destino il moro. Il palmo della mano prese a disegnare sulla pelle tirata cerchi lenti e della stessa dimensione, quasi ipnotici nel proprio ripetersi. A ruoli inversi, la lupa lo sapeva senza alcun dubbio, l'uomo avrebbe rischiato di trovarsi con un arto in meno.
    Mh... meglio? Dimmi dove hai messo i vestiti, te li recupero.
    Veloce tornò a mettere tra loro la giusta distanza, di certo più a proprio agio nell'aiutare con qualcosa di decisamente più pratico e meno intimo. Avrebbe recuperato i vestiti dell'uomo e poi, veloce, avrebbe trovato nuovamente la via verso casa, dove tre bambini ancora dormivano profondamente, pronti tuttavia a lasciarsi svegliare dalla famigliare voce della loro unica guida in quello strano mondo.
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    CITAZIONE (.Fay. @ 3/7/2019, 22:27) 
    qq
    p

    Oh mio Dio, sono stupendi D: Grazie mille Silvia, non so davvero come ringraziarti ** Li metto subito (ed elimino la richiesta)!
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    C'ho provato D: Scusa la schifezzuola Reb!



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    La luna aveva finito con il lasciare lentamente il posto alle prime, timide luci dell'alba, rendendo il sottobosco una realtà come parallela a quella della città, colorata di un intenso verde e dal profumo pungente dell'erba morbida. Nel silenzio più assoluto i suoni prodotti dalla natura sembravano non aver fretta di rincorrersi tra i tronchi millenari degli alberi, riportando alle orecchie il timido cinguettare di qualche uccellino ed il frusciare delle verdi foglie. Tutto sembrava sul punto di sbocciare, rinascendo da una notte diversa dalle altre e governata da un cerchio perfetto e ben alto nel cielo. La madre luna aveva richiamato i suoi figli a sé, permettendo alla natura di avere il sopravvento su ogni umano dilemma, trasformando i piedi scalzi in veloci zampe ed i denti digrignati per far fronte alla vita in zanne in grado di dilaniare e divorare... e solo una volta stanca quella pallida regina aveva nuovamente chiuso gli occhi, tornando al proprio mistico riposo. Mai come in quelle prime ore dell'alba la giovane Servantes avvertiva chiaro e prepotente il legame con le proprie origini e quel profondo orgoglio verso la natura ferina che aveva contraddistinto la sua infanzia. Camminando a piedi scalzi sull'erba a farle da tappeto, il corpo snello e scattante totalmente scoperto da ogni umano vestito ed i grandi occhi di bosco a riportarle le immagini di quella natura incontaminata, Zara percepiva con prepotente forza il proprio istinto fondersi a tutto ciò che la circondava, riportandola ad essere quella fiera principessa che i suoi natali le imponevano, tornando a farla sentire parte di quel branco da cui anni prima era fuggita per un bene superiore. Forse quello era l'unico momento in cui persino Cameron, Josué e Maria passavano momentaneamente in secondo piano, dandole un lungo attimo di respiro da tutte quelle preoccupazioni che solo una donna a cui era sempre stata negata la possibilità di essere semplicemente bambina poteva comprendere. Pensava ogni giorno ai soldi necessari per sfamare tre bocche sempre più fameliche, alla loro istruzione ed ogni dettaglio delle loro giovani vite... e mai, nemmeno per un solo respiro, aveva provato risentimento verso quelle tre anime ancora tanto pure ed incontaminate. Eppure a volte la sensazione di rimanere senza respiro era tanto reale da portarla a boccheggiare, sola nell'ennesima notte priva di sonno. Le dita dei piedi si mossero appena tra i fili d'erba, lasciando che quest'ultimi solleticassero le caviglie mentre gli occhi di un verde simile a quello del rigoglioso sottobosco finirono per trovare momentaneo riparo dietro le palpebre chiuse. Aveva percorso in una sola notte più strada di quella inizialmente calcolata, ritrovandosi in tutt'altro luogo rispetto a quello di partenza, lì dove si trovava l'albero su i quali rami aveva nascosto i propri abiti, qualche minuto prima della trasformazione... e tuttavia quell'imprevisto le dava modo di concedersi una solitaria passeggiata tra gli alberi, accompagnata unicamente dal risveglio di tutto ciò che la circondava. Con un sospiro trattenuto a stento tra le labbra incredibilmente carnose si mise in marcia, tentando di orientarsi e mettendo un piede davanti all'altro senza alcuna esitazione, nonostante tutti i muscoli sembrassero urlare dal dolore, in cerca di un riposo che non sarebbe certo arrivato nel giro di poche ore. Coperta unicamente dalla lunga chioma di capelli castani, la giovane straniera attraversò il bosco immersa nel silenzio e nei propri pensieri, camminando forse per minuti, forse per ore, in un ambiente sempre simile, dove trovare la strada del ritorno sembrava oltremodo difficile... ed una parte di lei, forse, avrebbe continuato a camminare per sempre senza più fermarsi, così da sfuggire ad ogni suo dovere senza dover mai guardare indietro. Immediatamente a quel pensiero seguirono i volti sorridenti dei gemelli e quello più paffuto e morbido di Maria, come un'istantanea punizione per quell'egoismo. Era per loro che sarebbe tornata a casa, come ogni volta. Per loro avrebbe ancora una volta messo da parte se stessa, pensando ai loro bisogni prima che ai propri. Il lento intercedere si trasformò in una leggera corsa, mossa dall'improvvisa necessità di tornare a casa da loro prima del risveglio, così da poter godere dei volti assonnati e degli scherzi infantili durante la colazione. Era ormai prossima all'albero sul quale i suoi vestiti erano nascosti quando il rumore di passi la avvertì di non essere più sola. Silenziosa ombra, aiutata dagli alberi, trovò riparo dietro un tronco dal quale poté osservare la figura che, priva di vestiario esattamente come lei, se ne stava in prossimità della sua meta. Un altro licantropo, senza ombra di dubbio. Non era possibile trovare umani in quel territorio, soprattutto a poche ore dalla fine di una notte di luna piena. Ancora nascosta, distogliendo lo sguardo dall'uomo e da quella nudità in grado di metterla in imbarazzo e farla sentire una specie di guardona, si ritrovò a trattenere il respiro per lunghi secondi, prima di trovare il coraggio di aprir bocca.
