Posts written by Kaj;

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    „Mah non saprei, è strano“ la relazione con la sorella era stata sempre molto particolare per il minore di casa Kuhn, sempre così difficili, così diversi. Non c´era niente che potessero condividere. A lui non venne in mente che Meike, poteva e voleva improvvisamente condividere dubbi, cose accadute alla loro famiglia. Forse era lui a non essere pronto in quell momento, o semplicemente non voleva. Era ricomparsa a cose finite, le aveva detto che non importava, che non era importante, ma in cuor suo sapeva che le cose non erano le stesse tra lei e lui. Lui la giudicava una gran codarda, e chissà quando e se avrebbe mai perdonato la cosa.
    Quando si è giovani sembra tutto il finimondo.
    Si fermarono davanti il grosso fuoco scoppiettante al centro della piazza, dove il grosso gazebo si ergeva. Ascoltò in silenzio le parole della compagna, fino alla fine, bevendo con cautela la cioccolata, immaginò il segreto della donna, ad ogni sorso, la cioccolata sembrava avere un sapore quasi diverso, variò dalla cannella, al latte, alla panna. Si chiese se ci avesse azzeccato, se fosse quello il segreto, un sapore diverso per ogni assaggio.
    Lo trovò stupidamente poetico.
    “Chissà forse è stato questo il motivo, intendo, forse qualcuno ha pensato fosse meglio se in un certo period non ci avvicinassimo a vicenda” anche se “Ammetto che tuo padre è stato molto insistente nel fatto che avessi dovuto portare io quella cartellina al Dragonfly” e un bieco sorriso gli sorvolò le bianche labbre intorpedite dal freddo.
    “Non ti piace avere un potere del genere?” Chiede senza alcuna premura “Nonostante tutto potrebbe essere usato a fin di bene, non credi?“ pensò che sarebbe stata una possibilità papabile solo se lei l´avesse voluto davvero e quella era una domanda che non aveva posto.
    Si accurse di dover dire qualcosa di molto triste: “Io non ho idea del se e quale dono possa mai avere, I miei voti sono in parte migliorati ma non è stato niente di speciale o degno di nota. Tu sei stata sempre molto brava, insomma, sei entrata a scuola quando all atua età dell´epoca molti di noi si fanno ancora pipì nei pantaloni. Non so nemmeno cosa potrei fare da grande. Ma non credo andrò in Accademia. E se i miei voti non miglioreranno ancora, non credo nemmeno di potermi aprire troppi spiragli” poi finì la sua cioccolata e si voltò verso di lei, sorridendo e annuendo.
    “Invece guarda te, sei rimasta brillante, Caposcuola, e non contenta hai anche un dono speciale, che altro? Il più giovane Ministro della Magia Mondiale?” e fece spallucce “Se le amiche ti hanno mollato, non erano vere amiche, te ne farai altre, Hogwarts è grande. E se non sarà così… tra poco la scuola sarà finite anche per te, potremmo portare un po`di pazienza insieme” e iniziò una canzone dal vivo sul fondo della fiera, sembrò quasi fatto apposta.
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    “Purtroppo no, è segreto” rimarca con un’ombra di sorriso il ragazzino.
    L’odore di cioccolata calda è talmente intenso da coprire persino i pensieri, si mischia a zucchero e cannella, la panna adagiata in alto è la culla di una spolverata di cacao perfettamente assaporabile. L’odore è così forte che potrebbe pensare di nuotarci dentro.
    Mano mano che si spostano nelle bancarelle vengono investiti sempre da più odori, gli sembrò di poterli assaporare già così, caldarroste, pane croccante e caldo, quei Brezel dolci alla vaniglia.
    “Sarebbe stato bello” dice brevemente pensandolo davvero “peccato che avessero altri piani per noi a quanto pare. Forse mi sarei cacciato lo stesso nei guai” un piccolo minuscolo spiraglio di apertura, respirò l’odore del cacao amaro.
    “Grazie” prese una caldarrosta enorme dal cartoccio, per grazia di Odino già aperta.
    “Non stanno più insieme” ammise “era questione di tempo” e in fondo era più che vero, suo padre aveva una relazione con una donna da anni, anni addietro, l’aveva vista con i suoi occhi.
    E forse la madre anche.
    Ma era più comodo pensare che fosse stato lui la causa della rottura tra i due. In fondo senza la tensione che aveva creato, i due avrebbero finto ancora per chissà quanto tempo. “Meike è tornata a casa in pianta stabile” era stata buttata fuori dalla Accademia “Dividiamo la stanza adesso”. Il buffo modo che aveva Meike di comportarsi con lui ultimamente gli sovvenne ma scelse di non parlarne ad Ariadne, per paura di annoiarla, in fondo Meike non era mai stata oggetto di dialogo tra loro, se non per deriderla. Ultimamente c´era davvero poco da deriderne, sembrava anche lei l´ombra di se stessa.
