Ghost

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    Studente Serpeverde
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    Silenzio. Ciò che Hugo desiderava più ardentemente, ora, era l’assenza assoluta di rumore. Anelava a quello stato d’intorpidimento tipico dell’attimo che precede lo sprofondare in un sonno comatoso. Quella sensazione di letargica apatia che solo una massiccia dose di stupefacenti ha il potere di ricreare. È infatti un cilindretto ormai familiare quello che con aria assente era intento a rigirarsi tra le dita, prima di farlo planare con inesorabile lentezza tra le labbra semiaperte. Una boccata di denso fumo grigio, soffiato con veemenza, colpì il vetro di una finestra nella Stanza delle Necessità, sulla cui superficie alonata s’intravedeva il riflesso del viso pallido del ragazzo. Impiegò un tempo indefinito a terminare la sigaretta magica, lo sguardo perso oltre l’orizzonte e la mente lontana anni luce dalle mura del castello. Da mesi, ormai, il cervello di Hugo somigliava quanto più ad una landa desolata, attraversata di tanto in tanto da qualche sprovveduto viaggiatore. Così erano i pensieri che popolavano la sua mente stanca: provati come il viaggiatore solitario che giunge in una terra brulla dopo giorni di cammino, la gola arsa e lo stomaco brontolante.
    Schiacciò il mozzicone sul pavimento, incurante. Non si sarebbe piegato a raccoglierlo, né tantomeno avrebbe dato il comando alle sue gambe di condurlo verso un cestino per sbarazzarsene in maniera educata. Il filtro ingiallito giaceva sul pavimento, abbandonato come i compiti che da giorni sostavano incompiuti sul suo comodino. Dov’era finito lo studente modello affamato di sapere?
    Si sentiva come un fantasma, svuotato del proprio essere. Capiva, ora, come dovessero sentirsi coloro che ricevevano il bacio dal Dissennatore: involucri, corpi vuoti che vagavano nel mondo come ombre. Posò la mano sulla maniglia e richiuse il portoncino alle sue spalle. Non ebbe mosso che qualche passo in direzione della scalinata, che qualcosa di indefinito lo colpì alla nuca. I riflessi rallentati dall’erba non gli diedero modo di reagire in tempo per afferrare l’oggetto, cosicché si ritrovò a tastarsi ripetutamente la base del collo con espressione inebetita, gli occhi arrossati che perlustravano il pavimento ai suoi piedi.
    Ed eccolo là l’oggetto misterioso, che poi tanto oggetto non era. Un coniglio grigio stava tentando invano di nascondersi dietro l’arazzo di Barnaba il Babbeo. «Eri tu eh, stronzetto?» Borbottò, gli angoli della bocca sollevati in un ghigno ostile mentre le ginocchia piegate gli consentivano di raggiungere rapidamente il pavimento. «Forse non ti è chiaro, bestia insulsa, che non voglio rotture di cazzo.» Proseguì, la mano destra a frugare nella tasca della divisa per estrarre la sua fidata arma.
    Un sadismo che normalmente non gli apparteneva s’impossessò della mano che reggeva saldamente la bacchetta, imponendogli di scaricare finalmente tutta la sua frustrazione su un essere del tutto privo di difese. Vile, decisamente vile da parte sua, ma d’altronde non era più sé stesso da mesi. Quella versione di Hugo proveniva dritta dritta da un inferno sconosciuto. «Inflatus!» Un sorriso folle ad animargli il volto, mentre il coniglio prendeva a gonfiarsi come un palloncino.
     