    Dovresti... chiudere gli occhi, oppure andartene.


    Edited by Zara- - 2/7/2019, 22:57
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    Forse mai sarebbe riuscito ad unire quelle due anime tanto tempestose quanto il dolce ed innocente pensiero dei fratelli minori. Alla fine, era a quello che la vita di entrambi si riduceva, in ogni loro scelta. Saul aveva ucciso, digrignando i denti e dichiarandosi martire di una guerra persa in partenza, al solo scopo di far sentire al mondo il troppo fragile ululato dei suoi fratelli. Zara aveva posizionato sulle spalle esili uno zaino ed aveva stretto contro il petto i tre minuscoli corpi, per liberarli dalle catene del branco e da ogni folle regola di sangue, certa dell'idea che una scelta sarebbe poi stata presa proprio da quelle tre piccole vite per cui aveva sacrificato la propria, ma con più intelligenza e con la libertà che tanto lei stessa aveva bramato. Seppur in modo del tutto diversi, entrambi avevano cercato di fare il loro meglio per Josué, Cameron e Maria. Nessuno avrebbe mai potuto togliere loro quella certezza. Gli occhi di palude di Zara sfiorarono con attenzione il volto severo del fratello maggiore, quasi avesse paura di rimaner ferita da quel contatto visivo e da ogni significato in esso nascosto. Avvertiva sulla pelle il formicolio della malinconia contenuta nella sua voce e nella mente i campanelli d'allarme, quei rumori acuti che le ricordavano ogni giorno come fosse lei la sola responsabile di ogni sbaglio o merito dei più piccoli tra i Servantes. Era davvero in grado di negare a Saul la visita del sangue del suo sangue? Quanto in profondità la sua umanità era stata minata dalla necessità di essere forte?
    Potranno decidere se venirti a trovare quando sapranno la verità su tutto.
    Solo con un incredibile sforzo di volontà riuscì a non far ricadere lo sguardo sulla superficie del freddo tavolo che rimaneva a dividerli, o sulla punta delle proprie scarpe. Fiera regina di un regno ormai caduto in miseria, fissò gli occhi del suo personale demone interiore ritrovando in essi se stessa e la necessità di dimostrarsi una sua pari e non più una sprovveduta bambina. Le era stato imposto di crescere il fretta, nessuno avrebbe potuto a quel punto incolparla dei risultati di quel traumatico svezzamento alla vita. Con la schiena ben dritta – ma le spalle tristemente curve in avanti, a tradire una chiusura forgiata nella diffidenza e nella paura – si prese la responsabilità dell'ennesima decisione.
    Ho cercato di tenerli lontani dalle parti più cruente della storia.
    L'odore selvatico che dall'inizio dell'incontro aleggiava nella stanza militaresca sembrò intensificarsi, quasi che improvvisamente l'istinto ferino suggerisse ad entrambi che da lì a poco una tempesta sarebbe finita con lo scoppiare. C'era aria di tornado nel silenzio nel quale si spense il discorso, lasciando alle dita affusolate appena il tempo per nascondere dietro l'orecchio destro una ciocca di arruffati capelli.
    Tu da che parte stai, stavolta?
    Non farlo.
    Le due voci sembrarono quasi sovrapporsi, identiche per serietà seppur tanto diverse per intensità. Lì dove la malinconia iniziava ad allungare i propri tentacoli su Saul, la furia si accendeva dalle braci di un risentimento mai del tutto assopito nel petto della giovane ispanica. Improvvisamente, la mancanza di parole sembrò l'ultimo dei loro problemi.
    Non chiedermi di schierarmi, lo sai che non è la mia guerra, non più.
    Aveva una guerra totalmente diversa da combattere, una battaglia di cui lui non sapeva nulla, ed iniziava ogni mattina con uno sbadiglio ed un caffè di qualità scadente, solo per finire quando il sonno arrivava a soffocare ogni preoccupazione. Cercò di riprendere il controllo di se stessa, lasciando scivolare tra le labbra qualche profondo respiro, solo per poi gettare via quell'apparente tregua, avvicinando con irruenza il petto al bordo del tavolo.