    Inspirò l´aria cosí gelida che quasi sentí la sua stessa schiena dolore, come se i polmoni non potessero reggere a tanto freddo. La nuvoletta all´esterno delle sue labbra si spostò verso la ragazza: "Perchè non mi spieghi meglio la questione dei guant? Non credo di averci capito poi molto" i voti a scuola di Kaj erano discreti, niente di speciale, e per assurdo, al ritorno a Durmstrang erano persino migliorati, come se non avesse alcuna altra distrazione a cui pensare, triste, ma utile.
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    “Sicuro di non volere compagnia?” Da quando Meike era tornata a casa era più strana del solito.
    Stava e orbitava spesso attorno al fratello minore, cercava contatti che all’epoca aveva sempre in qualche modo ripudiato, lo aveva chiamato sgorbio, moccioso e caccola. Le cose erano cambiate da qualche tempo, voleva fare cose insieme e nel dubbio, credendo fosse tutta opera della madre o del padre, lui aveva sempre indietreggiato e declinato gli inviti. Lei si era sentita offesa e a lui non era purtroppo importato troppo.
    Stasera aveva per l’ennesima volta declinato un invito, con la promessa mentale di concederle qualcosa l’indomani magari.

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    Era la seconda festa del borgo, l’anno scorso non aveva cuore di dire di no alla nonna quando gli aveva chiesto delle caldarroste e una cioccolata esclusivamente da Madama Silke, perche quella ruba fidanzati, diceva, le doveva milioni di cioccolate gratuite. Lui aveva pagato, ed era tornato piuttosto velocemente a casa. Aveva sentito il desiderio di rimanere solo quell’anno, e di andarci proprio con lei. L’invito era uscito spontaneo, e sperava l’avesse davvero raggiunto.
    “Fingi di non vedermi?” Le chiede dalla panchina adiacente senza che nessuno dei due si muova.
    Poi sorride leggermente, tronfio di gioia nel vederla con le gote appena arrossate e le labbra color ciliegia.
    “Ti ricordi lo facesti una volta anche a Durmstrang, e dopo qualche giorno, mi dicesti che mi avevi visto eccome” si schiacciò il cappello imbottito bianco sulla fronte mentre una nuvoletta di gelo, fuoriusci dal naso.
    Si alzò poi e le porse la cioccolata extra che si era raccontato volere per lui. Serviva un piano b per la sua anima semmai lei non l’avesse raggiunto.
    “È di Madama Silke, là cioccolateria più antica del nord, dicono ci sia un ingrediente segreto” e gliela porse, tenendo la sua vicina, c’era un po’ meno panna montata.
    "Come vanno le cose a Hogwarts?" chiese dopo aver trovato il coraggio finalmente. Soffiò sulla sua cioccolata rendendosi conto della temperatura perfetta, ne prese un sorso.

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    "Non si trattava di lottare" cercò di spiegare in imbarazzo, cautamente, tenendo gli occhi chiari in quelli di lei. Si sentì incompreso, e per un attimo, pensò che della bambina che aveva conosciuto, quella dolce bambina che aveva preso per mano quel giorno, alla quale aveva comprato dei biscotti tipici natalizi non c'era più. O meglio, se c'era, era di certo nascosta dentro quegli strati di imbottitura e guanti che la ricoprivano.
    Lui rimane in silenzio, pensando che qualsiasi risposta lui avrebbe dato, sarebbe stata di certo sbagliata.
    Schiuse le labbra leggermente, scosso da un silenzioso brivido di freddo.
    Aveva pensato di invitarla a quella festa nel borgo antico, scappare come avevano fatto molte notti addietro, ma la cosa gli passò di testa, se ne dimenticò improvvisamente, come se avesse spento un interruttore qualcuno direttamente nel suo cervello.
    "Mi dispiace che questa sia la tua situazione famigliare" aveva visto la bambina nei giorni addietro, era al passeggio col padre, si tenevano per mano e la bambina dai capelli coperti sempre da un vistoso cappello di lana rosso, aveva il braccio teso, e rimaneva appesa a quello del padre ciondolando, mentre lui era impegnato a parlare con qualcuno in strada. Aveva un viso vispo, molto diverso da quello di Ariadne, somigliava più ad una bambina tremendamente allegra e solare. Ma non lui non la trovava comunque bella e affascinante quanto lei.
    Decise di interrompere il silenzio tombale con un pensiero.