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    Altair? Stupida coniglia, dove accidenti sei finita?!
    La gabbietta giace aperta e rovesciata sul pavimento della mia stanza, i cardini devono essersi allentati nell'impatto ed ora la piccola abitante pelosa della casa fatta di sbarre è sparita. Ricordo di averla lasciata sul letto prima di riportare in biblioteca alcuni libri letti la sera prima, i cui appunti giacciono in maniera ordinata sulla coperta e fortunatamente privi di eventuali morsi della mia piccola nuova amica.
    Sto ancora imparando ad avere a che fare con un'animale domestico, la mia natura amante di controllo e precisione trova facile darle degli orari specifici per pranzo e passeggiatine fuori dalla gabbia, ma allo stesso tempo fatico un po' quando la piccola batuffola grigia sembra tirar fuori dei rimasugli d'intraprendenza, forse un ricordo di quando i suoi avi gironzolavano liberi e felici nella natura.
    Deve aver trovato la forza di spingersi oltre il bordo del letto, oppure si tratta di uno scherzo di cattivo gusto di quell'irlandese dalla bocca troppo larga, o ancora la mia sbadata compagna di stanza deve averla fatta cadere e poi se ne è semplicemente fregata delle conseguenze.
    In ogni caso, Altair è sparita e nonostante io abbia cercato ovunque non riesco a trovarla. Sento dell'ansia montarmi nel petto, mi stringe la bocca dello stomaco mozzandomi per un secondo il respiro al pensiero di non poterla rivedere mai più... Oh, ma che sto mai blaterando? Certo che la rivedrò! Sii razionale, Marsilda, lasciarsi andare all'emotività non ti fa bene.
    Certo è che, se Daisy dovesse scoprire che ho perso il suo regalo di natale, sicuramente non mi sgriderebbe e anzi, potrebbe persino ribaltare tutto il castello pur di trovarla e farmi sorridere; il problema è sempre quella dannata della Cavanaugh ed il fatto che, purtroppo, c'è anche il suo nome su quel biglietto d'auguri e non importa quanto io cerchi d'ignorarlo, lei è sempre lì con quella sua fastidiosa faccia pronta a puntarmi contro le sue parole velenose.
    Quindi, siccome non ho voglia di sentirle dire che non tengo abbastanza alla mia coniglia per tenerla al sicuro -poco importa se io con lei ho fatto lo stesso- mi dirigo a passo di marcia verso l'esterno della Sala Comune dei Corvi, nella vana speranza che Altair sia riuscita a fuggire passando tra le gambe degli studenti ed ora si trovi per le scale a mangiucchiare briciole di Cioccorana.
    Mi guardo attorno con perizia mentre procedo lentamente verso le scale, noto una figura maschile poco più avanti: è chino sulle ginocchia e sta guardando un punto sul pavimento dove quello che sembra un grosso grumo di polvere spunta da dietro un arazzo.
    Riesco a registrare il viso di lui ed il fatto che il grumo in questione è effettivamente la mia amata dispersa, provo un secondo di contentezza e sollievo nel vederli insieme e lei al sicuro -in questa scuola è pieno di pazzi violenti, ne ho provato il dolore sulla pelle io stessa- e subito dopo, giusto il tempo di un battito di ciglia, la mia espressione muta in orrore e sbigottimento.
    Perchè Hugo sta sorridendo in quel modo? Avremmo potuto parlare ancora con la scusa di Altair, è da tanto tempo che non lo facciamo, e mi avrebbe potuto dare un nuovo motivo per trovarlo non poi così male rispetto ai suoi concasati... Sarebbe potuta finire bene questa giornata, e allora perchè le sta facendo del male?
    Allungo il passo, praticamente sto correndo, e nell'avvicinarmi capisco di non essermi sbagliata nel vedere la coniglia in procinto di gonfiarsi come un palloncino a causa di quella bacchetta puntata contro di lei. L'istinto di protezione ha la meglio sulla razionalità, non c'è tempo di chiedergli cosa stia facendo perchè potrebbe non fermarsi e non voglio che lei mi esploda sotto gli occhi. Non voglio perdere qualcos'altro a cui tengo, mai più.
    Plaudemei!
    Che si schiaffeggi da solo, Hugo, che molli la bacchetta e si punisca per ciò che ha tentato di farle e, soprattutto, che si tolga quel dannatissimo ghigno dalla faccia.
    M'inginocchio su Altair e la stringo con un braccio mentre l'altro è ancora puntato verso il Serpeverde, l'effetto dell'Inflatus svanisce a poco a poco ma il suo cuoricino sta andando a mille quanto il mio a causa dello spavento e quasi mi sfugge per scappare nuovamente via, tanto che devo lottare per tenerla a me.
    Non preoccuparti Altair, andrà tutto bene.
    Le sussurro con amore all'orecchio prima di spostare lo sguardo rabbioso sul ragazzo.
    Si può sapere cosa ti è preso?!
    La voce è alta e rotta dall'incomprensione, si perchè questo spilungone mi risulta sempre più impossibile da capire a causa del suo carattere scostante, e per quanto io sia un'amante dei libri e dei segreti che essi contengono trovo stressante ed ingiusto che la trama osi prendere in giro la mia intelligenza e l'eventuale affetto che avrei potuto riporre in essa.
    Te ne vai in giro come un dannato fantasma da mesi, mi eviti e ora cerchi di uccidere la mia coniglia! Dovrei farti cadere in testa una cornice, altro che schiaffi!
    Non so perchè lo sto prendendo come un'attacco personale, e sicuramente vi è una spiegazione dietro questi comportamenti così distanti dal ragazzo che ho conosciuto quel giorno a teatro... Eppure qualcosa nel suo sorriso mi ha ricordato quello di Axel, quel piacere che gli ho visto in faccia mentre mi contorcevo a causa dei suoi incantesimi dolorosi.
    Mi alzo e faccio un paio di passi indietro, prima di abbassare la bacchetta, una piccola precauzione che mi darà il tempo di correre via più velocemente se lui dovesse mostrarsi ancora violento nei nostri confronti. Forse non succederà niente ed è stato tutto un'enorme malinteso, torneremo a parlare come un tempo ed io non dovrò perdere nessun altro, non dovrò sentirmi stupida per aver riposto un pizzico di fiducia nell'ennesima persona che poi si è rivelata per ciò che è davvero: un mostro.
    Avanti, dì qualcosa!
     
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1 replies since 10/2/2022, 19:21   44 views
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