    Cosa vuoi sapere, Saul? Se sono dalla parte degli assassini di Bobby o dalla tua? Le mie idee non faranno la differenza.
    Non era offesa dall'idea che Saul potesse credere che fosse tanto lontana dal branco da non provare alcun tipo di dolore per quella perdita, ingiusta quanto inattesa, ma la sola idea di essere messa alle strette era in grado di tendere fino allo spasmo i nervi mai del tutto rilassati. Con un'imprecazione in grado di scivolare tra i denti digrignati tornò a ranicchiarsi sulla scomoda sedia in plastica.
    ...hai bisogno di soldi, qui dentro? Sono riuscita a mettere da parte qualcosa.
    Era in grado di far avere folli comportamenti, quel legame di sangue.
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    Per Jakub Ek.

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    Non era così raro che le persone finissero con il confondere i gemelli. Per Zara era qualcosa di incomprensibile, totalmente al di fuori della sua comprensione. Conosceva a memoria ogni smorfia di Cameron, così come i riflessivi silenzi di Josué non avevano per lei segreti... eppure ai suoi occhi persino l'aspetto dei due bambini era tanto diverso da renderli, seppure dipendenti uno dall'altro, due esseri ben separati, ognuno con un'identità ormai in via di sviluppo. Josué era intuitivo, veloce nell'apprendimento e, sporadicamente, saccente. Cameron al contrario del gemello, nascondeva dietro un corpo ancora tanto giovane la forza di un uragano, pronta ad esplodere e trascinarlo sempre in nuove avventure. L'unica cosa che accomunava entrambi, era certamente la paura di finire in punizione dopo non aver dato retta ad una delle regole della sorella maggiore.
    “Scusa, Esme...”
    Con le manine ancora aggrappate alla maglietta della giovane cantante ed il capo basso, Cameron attese che dall'alto piovesse la sua sentenza. Le cose erano cambiate notevolmente da quando i più piccoli tra i Servantes erano stati portati via dal branco e dall'influenza ormai nociva di Ingrid, quella che un tempo era invece stata la fiera regina di un branco ormai tristemente conosciuto a chiunque facesse parte del mondo magico. Zara aveva cercato di compensare la poca esperienza con regole ferree e con un'apprensione a tratti eccessiva, destinata a sfociare nella maggior parte dei casi in punizioni severe e non negoziabili. I bambini le volevano bene, ma era innegabile che alle volte, la sua presenza da sola riuscisse a far tremare loro le gambe. La giovane era per quelle tre anime ancora innocenti un porto sicuro e l'unica figura genitoriale a cui far riferimento, ponendola in una condizione a tratti insostenibile. Non le era permesso crollare, né avere dei bisogni personali... e per loro, senza mai battere ciglio, aveva finito con l'annientare ogni giovane sogno o passione, per concedersi completamente alle loro necessità. Così, lentamente, Josué, Cameron e Maria erano diventati non solo il centro della sua vita, ma la vita intera. Il solo pensiero di perdere uno di loro, sembrava in grado di eclissare qualsiasi altra preoccupazione.
    Non devi allontanarti da me, quando siamo in giro.
    Quella fulminea fuga avrebbe di certo avuto la giusta punizione, una volta tornati a casa... ma pensare a qualcosa di efficace mentre ancora Maria si aggrappava alle lunghe ciocche di capelli castani era un'impresa a dir poco impossibile. Fu proprio la più piccola, con la bocca rosata ad un soffio dall'orecchio della sorella maggiore, a riportarla completamente con l'attenzione sulla giovane sconosciuta che tanto sembrava importante per Cameron.
    “¿Es una princesa?”
    Chi altri avrebbe potuto catturare così l'attenzione? Agli occhi di Maria, da sempre appassionata di brillantini e principesse dal sorriso dolce e buono, non esisteva grado più alto nella piramide sociale e quindi Annie doveva per forza di cose nascondere da qualche parte corona e scettro. Zara agitò prontamente il capo, pronta a ridimensionare le aspettative di quella che era a tutti gli effetti la principessa della loro strana famiglia. Ancora una volta, fu Cameron a difendere la mitologica figura di quella giovane che, a ben vedere, doveva avere persino qualche anno in meno di Esme.
    “È la cantante più brava del mondo!”
    Di certo la più carina che il bambino avesse avuto modo di vedere e l'unica, fino a quel momento, comparsa come per magia davanti ai suoi occhi. Quella giornata sembrava per lui trasformarsi sempre di più in un sogno, ma mai, nemmeno nelle sue fantasie più rosee, la sua beniamina avrebbe aperto bocca per offrire a tutta la sua famiglia un gelato. Con solo un rapido sguardo ed un sorriso sdentato, decise che da grande avrebbe di certo sposato Annie.
    Non...