    Mio padre diceva sempre che non ha senso parlare con una persona estremamente ferita o arrabbiata, non se ne cava mai nulla di buono. E così, per quanto la tentazione di lui di rispondere che anche la sua situazione famigliare in pochi anni si era completamente distrutta, rimase in silenzio e cacciò di nuovo tutto in gola.
    "C'è la festa in borgo stasera" scelse semplicemente di rimandare a più tardi il discorso. Non aveva alcuna voglia di sentirsi aggredito, aver voglia di aggredire, o peggio, di intristirsi. Era stato davvero felice di rivederla, e non voleva pentirsene.
    "Mi ha fatto piacere rivederti" le disse sincero, prima di accennare ad un vago sorriso e fare qualche passo all'indietro, prima di darle le spalle. Quando si voltò verso il freddo della valle aperta dalla strada, sorrise in modo diverso, sentendo molto meno freddo.
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    Se la ricordò perfettamente quella notte degli obscuriali. Era fuori nel cortile mentre la grossa rete azzurra sul dirupo oscurava quasi la vista a strapiombo sulla costa. Thomas gli aveva indicato il cielo, aveva un'espressione mista a confusione, aveva posato la mano sulle sopracciglia a costo di ripararsi da una luce che non c'era, pur di essere sicuro che non servisse.
    Lo fece come se fosse sicuro di vedere meglio.
    Quando il bruno alzò la testa verso il cielo, quelle nuvole sembravano tutto, tranne reali.
    Quando Thomas si voltò verso il gruppo, tutti si sentirono in dovere di correre verso l'interno dell'istituto.
    "Correte!" aveva urlato Kaj voltandosi e cominciando a correre verso la struttura di cemento incantata, molti si calpestarolo uno con l'altro. Ricordava bene la questione oscuriali, e quello fu l'unico motivo per il quale il madre e padre di Kaj furono in grado di tirarlo fuori da lì. Si appigliarono al fatto che niente sembrava più sicuro, e seppur Kaj non spiccicò parola, lo credeva anche lui. Si era sentito tremendamente in pericolo e del piccolo ragazzino in cortile, nessun aveva più fatto riferimento.
    Annuì fingendo di ricordare le sue parole, promettendosi di scavare più tardi nella sua memoria per ricercarle.
    Non capì il discorso di Ade, non lo capì nemmeno lontanamente, eppure, lo aiutò a recuperare terreno, le avrebbe chiesto specifiche magari più tardi.
    "Non ti ho mai dimenticato" si apprestò a ribattere senza nemmeno tracce lontane di balbuzie.
    Era la verità, ma come aveva imparato in istituto e a Durmstrang, spesso quello che si desidera non combacia nemmeno lontanamente con la realtà dei fatti. "E' difficile spiegare cosa sia accaduto" Ammise, non era complicato se la sua parte razionale avesse potuto parlare da sola, se avesse potuto recitare un ritaglio di giornale, o una esperienza di qualcun altro, ma come ricominciava a parlarne, sentiva un peso talmente forte in petto da non riuscire a respirare, gli veniva da vomitare e sentiva il cuore pronto ad esplodergli in petto. Il dottor Foster gli aveva detto che era normale, che e' qualcosa che non sarebbe passato, ma qualcosa che avrebbe imparato a gestire. Era molto più facile sperare che lei capisse, capisse quanto per lui fosse difficile anche solo parlarne, che lo avvertisse dal quel modo che aveva nervoso di schiarire sempre la voce.
    Quasi ad ogni passo.
    "Ho avuto dei problemi, e ho ricevuto una sola lettera da parte tua, le altre sono state sequestrate, e non ho potuto rispondere per tempo" nel mentre prego che non venissero fatte domande sul perchè "E quando avrei voluto rispondere, credevo saresti stata troppo arrabbiata. Al Nord non sei più tornata" e lui lo sapeva, visto che aveva scoperto che la loro casa al nord aveva le luci della stanza di Ade spente da un tempo immemore, che solo a guardarci dentro, gli veniva freddo. "Quindi ho pensato di lasciar perdere" questo prescinde dall'averla completamente dimenticata. Avevo i suoi segnalibri con lui, nei libri attuali, la lettera mandata da lei per invogliarlo a parlare col preside di Igor.
    L'invito alla festa di inizio Inverno.
    e quel ciondolo orribile che si erano scambiati come segno di amicizia, fatto con del fango rappreso e dei bastoncini.
    Si fermò, con faccia funerea, al bivio.
    "Casa mia è per di qua, ma se vuoi posso accompagnarti a fare qualche commissione, abbiamo il congedo, sarò a casa fino a fine mese".
