Two-sided mirror

privata

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    Propizie sono le tenebre che mi hanno condotto in questa rutilante metropoli. New York non dorme mai, accecata dalle luci di un'ingannevole modernità. Sfolgora nella notte come una meretrice in cerca di attenzioni e allo stesso modo vende se stessa in uno sfavillante caleidoscopio di colori che ne tracciano i contorni e nascondono le rughe della sua incipiente e trasandata maturità. La osservo dall'alto, ne scorgo i dettagli di vita frenetica che scorre su lingue vermiglie. Da quassù è quasi bella e non si avverte l'olezzo rancido, sotto tutto quel belletto, delle strade in cui marcisce tanta vita inutile se non ha scopo se non quello di farne incetta. Il sangue è comunque prezioso e io non sono così schizzinoso da non apprezzarlo, a prescindere dalla fonte.
    Ma stanotte ho altro di cui occuparmi e mi distolgo dall'idea seppure con una certa inquieta mestizia. Non ho appigli, ne strategie da attuare, ma vago in una ignoranza melmosa che non mi è congeniale. Mancanza di informazioni, certo, ma soprattutto lacune da colmare nello stratificato universo delle mie possibilità. Mi sono sempre pregiato di avere un certo controllo sugli avvenimenti, di prevenirli in molte circostanze. Ciò che non posso cambiare, lo adatto a necessità contingenti. A cosa servirebbe tutta la mia esperienza se non potessi trarne un profitto? Ed è quanto ho in mente di fare, proprio qui ad un solo salto dal Woolworth Buiilding, la sede del MACUSA.
    Ho pensato a questo momento per settimane, da quando quella infida Creatura si è formata dal mio braccio. Strano e ambiguo il poter creare dal mio corpo qualcosa che è ancora più freddo di quanto io sia. Ho immediatamente realizzato però che non fosse un dono del Destino, bensì un pericoloso rilevatore della mia posizione. Che fosse questo il suo intendimento primario? Le notizie a Londra sono frammentarie in proposito. Di lampante c'è solo che alcuni dei miei ex compagni di scorribande sono stati rintracciati e che i loro oscuri prodotti sono stati prelevati dagli Auror. Non mi sono però chiare le intenzioni di Ares e forse qui, fuori dalla portata del Ministero, troverò qualche risposta.
    Non conosco l'uomo che andrò ad incontrare, non che abbia importanza del resto: ho qualche idea su come convincerlo a collaborare. Guardo in direzione dei suoi uffici e non mi sorprendo nel vedere una tale attività, nonostante l'ora tarda. E' un personaggio importante e sicuramente ligio al dovere. L'occasione non potrebbe essere più favorevole ad un incontro non programmato. Del resto abbiamo servito gli stessi ideali, sottoscritto lo stesso patto e questo fa di lui un prezioso interlocutore, oltre che un occhio privilegiato sugli avvenimenti che mi sono ignoti. Deploro la disarmonia del sapere a metà, ma a questo sto per porre fine.
    Nel momento in cui sollevo la bacchetta e mi dissolvo per ricomparire ai piedi del Gigante di pietra e vetro, compio la scelta di non soccombere agli istinti della mia natura e tentare di superare le protezione che circondano la parte magica del grattacielo. Decido quindi di puntare la bacchetta verso l'insegna con il gufo, sufficientemente scettico di ottenere un permesso. Ed invece ecco comparire la porta girevole a cui mi appresso dopo aver controllato che nessun occhio babbano mi scruti nell'ampio piazzale antistante l'edificio. La fortuna mi arride, constato con un innato scetticismo, perchè sono preparato a dover ricorrere a tutte le mie doti, una volta all'ingresso. Invece devo ricredermi ancora e riesco persino ad apprezzare l'imponente altezza del soffitto, le scale, i soppalchi e le opere d'arte, fenici soprattutto. Nessuno mi ferma, nessuno chiede le mie credenziali. Sembro invisibile a questo sparuto corteo di umani le cui falcate echeggiano in un ambito di così ampio respiro, familiare agli agenti che sussiegosi mi fanno un cenno del capo. Dovrei allarmarmi, ma continuo nella mia ascesa.
    Signore....ha bisogno di qualcosa? Una vocina affannata mi costringe a fermarmi. Si leva da un sottobosco di scrivanie tutte uguali su cui piume incantate svolazzano tra i papiri che si sollevano in volo per poi planare in una pila ordinata. Posso farle portare del te nel suo ufficio? Scuoto la testa regalandole un mezzo sorriso. Alla luce delle fiaccole sospese, deve avermi scambiato per qualcun altro. Tanto meglio. Proseguo nel dedalo di scale e piattaforme, il lungo corridoio protetto ancora da fenici e finalmente approdo davanti alla porta con il suo nome incorniciato dall'altisonante titolo.
    Beh Sebastian Winckelmann è stato tutto più semplice del previsto.
    Lo spiraglio illumina un interno sobrio ed elegante. Le dita saggiano il legno prezioso e penetro nella stanza trovandola vuota. Mi guardo intorno e poi liscio con i polpastrelli la superficie lucida della sua scrivania, prima di accomodarmici, le braccia incrociate sul petto, poi un'occhiata d'insieme alle scartoffie che la ingombrano e qualche ritratto di famiglia alle pareti. Sono colto da una strana sensazione. Quella stanza emana qualcosa di indefinito, una minaccia forse, che ogni singolo suppellettile continua a trasmettermi. Poco prima che la sagoma invada lo spazio fra gli stipiti, ne capisco la ragione. Ci affrontiamo con un unico lunghissimo sguardo, che potrebbe essere una rifrazione, uno sdoppiamento in uno specchio a due facce.



    Edited by Kyran - 7/9/2019, 08:22
     
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0 replies since 6/9/2019, 17:25   349 views
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