    Fuori dalla mente di Cameron, tuttavia, il mondo continuava a scorrere con il proprio ritmo e le proprie difficoltà. Mai Zara avrebbe permesso ad una perfetta sconosciuta di offrire loro qualcosa, certa dell'incapacità di ricambiare il favore. Non potevano permettersi piccoli extra di quel genere. Lo sguardo perennemente adombrato di pensieri sconosciuti al resto del mondo affondò come una lama negli occhi dall'aria divertita dell'altra, mentre il corpo esile andava a prendere posto sulla panchina. La voce di Josué annientò quella negazione sul nascere, portandola a prendere un profondo respiro, tuttavia incapace di scacciare la stanchezza per quelle continue battaglie giornaliere.
    “Con il cioccolato! Grazie!”
    Fortunatamente, almeno, la parlantina dei bambini era come sempre in grado di bilanciare i lunghi silenzi di quella donna dall'aspetto ancora tanto giovane, quanto ormai invecchiata precocemente nell'anima. Bastava che lei rimanesse in silenzio, lasciando spazio alle voci infantili, così che la sua indole introversa e diffidente non spiccasse eccessivamente.
    “Esme però è anche la nostra mamma, perché ci può mettere in punizione! Io mi chiamo Cameron, lui Josué e lei Maria!”
    Le sopracciglia scure formarono due archi perfetti, davanti a quella visione del loro rapporto che mai, prima di quel momento, aveva sentito uscire dalle labbra dei fratelli.
    Sei sicura di non voler ritrattare su quel “non fa niente”?
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    Gestire tre bambini non era mai un'impresa facile, soprattutto per una donna tanto giovane da risultare, agli occhi degli estranei, a sua volta nient'altro che una creatura ancora troppo inesperta per una responsabilità tanto grande. Eppure Zara combatteva ogni giorno per quelle tre giovani vite, difendendoli se necessario con le unghie e con i denti dai possibili pericoli che il cognome dei Servantes portava su ognuno di loro ed impegnandosi a concedere ai tre fratelli minori una vita, se non agiata, almeno dignitosa. Passava tra le aule polverose della palestra di Morgan sempre più ore al solo scopo di riuscire a raccimolare i soldi necessari a sfamare tre bocche sempre più fameliche, nel pieno dell'età della crescita... ma non sempre i suoi sforzi bastavano. Così capitava che alcuni mesi fossero più difficili di altri, arrivando al punto di consumarla dentro, rendendola a tutti gli effetti una donna ormai allo stremo, nonostante l'età anagrafica tanto contenuta. Gli occhi grandi, verdi come erano verdi solo i sottoboschi più rigogliosi e selvaggi, da ormai qualche giorno erano circondati da violacee occhiaie causate dall'assenza di sonno. La fine del mese era sempre il periodo più difficile ed i pensieri, al calare della notte, diventavano tanto ingombranti da scacciare brutalmente qualsiasi possibilità di chiudere occhio. Silenziosa come un fantasma, la fiera lupa aveva finito con il passare le ore più buie della giornata con una spalla poggiata contro lo stipite della porta, lo sguardo fisso sui tre minuscoli corpi profondamente addormentati. La povertà, perché nessun'altro nome poteva esistere per la sua situazione, sembrava persino più insopportabile, quando la certezza di essere l'unica artefice di quel destino arrivava a punzecchiarla fastidiosamente... per quale altro motivo, se non per la sua scelta di abbandonare il branco, i suoi fratelli minori si trovavano in quella condizione? In Spagna, o persino a Londra, tutti e quattro avrebbero potuto vivere come veri nobili, se solo la giovane straniera non avesse deciso di intraprendere una strada completamente diversa da quella che aveva per generazioni guidato verso un'unica meta la sua dinastia. Una passeggiata per le vie di Diagon Alley, fortunatamente, sembrava in grado di allentare momentaneamente la tensione in cui i muscoli asciutti eppure forti di Zara erano costretti da troppe ore ininterrotte. Non serviva possedere del denaro, per poter concedere agli occhi la magia di quel mondo nel quale tanto di rado lasciava immergere i gemelli e la piccola Maria.
    “È Annie!”
    La voce di Cameron, sporcata da un forte accento spagnolo e resa acuta dalla giovane età, raggiunse l'udito di Esme proprio mentre il corpo tanto minuto si faceva carico di quello piccolo e morbido di Maria, innervosita dalla stanchezza causata dal troppo camminare ed ormai prossima ad una serie di inutili capricci messi lì al solo scopo di convincere la sorella maggiore a riportarla a casa. Con uno sbuffo spazientito incastrato tra le labbra incredibilmente carnose, la ragazza provò a cercare un qualche modo che potesse in fretta far desistere Cameron dalla sua nuova avventura, condita forse da troppa fantasia. Non aveva proprio idea di chi potesse essere, l'Annie di cui parlava.
    “Scemo, le persone famose non stanno mai dove sta la gente normale!”
    La voce di Josué precedette quella di lei di qualche secondo, mentre il volto dai colori della terra si alzava con aria saccente, così da rimarcare quel concetto tanto discutibile. Nessuno dei due aveva mai avuto modo di vedere dal vivo un personaggio famoso, ma per quanto gli occhi di Cameron potessero ingannarlo, portandolo a vedere la sua nuova eroina proprio nel bel mezzo di Diagon Alley, di certo la sua opzione era più veritiera di quella del gemello, che voleva tutti i personaggi famosi racchiusi come in un mondo parallelo. La risposta di Cameron fu veloce quanto scontata.