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    La cartellina che il ragazzo stringeva tra le mani andava dalla destra alla sinistra, quasi palleggiando ritmicamente, segno di un disagio che andava ben oltre il comprensibile. Solo quando si ha quell'età certi episodi possono essere comprensibili. Per assurdo quando si cresce e diventa adulti, la curva dell'imbarazzo e del disagio cresce, ma viene nascosta in modo molto più lineare. Donne e uomini che piangono solo sotto la doccia, che trattano male i dipendenti, o che magari si sfogano con l'animale domestico. A questa età invece le cartelline passano da una mano all'altra, il piede destro batte nervosamente a terra, e lo squarcio di una infanzia di balbuzie nervose riaffiora.
    "N-n-no è di... d-di..." circostanza. Prese fiato e faticò a ricordare l'ultimo episodio di balbuzie che ebbe, era davanti il giudice, quando giurava su quanto più gli era caro che lui, quell'uomo non lo aveva nemmeno sfiorato, e aveva implorato gli altri di smetterla.
    Ricordò improvvisamente quanto lesse quella donna, la figlia dell'uomo in udienza, aveva forse trentacinque, quarant'anni, e aveva corso con occhi e voce piangendo un foglio dove descriveva il padre e perché si trovava in quella situazione per strada. I suoi amici ridacchiavano dall'altro bancone, tronfi e fieri, lui ricordò che ebbe l'impressione che quella descrizione gli sarebbe rimasta dentro per tutta la vita, come una scena di un film che ti piace, come un passo di una poesia che il cervello impara a memoria.
    Sprofondò anche lì di vergogna e dolore, chiedendosi come i suoi compagni potessero non rendersi conto della cosa. Si vergognò tremendamente di se stesso, anche se non aveva alzato nemmeno un dito, l'idea che qualcuno potesse crederlo lo uccideva.
    Non ribattè alla palese provocazione, sapeva che frequentava Hogwarts e non tornava al nord troppo frequentemente, ma lei non sembrò volerne parlare. Afferrò la veste lunga e la guardò silenzioso infilarla.
    Strinse la cartellina al petto e fece un passo indietro per lasciarla passare, ma poi chiese senza punto di domanda "Possiamo f-fare un pezzo di strada insieme" e quello gli costò un atto di coraggio enorme, anche perchè lei non sembrava averne minimamente voglia.
    Il gelo lo colpì di nuovo muovendogli i capelli sul capo, si infilò il cappello velocemente e faticò quasi a starle al passo. Rimase in silenzio seguendo la sua scia in silenzio.
    "Non senti freddo con quei guanti leggeri?" chiede poi timidamente, in cerca di un qualsiasi inizio di conversazione "Ho ripreso a frequentare Durmstrang" aggiunge "...e puoi rallentare? Perchè stai correndo?".
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    “Ade…” il Bruno rimase fermo immobile nel guardarla, non aspettandosi nemmeno lontanamente la possibilità di poterla vedere.
    Sembrava una ragazza ormai, ne era passato di tempo, ma mai credeva che lei avrebbe davvero preso così tanti centimetri in altezza. Lui ne aveva presi assai di più, ma lei decisamente mirava a tante altre altezze.
    Non somigliava lontanamente all’uomo che ricordava essere sempre vicino a lei, nemmeno un po’. Gli occhi chiari e opachi, la carnagione lattea. Non sapeva come spiegarlo, era come se fosse Ariadne, anche se non lo era.
    Lo sguardo era fuori personaggio da che ricordava.
    Inclinó la testa verso destra il ragazzo, con le mani ferme nel cappotto di Jeans imbottito e si strinsero tra loro le dita.
    Si chiese se non fosse stato il padre di lui con il padre di lei a mettersi d’accordo per far sì che potessero incontrarsi. Vederla e poterla finalmente guardare negli occhi, gli dava una strana sensazione, come sentirsi rammaricato per qualcosa che non aveva fatto, come se non ci fossero abbastanza sensi di colpa a non farlo dormire notte. Non sapeva se non fosse stato lui davvero la causa del divorzio dei propri genitori, la situazione che aveva creato aveva di certo alzato lo stress della famiglia in un modo che raramente e diversamente sarebbe potuto accadere, eppure quando sentiva la mamma parlare al telefono con la nonna, non poteva fare a meno di pensare che era stato lui a creare tutto quel casino.
    Persino la madre insisteva che avrebbe di certo fatto di tutto per ripulire la fedina penale del figlio perché era certa che non fosse stato lui. Ed era vero. Peccato che tutto ciò che era conseguito era stato un mare di guai e un mare di rimpianti.
    Un rumore di vassoi che si schiantavano uno contro l’altro sul pavimento verso le cucine lo fece trasalire.
    Guardò la ragazza che sembrava non provare alcun interesse per lui, quasi infastidita, dargli le spalle.