    “Esme, Josué mi ha chiamato scemo!”
    Le labbra si serrarono in una linea severa, mentre il tirare delle manine di Maria sulle lunghe ciocche corvine non la portava a desiderare altro che non fosse un veloce ritorno alle mura domestiche.
    Volete finire in punizione?
    Come se nemmeno una di quelle parole fosse mai stata pronunciata, Cameron prese a tirare il bordo della maglietta di Esme, alla ricerca della sua attenzione e, cosa ancora più importante, della sua autorizzazione. Per quanto i bambini fossero esuberanti, tutti e tre sapevano che era meglio non scherzare con le punizioni della più grande di casa, alle volte persino eccessivamente severa, quando si trattava di rimetterli in riga.
    “È Annie, la cantante! Posso fare una foto con lei?”
    Agitò il capo, Zara, ormai decisa a mettere fine a quella passeggiata non più tranquilla.
    Non... Cameron!
    Bastò un battito di ciglia per perdere di vista il più veloce dei due gemelli, partito alla ricerca della sua beniamina e così, troppo lontano dal campo visivo della sorella maggiore. La gola sembrò seccarsi istantaneamente, mentre la testa ruotava velocemente in tutte le direzioni, alla ricerca di una maglietta verde o di un paio di scarpe leggermente consumate, eppure ai suoi occhi così familiari da poter riportarle ossigeno nei polmoni, insieme alla certezza di non aver davvero perso uno dei fratelli minori. Con Maria ancora stretta al petto e la mano chiusa intorno a quella di Josué, la Servantes prese a muoversi velocemente tra i corpi in movimento.
    “Sei Annie, vero? Mio fratello dice che non sei tu!”
    Ed eccolo, il piccolo fuggiasco, con le manine strette alla stoffa degli abiti di una perfetta sconosciuta, con il naso verso l'alto per poter osservare un volto sistemato decisamente più in alto del proprio. Gli occhioni, grandi ed espressivi, mandavano bagliori di emozione persino a quella distanza.
    “Anche io ho un fratello famoso come...”
    La mano di Zara arrivò a coprire la bocca del bambino appena in tempo, evitando che il nome di Saul spuntasse con eccessiva innocenza da quelle labbra rese carnose dalla giovane età. Nonostante tutto quello che sull'indiscusso capo della loro famiglia veniva detto, in giro per il mondo magico, Esme si era così impegnata a tenere i fratelli lontani da quelle notizie da aver finito con il rendere ai loro occhi Saul una specie di eroe.
    Scusa, probabilmente ti ha scambiata per un'altra persona.
  11. .
    Seppur breve, era esistito un periodo nella vita di Zara nel quale aveva guardato a quel fratello ormai rinnegato, come ad un punto di riferimento. Divisi da troppi anni, nati in due periodi completamente diversi per il branco e per la vita stessa, non avevano mai avuto occasione di maturare quel rapporto che molti avrebbero creduto giusto per due fratelli... eppure Esme aveva posato gli occhioni incredibilmente chiari su di lui senza dover combattere un costante senso di nausea, chiedendosi piuttosto quanto tempo potesse servirle per diventare altrettanto forte. Era stato prima di comprendere le più nascoste dinamiche del branco, prima che le catene arrivassero a farla sentire prigioniera delle proprie origini e, per quanto le era possibile, cercava di tenere lontani da sé quei ricordi. Non ne andava fiera, per quanto allora le sue idee fossero mosse solamente dalla più innocente delle ignoranze. Per qualche giorno, forse una settimana od un intero mese, poi trasformato in anno, aveva ceduto alla tentazione di essere fiera di Saul, mentre lui sedeva ancora sulla sommità di quella piramide gerarchica che costituiva la base del branco. L'uomo che le sedeva davanti aveva catene ai polsi e ai piedi per via dei suoi stessi errori e, per quanto si impegnasse per mantenere la dignità che gli era stata riservata per diritto di nascita, andava secondo dopo secondo a perdere quell'aurea di indistruttibile forza che invece Zara tendeva ad associare alla sua figura. Eludeva le sue domande, pur di non cedere di un solo centimetro in quella battaglia ormai persa.
    Non è quello che ti ho chiesto.
    Le sopracciglia della giovane si avvicinarono tra loro, rivelando senza alcuna esitazione una frustrazione che occhi esterni non sarebbero riusciti a comprendere ma che, per suo fratello, avrebbe pur dovuto significare qualcosa. L'aveva vista crescere, prima di scoprirla estremamente diversa dal resto dei suoi fratelli... e rimasugli di quel rapporto rimanevano attaccati ad entrambi, che fossero disposti o meno ad ammetterlo. Avrebbero potuto dichiararsi guerra a quello stesso tavolo, per una parola detta male, eppure non sarebbero mai stati incapaci di non comprendere l'altro, nelle sue più intime sfaccettature. Forse per questo Zara decise di non controbattere all'offerta del fratello, quasi le sembrasse superfluo chiarire che mai avrebbe chiesto l'aiuto di Chibs, o di un altro componente del branco. Alle volte, era semplicemente troppo stanca per combattere contro il mondo intero.
    Va bene.
    Chinando il capo tornò ad osservare le proprie mani, mentre lo sguardo di Saul puntava invece contro la parete sulla loro destra, lasciando spazio ad un silenzio denso e pregno di parole soffocate solo con un enorme sforzo di volontà. Entrambi coscienti delle orecchie pronte ad ascoltare ogni loro parola, non propensi al dialogo per natura, sembravano ormai arrivati alla fine di quel difficile incontro. Di certo nessuno dei due avrebbe sprecato una sola parola, solo per riempire i tempi morti di una visita ai limiti dell'assurdo... e secondo dopo secondo, Zara sentì crescere dentro di lei l'impellente bisogno di uscire da quella stanza, così da poter tornare a respirare aria che non avesse in ogni molecola l'ingombrante profumo del branco e di suo fratello. Con l'unghia dell'indice grattò distrattamente la superficie del tavolo in metallo, producendo per qualche attimo il medesimo rumore di unghie contro una lavagna.
    I gemelli mi hanno chiesto di salutarti da parte loro.
    Cameron e Josué le avevano in realtà chiesto di poter andare con lei, cercando di farla cedere in ogni modo, pur di ottenere un incontro con quell'uomo su cui mai avevano avuto modo di riflettere oggettivamente. Zara aveva fatto di tutto per tenerli lontani dagli errori di Saul e loro due, nella più stupida innocenza, avevano finito con il renderlo una specie di eroe, nelle loro menti ancora giovani.
    Maria ha pianto, ma immagino che anche lei condivida il pensiero.
    Le spalle esili si avvicinarono appena nel tentativo di non dare troppa importanza ai dettagli di quei saluti di cui lei non era altro che il messaggero. Solo quando tornò a sollevare il volto, in cerca dello sguardo di suo fratello, la domanda che le ronzava nella testa dall'inizio di quella giornata prese forma con prepotenza tra le labbra carnose, sfuggendo al suo controllo.
    ...c'è qualche possibilità che tu riesca a vincere il processo?
  12. .
    Non aveva pensato nemmeno per un solo secondo, Zara, di poter assistere al dolore di suo fratello. Saul era troppo fiero per mostrare debolezze, persino davanti a chi condivideva il suo stesso sangue... eppure, la parte più umiliata e ferita di lei, aveva forse inconsciamente desiderato un confronto più diretto, che potesse sfociare in una serie di accuse in grado di liberarle la gola da tutta quella bile che da anni la infettava.
    Se solo un solo movimento delle labbra le avesse mostrato sofferenza, allora quella giovane lupa avrebbe colto l'occasione per scattare in un feroce attacco, mostrando le zanne con fare minaccioso, senza più curarsi di quel labile confine tra la belva e l'umana. Gli avrebbe sputato contro che lui non aveva alcun diritto di soffrire, dopo un'assenza troppo lunga. Dov'era, il grande e fiero Saul, mentre la sua famiglia implodeva, lasciando nello spazio nient'altro che un enorme buco nero? Non aveva bisogno di condoglianze, ma degli auguri di pronta guarigione sarebbero di certo stati adatti alla situazione venutasi a creare. Suo fratello non aveva visto le mille sigarette abbandonate tra le dita di una donna ormai inerme, pronte a cadere sul tappeto, dando così vita ad un incendio in grado di consumare le uniche cose buone rimaste in quel mondo. Non era stato lui a vivere con un costante nodo alla gola, staccando da ogni massacrante turno di lavoro solo per correre a casa, pregando qualsiasi divinità fosse in ascolto per far sì che tutto fosse proprio come l'aveva lasciato. Una volta, nell'aprire la porta, gli occhi di Zara avevano incontrato la viscida figura di Paul, il padre dei gemelli, mentre porgeva a Josué una sigaretta, con un sorriso etilico a stirargli la bocca... e per quanto ogni muscolo le avesse allora urlato di reagire, di colpire quel volto sfatto da una vita priva di scopi, non aveva avuto altra scelta che quella di afferrare il fretta il bambino, portandolo nella piccola stanza che allora divideva con i tre Servantes più giovani. Per troppe volte non aveva reagito, cercando di tamponare i danni causati da una madre mai tale. La morte di Ingrid era la fine di quell'inferno e della paura di poter ritornare a quei giorni pieni di pericolose incognite, ma Saul non poteva nemmeno immaginarlo e lei non era certo arrivata fino a lui, solo per poter piangere sulla sua spalla. Avrebbe assaporato il sollievo senza condividerlo con nessuno, fermandosi di tanto in tanto, nel bel mezzo della giornata, per ricordare a se stessa che Ingrid non sarebbe mai tornata ad infangare la sua esistenza, o quella dei bambini.
    Potrebbero esserci dei problemi.