    Era certo che tutto ciò avrebbe avuto su tutti una certa conseguenza, e Desmond aveva sempre mal sopportato suo padre, era certo che l’insofferenza della ragazza fosse dovuta a qualche ordine del padre, e poi non aveva tutti i torti, nel nord le notizie giravano molto velocemente.
    “Devo consegnare questa cartellina a tuo padre, la manda mamma, dice che è per quel problema della locanda sui confini…” lo mostrò a lei ma nessuno dei due sembrava davvero interessato.
    “Non credevo fossi al nord” comunicò con quelli ingenuità che lo contraddistingueva da anni, forse dalla nascita. “Sono contento di vedere che stai bene”.
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    Cara Ade,
    Scusami se ho risposto molto tardi, ma avrebbe dovuto controllare la mia lettera e la grammatica Meike, solo che ci siamo dimenticati così ho dovuto fare un casino, fingere che fosse un compito in classe e correggere dei pezzi, però non andava molto molto male. Papà mi ha detto che tuo padre ti ha levato di qui per colpa del Preside, che sembrerà invece lasciare in giro e tranquilli quelli come me.
    Che poi che vuol dire? Forse perchè sono maschio? E voi femmine?
    Insomma nel 2018 devi essere solo stupido se il problema è il sangue no? Queste cose non si dicono più.
    Sono arrabbiato solo perchè non mi hai salutato, potevi venire a cena e invece ora ci possiamo vedere solo a Natale, quest'anno devi farmi un bel regalo ok?
    Vi fanno studiare più di noi?
    Qui non c'è niente di nuovo, è tutto sempre noioso e buio.

    Quando torni?

    Kaj K.

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    "Oddio come brucia" il solito scarno pane della colazione con un tocchino di burro come se costasse tantissimo, come se fosse il tartufo di mia nonna veniva sempre centellinato, eppure oggi era quasi bruciato, mentre guardavo la fetta, quasi non riuscivo a tenerla in mano.
    "MMMMM BRUCIA!" le corro dietro mentre il grosso libro di erbologia fatica quasi a starmi tra le braccia, mentre il panino continua a bruciarmi tra le mani. Non so se Ade abbia migliorato lo sprint o cosa, la sua energia era sicuramente eccessiva rispetto alla mia, dopo quello che era successo avevo dormito a fatica nei giorni precedenti, e se anche parlare con la Prof sembrava avermi tranquillizzato in realtà non era affatto così.
    Qui tutti si atteggiavano a sapientoni, chi a guerrieri, certi non sembravano nemmeno avere dodici anni, eppure tutti là a bacchetta in guardia, papà mi aveva chiesto prima di rientrare di fargli un favore: non comportarmi come un deficiente senza sale in zucca. Perchè si, atteggiarsi ad auror vissuto a tredici anni, a quindi, o diciassette era sicuramente un pensiero dei Dumm, così come papà li appellava.
    "Morkt non cominciare a fare la secchia!" mi aveva insegnato questo termine e avevo altrettanto imparato a coprirmi il viso prima che mi tirasse qualcosa dietro. Saluto Leebo con un high-five, sembra che gli piaccia, e a me diverte. Prendo posto senza possibilità di riuscire a nascondere l'emozione di vedere di nuovo la prof, ed infatti eccola, biondissima, vicino ad un tipo un po' smorto, sembrava uno di una band che piaceva un sacco a Meike.
    Saluto nervosamente la prof in risposta con uno sventolar veloce di mano, come a dire guardami sono qui eh! Sono venuto!
    Mi avvicino ad Ade provando a rispondere "Perchè pure le piante muoiono giusto?" Forse no. Oh, era così facile sentirsi ignoranti da che circondati da super secchioni e talentuosi.
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    "Ma Nikolaus non abita mica a Durmstrang!" glielo faccio notare perchè era tanto che diceva di dover chiedere un sacco di cose impossibili a quel poverino. Insomma, mi aveva fatto una lista non molto lunga, ma di cose impossibili, non le avevo detto niente per non rovinarle la sorpresa e l'umore, ma di certo era chiaro che le cose tra nord e America funzionavano proprio diverse.
    "Magari è solo un tesoro!" le dico per cercare di non atterrirla del tutto perchè dai. Babbo Natale ora.
    Io penso sempre ai pirati, eppure dico "No no" come se avessi compiuto un crimine.
    Cerco di lasciare che i miei occhi scorgano la pergamena, mi affaccio al foglio e nonostante sappia che Ade è chiaramente più affidabile non vorrei fare altro che vedere il foglio con la grande X. A mamma dicevo sempre che sarei voluto diventare un pirata se fossi nato in un altro posto bellissimo come i Caraibi, se avessi avuto una mia nave, lei diceva che i pirati mica ci sono più, allora le dicevo di volere fare l'eroe, e a quanto pareva non si poteva fare nemmeno quello.