    Con la schiena appena curva in avanti e le mani premute contro la fredda superficie del tavolo, lasciò che i secondi passassero, mentre la lingua carezzava distrattamente ogni dente, oltre le labbra ben chiuse, in un piccolo esercizio per lasciare al corpo il tempo necessario a non crollare, vittima di istinti troppo primordiali per poter essere compresi. Prese qualche respiro profondo, senza sottrarsi a quegli occhi d'ambra, prima di tornare ad aprir bocca.
    Ma non saranno mai gravi quanto quelli che ha causato quando era in vita.
    Il mento si sollevò appena, in una silenziosa provocazione. Avrebbe attaccato con i denti e con le unghie quella figura demoniaca che sua madre era stata, se qualcuno avesse avuto l'ardire di proteggerla dal giudizio dell'unica persona in grado di giudicarla. Saul aveva perso ogni diritto di insegnarle come la vita andava, così come lo aveva perso ogni altro membro del branco, non appena le catene avevano smesso di stringerle intorno ai polsi e alle caviglie.
    Zara la rinnegata, la figlia senza più una famiglia, la principessa sfuggita dal suo regno.
    Se ci saranno contrattempi, me ne occuperò io. Non... intrometterti.
    Dubitava, in ogni caso, che potesse far molto, chiuso dietro a delle sbarre resistenti persino alla furia della sua forma animale. Sembrò bastare quel pensiero, a farle ritrovare un briciolo di umanità, un pizzico di preoccupazione per l'uomo nascosto dietro agli articoli di giornale. Il sangue del suo sangue, con la pelle pregna del primordiale odore della stessa natura che l'aveva vista crescere.
    E tu, Saul... tu come te la cavi?
  13. .
    Erano passati molti anni, da quando Zara aveva avuto per l'ultima volta occasione di vedere suo fratello. Era allora a capo del loro branco, ancora giovane eppure già tanto inflessibile in ogni sua decisione, da sembrare tanto più un estraneo che un uomo con nelle vene il suo stesso sangue. Era mosso dal proprio istinto, eppure la ragazza che era stata, aveva visto in lui una mancanza di sentimenti a dir poco spaventosa. Forse, mai come in quel periodo, era stato per lei semplicemente impossibile comprendere ed accettare la natura di suo fratello, come quella dell'intero branco. Aveva avuto la sensazione di essere nata nel luogo sbagliato, di essere diversa da tutti loro.
    Da allora, le loro strade avevano finito con il dividersi, portandoli tanto lontani da renderli a tutti gli effetti due perfetti sconosciuti.
    Mentre una mano sistemava discretamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro, i grandi occhi si sollevarono, arrivando a soffermarsi sui dettagli di quel volto dall'aria familiare, eppure sconosciuto. Solo una cosa, sembrava non essere mutata. Era faticoso respirare, per lei, quando l'odore del branco le invadeva con così tanta prepotenza le narici.
    Odore della sua terra d'origine e di ogni lupo conosciuto, ma soprattutto, di ognuna di quelle cose che avevano finito con il farle credere che la fuga, fosse la sua unica possibilità.
    Sei invecchiato.
    Possedevano una voce incredibilmente simile, in grado di sorprendere se si teneva conto dell'enorme differenza fisica dei due. Mentre Saul aveva ricevuto dalla natura un corpo monumentale, Zara aveva rinunciato ormai da anni alla speranza di poter crescere. Era rimasta minuta, con un volto dai lineamenti morbidi e con occhi troppo grandi, per poter essere presi sul serio. Quando finalmente iniziarono a parlare, quelle due voci si alternarono nel riempire la piccola stanza, creando uno strano gioco di suoni, come in un eco con una propria creatività, affatto ripetitiva. Per un attimo, pensò che fosse semplicemente impossibile che qualcuno non notasse quel dettaglio, mandando così a monte la propria copertura... ed attese, con le orecchie pronte a captare una sola parola d'allarme, ma nulla sembrò mutare, al di fuori di quel piccolo mondo di catene e sbarre.
    Si limitò allora ad agitare il capo, scacciando via quella preoccupazione che, in qualche modo, era in grado da sola di far scattare nella sua mente, mille e più campanelli d'allarme. Una parte di lei temeva quell'interesse per i bambini che la aspettavano a casa, o forse era semplicemente offesa dall'idea che Saul potesse dubitare della sua capacità di tenere al sicuro quelle tre piccole vite.
    I bambini stanno bene. Si tratta di Ingrid.
    Anche se non ci fossero state diverse paia di orecchie ad origliare la loro discussione, Zara non sarebbe stata in grado di chiamare quella donna, madre. Era stata di certo molte cose, ma mai una figura genitoriale. Drogata, puttana, egoista... e sarebbe stata in grado di andare avanti per giorni, se solo ne avesse avuto il tempo e la voglia. Ma per suo fratello, lo sapeva, le cose erano ben diverse. Lui aveva davvero amato quella donna ormai persa, riservandole un rispetto simile a quello che i credenti, riservavano al proprio dio.
    È morta. L'hanno trovata senza vita a casa, dicono... per colpa della droga.