    La stessa sera poi papà veniva in camera a rimboccarmi le coperte, e si che diceva potessi fare tutto quel che volevo. Non so perchè non ne ero comunque troppo convinto, ma preferivo credere a lui.
    Non so cosa accadde dopo, ma una cosa era vera, le donne non dovevano guidare, assolutamente, cioè Ade era partita lei e quella mappa in mano, ed in meno di dieci passi letterali, ci eravamo ritrovati sott'acqua. Non riuscivo a respirare liberamente, eppure c'era chiaramente qualcosa che non andava. Le sue due grosse trecce, fluttuavano nell'acqua vicino il suo viso, e solo quando abbassai gli occhi mi resi conto di qualcosa di sconvolgente, mi spaventòò al punto da indicarle il suo corpo, i suoi piedi, schiere di bolle salirono dalla mia bocca mentre l'acqua risaliva per il naso senza riuscire a bloccare l'urlo che squarciò il volume dell'acqua.
    Agitai i piedi, sbattendoli forte per salire in superficie, mossi le mani, uscii a pelo d'acqua pronto a urlare ancora più forte, i polmoni sbottarono, si strinsero e ancora di più quando lei mi raggiunse.
    "ADE! ADE HAI LA CODA!"



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    [QUOTE=Kaj;,2/1/2018, 13:56 ?t=60465157&st=0#entry429692818]
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    "C-come..." Possibile. Dicono. Lo ripeto mentalmente, mentre faccio attenzione ad operare il labiale necessario per imitarlo a sufficienza. Papà diceva che in casa avremmo dovuto tutti parlare inglese per darmi una mano ma la realtà era che ogni promessa si interrompeva insieme ai buoni propositi circa venti minuti dopo, quando papà doveva fare una battuta e diceva che in inglese non sarebbe stata altrettanto divertente in qualche modo.
    In ogni caso, quando la pronuncia veniva fuori, papà diceva che stavo prendendo un tremendo accento americano molto simile a quello di Ade, ed io mi ero sempre chiesto se fosse un bene o meno, anche se a giudicare come papà rimbeccava Ty dicendo che non si capiva niente, forse non era tutto un gran bel sentire.
    "Non mi lascio coinvolgere ma..." insomma, come si poteva compiere certe cose e restarne fuori emotivamente?
    La scuola a papà non piaceva più, non lo dava molto a vedere ma io sentivo che ne parlava con mamma, quando li sentivo discutere, uscivo fuori dalla mia stanza e mi mettevo per le scale ad ascoltarli. Li capivo bene loro mentre parlavano e non dicevano altro che nonostante il preside fosse ok, le influenze politiche erano troppe, no, mamma diceva che non era la politica, diceva che era il modo in cui le cose 'dovevano andare'. Allora papà a quel punto le chiedeva se fosse preoccupata, lei diceva di si, e papà le riportava cosa Ty avesse intenzione di fare, era già andato a parlare con la preside di Hogwarts, e non si sarebbe fatto intimorire aveva detto, qualunque cosa volesse dire.
    Ade era triste, ed io anche, ma che potevamo fare? Alla fine decidevano loro, ed io non potevo che essere d'accordo con loro semmai Ariadne fosse andata via, insieme a Jerome e pochi altri eletti non eravamo molti a tenere su le bandiere. Come se poi essere violento o rompipalle ti rendesse più figo boh. Papà diceva alla mamma scherzando che Durmstrang stava diventando un covo di finocchi, forse intendeva vegetariani, mamma rideva un sacco.
    "...tanto papà forse vuole mandarmi via" gli spiego alzando le spalle "a proposito, tu che sai tutto, che vuol dire finocchio? Vegetariano giusto?"
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    Le palpebre si aprirono di scatto, mentre le mani stringevano ancora il cuscino che avevo vinto a scacchi da Lotar, da quando ero tornato a casa per natale avevo provato la gioia di dormire abbracciato ad un cuscino, mi dava calore e non c'era niente di meglio, così avevo giocato il mio per quello di Lotar, chiaro incapace a scacchi e ora nel mio letto ne avevo due. Ma quando gli occhi si aprirono di scatto, la luce celeste sfrecciò in una scia di preciso balzare da un letto all'altro, ed il tumulto non tardò ad arrivare. "Che succede?!" vedo gente che si veste di corsa, che scatta in piedi, che sfreccia per i corridoi, verso l'uscita del dormitorio, io fatico a stare al passo, ma alla terza richiesta senza risposta, scatto in piedi anche io e mi aggrego alla fila.

    "Ma che vuol dire le signore esplose?" Lo chiedo ad Ade, che ha i capelli legati come mai li avevo visti, di corsa, tutte le ragazze sembravano arruffate, e lei mi rimbecca però nonostante l'ora tarda, dice, le clessidre non le signore!
    Ahhhh.
    Ascolto il preside, che alto, non sembra mai tradire alcuna emozione, era sempre stato con me estremamente gentile, mi aveva sempre dato una mano, ed era servito davvero poco dal canto suo per convincere mio padre a lasciarmi a Durmstrang, accordando a quanto pareva, cautele ance per Ariadne, che meno che mai sembrava oggi al sicuro. Guardo i visi compiti dei miei compagni mentre ascolto le sue parole, capiscono tutti, tutti sono all'erta dei sensi, io mi distraggo ogni tanto perdendo chiaramente qualche passaggio. "Che vuole dire accio...assio...assottigliate?" chiedo in un sussurro ad Ade, mentre passo alla divisione dei compiti.
    "Meno male che non siamo IV" sfiorata tragedia per un pelo. Qualsiasi cosa dovessimo fare.

    Introduzione // citato Ade
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    Ade era pericolosa con quel martello in mano, giuro sembrava una cosa tipo film horror, per fortuna dopo due mazzate, di cui una a vuoto, dove ho riso troppo, Caterina aveva deciso di invertire i ruoli, io avevo negato il mio, non avevo mica intenzione di capire che forse forse non era Ade un po' incapace, magari il problema era che veramente il martello era pesante e non ce l'avrei fatta, ma insomma, meglio non darlo a vedere non ne avevo voglia e non mi andava di buscarmi prese in giro tali e quali a quelle che avevo fatto a lei.
    Ci eravamo divertiti un sacco, un sacco davvero, avevamo riso tutti, persino il signor Reed che in genere non sembrava proprio tremendamente simpatico. Sarà stato che probabilmente era tanto grosso, Ade diceva che era super figo e simpatico, ma io non lo vedevo mai ridere boh. Oggi però si, l'aveva colto in pieno una risata mentre la figlia era scivolata di nuovo inciampando nella entrata della tenda. Ade era la bambina più intelligente che avessi mai conosciuto, la migliore in effetti e mamma in effetti diceva che lo era ancora di più se si pensava che era più piccola di tutti, al che avevo chiesto se dipendeva dalla genetica, cioè se il papà era intelligente, papà aveva risposto col nome di mia sorella.
    Tutto chiaro.
    Era intelligentissima, ma in quanto all'andare in cause sportive o fisiche insomma... mamma mi aveva difeso, mi fa ehi, ma tu conosci un sacco di lingue, anche tu non sei niente male. Io non credo che saper parlare tre lingue mi renda più intelligente, ma boh. Durante la notte, dopo la lunga passeggiata e cena, avevo chiesto ad Ade se il giorno dopo avremmo potuto chiedere al papà se voleva ancora mandarla via a Londra, passammo diverse ore a chiacchierare, mentre oltre la tenda incantata e tirata dei due adulti non si sentiva niente, se non una luce già spenta. Mi disse di si, ma preferì rimandare a dopo i compiti. Eccoci quindi, la mattina a chiedere spazio ai grandi. "Però ci fate il fuoco uguale? Magari che ci viene la voglia di marshmellow" dico alla bruna indicando il fuoco quasi giunto alla fine, tirava su un leggero fumiciattolo scuro, niente di particolare.
    Il padre di Ade non sembrava convintissimo, lo vidi parlare con la fidanzata indicandoci in modo veloce, forse aveva paura dei lupi, papà aveva detto che ce ne erano un sacco, ma mica di mattina no?
    Ade era molto più sfrontata, li cacciò letteralmente spingendoli fuori dalla tenda, appena passarono due minuti, mentre lei era intenta a cercare i libri dei compiti, mi affacciai fuori dalla tenda. Poi torno con la testa all'interno "Ma se lasciamo i compiti e andiamo a fare un po' di avventura?" le chiedo indicandole l'esterno della tenda "Ha nevicato tutto stanotte, fuori è un casino fichissimo!"
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    "Forse perchè vogliono vederci annoiare tutto il tempo!" lo sbuffo di disappunto che mi esce dalle labbra lo riconosco, è esagerato, ma non posso fare altrimenti, perchè io alle feste, nonostante la tavola fosse piena, imbandita, Meike a casa e la nonna che inveisce contro papà e viceversa, dopo un po' si finisce per parlare di cose barbose, mamma non mi fa alzare da tavola e non ho nemmeno un telefonino come Meike per dire quanto sia barbosa ad un amico la cosa, e non posso dirlo nemmeno a Meike, perchè lei mi dice zitto che sto dicendo quanto sia barbosa la cosa ad un altro amico. Dico, boh.