    Sembrò farsi ancora più piccola, stretta nelle spalle ed in un'indifferenza a tratti troppo profonda, per poter essere semplicemente compresa. Quella donna aveva rovinato la sua vita... ed era un bene, che fosse semplicemente scomparsa, prima di riuscire a rovinare anche quella dei Servantes più piccoli dell'intera famiglia. Maria, Josue e Cameron, meritavano una vita migliore di quella che era stata offerta a Zara, alla loro stessa età.
    Era mio compito, dirtelo.
  14. .
    L'apertura della porta era preceduta da un breve e fastidioso suono acustico, di circa cinque secondi. Un lungo bip, tra le pareti pallide e prive di qualsiasi quadro o finestra, in grado di penetrare nella mente per più tempo del previsto, persino una volta finito. Rimase lì, dentro le orecchie, mentre Zara veniva condotta lungo un secondo corridoio, nascosto dalla prima porta a doppia anta, in pesante metallo. Era un corridoio appena più stretto, con lunghe panche sul fianco destro e diverse porte su quello sinistro e, su ogni porta, una targhetta in finto oro aveva su incise alcune lettere, messe lì a formare il nome di un sergente, o di un auror penitenziario. C'erano addirittura delle finestre, sistemate tra una panca e l'altra, che davano modo di osservare il giardino sottostante. A quell'ora, era pieno dei carcerati a cui era concessa l'ora d'aria in luoghi comuni e, appena sopra le loro teste, denso fumo di sigaretta offuscava i loro cento diversi volti, mentre alcuni passavano il tempo giocando a carte sui pochi tavoli a disposizione e gli altri erano occupati in allenamenti che la giovane ispanica riconosceva in ogni singola mossa. Un vecchio uomo si avvicinò a lei, una cartellina tra le braccia coperte dalla divisa che ogni uomo sembrava indossare e lo sguardo vagamente offuscato da troppi anni di servizio.
    “Ci vorrà tempo, può aspettare seduta e nel mentre compilare questi documenti.”
    Annuì, senza però aprire bocca. Prese silenziosamente posto su una panca, situata proprio davanti all'ufficio di rilascio ed accettazione e, con un movimento piccolo, appena percepibile, tirò su le maniche troppo lunghe di quella felpa di due taglie abbondanti in eccesso, così da liberare le dita affusolate dall'impaccio della stoffa in eccesso. Le era stato spiegato che per vedere Saul, era necessario più tempo di quello che solitamente era impiegato per far uscire dalle proprie celle gli altri detenuti, perché il regolamento prevedeva che fosse accompagnato da ben quattro guardie... e le guardie, le era stato ripetuto diverse volte, avevano anche altre mansioni di cui occuparsi. Così capitava che una fosse occupata a tener d'occhio la cucina ed un'altra i bagni, rendendo difficile prelevare un criminale di tale livello, per condurlo alla stanza delle visite. Perché poi, una ragazzina come lei, voleva vedere un mostro del genere? Sottovoce, aveva sentito insinuare che fosse una di quelle pazze che mandavano lettere d'incoraggiamento a Servantes, del tutto incantate dall'aura di malvagità e bestialità che lo circondava. Zara non aveva smentito, anche se ovviamente non era quello il gruppo a cui apparteneva. Un ex membro del branco, o ancor meglio, della famiglia. Ma questo era un segreto che avrebbe portato via con sé da quell'edificio claustrofobico, senza farne parola con nessuno. Aveva comprato un documento falso, qualche giorno prima di quella gelida mattina di Gennaio e furono i dati riportati su quel documento, quelli con cui compilò la lunga sequenza di fogli che le era stata consegnata. Nome, cognome, data di nascita, residenza ed ancora, motivo della visita, oggetti da dichiarare, oltre ad un infinito numero di provvedimenti da leggere e da accettare, prima di poter essere condotta nella stanza situata oltre un'altra fila di porte ben chiuse, da aprire con comandi tanto complicati da rendere la fuga in poche parole impossibile. Finì con il passare due ore su quella panchina, prima di ottenere l'autorizzazione per proseguire fino al cuore più oscuro e sotterrato della moderna prigione ed anche a quel punto, si ritrovò semplicemente seduta su una sedia in plastica, le mani improvvisamente sudate per la tensione e lo sguardo basso, piantato sulle mani dalle dita intrecciate, posizionare sotto il tavolo, sulle gambe fasciate da vecchi e logori jeans. Non vedeva Saul da troppi anni per non essere nervosa per quell'incontro, ma aveva letto qualche volta i pezzi di giornale dedicati a suo fratello. Mostro, assassino, stupratore. Il mondo intero era così venuto a conoscenza di quella realtà che per lei era stata, a lungo, l'unica realtà. Il branco era stato buttato sotto gli occhi di ogni cittadino del mondo, eppure nessuno aveva capito quale fosse il vero problema. Non che ci avesse sperato particolarmente.
    Quando la porta – non quella da cui lei era entrata nella stanza, ma un'altra, messa esattamente sul lato opposto – finalmente si aprì e Saul Servantes venne scortato fino alla sedia, Zara si scoprì incapace di sostenere il suo sguardo.
    Ciao, Saul.
14 replies since 11/12/2016
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