    "Oh ahia!" lo strattone che mi spinse verso di lei dall'altra parte mi rese ancora più palese come fosse incredibile che Ariadne fosse tanto negata per le arti sportive, certe volte, quando mi mollava i cazzotti sulla spalla, o quando mi strattonava in quel modo la forza ce l'aveva eccome! Avevo proposto un chiaro aiuto per insegnarle a volare ma non si era molto mai applicata, come se avesse timore di fare brutta figura, seppur io continuassi a parlare un inglese migliore, ma non abbastanza.
    Gli occhi mi si sgranarono guardandomi attorno, sul soffitto, gli scaffali, come un lego distrutto da un calcio piuttosto potente, cominciarono a smontarsi e prendere altre forme, il pavimento saltò quasi su se stesso, vibrò e mi rese difficile persino il tenerci quasi in piedi, Ade si aggrappò a me, ed io ad uno scaffale che fui costretto a mollare un secondo dopo.
    "Attenta!" sbottai tirandola a terra mentre un libro sfrecciò lungo la linea retta dei nostri volti, la tirai sulle ginocchia giù con me, coprendoci la testa. Il libro si schiantò contro uno scaffale fermo lasciando uscire dalle pagine fruscianti un foglio di pergamena, che riportava delle scritte incomprensibili, ed una specie di mappa con una grossa X in alto, nera e rossa.
    "Oh, forse è un tesoro!"



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    "OH OH OH Ti sei quasa amazzata!" scoppio a ridere marcando la situazione comica mentre la risata si fa sempre più rauca e di petto. A momenti quasi per ridere non scivolo anche io. Papà mi aveva detto che per Natale non c'era modo di scamparla, avevamo le mani legate, ma a Capodanno, se persino meike poteva non venire a casa a festeggiare, allora anche io forse ero libero di andare. Mi era andata bene, piuttosto bene, non avevo nemmeno dovuto insistere, al punto che papà quando mi aveva risposto si velocemente con un mh-mh chiaro si, avevo risposto "Dai papà! Aspetta, EH?" Forse aveva già parlato con Ty, ma non credo, dal momento che erano rimasti mezz'ora a parlare sul quando, come, sull'organizzazione, certo che papà era proprio forte a parlare inglese, io non avevo capito tutto, ma grazie ad Ariadne andava molto meglio e almeno la metà delle cose ora era più o meno chiara.
    Avevano detto che saremmo partiti lo stesso trentuno e tornati il due in mattinata, pronti per tornare a scuola, con la promessa di finire i compiti per allora, e anche qui Ariadne era stata una pedina vincente. Mi aveva persino se avessi problemi di vista, le avevo detto che certo che non li avevo, ed invece si, quindi durante la notte, inforcavo gli occhiali da vista e mi mettevo sotto con la lettura di Storia antica, col tentare di memorizzare le pozioni che avremmo dovuto imparare per l'inizio di Gennaio.
    Mi ero portato solo uno zaino da spalla scuro che mi aveva prestato la mamma, niente di femminile ma a me il solo sapere che fosse della mamma mi fa pensare che mi guardassero tutti con sospetto.
    Avevo aspettato con papà il loro arrivo finchè non era giunto il momento, mi aveva guardato guardare Caterina, mi chiede se è carina, sollevo le spalle disinteressato. E' carina, ma un'altra cosa mi interessa e lui la capisce "No, ti stai chiedendo se è normale" lo guardo e non confermo ma io lo dico che è sveglio e intelligente, lui fa una mezza risata, fa spallucce pure lui e mi spiega "Mettila così, se un uomo della mia età trovasse una ragazza così carina diciamo che sarebbe meno imbarazzante del se tua madre trovasse uno di settantanni. O se Ty avesse scelto una donna di sessanta. E' una strana regola" non ho capito bene e la mia espressione corrucciata deve esserne l'esempio "Diciamo così, fino ai venti è consigliabile l'essere coetanei, la fascia tra... i venticinque e quaranta se sei abbastanza maturo non è troppo strano. E avere quaranta e sessanta è uguale. Non guardarmi così, capirai" più o meno avevo capito, ma non ne ero certo, quel che avevo capito era che comunque sembravano volersi bene, anche se immaginare Meike con uno con la barba come Ty era strano, cavolo.
    "Muoviti lumaca!" scatto in avanti facendo presa con le scarpe da neve, insomma siamo abituati a correre con le intemperie, neve e ghiaccio non mi cambia la vita. Arrivo primo, ma lei mi si schianta contro, facendoci inciampare entrambi, sbotto e con un tonfo atterriamo a terra.
    "Ohhhh" scoppio a ridere indicandole da terra lo strapiombo lontano dal quale si poteva vedere un bellissimo panorama "Cacchio che bello, accendiamo un fuoco?!"

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